Sup } c pra TAV }; Tao) MAIA JAN ya IL LL FOR THE PEOPLE FOR EDVCATION FOR SCIENCE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY BY GIFT OF OGDEN MILLS PAR NI Vi N [N° fi ATTI DELL'ACCADEMIA PALERMO ORAAIAT ATTI Di ESTE P4, & (401 g 5. i SCIENZE E LETTERE DI PALERMO NUOVA SERIE ES «© i VOLUME II. PALERMO STAMPERIA DI MICHELANGELO CONSOLE 1853 n dr. si ta E ELENCO DEI SOCI SOCIO MECENATE S. E. D. CARLO FILANGERI PRINCIPE DI SATRIANO ‘ Duca DI TaoRMINA, COMANDANTE IN CAPO, LUOGOTENENTE GENERALE Di S. M. in Re N. S. (D. G.) in Sicizia. SOCIO PROMOTORE S. E. D. Antonio ALvaro Paternò Principe di Manganelli, Pretore di questa Capitale, e Gentiluomo di camera di Sua Real Maestà. PRESIDENTE Monsignor D" D. Gruserre Crispi Vescovo di Lampsaco professore di lingua e letteratura greca nella R. Università degli Studì. VICE-PRESIDENTE P. Beneperto D'Acquisro Ex-Provinciale dei Minori oss. riformati, professore di Dritto Naturale ed etica nella R. Università. SEGRETARIO GENERALE P. Aressio Narpone Seniore della Compagnia di Gesù. TESORIERE Marc. D. FepeRICO Lanza E GnasseLtini Duca di Castel-Brolo Senatore; e Presidente della deputazione delle scuole di mutuo insegnamento. SOCJ ATTIVI PRIMA SEZIONE 4. Dr. D. Pierro Catcara professore di Storia naturale nella R. Università, segretario della Commissione d’ Agricoltura e Pastorizia, e direttore delle scuole lancastriane, Direttore. 2. D" D. Feperico Lanzi Duca di Castel-Brolo Segretario. 5. D" D. Domenico Ragona Scima” primo assistente del R. Osser- vatorio e professore sostituto di fisica sperimentale nella R. Univer- sità, Vice-segretario. 4. D' D. Fiipro Masorana Cav. del R. O. di Francesco I, con- sigliere della Corte Suprema di Giustizia, presidente della Commis- sione d’agricoltura e pastorizia, Anziano. 5. D' D. Gruserre ALBeGGIANI professore interino di matematica sublime nella R. Università, segretario della Commessione dei lavori pubblici, Anziano. i 6. D' D. Giovanni Gorsone presidente della R. Accademia di me- dicina, professore di clinica chirurgica nella R. Università. 7. D' D. Giov. Barr. Gato professore di anatomia descrittiva nella R. Università. 8. D' D. Acosrino Toparo dimostratore nel R. Orto Botanico. 9. D' D. Giuseppe Insenga direttore dello stabilimento agrario di Castelnuovo e professore sostituto di agronomia nella R. Università. 40. D" D. Martano PantaLEO vice-cancelliere e professore di Oste- tricia nella R. Università. AA. D' D. MicneLe ZarpuLLa professore di matematiche miste nella R. Università. VII 42. Abate D" D. Icnazio SALEMI. 45. D' D. FiLiepo MancIacomo professore di geometria nella R. Uni- versità. i 44. D' D. Giuseppe BANDIERA. 45. D' D. Giuseppe Brunpi uffiziale del R. Ministero. 46. D' D. Sarvarore Cacorarpo professore di medicina legale nella R. Università. 47. D' D. Nicorò CerveLLo professore di materia medica nella R. Università. 48. D' D. Francesco CALDARERA professore onorario di geodesia nella R. Università. 49. D' D. Giuseppe CoppoLa professore sostituto di algebra nella R. Università. 20. D"' D. Nicoò Turrisi-CoLonna Barone di Buonvicino. SECONDA SEZIONE A. D' D. Ferpinanpo La Lumia Presidente del R. Instituto d’ In- coraggiamento, Direttore. 2. D. Sarvatore DE Paotis uffiziale del R. Ministero, Segretario. 5. R. P. Giuseppe Romano D. C. D. G. professore di filosofia nel Collegio Massimo e prefetto del Museo Salnitriano, vice-segretario. 4. D' D. Gaspare ParLATORE Anziano. 5. Rev. Sac. D. Francesco Bagnara canonico della Metropolitana Chiesa, Anziano. 6. R. P. Atessio Narsone D. C. D. G. 7. R. Sac. D. Gaspare Rossi canonico della Metropolitana Chiesa vice-bibliotecario della libreria del Comune, ispettore delle scuole. 8. R. P. BenepETTO D'Acquisto. 9. D' D. Giovanni Bruno professore di economia civile nella R. Università. 40. D' D. Gricomo Giorpano giudice supplente di circondario. 44. Marchese D' D. Giovanni MAURIGI. 42. Rev. Sac. D. Domenico Turano professore di lingua ebraica nella R. Università. VIII 43. Rev. Sac. D. SaLvarore Racusa professore di canonica nella R. Università, canonico della R..Cappella Palatina. 44. D' D. GiroLamo Scaglione professore di procedura civile nella R. Università, 45. D' D. Luier Mazza giudice del (‘ontenzioso amministrativo. 46. D' D. Nicoò Musmeci professore sostituto di Dritto Commer- ciale nella R. Università. 47. Rev. P. Vincenzo Garoraro D. C. D. G. preposito della Casa Professa: 48. R. P. Paoro Borratti D. C. D. G. professore di Storia. 49. D. Giuseppe DI MENZA. 20. D' D. Garrano DeL Ticnoso. TERZA SEZIONE 4. D. Acosrino Gatto uffiziale di carico del R. Ministero, Di- rettore. 2. Rev. Sac. Pierro SAnrILIPPO canonico della Metropolitana Chiesa, membro della Commessione di pubblica instruzione, Segretario. o. Rev. Sac. D. NicoLò Spata Vice-segretario. 4. Rev. Sac. D. Pasquare Pizzuro Direttore delle R. scuole nor- mali, Anziano. 3. D' D. Grovanwr Scrirò, Anziano. 6. Mons. D. GrusePPE CRISPI. 7. D' D. GAETANO DAITA. 8. D. Giuserre Bozzo professore di eloquenza italiana nella R. Università. 9. D. Filippo VILLARI. 40. Rev. Sac. D. Nicorò pi CarLo professore di eloquenza latina nella R. Università. 44. D. Giusere CARuso professore di lingua Araba nella R. Uni- versità. 42. Cav. D. Giuserre De Spuccnes Principe di Galati Gentiluomo di camera di S. R. M., deputato della R. Università. 45. R. P. Pierro Fontana D. C. D. G. 44. D. Fiippo Sturzo. 45. D' D. Francesco CRISPI. 416. D. Saverio Cavarcari professore di Architettura decorativa nella R. Università. 47. D' D. Isinoro La Lumia. 48. Cav. D. Francesco Lanporina Paternò dei Baroni di Rigilifi. 49. Cav. D. Lupovico Lanporina Paternò dei Baroni di Rigilifi. 20. Gav. D. Francesco De Beaumont uffiziale del R. Ministero. ix 200 SOCJ CORRISPONDENTI. Rev. P. AnseLMo Aporno. Abate GiovAaNNI CORVAJA . : Cav. D. GrusePrPE CORDARO CLARENZA Prof. Prof. Prof. Prof. Prof. Rev. P. D. Gregorio Barnapa La VIA. CARLO GAGLIANI . Vincenzo TEDESCHI CARLO GEMMELLARO . FRANCESCO GAMBINO . EMMANUELE TARANTO. D' D. Vincenzo NAVARRO . Cav. D. Lronarpo Vico D. RarraeLe POLITI. . Prof. D. BaLpassire Romano . Cav. D. FeLIcE BISAZZA . D' PISEOROEZO . CarmeLo MARTORANA. . Francesco Mina” PALUMBO . Antonio Mina” LA GRUA . RoBERTO SAVA Antonio MAUGERI . MarIANO GRASSI. Prof. D. Antonio PRESTANDREA D' D. GiusePrPE CARBONARO Signora D® Rosa Muzio SaLvo Can. D. GiuseppE INGIANNI Rev. Ciantro Maria PioLo PERO ° ° O O Catania Id. Id. Id. Id. Id. Id. Caltagirone Catania Sambuca Aci Reale Girgenti Termini Messina Catania Castelbuono Castelbuono Caltagirone Catania Aci Reale Messina Ragusa Termini Marsala Trapani xii D. Antonino Busacca Cav. D. Lurcr BENOIT. . . Cav. G. Luci LANZAROTTI. D' D. Pierro Messina . . . D' D. ALronso ERRERA. . . 5 D. Francesco Accorpino, E MARCHESE Prof. D. ANDREA ARADAS . D. MicneLe RIZzonE ; Prof. D. Giuserre DE NATALE . . Prof. D. CarLo DEVIGILIO . Prof. D. GrovannI REGULEAS . Prof. P. D. Francesco TORNABENE Cav. D. BENEDETTO AMODEI Abate D. Gioackino GEREMIA . D. Marrano Mauro Riccio». . Arciprete D. Giuseppe BELLITTERI. Conte D. Vito CAPIALDI Cav. D. Vincenzo FLAUTI . . Cav. D. Lurcr Maria GRECO . . DIFNICOMASSERUGET n. D' D. GrovaNNI SANNICOLA. . D. FrAncEsco AVELARDI. . . Cav. D. GrusePPE DENOBILE D. GIUSEPPE ZIGARELLI . . . Signor D. NicoLa SANTORELLI. Prof. Cav. D. MicneLE TENORE Cav. D. Giovanni Gussone Prof. D. STEFANO DELLE CHIAJE Prof. D. Ernesto CaPocc . . Prof #Di*Onazio (Costa. 0. Prof. D. Giov. Batt. Quapri. . Prof. D. FepeLE AMANTE . . . Cav. D. LeoroLpo peL RE. Messina Id. Caltanissetta Palazzolo Pantellaria Patti Catania Modica Messina Trapani Catania Id. Trapani Catania Aci Reale Alessandria Monteleone Napoli Cosenza Tropea Venafro Nicotrera Casoli Avellino Caposeri Napoli Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. NEL 3° VOLUME SARA’ PUBBLICATO L'ELENCO DEI SOCII CORRISPONDENTI ESTERI. SOCIETÀ SCIENTIFICHE COLLE QUALI QUEST’ ACCADEMIA È IN PERIODICA CORRISPONDENZA DI DONI E DI COMUNICAZIONI — fo Commissione DI AGRICOLTURA E PasToRIZIA . . . . . Palermo REgISTIEUTORDIGVACCINAZIONE MS e I. _ Accapemia pi Scienze LETTERE ED ARTI DEI ZELANTI. . . Acireale AccapEMIA DI Scienze E LETTERE . . . . . . . +. Cosenza Accapemia DELLE Scienze Società” ReaLE BorBonica. . +. Napoli PontiFIcia Accapemia DEI Lincei . . . . . +... Roma Società’ pi Scienze NaturALI . . . . . . . . . Cherbourg R. Accapemia pi Scienze, LerTeRE ED Armi DEL BeLcio . . Bruwelles OSSERVATORIO SREALE Sg pe el i —_ I. e R. Accapemia pi Scienze NATURALI E FiLosoricar. . . Vienna InsriTUTO SMITHSONIANO . . 0.0.0... + Washington INDICE ->323-000-teee Elenco dei socii. Relazione accademica del P. Narbone. PARTE PRIMA Descrizione dell’ isola di Pantelleria, del prof. Calcara. (continua) Catalogo degli uccelli delle Madonie, di Francesco Minà-Palumbo. (continua) Sulla risoluzione dei triangoli sferici i cui lati sono piccolissimi in confronto del raggio della sfera, del prof. Caldarera. Elogio del prof. Pietro Calcara, dl Federico Lancia di Brolo. PARTE SECONDA Sulla origine della economia sociale, del prof. Bruno. Storia della letteratura in Sicilia, del canonico Sanfilippo. (continua) Monete romano-sicule del municipio di Alesa, del P. Romano. La eruzione etnèa del 1852, del cav. Vigo. Elogio del Pres. Alessandro Casano. del prof. Bozzo. Catalogo dei libri donati all’ Accademia in questi ultinii anni. RELAZIONE ACCADEMICA DI ALESSIO NARBONE DELLA COMPAGNIA DI GESU’ SEGRETARIO GENERALE Tostochè quest’Acccademia ebbe preso un sembiante novello su la norma e l’esempio delle scientifiche Società straniere, e assunta la nuova forma che impressa le venne dagli Statuti acconciamente ri- fatti e superiormente sanciti nel 4852; non indugiarono i Socî di avviarsi alle prescritte loro esercitazioni, e le tre Sezioni continua- rono ad alternare le rispettive loro letture. Ebbesi per tal guisa una serie triplice di svariate Dissertazioni che sopra tutti per poco i rami di scienze e di lettere sì aggiravano. Di esse ne fur trascelte alquante e pubblicate nel primo volume della nuova serie al 1845. Dovea tener dietro il secondo, e n’erano già preparati e disposti i materiali, quando i sopravvenuti {rambusti del 1848, non che solo dispergere gli Accademici, invasero eziandio le ammannite Memorie, sì che non potè più sapersi a che mani fossero capitate. Egli è però da avvertire che non pochi dei recitati Discorsi ven- nero, con buona venia del Maestrato accademico, divolgati per le stampe dai loro autori, che impazienti di attendere la pubblicazione degli Atti, o gli stamparono a solo o gl’inserirono nei diversi pe- riodici che a quella stagione correvano. Così non potrà l'Accademia ° presentare nei suoi volumi nè le Memorie già edite nè manco le sp Memorie di- erse. Discorsi stam- pati. Rassegna di essi. Avvertenza. Prima sezione. 2 RELAZIONE inedite, posciachè le prime son fatte di ragion pubblica, e le seconde oggi più non esistono. Quelle impertanto che formano il presente volume son le recitate dopo il 1850, appresso il ristabilimento del- . l'ordine pubblico e la creazione del magistrato novello. Vuole nondimeno sapersi buon grado a quei benemeriti Socì che di loro studi promossero la scienza, e di loro scritti, benchè smar- riti, serviron la patria, e di loro lelture intrattennero la nostra adunanza. Vuole, se non altro, serbarsi grata memoria delle dotte fatiche loro, e accennarsi per lo meno la notizia delle materie tolte da essi ad illustrare; perchè abbiasi almanco un'idea dei lavori che per lo spazio di quattro lustri hanno utilmente occupati e decoro- samente sostenuti gl’illustri colleghi. Ecco il Rendiconto che qui s’ap- presenta al pubblico che prende interesse alle istituzioni patrie ed ama cogliere i frutti di loro sapere. Serva questo qualunque ac- cennamento di breve Istoria dell’Accademia, durante il detto inter- vallo : giacchè quella dei tempi anteriori fu data dal principe di Granatelli e posta in fronte al precedente volume. Serva eziandio di Preliminarealle Memorie che nel presente comprendonsi, e quasi di anello che rannoda ai preteriti i lavori seguaci. Premesso un siffatto avvisamento, nessuno pretenderà che ora diasi minuta ragione o lunga analisi dei ragionamenti che qui si passeranno a rassegna. Già si è detto che i pubblicati vanno per mano altrui, i rimasti non trovansi in man nostra. Contentisi adunque il discreto e benevolo leggitore a questo qualunque abbozzo di un quadro che pur degno sarebbe di venire a più vivi colori e da più sperto pennello incarnato. Partito il nostro Corpo in trina Sezione, di scienze cioè naturali ed esatte, di morali e politiche, di lettere ed arti; ciascheduna è venuta offrendo le primizie di sua istituzione. È per cominciar dalla prima, il prof. Emmanuele Estiller, direttore di essa, iniziò la fa- coltà da sè professata di matematiche miste per una Dimostrazion generale e compiuta dell'equilibrio di tre forze, mostrando per via di calcolo il centro di gravità a tutte comune :con che soddisfece ad un teorema cotanto agitato in meccanica nè meno importante agli usì civili. t] ACCADEMICA 3 Il segretario generale, Niccolò Cacciatore, degno successore ed al- lievo del celebre fondatore di nostra Specola , la cui Storia. venne ancora continuando, dopo avere descritta la Meridiana da sè stesso tracciata nel Duomo, dopo rivangata l’origine del sistema solare, c disaminate le macchie del sole medesimo , e determinato il corso di parecchie comete; dalla sublimità dei cieli abbassando lo sguardo sulla terrestre atmosfera, studiavane la natura, osservavane i feno- meni, e tanto ne colse, da poterne dirizzare di fondo un nuovo sistema di Meteorologia, insegnando a coloro ancora che sono stra- nieri agli studî di fisica i modi di calcolare la forza dei venti e i gradi di calore, di freddo, di secco, e di umido. D’assai allre opere venne egli regalando la repubblica letteraria e vantaggiando la scienza singolarmente astronomica, a lui lasciata in retaggio dal Piazzi, e da lui trasmessa al suo germano e socio nostro, Onofrio Cacciatore: il quale dietro le fraterne orme incamminandosi, si dedicò per ispezial maniera ad un altro ramo di matematiche miste, qual è per appunto la Nautica; e di questa pur meritò, leggendo in tor- nata certi metodi, che un’attenta considerazione gli ebbe creati, a misurare la latitudine in mare : cosa per verità, quanto interessante alla scienza della navigazione, altrettanto riascita finora difficile ad esattamente eseguirsi. Pria di lasciare la facoltà fisica, emmi da commemorare due altre memorie : una del medesimo Segretario generale intorno la recente utilissima invenzione dei pozzi forati che dal nome dell’ inventore Artesiani si addimandano , e che con tanta felicità si sono altrove moltiplicati. Ne tratteggiò egli la storia, ne amplificò i vantaggi , ne divisò il lavorio, ne augurò certi i risultamenti. Che se questi fra noi, malgrado agl’iterati tentativi, nonsi sono finora ottenuti, ciò vuol ascriversi al non avere appuntino dedotte in pratica le da lui sposte teorie. L'altra memoria che dicevamo dava la spiegazione d’un novello fenomeno meteorologico, apparito sul nostro orizzonte e spiegato dal socio Filippo Parlatore. Ma costui, più che alle me- teore, consacrò suoi studî agli obbietti di Storia naturale, della quale già entriamo a trattare. Fisico-mate- matiche. Altre memo- rie. Storia natu- rale. Zoologia. Effemeridi n. 78-82. Giorn. n. 4. Pal. 18458. 4 RELAZIONE L'immenso teatro della creazione, com'è noto, componesi di esseri parte organici, parte inorganici : i primi son altri viventi, altri ve- getanti, i secondi son privi dell’ una dote e dell’ altra. Lo studio parziale delle differenti nature di questi esseri ha dato nascenza ad altrettante scienze distinte, quali sono, Zoologia, Botanica, Minera- logia, Geologia : e queste ancora a tanto di ampiezza sono montate, che fu mestieri di ripartirle in moltiplici classazioni, ciascuna delle quali forma obbietto di scienza peculiare e ministra elementi a di- stinti trattati. Tutte codeste ramificazioni di Storia naturale han ri- cevuto coltura ed incremento dalle studiose ricerche dei nostri Soci che ne han mandate alla luce non poche monografie. Noi qui toc- cheremo di quelle principalmente che furon lette nell’ Accademia, annettendovi però qualche altra che avesse con quelle affinità d’ar- gomento e intimità di trattato. A farci dalla Zoologia, ci si danno innanzi gli studî del barone Andrea Bivona, già segretario di questa prima sezione; il quale, bat- tendo le orme dell’illustre suo genitore, cui tanto va debitrice di nuove scoverte la scienza botanica, egli oltracciò segnalossi in quella degli animali; e però, quando un altro esimio collega, Ferdinando Malvica, direttore dell’Effemeridi scientifiche e letterarie della Sicilia, scomparti a vari letterati dell’ Isola il Prospetto della storia nostra letteraria nel secolo andante, al Bivona riservò il ramo della Zoo- logia; e questi con tanto vantaggio disimpegnò le sue parti, che non uno, ma cinque articoli ne dettò , pieni di critica e d’ erudi- zione, indicando i lavori per singolo compilati dai nostri e le sco- verte da loro fatte e i bonificamenti da loro apportati a quest'ampia conoscenza. A lui pure dobbiamo una Nota sulla generazione dei pesci, che legsesi nella nuova serie del Giornale di scienze lettere ed arti. Ma lo studio suo più favorito sembra essere stato la Ma- lacologia : nel che fare non poco giovossi delle osservazioni lasciate già da suo padre Antonino. Questi avea a gran fatica raunate meglio che 600 specie di molluschi indigeni, tanto nudi come conchiferi, quali al tutto nuovi e quali mal cogniti al cel. Lamarck. Descritte da lui con accuratezza, giacevansi fra le sue inedite Col/ettanee, quando il figlio Ardrea tolse ad illustrarle e mandarle alle stampe. Indi ACCADEMICA 5 continuò a darci i proprî lavori : come sono i Nuovi molluschi ter- restri e fluviatili dei dintorni di Palermo da sè rilrovati e descritti; ed altre e poi altre Monografie per servire alla Fauna siciliana; nelle quali gli venne felicemente fatto d’ampliare ed in più luoghi cor- reggere la classica opera del prussiano Ridolfo Philippi intorno ai Molluschi sicoli. Egli altresì con altro ragionamento intertenne Vl adunanza su le sarde, le acciughe, e la pesca loro in Sicilia : tema più economico per avventura che zoologico; ma pur di non tenue utilità. Più si accosta alla scienza il discorso del dottor Antonino Greco, recante sue sperienze sullo sviluppo dei Girini, genere d’ insetti spettante al- l'ordine dei Coleotteri e alla tribù degl’Idrocantari, che sogliono a torme nuotare sulla superficie delle paludi stagnanti. Non che sugli insetti, ma sui quadrupedi, sui volatili, sui rettili, sui pesci, e su altri generi di viventi han portato i dotti Soci le loro considera- zioni. Ma poichè furon da loro comunicate al pubblico e non pre- sentate all'Accademia; uop'è che di esse ci passiamo per venire al secondo regno della natura organizzata. La scienza estesissima delle piante, quella che ha tirato a sè lo sguardo di tanti nostri botanofili, dai quali abbiam per le stampe un buondato di egregie trattazioni generali e di più speciali mo- nografie; questa scienza non è stata in quest aula da altri accade- micamente trattata fuorchè da Filippo Parlatore, il quale una com- piuta Storia della Botanica sicola nel secol nostro diella in tre Me- morie, riportate nelle suddette Effemeridi, in che dava conto delle produzioni mandate fuori dai nostri sul regno vegetabile. Ma egli pur lesse fra noi non poche memorie sue, ed ora discorse sopra due novelle piante indigene, ora sopra un nuovo genere di graminacee, ed ora eziandio ci delineò una Geografia botanica di Palermo. Più oltra sopra ciò avea egli spinto sue dotte ricerche, e maturato avea il disegno, quanto per la patria onorifico, tanto glorioso al suo nome, d’una compiuta Flora palermitana; di che ancora mise in luce i due primi fascicoli, che ne dan saggio di quel che sarebbe l’intera compilazione. Innanzi a questa, due altri fascicoli avea pub- blicati delle piante più rare e men conosciute che nascono in Si- Effemeridi , t.l1e II Giorn. di sc. n. 183 e 198. Ivi , ijanni 1839-40. Monografie. Botanica. Effemeridi, STI, Specialità. Agraria. Istiiuto- 6 RELAZIONE cilia: con che venia ben arricchendo la Flora sicola, magnificamente illustrata da Giuseppe Gussone e Guglielmo Gasparrini, insigni bo- tanici napoletani che costruito avevano e diretto l’orto regio a Boc- cadifalco. Ma l’una e l’altra compilazione lasciava il Parlatore interrotta, quando lasciata la patria incontrò miglior fortuna in Firenze; dove occupando decorosamente la cattedra di questa facoltà, oltre a tante opere ivi prodotte, ha messa fuori una Flora italiana che gli ha pro- cacciato la più splendida celebrità. Associamo a Filippo Parlatore il dottor Gaspare Parlatore, il quale con una memoria piuttosto agronomica che botanica presea patro- cinare la coltivatura delle patate in Sicilia, caldamente inculcandone la propagazione da servire alla minuta gente di pane, come serve pur troppo in paesi ancora più doviziosi del nostro. A questa degno è che stieno accanto tre lucubrazioni del prelo- dato Andrea Bivona, sui boschi della Sicilia, sul modo di miglio- rarli, e sulla convenienza di vestire le nude montagne; di che non pochi avvantaggi ne tornerebbero e alla economia e alla igiene pub - blica; essendo ben noto che gli alberi assorbendo il carbonio ne traspiran l’ossigeno, l'elemento più puro dell’aere vitale. All’agraria più da vicino si aspettano due dissertazioni lette dai professori Ignazio Sanfilippo e Giuseppe Inzenga : dei quali l’uno ci espose lo stato attuale di nostra agricoltura; l’altro la volle ridotta a vera scienza, quale i lumi dell’età nostra la esigono, quale i Geor- gofili di Firenze la trattano, quale presso di noilevolla a più alto segno un Paolo Balsamo. E tale ci auguriamo che sia per ridurla pur egli, che oltre allo occupar degnamente la cattedra già fondata dal Balsamo, un nuovo campo si vede aperto al perfezionamento insieme ed alla propaga- zione dell’agronomia per tutta l’ Isola, mercè del benefico Istituto agrario da lui diretto, da lui l’un dì più che l’altro avvantaggiato. Nè vuol tacersi che lo Inzenga, non pago alle istruzioni orali che diariamente fa così agli addiscenti dell’Università come agli alunni dell'Istituto, ha dato mano ad un Periodico, nel quale riunendo i lumi suoi a quelli dei più sperti agronomi, diffonde per tutta l’Isola e le teoriche e le pratiche agrarie. Somigliante servigio rende alla È ACCADEMICA 7 patria un altro socio, il sig. Giuseppe Biundi, il cui giornale l’Em- pedocle, pieno di vedute nuove, di utili progetti e d’ industrie in- teressanti, si è meritata la protezion del Governo e l’accoglienza di tutti i Comuni. Lo studio dei funghi è d’ una importanza suprema a saper sot- tilmente discernere gl’innocui dai venenati, chi non voglia sporre a cimento la propria vita. Or tale importanza ne fu appositamente addimostrata dal dottor Pietro Calcara, vice-segretario allora, ed oggi direttor meritissimo di questa sezione primiera. Gli studi da lui fatti, la cattedra da lui occupata, le opere moltiplici da lui date al pub- blico cel dimostrano in tutti e tre i regni della natura non mez- zanamente versato. E per venire al regno inorganico, lasciando da canto le tante altre produzioni, dolte affè e laboriose, da lui separatamente stam- pate sopra i rami tutti delle naturali scienze, le quali raccolte in- sieme darebbon molti volumi; quanto non sono pregevoli le originali sue ricerche geognostiche e mineralogiche sopra le terre di Calta- vuturo e di Sclafani, sulla Dolomite giurassica del Landro presso Santa-Caterina, sopra una nuova giacitura della calce carbonata, sopra le nuove forme cristalline di alcuni minerali di Sicilia? Queste quattro memorie voi le avete negli Atti stampati : ma, oltre a queste, ne ha egli data una Storia geognostica e geologica delle Madonie: sopra che avea già fatto e pubblicato un viaggio Domenico Scinà, cui ancora dobbiamo le prime linee di una Topografia di Palermo, che oggi maggior perfezione riceve dallo stesso Calcara. A questo pur debbesi la illustrazione di un minerale della Piana dei Greci; le Riflessioni intorno all’arragonite di Girgenti; quelle sul tufo cal- cario delle sponde di Oreto; sopra i minerali di Fildispato ; sulle rocce e terreni del globo; sopra le produzioni delle fiumare nei vul- cani; sopra i caratteri dei metalli autossidi utili alle arti, e sopra cento altri punti di geologia, di geognosia, di mineralogia. Nè ha egli lasciato intatto il campo da altri meno battuto del- l’orittologia, mentre in questo luogo medesimo ha egli dilucidati e i resti organici fossili del terreno terziario di Palermo, e quelli di Maredolce, e quelli di Altavilla : senza dire i cenni orittognostici sul Monografia Mineralogia. Orittologia. Antropologia Medicina. Storia d’essa. Effemeridi, n. 62 8 RELAZIONE carbon fossile di Calvaruso , quelli sui prodotti vulcanici delle vi- cinanze di Cattolica, e il Catechismo pel rinvenimento del carbon fossile, e il Dizionario delle rocce del globo, e le tante altre osser- vazioni sparse per diversi giornali, per cui la scienza del suolo che abitiamo, siccome da lui riceve i più importanti servigi, così a lui ripromette in ricambio una gloria duratura. Volgiamo intanto lo sguardo dal globo abitato all'uomo abitatore, e tocchiam di rimbalzo gli studì dalla Società nostra portati su questo capolavoro della creazione. Nell’uno stato e nell’altro, nel fisico dico e nel morale, fu studiato l’uomo, ed in entrambi ha fornito ma- teria d’ importanti discussioni. La parte fisica si è meritate quelle della prima, la parte morale quelle della Sezione seconda. Facciameci dalla prima per continuare la serie che abbiam finora intrecciata delle naturali scienze. La fisica costituzione dell’uomo forma l’obbietto delle Scienze mediche; le quali or lo contemplano sano, ed or lo curano infermo. Nello stato di sanità, or ne notomizzano le singole parti, or ne descrivono le funzioni vitali, or ne indicano la convenevole nudri- tura : ciò che fanno la Notomia, la Fisiologia, la Igiene. Dello stato morboso poi o indagano le cagioni, o ricercano i sintomi, o ap- prestano i rimedi, o perfino prevengono le recidive: indi le svariate facoltà in che diramasi l’Arte salutare, di Patologia, Prognosi, Dia- gnosi, Sfigmica, Clinica, Terapeutica, Profilattica, Farmaceutica, Ma- teria medica, Chirurgia. Merita segnalata riconoscenza il ragguardevole socio Gaetano Al- geri-Fogliani, per averci data la Storia di tutti codesti rami di me- dicina, coltivati in Sicilia durante la prima metà del secolo che ci corre. Una lunga serie di articoli ne venne inserendo nelle sum- mentovate Effemeridi. Egli poi vanta una peculiare benemerenza, per aver introdotta e gratuitamente tenuta per lunghi anni in questa Università la interessante cattedra di Medicina iegale e di Polizia me- dica, due rami di somma rilevanza, due scienze ancor bambine fra noi, che egli aggiunse alle antiche, e di cui anco lasciò le opportune Istituzioni. ACCADEMICA 9 Se egli per quelle sue storie abbracciò le fatiche e disaminò le opere dei medici tutti siciliani, a noi non tocca che accennar solo quelle dei nostri accademici; nè di questi medesimi le opere tutte quante, che moltissime ne divolgarono , ma sol le memorie lette nelle nostre raunanze. Delle altre ragionasi nei differenti giornali medici, parecchi dei quali furono e sono compilati e diretti dai Sociì stessi: e mi giova qui mentovare gli Archivi di medicina, e il Gior- nale di scienze mediche, del medesimo Algeri; gli Annali di medicina, d’Antonino Deblasi; la Clinica chirurgica, di Gio. Gorgone e Gio. Sa- lemi; la Rivista di scienze mediche, di Giuseppe Bandiera; 1° Osser- . vatore medico, di Salv. Cacopardo. A codeste fonti rimandando per altri lavori dei nostri Consodali, tocchiamo di volo i discorsi letti nella Radunanza. La Notomia descrittiva che sì pienamente è stata illustrata dal suo professore Giovanni Gorgone, il quale vi ha tutte esaurite le parti nel compiuto suo Corso, in questo luogo udì da lui medesimo la natura spiegarsi dei denti umani : udì da Giovanni Misco descriversi un feto semi-acranio : udì da Giambattista Moncada esporsi lo stato della si- cola scuola anatomica; che fu proprio una breve istoria di questa scienza fra noi. Vorrem forse riportare alla Fisiologia la Cultura dell’uomo fisico, descritta da Ignazio Incontreras ; le ragioni del colorito dei Negri, indagate da Giovanni Salemi; e il pieno trattato delle Abitudini, letto da Michele Foderà, professor emerito di questa facoltà , ed autore di parecchi scritti pubblicati e qui e a Parigi in ambe le lingue su queste materie? Alla Patologia rivochiamo le diverse memorie di Salvatore Can- liloro, e d’Ignazio Salemi :Vun dei quali dimostrò l’Influenza della immaginativa sui morbi, e la Natura della tisi polmonare, che mostrò non esser contagiosa, come volgarmente si reputa : 1’ altro ragionò delle malattie locali, delle infiammazioni, e di quel colera di cui rimane sì infausta la rimembranza. A prevenir la invasione di questo asiatico flagello progettava Pasquale Panvini la creazione d’ una so- cietà tutta intesa ad allontanarsi dai nostri lidi. E poichè questo non ci venne dal ciel conceduto, Gaetano Algeri con altri socî dettaron - 2 Giornali. Anatomia Fisiologia. Patologia. Terapeutica. Materia me- dica. Chirurgia. 10 RELAZIONE regole o per guardarsene o per guarirsene. Egli medesimo poi di- mostrava la necessità di un Clinico Istituto, e di questo intesseva la storia, ugualmente che della medicina legale, di cui ancora indi- cava gli antichi scrittori sicoli, e di cui pur venne formando un Corso per uso della Cattedra da lui stesso beneficamente fondata. Quanto a Materia medica e Terapia, mi basti accennare le tre me- morie di Giuseppe Pidone intorno gli effetti del mercurio, ch’ egli mantiene essere disastrosi nelle malattie nervose , e con parecchi esempli il conferma, uno dei quali son jo che trovomi, per cagione di unzioni mercuriali, gravemente affetto il sistema nervoso. Come egli poi mandò fuori le sue osservazioni sulla pomata stibiata nel- l'asma convulsiva; così Giovanni Salemi mostrò l'efficacia del concino nella blenorragia, Giovanni Gorgone scrisse sulla pomata del proto- ioduro di mercurio nelle piaghe sifilitiche; Ignazio Salemi sull’elixir drastico del Leroy; Giovanni Pruiti sugli ottimi risultamenti del car- bonato di ferro nelle nevralgie periodiche, ed altri sugli usi buoni o rei d’altre indicazioni. Un codice può dirsi di materia medica la F/orula siciliana che il soprallodato dottor Ca/cara lesse per sommi capi fra noi, e po- scia mandò per disteso alla pubblica luce; ed è una ordinata e pre- cisa esposizione delle piante indisene medicinali, partite in trina sezione; di cui la prima comprende 37 classi e 78 famiglie di piante dicotiledoni; la seconda 8 classi e 43 famiglie di monocotiledoni , la terza 2 classi e 3 famiglie di acotiledoni; e di tutti ne descrive i caratteri, ne addita i luoghi ove nascono, ne assegna la proprietà, e ne determina gli usi da farne in farmacia: sicchè questa bell’opera può dirsi il compimento della tanto rinomata Farmacopea di Cam- pana. Restami a dire dell’ ultimo ramo di scienze mediche, di quello cioè che applica l’operazion della mano, d’onde il nome grecamente ritrasse di Chirurgia. E questa del pari è riconoscente a’ nostri socì di egregie contribuzioni portate all’incremento e alla perfezione di così dilicato esercizio. E per cennare soltanto i discorsi qui reci- tati (giacchè dei trattati non è qui parola), certo che la scienza saprà buon grado a Giovanni Gorgone pel nuovo metodo di cistoto- ACCADEMICA 11 mia quadrilaterale ; a Giovanni Salemi pel nuovo apparecchio della frattura della clavicola; a Luigîé Martina per un nuovo stromento cirusico da lui trovato e descritto; a Rocco Solina per la origine ed uso della conservazione dei cadaveri, da lui esposta, ma da Giu- seppe Tranchina con somma sua gloria, se non inventata, certo pro- mulgata. E tali sono gli studì, tali i lavori eseguiti dall’ Accademia nostra sull'uomo fisico: siegue or a vedere i lumi trasmessi a per- fezionare l’uomo morale. Ma questa parte forma l’obbietto delle dis- quisizioni della Sezione seconda, della quale senza più c’ inoltriamo a rassegnare succintamente i rispettivi lavori. Questa Classe , a cui ho l’ onore di appartenere, contempla le scienze tutte che han per obbietto l’uomo, la società, le leggi, i co- stumi, la religione. Quindi e Antropologia e Filosofia ed Etica e Politica ed Economia e Statistica e Giurisprudenza e Teologia sono di sua pertinenza. Non tutti per fermo, ma i più di questi articoli han fatto argomento a diverse trattazioni dei nostri colleghi. Fin dal primo anno della restaurata Accademia, scompartiti fra loro i differenti temi a discutere, fu a me commesso discorrere sulla Coltura morale del basso popolo , il quale si scorge disgra- ziatamente trascurato dai più degli scrittori che maneggiano l’ im- portante argomento della civiltà, amando essi promuoverla nelle classi più rilevate, e disdegnando od almeno trasandando di esten- derla all’infimo ceto, che pur è il più numeroso insieme e il più bisognoso della umana famiglia. A questa dissertazione che i mezzi proponea d’ingentilire i costumi e d’ incivilire l’educazion popolare, un'altra ne tenea dietro sopra i caratteri del vero letterato, pei quali fia ben agevole divisarlo dal superficiale, dal saccentino, dal semidotto; caratteri che divisano e gli studì privati e le opere pub- bliche di chi voglia rendersi utile alla patria, alla scienza, alla uma- nità. Queste due lucubrazioni che per la loro lunghezza fur lette ciascuna in tre sedute, feron poi parte del Giornale letterario , sic- come tante delle già mentovate , e tante altre che or saremo per raccordare. La pubblica istruzione destò mai sempre i voti delle incivilite nazioni e le provvide cure ottenne degl’illuminati governi. A que- Seconda se- zione. Coltura. Tom. XLII e LXXII. Istruzione. 12 RELAZIONE sto rilevante subbietto consacrò Piero Lanza, principe di Scordia, tre luculente memorie, cioè sull’Istruzion popolare, su la pubblica Beneficenza, sugli Asili infantili: dove, insistendo su la necessità, la convenienza, i vantaggi di così fatti stabilimenti, appellandosi allo esempio dato dai popoli che sono più in voce, insinuava caldamente il procacciare alla patria benefici somiglianti, e ne proponea ezian- dio i mezzi più agevoli. Altri pure c’intertenevano in argomenti di non dispari utilità. varieta Sul vero incivilimento ci comunicava le sue vedute Francesco Crispi: sopra la legge morale ragionava Vincenzo Gioja: sopra la scienza dell’uomo morale discorrea Bernardo Serio; il quale inoltre tolse a mostrar l’influenza della vita e filosofia di Aristippo su’ co- stumi de’ Siracusani, qualor egli venne a visitarla Sicilia sotto i Dionigi: influenza certamente ben altra da quella che sotto la stessa dominazione e all’ epoca stessa recò a Siracusa e alla sua corte il divino Platone, che sino a tre volte degnolla di sua presenza; quanto questi severo e moderato nella sua morale, altrettanto quel- l’altro molle e voluttuoso; qual poscia creò la setta dei Cirenaici. Come poi il Serio trattò l’ influenza di questo degenere allievo’ di Socrate, di questo antagonista di Platone; così Francesco Paolo Ta- majo tolse a valutare l'influenza delle passioni sulla vita civile, in- dividuale* e sociale, ponderando il bene e ’1 male che da quelle di- mana, secondochè a buono o mal segno vengono indirizzate. CE Affini e limitrofe alla morale scienza sono la Politica, 1’ Econo- Feomca, Mia, la Statistica: e sopra questi tre rami abbiam qui udito a ra- gionare tre socii. Il Principe di Scordia ne dispiegava un quadro ben contornato sulla Politica delle differenti nazioni; dopo di che discendeva con vivaci colori a tratteggiare la nostra, di cui propo- neva importanti riforme. Sullo studio della Economia ne comuni- cava le sue idee Sa/vadore Costanzo, il quale ancora ne forniva un pieno ragguaglio del suo stato fra noi. E poichè due grandemente proficui stabilimenti tra noi sorgeano ad un tempo, io dico l’Ist- tuto d’Incoraggiamento e la Direzione della Statistica; come ll’ uno mira a migliorare e promuovere la doppia Economia, cioè la ur- bana e la campestre, le arti e l’agricoltura; così l’altra ne fa intesi . ACCADEMICA 13 del progredire o dello indietreggiare che fanno nel nostro suolo le utili istituzioni. Che però le Tavole statistiche d’ una delle nostre Valli ci appresentava Giovanni Schirò , alla cui diligenza pure dob- biamo una elaborata Topografia medica di Palermo. La scienza della legislazione conta pure fra’ nostri socii non ispre- Giurisprudenza. gevoli coltivatori. Il lodato principe di Scordia, che fu alcun tempo alla testa del nostro Senato, e quindi alla mano del potere ammi- nistrativo, ne lesse un’ apposita sua scrittura sulle facoltà esecutive delle municipali amministrazioni , additando quelle parti che sono di lor pertinenza, e indicando le vie a ben disimpegnarne l’ officio. Ignazio Sanfilippo, già professore di Economia politica, volle di questa promuovere i vantaggi, salvare i progressi, tutelare i diritti, addi- mostrando gli effetti nocevoli che seco portava fra noi l’invalso si- stema proibitivo. Indi Gaspare Parlatore e Vincenzo Cacioppo , da bravi avvocati ne vennero ammaestrando, l uno sopra l’ Appello nelle cause criminali, V altro sopra i Sequestri detti d’ assicura- zione. Il nostro benemerito p. Benedetto d'Acquisto , già Direttore della ritosotia. Sezione in voce, poi vice-presidente del Corpo intero, di tre suoi ra- gionamenti ne fe’ copia sopra tre differenti subbietti. Il primo è filosofico, sull’origine delle idee, ove passava a disamina i tanti sistemi sopra ciò escogitati ad ogni tempo dagl’ideologisti, ed ul- timamente dal celebre Antonio Rosmini. Il secondo è critico sul reale od immaginario, verace o chimerico , proficuo 0 pernicioso pro- gresso umanitario, di che mena sì alta boria I’ età presente. Apo- logetico era il terzo, sulla verità della religione cristiana, ch'ei tolse a dimostrare con principî di analisi, e con nerbo di metafisica. Nella quale scienza per altro quanto egli valesse, ne fan prova gli Ele- menti di filosofia fondamentale, o Analisi delle facoltà dello spirito umano, da lui insegnata e messa in luce; oltre al Sistema della scienza universale, ove maestrevolmente discorre su la origine, fine, connessione delle umane cognizioni; senza dire il bel Corso di Fi- losofia morale e l’altro di Dritto naturale (pubblicato già l'uno, e l’altro prossimo a pubblicarsi), due rilevanti facoltà ch’ei con pari decoro suo e profitto degli uditori professa in questa Università. Terza sezione. Linguaggio. Poetica. Comenti. 14 RELAZIONE E tali son sottosopra i lavori della seconda Sezione: vegnamo da ultimo a quei della terza. A quest'ultima si dischiude un amplissimo campo, o, a dir meglio, tanti campi si offrono a correre, quante son le province dell’amena letteratura. Eloquenza e Poesia, Storia civile e letteraria, Critica ed Erudizione, Filologia e Polimatia, tutto va sottoposto al suo dominio, tutto dimanda le sue ricerche, non escluse tampoco le arti belle. che sono sì affini alle belle lettere. A farci dal Linguaggio che si conviene in tali trattati, non senza sostegno di ragioni, non senza peso di autorità manteneva il socio can. Francesco Bagnara doversi nella sacra oratoria rendere più co- mune e più popolare l’italiana favella, siccome quella che dall’ un canto meglio confassi alla dignità della divina parola, alla maestà del pergamo, e dall’altro serve a dirozzare il nostro popolo, il quale sarà sempre barbaro finchè non acquista comunanza d’idioma coi popoli italiani, cioè con quelli il cui commerzio può solo ingen- tilirio. La Poetica facoltà ebbe nel cav. Leonardo Vigo un critico trat- tatore, ed in ciò giudice competente, siccome colui che ha fornito al nostro Parnaso non poche nè lievi dovizie di valore poetico nelle svariate maniere di carmi da lui pubblicati. Egli dunque ci venne divisando qual esser voglia la Proposizione, quale l’Invocazione pro- pria dell’epico poema; come concepire si debba, e quando intra- lasciare si possa. La divina Commedia dell’Alighieri, che altri ha riposta tra l’epiche poesie, altri tra le drammatiche, altri tra le romantiche, ed altri ne han fatto un genere tutto nuovo e tutto suo; la divina Com- media che vanta infiniti comentatori in Italia, non ne desidera cer- tamente in Sicilia. Oltre i comenti scelti, ordinati ed esposti dal professore Giuseppe Bozzo, ci abbiamo un discorso di Francesco Paolo Perez, sullo Scopo che si prefisse Dante nel suo poema; ed un altro di Filippo Villari a schiarimento di un passo ancipite del medesimo; senza dire altri studì fattivi intorno da altri che leggonsi nei nostri giornali. ACCADEMICA 15 Avendo il nostro M. Giuseppe Crispi, già vice-presidente dell’Ac- cademia, volgarizzate le greche Orazioni del siracusano Lisia, volle darcene conto in ragguagliandoci e dello stile e della vita di questo, e del merito e dell'eccellenza di quelle. Egli poi con altro discorso tolse a raffrontare l’Eloquenza del foro antico colla moderna, mo- strando in che l’una vantaggisi sopra l’altra. Somigliante lavoro avea condotto a perfezione il benef. Luigi Garofalo sulle greche aringhe di Gorgia leontino, di cui non pure ci dette una elegante versione, ma ne illustrò la vita, ne bilanciò il merito, ne rivendicò l’eccel- lenza. Oltre a che, avendo poi mandati ai tipi nostrali i tanto ac- clamati da tutta l’antichità, ed oggi finalmente rinvenuti libri della Repubblica di Cicerone, comentati dal Mai che ne fe’ la scoperta, e tradotti dal principe Odescalchi ; egli medesimo in varie sedute ci venne intertenendo sopra i principî e le opinioni e le dottrine insegnate da quel sommo politico, e sparse nei suoi immortali vo- lumi intorno all’ottimo governo degli Stati. Tre poeti lirici siciliani ci fiorirono nell’ epoca ellenica, Xanlo, Aristosseno, e Stesicoro, dei quali oggimai non ci avanzano che scarsi frammenti, ma ne sopravvive pur vegela la rinomanza. Di essi per- tanto una memoria ne venne leggendo il Cav. Francesco de Beau- mont, la quale poscia comparve nell’Effemeridi scientifiche e let- terarie; donde apparisce quanta elevatezza nei pensieri, quanta fi- nezza nelle immagini di questi tre nostri si fosse, da non dover gran fatto invidiare ai tre corifei della Grecia madre, Pindaro, Saffo, ed Anacreonte, solo in ciò più felici, perchè involati furono alle ingiurie dei tempi. Dacchè il nostro Scinà ebbe raccolte ed illustrate le sparse reli- quie in prima d’Empedocle, e poscia d’Archestrato, parecchi elle- nofili s'invogliarono di seguirne l'esempio, e di emularne la dili- genza, dandosi a racimolare gli avanzi d’altri scrittori greco-sicoli. Tal fecero i nostri colleghi emeriti Celidonio Errante a Dicearco, Luigi Tirrito ad Epicarmo, M. Giuseppe Crispi a Diodoro: il quale ultimo voltò in favella nostra i brani greci dei libri perduti dello storico di Argira; brani diseppelliti recentemente, con altri assai di cento antichi greci e latini, dall’instancabile bibliotecario della Va- Versioni. Lirici greci. Altri greci. Storia Iette- raria. Epoche an- tiche. 16 RELAZIONE ticana Angelo Mai. Un degno allievo del Crispi, l’abate Nicolò Spata, ci rendeva ragione del lavoro già pubblicato dal suo maestro ; le cui orme laudevolmente battendo, prese anch'egli a volgarizzare e l’epistole di Platone a Dionigi tiranno di Siracusa, a Dione, ad altri siciliani, e i frammenti da se parimente raccolti di Timeo, di Eforo, di Teopompo, di Callia, da lui pubblicati quali in separate edizioni, e quali nella Biblioteca greco-sicola testè cominciata stamparsi. Di queste patrie beneficenze ne ha egli dato contezze a noiin più discorsi, e al pubblico nei preliminari ai detti frammenti. Donde fia ben agevole a chicchessia l’argomentare come e quanto dai nostri Soci siasi coltivata e promossa la critica, l’erudizione, la filologia, e la lingua ellenica, degna madre della romana e progenitrice delle europee. La Storia letteraria non istette meno a cuore ai nostri: e benchè non ne abbiamo sinora una compiuta e finita in tutti i numeri, pur contiamo differenti periodi presi da loro ad illustrare. Lo Scinà lascionne il periodo greco in tre memorie, oltre il Prospetto del secolo XVIII in tre volumi. Il Cav. Francesco Ferrara, già nostro vice-presidente, de’ nove tomi di Storia generale della Sicilia, con - sacrò il sesto alla Storia letteraria, come i primi cinque alla civile, e itre ultimi all’antiquaria, all’artistica, alla naturale. Giovanui Schirò ci venne diciferando le Relazioni dei popoli di Epiro colla Sicilia, nei tempi che il nostro commerzio marittimo era meglio in fiore che oggi non è. Che se quest'Isola tanto è più travagliata, quanto è più bella; perocchè quanto più bella, tanto più ambita da stranieri conqui- statori, che col sottometterla al loro servaggio vi ecclissarono in gran parte l’avito splendore: non per questo dimenticò al tutto le prische glorie nè del tutto spense le scintille del ‘genio. Il socio nostro Saverio Scrofani, già membro onorevole dell'Istituto di Francia, nella egregia sua opera della Dominazione degli stranieri in Sicilia, ha ben chiarito qual essa si mantenesse sotto i Greci, sotto i Fenici, sotto i Cartaginesi, sotto i Romani, i Bizantini, ji Saraceni, e le altre dinastie susseguenti. Degli Arabi specificatamente ne addimostrava il Principe di Scordia, qual fosse il governo, quale la coltura; e dopo ACCADEMICA 17 lui il dottor Gaspare Parlatore porgeane un quadro delle scienze lettere ed arti professate dai Saraceni in Sicilia: quadro che doveasi più estesamente incarnare da Carmelo Martorana, se data ne avesse la continuazione delle sue dotte Notizie storiche dei Saraceni in Si- cilia, di cui non abbiam per le stampe altro che i primi due libri. Dal discacciamento di questi popoli, e dalla fondazione della Mo- narchia per opera dei prodi Normanni prende cominciamento il glorioso periodo della odierna civiltà e della moderna coltura. Intra le illustri famiglie, venute con quegl’invitti conquistatori ad abitar la Sicilia, vantaggiasi la nobilissima dei Ventimiglia; e di questa ap- punto ci espose Agostino Gallo le origini, le diramazioni, le pre- minenze; nel mentre che Ignazio Incontreras , stendendo più oltre le sue vedute, venia tracciando l’origine e i progressi della civile società; intorno a che vi son nete, o Signori, le ricerche fatte, le opinioni sostenute, le opere divolgate da cento scrittori. Discendendo ai tempi a noi più vicini, possiam con onore men- tovare parecchi tra i nostri Colleghi che tolsero ad argomento di loro disquisizione i progressi delle arti e delle scienze in quest'ul- tima età. Tal fece Antonino Romano per due discorsi sulle vicende della letteratura italiana. Tal fece Bernardo Serio con altri due, uno sugli Studì delle cose patrie, l’altro sulla Letteratura d’Italia nel se- colo XVI; a nulla dire della sua Memoria ben lunga sulla istruzione pubblica di Sicilia nei secoli XVI e XVII, che leggesi stampata negli Atti. Tal fece Antonio di Giovanni Mira sulla Letteratura siciliana del secolo XVI, dove passò a rassegna i nostri più celebrati scrittori in fatto di oratoria, di storica, di poetica facoltà. Intanto il professore Gaetano Algeri-Fogliani , volendo tra noi propagare lo studio della sua favorita scienza, dico della medicina legale, da lui primamente introdotta nella nostra Università, tolse ad illustrare questo ramo di Storia medica, dimostrando com’essa può quasi dirsi nata in Si- cilia, e ridotta a dottrina fin da due secoli innanzi, benchè in pro- cesso negletta ed anco dimenticata dai nostri, n’andasse a ricevere novella vita e consistenza nel Continente. i A promuover le lettere per le differenti classi della Società, ave- vamo collegi, avevamo licei, avevamo accademie, avevamo università. 3 Medie. Moderne. Scuola. Istituto dei sordi-muli. Dialetto si- colo. 18 RELAZIONE Ma tutti cotesti stabilimenti non servivano che alla istruzion secon- daria : ne mancavano tuttavia dei propri e comuni allo insegnamento elementare. Questi sono dovuti al raffinamento del secol nostro, nel quale l’ Alemagna mettea in campo le scuole normali, V In- chilterra le /ancastriane. E le une e le altre furono favorevolmente accolte e fruttuosamente allignarono in Sicilia. Però è che i due direttori delle medesime si piacquero renderne minuto. conto alla Accademia : il sacerdote Pasquale Pizzuto dimostrò i vantaggi del metodo normale: il professore Nicola Scovazzo giustificò quello del mutuo insegnamento : sopra che altresì ne ragionò da capo Gaetano Daita, a lui succeduto in questa Direzione. E poichè di scuole favelliamo, non vuol trasandarsi quella che tanta celebrità ebbe acquistata al benefico abate I’ Epée che funne l’inventore, quella io dico dei sordi-muti, con tanto profitto già propagata per ogni dove. Avendola pur introdotta in questa città, non senza gravi suoi stenti, il paziente non meno che beneficente Ignazio Dixitdominus, rappresentossi una volta alla nostra Assemblea, e dei travagli da sè durati, dei tentativi da sè replicati, dei frutti da sè raccolti per questa fitantropica istituzione dienne un compiuto ragguagliamento. Per tali trovati, per siffatte scuole elementari veg- giamo omai accomunata per fino alle infime classi quella istruzion letteraria che da secoli parea riservata ai ceti esclusivamente civili; e possiam vedere con nobile compiacenza renduta comune la colta favella d’Italia, che per lo addietro ignoravasi da quelli eziandio che pur sentivano innanzi nel maestevole idioma del Lazio. L'applicazione però a queste due lingue non fece al tutto dimen- ticare il materno. dialetto , che. pur da molti si crede più antico ancora, e forse anche padre « della lingua volgar cotanto in pre- zio ». Vero è che non essendo esso adoperato nè nelle scritture , nè tampoco nei pubblici uffici, appena troviamo chi siasi data la briga di sottoporlo a leggi grammaticali, se si eccettuano alcuni pochi che ne lasciarono alquante osservazioni per agevolare agli stranieri l’intelligenza dei poeti siciliani; giacchè altro che in poesia non fu adottato questo dialetto. Or a spianare viemaggiormente l’uso di questo, a dichiararne i propri modi, le proprie frasì , i propri ACCADEMICA 19 motti proverbiali, fur compilati parecchi vocabolari siciliani : intra i quali vanno dalla maggiore quelli di Michele del Bono e di Fran- cesco Pasqualino nel secolo andato, di Vincenzo Mortillaro e di Ro- sario Rocca nel nostro. Gli studî spesi sopra ciò dai nostri antichi venne ripilogando il Cav. Leonardo Vigo con apposita diceria, che leggesi nei tomi XVITI e XIX delle E. meridi nostre; con che prese a dimostrare il bisogno d’un più completo Dizionario, la cui compilazione mostrava non ad altri meglio competere che ad una Accademia intera, ed a questa nostra segnatamente, siccome all'Accademia della Crusca l’Italia, a quella dei Quaranta la Francia, alla Castigliana la Spagna, alla Lu- sitana il Portogallo van debitori de’ più accurati loro Vocabolari. Accolse di buon grado la nostra una proposizione che scorgea tanto a sè gloriosa, quanto proficua alla nazione; e un comitato ereò per discuter gli articoli da quel Cavaliere proposti, per mo- dificarne il progetto, per determinarne il metodo, e per riferir sul- l'assunto. Quattro illustri membri di questa Assemblea tennero nella mia stanza le loro non poche riunioni, finchè il segretario di questa commessione Gaetano Datta ne distese e quindi lessene il ragionato rapporto; con che parea finito il negozio. Ma fatto sta che allora appunto abortì ed andonne in fumo, posciachè difficoltà insorte al di fuori e renitenze sopraggiunte al di dentro, prima sopirono e poi estinsero il maturato disegno. E tali sono i lavori moltiplici e svariati fatti dalla terza Sezione intorno ai differenti rami dell’ amena letteratura : ai quali qualche allro possiamo aggiugnerne intorno alle arti: com'è quello del Duca di Serradifalco sopra un Plinto trovato nel teatro di Siracusa; quello di Luigi Garofalo sopra i Musaici della real Cappella palatina; quello d’Agostino Gallo sopra il famoso Quadro di Raffaello un dì esistente allo Spasimo. Ma noi da quest’ ultimo ci attendiamo ancora una Storia finita delle arti belle siciliane, come già l’abbiamo di varì artisti da lui medesimo accuratamente storiati. E qui per ultimo mi cade in acconcio fare un rapido cenno degli illustri personaggi, cui l’ Accademia ha onorevolmente tributato i meritati encomî; ed è questa una pratica, quanto usitata da tulte Vocabolario. Comitato. AGLI Elogi. A'tri Epilogo. 20 RELAZIONE le letterarie radunanze, altrettanto ragionevole e ben dovuta a’ me- riti di coloro che nella carriera da noi battuta e ci. precederono coll’ esempio, e ci confortarono coll’autorità, e cogli scritti ci al- luminarono. Pertanto di tali elogì ne abbiamo udito due dall’ or no minato signor Gallo, allora segretario, oggi direttore della terza Sezione : l'uno fu da lui detto alla memoria del chiar. Giuseppe Haus, istruttore dei nostri Principi reali, ed autore di dotte lu- cubrazioni; l’altro in lode dell’avvocato Ignazio Scimonelli , ultimo presidente perpetuo dell’Accademia del Buon-gusto , e scriltore an- ch'egli di poesie siciliane. Dopo lui, Ferdinando Malvica due altri pieni elogì leggeva, e poi pubblicava, uno del conte Leopoldo Ci cognara, straniero bensì di patria, ma notissimo per la famigerata sua Storia della scoltura; l’altro di Domenico Scenà, cui e Vincenzo Mor- tillaro a Palermo, ed Emmanuele Garofalo a Messina, e Raffaele Liberatore a Napoli renderono un consimile omaggio, oltre a quello di Federico Napoli che leggesi negli Alti nostri. Oltre a questi, per passarmene sol di volo, raccorderò avere con- simile tributo di laude renduto il signor Principe di Trabia, già pre- sidente nostro, al ch. maestro Vincenzo Bellini > Michele Amari a Mons. Paolo di Giovanni; Lorenzo Ciprì al can. Stefano di Chiara 5 Gaetano Algeri al prof. Antonino Furitano » Vito Ondes all’avv. Giu- seppe Scibona ; Andrea Bivona e Gaetano Cacciatore ai lor genitori Antonino e Nicola; Vincenzo Garofalo al suo germano Luigi; Bernardo Serio al suo prozio Antonino Mongitore. ed inoltre all’ antico Stenio Imerese, ricordato da Tullio, ad Antonio Beccadelli, detto il Panor- mita, al marchese Tommaso Natale, al barone Pietro Pisani, al Cav. Antonio di Giovanni Mira. Codesti meritati elogi, che rendon chiara la fama dei laudatori nientemeno che dei laudati, dopo avere ri- scossi non mentiti plausi dalle numerose corone, passarono a ricevere il premio, quasi tutti, della pubblica stampa, a cui oggi è serbato dare agli scritti l'immortalità. Ecco in brevi tratti delineato il quadro delle fatiche accademiche, ecco in iscorcio lo specchietto delle lucubrazioni svariate che nel periodo sopraccennato si sono in questa Raunanza prodotte. Meri- tava al certo questo quadro di venire presentato più in grande e ACCADEMICA i di più vivi colori pennelleggiato. Ma già si disse sul bel principio che ciò non doveasi delle già pubblicate, e non potevasi delle smar# rite. Nulladimeno questa qual che siasi abbozzatura potrà bastare a dar un'idea del cammino finora battuto, e del sentiero che ri- mane a percorrere. Abbiam posto in una e semplice prospelliva i passi dati dall'anno della restaurata Accademia 4852 fino all’ anno del politico rivolgimento 4848, nel quale ella si tacque. Ristabilito poi l'ordine pubblico, ripigliò essa le sue esercitazioni: ma noi di queste non faremo parola, perciocchè il nostro socio Federico Lanza Duca di Castel-Brolo, Segretario della prima Sezione e Tesoriere dell’Accademia, ha già renduta di comun ragione per le stampe la Relazione generale degli ultimi due anni, e dato conto minuto dei nuovi Socì ascritti, e delle Corrispondenze nazionali e straniere, ec dei Defunti accademici, e della nuova Magistratura, e infine delle Memorie lette da lui medesimo e dai Socì Pietro Cal- cara, Domenico Ragona, Ignazio Salemi, Filippo Majorana, Giuseppe Biundi, Gaspare Parlatore, Pietro Sanfilippo, Nicola Spata, Giuseppe di Lorenzo. Ai quali eran certo da aggiugnere i nomi del Direttore Agostino Gallo, del p. Giuseppe Romano, del D". Francesco Longo, che lessero posteriormente. Gli argomenti da loro trattati fino al dì d’oggi (per toccarli sol di sfuggita) sono « L'origine e i progressi dell'agricoltura e pastorizia in Sicilia; Utilità dello studio delle scienze agrarie; Sopra il com- mercio dei grani in Sicilia; Sopra la cultura dei pomi di terra; Sulla pescagione delle alalunghe in Sicilia; Cenno storico della clinica medica in Palermo; Sopra le febbri intermittenti e perniciose; Sopra due generi di febbri infiammatorie; Sul coraggio e’! modo di per- petuarlo in una nazione » ; e ciò per conto di naturaliscienze. Al ramo di belle lettere fanno i Discorsi sulla antica letteratura sici- liana, e quei su alcune Medaglie inedite sicole , e le Istruzioni da raccogliersi nei viaggi. Dei quali ragionamenti alcuni già videro la pubblica luce, ed altri vanno compresi nel presente volume. Gli ultimi due discorsi rammemorati dal Brolo furon da me letti i primi: nell’uno dei quali, allorchè si riaperse questa Compagnia, dava conto. dei suoi passati lavori, come praticato abbiamo colla Nuova serie. Nuovi discorsi. Dutisagogiei Annunziî. Diadema MEA002 gio Mecenate. Accoglienza. 22 RELAZIONE presente rassegna : l’allro metteva in veduta i lavori venturi, e we scompartiva i rami, e suggerivane i modi da immegliarsene l’an- damento, onde procedere con più felice successo e rendere frutti non perituri. Imperciocchè le Accademie allora soltanto sono sti- mabili, qualora si rendon utili; ed utili non torneranno, se non quando e sopra materie interessanti si versano e con metodo fe- golare progrediscono. Oltre a questo (per non tardare di troppo il far consapevole il pubblico , che prende interesse ai letterarì stabilimenti), due arti- coli venni sul conto nostro inserendo nell’unico giornale letterario che qui avevamo al 4854, diretto da un nostro collaboratore. Nel primo, premessi brevi cenni storici dell’Accademia, annunziavamo i nomi del nuovo Magistrato, e i sunti dei letti discorsi davamo : nel secondo pagavamo un tributo di gratitudine a quei generosi che furon cortesi all’ Accademia delle opere da lor pubblicate, notan- done i titoli classati per le diverse materie. Questa primaria Accademia della Trinacria pregiasi di contare a suoi mecenati i Governanti supremi dell’Isola. Ebbelo fin dalla prima restaurazione in persona di S. A. R. il Principe Leopoldo , Conte di Siracusa, il quale e n’approvò i novelli Statuti, e nominonne i Soci primieri, e durante sua presenza fra noi il rimodernato Istituto favoreggiò. Venuto testè a prender le redini di questo governo il tanto benemerito Principe di Satriano, degna progenie di quel Gae- tano Filangieri che seppe a scienza ridurre la Legislazione; nostro primo pensiere, nostro voto uniforme fu di partecipare all’onoranza di averlo per capo, siccome già da più anni lo contavamo tra i più illustri Soci Onorari. In adempimento di quella unanime deliberazione , il Magistrato Accademico introdotto all'udienza di S. E., gli presenta il Diploma con esso il volume degli Atti, presandolo a voler di sua protezione onorar questo Corpo scientifico della Capitale, come fatto si avea a più altri dell'Isola che del suo nome si adornano. Accolse l’ottimo Principe colle più cortesi maniere e il dono e i donatori e la inchiesta : nè contento alle gentili significazioni di affetto e di umanità, onde rispondere al nostro riverente omaggio, ACCADEMICA ‘23 degnava esprimere i grati suoi sentimenti con un foglio steso tutto di proprio pugno, e tale che non sappiamo se torni maggiormente ad onore del Corpo a cui va diretto, o a testimonio della benignità che l’ebbe dettato. Stimiamo pertanto convenirsi a decoro dell’uno, a riconoscenza dell’ altra, che gli sia data la maggiore pubblicità, rendendolo a notizia dell’universale, perchè tutti sappiano di qual muova onoranza si allieti l'Accademia Palermitana. Stimatissimo Signore « L'Accademia Palermitana compartendomi l' alto onore di chia- marmi a suo protettore, non certo per mio merito, ma qual rap- presentante del Re Signor Nostro, ha voluto mostrarmi che sotto il benefico governo di Ferdinando II il culto delle severe scienze e delle umane lettere è tornato in onore, e che le condizioni dei tranquilli tempi in cui viviamo danno allo svolgimento delle utili discipline un fecondo impulso: del che mi porge anche irrecusabil prova il bel volume degli Atti accademici che mi offri a nome di quell’illustre Consesso. «Io sono certo che i dotti lavori dei nostri Consocii cresceranno sempre più quel retaggio di glorie scientifiche e letterarie, delle quali va a giusto titolo superba questa Terra che fu culla al gentile idioma sonante e puro; e sarà sempre per me argomento di onesto orgoglio il pensare che mi vollero essi compagno , segnando fin dall'anno 1833 il mio nome nel loro Albo accademico. « Ella intanto vorrà farsi interpetre con l'Accademia Palermitana di Scienze e Lettere di questi miei sentimenti, assicurandola che non trascurerò di leggere il suo Statuto ora ridotto ad ordine migliore, sicuro come sono di trovarlo rispondente al suo scopo. « Gradisca, Signor Segretario Generale, le assicurazioni della sen- tita mia stima e della considerazione mia ». Palermo 4 maggio 1852. CarLo FILANGERI PRINCIPE DI SATRIANO. All’Egregio p. Alessio Narbone Segretario generale dell’Accademia Palermitana. Lettera. Escquie aì Presidente. 24 RELAZIONE Rimaneva che l'onore da Lui compartito per iscrittura si rendesse visibile dalla presenza; nè tardò la occasione di farlo. Il degnissimo Presidente can. Alessandro Casano, non per anco compiuto un biennio di sua gestione, con grave perdita delle lettere chiudeva la mortale carriera. Il Corpo accademico si recò a debito di pagare al venerato suo Capo un tributo di onore, e stabili un giorno per satisfare a tal atto di pietoso ufficio. Fu questo il di 19 dello scorso settembre, nel quale l'Aula senatoria si vide nel suo ingresso apposta una ben lunga Iscrizione funebre che latinamente sponeale virtù dell’estinto, dettata dal socio prof. Nicolò di Carlo : in fondo poi il ritratto del defunto da sperto pennello, pendente in mezzo a pregevoli drappi. Strepi- toso fu il concorso, e questo de’ più qualificati personaggi: tra cui distinguevansi l’ Intendente della Provincia, il Pretore della Città, coll’Eccellentissimo Senato, il Direttore di polizia e parecchi maggiori Uffiziali, senza dire i Canonici del Duomo e i Professori dell’ Uni- versità, venuti gli uni e gli altri ad esequiare un loro Collega ca- nonico e professore. Ma lo splendore di tanta corona venne super- bamente accumulato dalla presenza dell’esimio Mecenate novello, che in compagnia dell’esimio marchese Arrigo Forcella, Amministratore di Casa reale e nostro Socio onorario, e d’altri Gentiluomini di Ca- mera, recossi a udire l’Elogio funebre, letto dal prof. Giuseppe Bozzo, che qui ora si rende di pubblica ragione. Tal si era il corso che in questo ventennio ha tenuto la nostra Accademia. DESCRIZIONE. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA DI PIETRO CALCARÀ DIRETTORE DELLA PRIMA SEZIONE DELL'ACCADEMIA, PROFESSORE DI STORIA NATURALE NELLA R. UNIVERSITA’ DEGLI STUDÌ DI PALERMO, SOCIO DI VARIE ACCADEMIE NAZIONALI E STRANIERE, EC. EC. Memoria comunicata dall’autore in gennaro 1853. —==0ee=-_ PREFAZIONE Essendo stato mio proponimento dopo le più attente ricerche natu- ralistiche esequite sopra una contrada qualunque quello di tesserne una apposita memoria, e conoscendo che ciò influisce a sommo utile per il progresso della storia naturale della nostra Sicilia, è mio pensiero oggi inserire negli Atti accademici la descrizione dell’isola di Pantellaria, la quale per gli svariati obbietti che contiene e per la mancanza di analoghe descrizioni la reputo di sommo interesse per coloro che cer- cano delle nozioni statistiche di una regione così ammirevole nelle sue naturali produzioni. Il metodo da me adottato è pressochè conforme a quello posto în uso per le descrizioni di altre isole, cioè Ustica, Lampedusa e Linosa ; quindi dividerò la memoria in nove capitoli, nel primo tratterò della Geografia fisica, nel secondo dell’ Idrologia, nel terzo esaminerò i minerali e concerne l’ Orittognosia , nel quarto le rocce ed i terreni per cui verrò esponendo la Geognosia; la trattazione della Geogonia 2 PREFAZIONE formerà lo scopo del capitolo quinto; in seguito tratterò nel sesto ca- pitolo della Botanica, nel settimo della Zoologia, nell’ottavo della Agri- coltura, e finalmente l’ultimo capitolo abbraccerà la Storia civile del- l’isola a cui fa seguito la carta topografica della medesima. Nello sviluppo di siffatti argomenti, se lo scopo è în parte raggiunto, spero che mi saranno indulgenti i benevoli lettori, affinchè possa con alacrità istituire simiglianti lavori sulle altre isole adjacenti alla Si- ciha tutt'ora non convenientemente illustrate (1). (1) È uopo tributare i giusti encomj all'ottimo mio amico Dr. Alfonso Errera, il quale molte agevolazioni e notizie mi ha somministrato circa la descrizione dell’isola di Pantellaria sua patria. DESCRIZIONE DELL'ISOLA DI PANTELLARIA CAPITOLO T, GEOGRAFIA FISICA, Nel mediterraneo ai gradi 36°, 30° di latitudine e gradi 9°, 44’ di longitudine E per Parigi, sorge l'isola di Pantellaria altrimenti detta Cossura dagli antichi. — Essa dista, in direzione NE 4 N, dal Capo Granitola 350 miglia marittime, che è il punto più vicino alla Sicilia, e miglia 57 da Capo Gobia nella direzione O, punto più pros- simo all’ africana costiera. Dall’ isola di Lampedusa si discosta per 76 miglia nella direzione SSE, e per miglia 58 da Linosa da SE 4 al S. La forma in generale dell’isola di Pantellaria è pressochè di un ellissoide irregolare allungato , stretto alquanto nell’ estremità che si dirige al NO; il perimetro si reputa di miglia 36 e mostrasi fre- quentemente sinuoso. La maggior lunghezza di quest'isola si è da NO a SE, cioè dalla Cala di san Leonardo all’altra dell’arena che si può calcolare 14 miglia siciliane, e la sua massima larghezza apparisce tirando una linea diagonale dalla Punta Lunga all’ altra della Polacca, e la minima si rimarca dal lido della Pozzolana a Suvachi. È osservabile che il centro dell’isola ed il suo lato diretto a SE mostransi elevati e montuosi; mentre bassa ed a piani inclinati. si osserva l’isola dal lato opposto. Per offrire un’ esatta descrizione fisica di questa estesa isola ho ® 4 DESCRIZIONE x divisato considerarla per la varia gradazione dei terreni rispetto al livello del mare, riserbandomi in fine del presente capitolo la con- siderazione geografica del suo perimetro. Riguardandosi dal geografo l'isola di Pantellaria dall’ apice della montagna grande affine di conoscere le varie graduazioni del sot- toposto suolo, può facilmente dividersi in quattro parti distinte cioè: 4. In suolo basso che poco si eleva dal livello del mare. 2. In suolo medio elevato, nel quale s’ includono le colline e le braccia dei monti. 5. In suolo alto, rappresentato dal corpo della montagna. 4. In littorale. Per riuscire meglio coll’analisi geografica ho giudicato dividerla in quattro sezioni, tirando due linee rette che formano angolo di coincedenza sulla vetta della montagna grande, le quali dirigonsi la prima dal punto del paese al Cortigliolo, e l’altra dalla Cuddia di Scauri al lato opposto Gadir. SI Suolo basso che poco si eleva dal livello del mare. Parallella alla linea da noi indicata per circoscrivere la prima sezione del suolo basso e poco elevato dal mare si appresenta la contrada detta Gadir (4) diretta a NE 4 N il cui suolosulle prime è orizzontale ma che poscia si vede elevare laddove si continua colla contrada denominata Khkamba (2); vetroso e scabro offresi il piano situato nella linea che giugne al limitrofo sito della Cala Cot- tone continuandosi sino al Khagzar (3) il quale mostrasi bastantemente. elevato con ripido aspetto; avvicinandosi poi lo sguardo verso la pendice della montagna si scorge la suddetta contrada di Khamba il cui suolo quasi piano si estende in pianura allungata. — Prose- (1) Nome di arabica etimologia Gadir che significa stagno, palude. (2) Nome anch'esso di arabica origine che vale Khannab canape, cioè sito ove un tempo coltivavasi tale utile pianta. (3) Questo nome viene da Hagiar che vale pietra, per cui sito pietroso. DELL’ISOLA DI PANTELLARIA 5 guendo ad osservare tale regione dell’isola e passando dalla parte periferica verso il centro, succedono le contrade di Khafar(1) e Bu- geber (2), la prima offre il terreno avvallato che avvicinandosi al littorale si eleva e poi si appiana inclinandosi al littorale medesimo; la seconda contrada mostrasi a piano inclinato verso il lago. Il lago detto impropriamente Bagno da quegli isolani è scavato e circoscritto da un regolare cratere di circa tre miglia di perimetro for- mato dalla contrada di Bugeder, Khartibugal e dalli Zinedi (3). Le coste di questa escavazione craterica sono in parle conformate a salita murale, altre tagliate naturalmente a scarpa, e piano mostrasi il fondo, in gran parte coperto d’acqua alcalina, la cui circonferenza si è calcolata circa un miglio. Ho inoltre con varie sperienze baro- metriche calcolato che la linea di livello dell’acqua del lago coincide perfettamente a quella del mare vicino la spiaggia di Khartibugal. La contrada detta del bagnosi presenta tutt’affatto piana e ben col- tivata; alla parte superiore della costa del lago a NE succede Khar- tibugal la quale mostrasi di poca estensione data interamente alla cultura e riconoscesi tal suolo per la sua orizzontalità, sebbene esso elevasi alquanto con dolce inclinazione nella costiera del Jago e più d’ogni altro nella parte che si continua con Cumbà. — Nella direzione NNE di Cumbà offresi la contrada di Campobello che è piuttosto piana presso la spiaggia ed elevata con angolo sagliente verso Khadiugia (4) che mostra la stessa natura di terreno. — Suc- cedono poi, avvicinandosi al paese, le contrade di Zyton (3) e Kha- ruscia (6) che sono presso che piane con dolce inclinazione verso il mare, e fanno seguito alle stesse Zubedi, (7) Masara, Santachiara, (1) Dall’arabo Hafar pozzo. (2) Da Obugeber pane. (3) Da Zined, pietra focaja. (4) Proviene dall’arabico Hudag coloquintide o melone velenoso, sito ove a pre- ferenza nasce spontanea la coloquintide. (5) Da Zitun oliva. (6) Proviene dall'arabo Harasehia che vale sito aspro o scabroso. (7) Da Zubeb che vale mosca o ape, sito ove dimorano le pecchie. 6 DESCRIZIONE Bovimarino, San Leonardo in cui apresi quella valle circolare ove trovasi fabbricato il paese. A sinistra del paese, percorrendo la strada che si parte dal suborgo, s'incontrano le così dette Matarette, quindi il Codo che è piano esi continua con Arinella e Balati, così detta quest'ultima contrada, perchè si possono ivi estrarre lastroni di pietra con molta facilità; presso le indicate contrade altre se ne rinvengono anch'esse quasi piane e sono Khasen (A) Mursia Dhakhalè (2), Farkhicalà è Midichi (3); è note- vole che le medesime trovansi circoscritte e limitate dal mare e dai monti di Sant'E/mo, e Gelfikhamar (4). Dopo che il geografo ha precisato tutti questi indicati siti del suolo che poco si eleva dal livello del mare e che stanno compresi in questa prima sezione, ripiegando novellamente il suo sguardo alla parte posteriore del monte di Ge/fi&khamar vede in altro orizzonte la vasta ed elevata contrada detta Cimillia che signoreggia l’altra di Suvachi (3) la quale offre un suolo basso, piano, ma però di pic- cola estensione che va a terminare col propinquo mare: al di sopra della stessa e collaterale a Cima/la trovasi Novricibì signoreggiato da Tricbonsulton e Scirafi (6) che verso il mare presenta una piccola collina che scende per la contrada di Salaria; dopo Scirafi succede alla parte superiore la vasta contrada di Buecurami (7): è rimarchevole in quest’ullimo sito, precisamente nel fondo del signor Gaetano Valenza collaterale al casamento, una buca diretta a maestro incavata nella roccia vetrosa; per essa esce un’aria freddissima (8) la quale diviene costantemente più intensa allorquando nella calda stagione spira vento (1) Proviene da Husen che vale colle arenoso e alto. (2) Da Dahala cioé pozzo coll’imboccatura stretta. 3) Da Medik luogo angusto. ) Si riferisce all’arabo Ge/f-Hamar cioè asino scorticato. (9) Da Suvach cioé terra molle, lutosa nella quale vi si immergono i piedi. (6) Proviene da Schiarif luogo alto e nobile. (7) ) (8) A 22 giugno 1846 ed alle ore 23 d’Italia quando la temperatura atmosferica segnava gr. 26 R. l’aria della buca faceva discendere il mercurio del termometro a 15° R. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 7 di ES; gli abitanti di quelle campagne espongono alla corrente molte vivande le quali dopo poco tempo divengono anch'esse freddissi- me. — È probabile che siffatta buca peri moltiplici ed interni an- dirivieni dei suoi canali comunicasse con altri opposti orificì che metton foce in siti lontani esposti ad altri venti, e chela mancanza di comunicazione della temperatura dell’ aria esterna nella circostanza di trovarsi elevata non potendo esercitare azione di equilibrio con quella interna producesse l’importante fenomeno di sopra indicato. In continuazione di Buccurami succede Scirafi sito piano che va a terminare colla Cuddia (1) di Sataria (2) e Venedisè; quest'ultima contrada confina con Sciuvechi (35). —In continuazione di Sataria si apre la vasta contrada di Scauri che per la sua conformazione dividesi in alto e basso; a piano inclinato essa si prolunga verso il mare mostrando per limite la roccia disposta a costiera che chia- masi Zichidì la quale viene limitata dalla Cuddia di Scauri che è appunto il confine assegnato dalla convenzionale linea retta divi- soria dell’isola. Epperò se il geografo dall’apice della montagna grande percorre coll’occhio quella linea mediana che dal paese conduce al corpo della predetta montagna, in ordine di successione potrà comodamente osservare, presso a poco in questo raggio di visuale, oltre del paese, Itria, Luvedi, (4) Velcimursà (5) contrada piana e di notevole estensione; indi San Marco che estollesi in forma di collinetta quasi tondeg- giante, sito, ove gli archeologi rinvennero i ruderi dei monumenti dell’antica Cossura; alla cennata collinetta si succede San Francesco, Margana, Mugnia, Ruchèa, Santovito disposti in unica pianura; quindi seguitano Khannachi (6) e Khufrà (7) in cui il terreno mostrasi (1) Il vocabolo Cuddia proviene dall’arabo Cudia che vale terra dura o cumolo, (2) Si chiama con tal nome per l’abbondanza del timo capitato, pianta che da quei naturali si denomina Sataru da cui Sataria. (3) Dall’arabico Schuk, che vale sito ingombro di spine. (4) Da Luved presidio, luogo sicuro. (5) Probabile che proviene dall’arabo Ve/gimarsa, cioè ingresso del porto. (6) Dall’arabo Chanal che vale luogo angusto. (7) Da Hufar fosso. $ DESCRIZIONE molto avvallato; queste contrade confinano con i siti di Gelfiser, Sciuvechi, Khafefi (4) punti che trovansi collocati in linea mediana del paese; adocchierà inoltre il geografo Sibà (2) che elevasi sul livello del mare secondo Hoffmann 963 piedi parigini; tale contrada si congiugne col corpo della montagna grande, in modo che l’os- servatore dirigendosi verso il paese sulla diritta di Si6à troverà la piccola contrada detta Trikhirikhi (5) e nel lato opposto o sinistro l’ubertosa contrada di Munaster disposta a forma di ampio bacino della circonferenza di circa due miglia. Dopo di avere descritto il suolo basso e poco elevato sull’attuale livello del mare di questa parte anteriore dell’isola di Pantellaria limitato dalla linea retta che unisce il Gadîr alla Cuddia di Scauri, l'osservatore dal sito alto della monlagna potrà descrivere le altre contrade basse situate nella parte posteriore dell’isola medesima, il che lo eseguirà dirigendo oc- chio alla Cuddia di Scauri, cioè a sinistra ove troverà la vasta pianura di Scauri sopra, limitata verso la montagna coll’ altra di Kharebi (4) che confina con Cassà e nell’altro lato con Nicà la quale è signoreggiata dalla vasta pianura di Rikhal:(5) detto fuori e dentro. In Nicà scorre un piccolo torrente che nasce dalla Serraglia e si alimenta dall'acqua piovana che si cumula dentro taluni fossi: chia- masi esso impropriamente fiume di Nicà il quale dopo poco serpeg- giare scaricasi nel mare prossimo — Da Iikhal dentro sino al punto del Cortigliolo si scorge la vasta ed ineguale contrada detta dietro l'isola, confinante colla Khania (6) e da questo sito uscendo per linea mediana s'incontra quel piano scosceso inclinato verso il mare che dicesi Tracino e quindi la Khamba che si limita col Gadir. In linea medesima poi dal Cortigliolo che lambe il mare, avvi- cinandosi la visuale al corpo della montagna grande, succedono le contrade dietro l'isola e quindi Tricnakhalè, confinante col piano 1) Da Chaffef, venditore di gambiere. 2) Da Sibd leone. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 9 orizzontale dai lati craterici della Ghirlanda, a diritta della quale sta giacente la Serraglia che offre il lato diritto circolare ove s’innalza un lembo craterico, ed a sinistra Movegen. $ II Suolo di media elevazione ove descrivonsi le colline e le braccia delle montagne. Il suolo che comprendesi in questo paragrafo è in gran parte rappresentato da piccole collinette che Cuddie si chiamano da quei naturali, e si rincontrano in quasi tutta l’estensione dell’isola così nella: sua parte bassa e anteriore che nella parte posteriore ove il suolo è molto ripido ed elevato. — Cominciando l’ osservatore, dall’ apice della montagna grande, ad_esaminare tali geografiche particolarità, pria d’ogni altro potrà marcare la Cuddia del Gadir che estollesi in quel piano in forma conica poco elevata; a questa collina per al- quanto tratto vedrà succedere le tre collinette dette Cuddie dell Ferli dirette a NO tra le quali quella di centro è più grande; però sono tutte e tre di forma pressochè conica e sormoniala ciascuna dal rispettivo cratere di eruzione: inoltre alquanto a sinistra nella stessa direzione rimarcherà la Cuddia bruciata che discostasi circa » di miglio dal paese ; essa ha forma ovata, all'apice della quale una prominenza divide le due bocche crateriche ovate che la termi- nano; il cratere che guarda il NO nella base ha un diametro di canne 24 siciliane e l’altro cratere diretto a SE presenta presso a poco lo stesso diametro. — Addippiù osserverà nelle vicinanze del paese verso NO, scorrendo la piccola e scoscesa contrada della Fac- ciata, una catena di piccole collinette che chiamano Monti, le quali, appresentano un cratere vulcanico ellissoide diretto a SE, ed altra serie di colline dette Cuddie di forma allungata di disuguale altezza, che possonsi riguardare quale unica elevazione di terreno. Indi si ravvisano le Cuddie rosse dirette a SSO con un cratere vulcanico ovato, situato in una incavatura fra queste due collinette, che a ri- sore non risultano che di una sola collina allungata da E ad O e 2 10 DESCRIZIONE va quello a metter fine nella sponda del mare vicino: per ultimo in questa parte dell’isola si trovano le Cuddie d'Almanza e le altre di Cufirà, che sono cinque, molto avvicinate fra loro, dirette a NO delle quali quella che più primeggia è detta dello Speziale;l’ultima col- lina che mostrasi nel punto opposto al Gadir è la Cuddia di Scauri o di San Gaetano che si eleva a cono con base larga dirigen- dosi a SO; se questa collina si esamina dal mare vedesi allora di aspetto piramidale la cui cima poggia sopra un sistema di strati che offrono colori vaghi di giallo, rosso e bigio da poter essere imitati nelle tele dal pennello dei paesisti. Altre ed interessanti colline si possono notare nella porzione po- steriore di Pantellaria, fra le quali meritano tutta Vl’ attenzione del geografo li Cuddioli dietro l’isola, dirette a SE 4 S, la collina detta Cuddia Spatachiatta di forma conica però con base allargata. Merita di essere ancora annoverata la Cuddia Attalora, conica e larga alla base, formante una linea semicircolare che riguardasi come lembo del gran bacino di Serraglia e Ghirlanda e si estende sino a Capo e Serra punto il quale si eleva in prominenza circolare costituendo barriera colle pareti del bacino suddetto che si può considerare come il più grande cratere di sollevazione dell’isola. Finalmente l’ osser- vatore avvicinandosi al Gadir scorge la collina detta Cuddia della Khamma diretta a NNE di forma conica, e presso il corpo della Mon- tagna grande troverà due ripide collinette le quali sono di poco mo- mento a paragone di quelle da noi quì sopra descritte. $ IL Suolo alto rappresentato dal corpo delle montagne. Di molto interesse sono per la scienza le speciali osservazioni geo- grafiche da potersi istituire sui monti dell’isola di Pantellaria; poichè la loro esatta oreografia spiega rapporti positivi sulle condizioni della loro genesi e sullaloro struttura geognostica : epperò onde più com- modamente offrirne un esatta €onoscenza mi fo ad esaminarli non solo dalla sommità della Montagna grande per vederne la loro DELL’ISOLA DI PANTELLARIA ft topografica giacitura rispetto ai terreni su cui si ergono, ma altresì li descriverò dal sito ove si trovano percorrendo sulle loro balze e notandone i loro più essenziali caratteri. Il primo monte che trovasi circa ad un miglio distante dal paese, percorrendo la linea in direzione SO, si è appunto Sant E/mo, il quale veduto dalla sommità della Montagna grande mostrasi in direzione NO e di forma conica, terminato da un semicratere di sollevamento ed altro vulcanico con profonde solcature. Quest'unico monte è chiamato dagl’isolani con due nomi, la parte anteriore che corrisponde a NO la chiamano Sant E/mo, mentre Cuddia del Catt (1) dicono la parte posteriore, cioè quella che guarda a SE la quale lateralmente presenta un piccolo cratere. Tale montagna con- siderata da vicino presenta varie forme; infatti osservata dal lato an- teriore offre la forma conoidea allungata alla base verso NO, guar- data da SO presenta la forma bislunga, da SE è rotonda, e finalmente da NE è semicircolare con raggi del’ semicerchio corrispondenti al centro della Montagna grande. Circa a due terzi della sua altezza nella parte che guarda SO àvvi una grotta di pietra rossastra poco profonda e di non molto interesse per la scienza; la sommità di Monte Sant Elmo si eleva sul livello del mare secondo Hoffmann 674 piedi parigini. A SSO, lungi un miglio e mezzo circa dal paese, elevasi la monta- gna di Ge/fikhamar, di forma irregolarmente circolare, e nel suo apice trovasi un vasto e profondo cratere che appellasi Vallone del- l'Abate; nella parte del cratere che corrisponde ad O, si osservano am- monticchiate enormi rocce ripide e vetrose in modo che lo rendono inaccessibile mettendo raccapriccio a colui che l’ osserva; un tal sito chiamasi Khurùfti. Il monte Gelfikhamar si prolunga sino al mare mostrando lo stesso aspetto vetroso e la sporgenza sopradetta di Cimillia. Nella cima del detto sito apresi una scoscesa valle e salendo per NE nord si incontra una rilevante collina che denominasi Cuddia (1) Da Chatl via. M. Sant Elmo, M. Gelfikha- MAr. 12 DESCRIZIONE di Glindo e da questa volsendosi verso SE rinviensi altra collina meno ‘grande da noi riportata col nome di Cuddia di Almanza. M. sciusechi. È una piccola montagna con rudimento di cratere di sollevamento che estollesi in forma conica irregolare vetrosa e scoscesa e si al- lunga verso Scauri basso e Satarta. M. Getfiser. Quest’altra estesa montagna diretta a NO 4 N si mostra allungata con un gran cratere di sollevamento collocato alle falde, e tutta pre- sentasi con superficie vetrosa. M. Gibele. Nella parte posteriore dell’isola dietro la Montagna grande e pre- cisamente a NE della stessa, a pochi passi distanti trovasi una monta- gna detta G0ele (4) la cui forma è poco rotonda e quasi conica, allungata verso la base; avvicinandosi presso la costa della Ghirlanda è diretta a SE sormontata da un cratere tagliato a sbiego col lembo inferiore diretto alla Montagna grande. Si può rimarcare essere quel cratere di sollevamento di canne 45 di diametro; esso siccome è chiuso nel fondo visi raccolgono le acque piovane che formano uno stagno; tale cratere è chiamato dai naturali Galca (2) del Filio. vontagna =—"fGome abbiamo di sopra notato, nel centro dell’ isola s'innalza la #04 Montagna grande la quale guardata dal paese si addimostra di forma semicircolare allungata: in generale la sua direzione è da NE a SO. Considerando tale montagna dal lato opposto del paese pare assolu- tamente di forma triangolare in modo che il lato diretto. a NO che è il più esteso offre così dolce acclività che si rende molto acces- sibile sino all’apice, quantunque di tratto in tratto presenta varie pro- minenze e burroni. Nel centro della Montagna grande, ad un terzo circa della sua al- tezza osservasi una prominenza detta Cuddia di Mida con una larga estensione di terra che la divide dalla regione superiore della Mon- tagna grande; tale prominenza è adorna di un largo cratere di sol- levamento del diametro di circa 350 canne é nello stesso cratere dalla sua parte nordica sbucano fuori varî fumajoli. — Salendo (1) Da &obel monte. (2) Da Ga/k chiusura. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 13 verso il ciglione della montagna in direzione di E, si osserva la Facciata del Russo ove sorgono altri fumajoli col fumo vaporoso della temperatura di gr. 40 R., il quale quando Varia è serena si scopre dal paese. — Proseguendo a salire nella stessa direzione giace la contrada Calca dell'inferno ove altri fumajoli sono reperibili. Giugnendo finalmente all'apice della Montagna grande che, secondo la misurazione fatta dall’Hoffmann è di 2480 piedi parigini di altezza, sito ove si sono in parte praticate le nostre divisioni geografiche, immediamente sotto vi giace un piano detto Calcea di Miliac; (1) in detto piano avvi un fossato con clausura di pietra a secco che serve di conserva della neve. i La Montagna grande dal lato opposto è separata profondamente da un burrone che dicesi passo del Xha/chi (2) che apresi a foggia di valle; addimostra sino alla regione pedimontana la separazione assoluta del corpo di questa montagna che si continua con. quella da noi descritta delta Gibele. — Tale lato adunque è affatto inacces- sibile ed in una alta rupe dello stesso sonvi le così dette fontane che risultano da stillicidi di acqua potabile raccolta in serbatoî su- periori che vengono a colmarsi coll’acqua piovana. A sinistra guardando il paese in questo lato di montagna si estol- gono le tre Gi0ilè il cui suolo è bastantemente ripido scosceso e vetroso; presentano dei crateri di sollevazione; la prima Gibilè con- fina con Munaster; la seconda con Khassà, e l’ultima con Rhigali e Serraglia. A diritta poi della sopradescritta montagna, precisamente lungo la costa, esiste un’elevazione detta Cu/tinar (5) che col suo corri- spondente cratere di sollevamento aperto lateralmente siccome quello di Gelfiser e Cuttinar, si continua sino a Curritia. (1) Prese il nome da un comandante dell’isola. (2) Da Zak albero simile alla vite. (3) Da Chuttinar via del fuoco. 14 DESCRIZIONE $ IV. Littorale. Il littorale dell’isola di Pantellaria quantunque circolare pure vi si rimarcano in esso ora delle sinuosità, ora delle sporgenze di ter- reno ed allo spesso innalzamento di suolo o anche spiaggioline basse arenose facili ad approdarsi con piccole barche. Volendo comple- tare il presente lavoro nel renderlo più che sia possibile parti- colarizzato ed esatto, ho divisato opportuno venire alla sommaria de- scrizione di tale. oggetto. L'odierno paese di Pantellaria giace nell’estremità dell’isola ed in parte fabbricato nella spiaggia del così detto porto : esso s' innalza in due piani inclinati ai suoi lati; il molo di questo paese è così mal concio mal sicuro e piccolo che non si offre proporzionato ai relativi bisogni del suo commercio, poichè appena con istento vi possono ancorare legni di mediocre grandezza. I romani spinti dalla feracità delle terre di questa isola, per le loro commode stazioni vi fecero lunga dimora, così che in quell’epoca essa divenne popolosa e commerciale: fu per tal motivo che quelli diedero cominciamento alla costruzione di un molo grande sicuro e vasto, ed. esistono tutt'ora grosse rupi ad arte collocate alle due punte di San Leonardo e delle Croci, che denotano il principio di tal costruzione; ma i romani stessi per l’ estraordinaria spesa che vi bisognava onde ottenere il completo lavoro, desisterono e si occupa- rono della costruzione di altro molo di minore spesa che poscia rimase pure incompleto; questo molo risulta da due linee di rupi situate quasi parallellamente alla barriera del littorale ed altra linea di pietre situate parallellamente verso” fuori; serve esso al giorno d’oggi per riparare le barche dalla furia dei marosi. Dal punto del molo girando con una barchetta il littorale e mi- rando sulla sinistra si scopre la Punta detta delle Croci; orrido tale littorale si presenta poichè nero scosceso e sassoso ; progredendo lunghesso leggermente si contorna e diviene basso massimamente DELL'ISOLA DÎ PANTELLARIA 15 nei siti denominati Arenella e Balati; indi apparisce sporgente e sassoso; sino alla Gala di Modica si abbassa e s'innalza nei siti Cala dell’ A/ga e più nella punta di Fram, ove si ravvisa vetroso e colon- niforme di un modo magnifico e pittoresco ma inaccessibile; il lit- torale poscia si ricurva in dentro inclinandosi dolcemente verso il mare e costituendo il Roncone di Salerno, Suvachi e Sataria ove esiste la terme che sarà descritta a suo luogo. In seguito il littorale per alquanti andirivieni si continua alla punta di Dakklitrikhile poi si allarga in un seno della stessa larghezza di quello sottoposto al paese ehe chiamasi porto di Scauri ; da questo sito la costiera dell’ isola diviene alta ed inaccessibile e corrisponde precisamente al di sotto la Cuddia delta di San Gaetano e così prasiegue sino alla Punta di Nicà alla quale succede la sinuosità che dicesi Porto del medesimo nome ; all’estremità di questo seno vi pullulano le sorgenti delle acque termali d’una grotta che si perdono nel contiguo mare. Alto e sporgente è il littorale della Punta della Polacca ; più alto. poì si è quello che corrisponde alle A/ture di Sauta la vecchia; quindi suc- cedono Ia punta delMal/unomu, li Zinedi dietro l’isola ove il littorale si conforma in circolare sinuosità; molto aspra e piena di sporgenze è la spiaggia del predetto sito, al quale siegue la Balata dei Turchi luogo poco alto disposto a salita murale, con istruttura colonniforme a varie facce; poscia si continua con gli Scoglitti, così detti, per al- quanti piccoli scogli che si elevano a fior d’acqua; quindi suc- cedono la Punta del Banco e di «Limarsi ove avvi una grotta in parte crollata e costituita da colonne prismatiche; infine vedesi una sinuosità che chiamano porto dietro l’isola la quale nell’inverno serve di ricovero alle barche. Dopo il Porto dietro l'isola si osserva la Caletta della Martingana e poi la Martingana ove si rimarca un notevole avvallamento del littorale medesimo, che disponesi a piano inclînato; indi la Punta della Ficara ; da questo sito in là il littorale diviene alquanto si- nuoso ed altissimo, e lascia osservare la punta della Finestra ; nel mare prossimo si vede ergere un pezzo di acuminato scoglio il quale guardato dal lato diretto a SO, mostrasi conico e stratificato adorno di ben vegeti fichi d’india, tale scoglio dicesi Foraglione; succedono 16 DESCRIZIONE indi le così dette Punta di Cortigliolo e di Glindo con una grotta di pittoresco effetto che ha l’imboccatura ad archi sostenuta da robusti pilieri, che sembrano fatti dalle mani dell’uomo; alle dette punte sie- guono la grotta del Formaggio e la punta della Galera ; lunga ma di poco interesse è la barriera dell’isola che chiamasi Ducîi ove il littorale è conformato a salita murale e molto elevato dal pelo delle acque. Sporgente è quella parte della spiaggia che chiamasi Arco di Tra- cino preceduto dalli Magazzinazzi; essa è alta a salita murale con istratificazione arcuata e obliqua ed i margini tagliati a zig zag con angoli più o meno acuti; inoltre si osservano strati obliqui colonni formi che sostengono le volte di alquante grotte crivellate da buchi ove le colombe formano il loro ordinario soggiorno ; tali grotte si estendono sino alla così detta Caletta delle Chiappare. L’Arco di Tracino formato dalla natura si può comodamente passare con piccola barchetta. Dopo |’ Arco di Tracino succede la Zeglevia e le Calette di Quadararo e Trapanese ed a sinistra la Cala di Levante di Tracino con i margini alti sul livello del mare; sorge indi uno scoglio detto Faraglione e poi il littorale offre una sinuo- sità che dicesi Cala di Tramontana di Tracino; poco lungi si rimarca la Cala del Gadir situata sotto la estremità della Khamda fuori e della contrada pianeggiante detta Gad. Siegue alla Cala del Gadir la Cala Cottone, la Punta lunga, il seno detto Cala Cinquedenti; la Punta delta Pozzolana colla sua vasta si- nuosità, la punta della Kharuscia e la estremità detta Murduomu, ove esiste una grotta; succede a questa la Cala Bovemarino con grotta a fior d’acqua; finalmente la Punta di San Leonardo, nera scoriforme e sassosa, la quale si unisce alla Cala del porto del paese, silo da cui siamo partiti nel fare la descrizione del littorale. Altre particolarità geografiche si possono meglio conoscere nella carta topografica (4) dell’isola che si annette alla presente memoria. (1) La carta topagrafica dell’isola fu eseguita dal signor Dr. PErcualo Pacini alla quale il sigoor D. Giacomo Trotto ne modificò il littorale. DELL’ISOLA DI PANTELLARIA 17 TAVOLA DELLE DIFFERENTI ALTEZZE DEI PIU' INTERESSANTI PUNTI DI PANTELLARIA mne INDICAZIONE ALTEZZE VALUTATE ARA DEI TERMOMETRI SUL LIVELLO DEL BAROMETRO IN GRADI CENTIGRADI DEL MARE INDICAZIONE DEI LUOGHI _rr—T———_—_1A_-=>=—_m___Enm.El AL LIDO | SULLA SULLA IN PALMI DEL MARE | sommira? || AF EIPO | sommira? || IN METRI | SICILIANI MONTAGNA GRANDE è» » . ||02,7625 |0m,69432]| 250,55 | 270,77 || 831,9 | 3222,3 CALCA DELL'INFERNO. + » ||0,7630| 0m,6985// 260,66 | 320,22 || 812m,3 | 3146,0 Cuppia pi MipA. . . . |{0,7627 | 0m,7154|| 270,22 | 300,55 || 57620 | 2232,0 Cuppia DI LI MUNTI » è» . || 02,766 | 0m,7555|| 290,44 | 270,77 || 1212,0 | 468,6 GELFIKHAMAR. è è è è + || 02,762| 027408] 270,77 | 280,88 || 252m,6 | 979,8 Cuppia DEL CATT ... || 0,762) 017429] 280,33 | 310,66 || 232m0 | 898,5 ZINEDI è +. °0.. || 09,762] 027450] 280,88 | 320,77 || 208m8 | 809,0 Cuppia DELLI FERLI. . . || 02,762 02,7450| 280,88 | 310,11 || 205m2 | 794,0 CUDDIA BRUCIATA. . » +» || 02,762| 07,7490) 290,44 | 300,55 || 15620 | 604,1 18 DESCRIZIONE CAPITOLO II. IDROLOGIA. SUL Acqua potabile. L’isola di Pantellaria al pari delle altre isole e terre vulcaniche, sebbene non presenta scaturigini di acque dolci e potabili, purnon- dimeno perla sua grande estensione e perchè montuosa, nella sta- gione delle piogge da luogo quà e là a delle conserve d’ acque da servire, per molti mesi, a dissetare il bestiame ed ai differenti usi domestici: — gli abitanti però onde ovviare ad un tal naturale di- fetto suppliscono colle cisterne ed in molte case edin vari siti del- l'isola, ove presentansi dei piccoli abituri, si raccoglie, in serbatoj bene intonacati, l’acqua piovana ottima per gli usi della vita. Non ostante la forte penuria d’acqua potabile naturale, pure l’isola offre in alcuni punti dei pozzi, e l’acqua che se ne estrae non è mai esente di sostanze saline in dissoluzione, e si può riguardare come passabilmente potabile. L'acqua del pozzo collocato presso la piazza del paese è poco pro- fonda e leggermente saporosa. —Taluni naturali asseriscono che spi- rando il vento di sirocco, quell’acqua fa esalare odore di un gas sol- foroso, ma attesa la natura geognostica di quella isola, sembra che tale osservazione non è da ammettersi. Su questa acqua istituii talune speciali ricerche, e scendendo dentro il pozzo per un andito contiguo allo stesso, notai che dalla su- perficie dell’acqua quando è tranquilla si esalano delle bolliccine di un gas che per l’odore credo essere l’acido carbonico. La medesima acqua si osserva nella contigua spiaggia detta Dav- viva collocata a diritta del porto, e sorge rimovendo il terreno sassoso e ciottoloso ; di essa se ne servono le donne per nettare la biancheria. In prossimità del Lago nel fondo di Boccanera si è di re- cente discavato un pozzo il quale somministra acqua potabile alquanto DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 19 alcalina poichè partecipa della composizione dell’acqua del Lago, che è quasi allo stesso livello : finalmente altri pozzi con acqua pota- bile s'incontrano vicino le spiagge, ed il livello di essa coincide a poca profondità con quello della superficie del mare. Nella parte posteriore della montagna grande salendo ad una certa altezza si giunge al ripido sito detto li Fontani, le pianteche vi soggior- nano atte a vegetare nei luoghi umidi, come l’Adianthum capillus veneris e molte altre crittosame, indicano che appunto colà si trovi uno sgorgo d’acqua fresca e potabile, come infatti succede di rinvenirla scarsa- mente, trapelando da quella roccia, poichè è originata dalla pioggia che si raccoglie nei recipienti fatti dalla natura e collocati in siti so- prastanti: la quantità media di tale acqua che si può raccogliere in un’ora è di quartucci 40; taluni però asserivano che erasi molto di- minuita in confronto a quella degli anni precedenti, attribuendone la causa alla estraordinaria siccità delle stagioni di quell’anno. Un tal fenomeno io credo che nell’isola di Pantellaria sia proveniente dal quasi totale sboscamento del sito centrale della stessa ove eravi folto bosco che rinverdiva quelle nude ed inaccessibili rocche e ne attraeva le nuvole che scioglievansi in copiosa pioggia. $ II. Acque minerali termali saline. Molto comuni sono in Pantellaria le acque minerali termali: esse appartengono tutte alla classe delle saline, poichè contengono per prin- cipio mineralizzatore il carbonato potassico; poche variazioni pre- sentano in quanto alla condizione dei loro componenti, a seconda delle varie località dalle quali sorgono. La maggior copia d’acqua minerale salina si osserva nel lago detto impropriamente Bagno, che come dissi parlando della geografia fisica, è di circa un miglio di circonferenza: riguardato il lago a diritta sotto Bugebar trovasi, che per circa un ventesimo del suo corrispondente contorno, dà origine a varie piccole sorgive dette li Caudareddi di lu bagnu alla temperatura di 54 a 45 R., la di cui acqua termale, pla- 20 DESCRIZIONE i cidissima scorre nel lago ed è meno alcalina di quella del lago stesso ove discaricasi. —EÈ da rimarcarsi che in queste scaturigini vi si tro- vano depositi di silice idrata o opale di consistenza varia, talvolta molli o quasi plastici , di un bianco sporco o bigiastro, contenenti varî avanzi organici vegetali. Giova molto il manifestare che nel perimetro del lago, ove pullulano le acque termali potrebbe comodamente fab- bricarsi un piccolo stabilimento bagnario che sarebbe assai vantag- gioso alla cura di non poche malattie; e mi lusingo sperare che siffatto salutare disegno fosse tra non guari posto ad effetto, onde gli abitanti in quella terme si avvalessero di un tanto utile ritrovato. L'acqua del lago non contiene nè pesci nè conchiglie fluviali: essa sebbene non sia affatto termale, salvo nei punti del suo contorno vi- cino le sorgive poco innanzi descritte, pure mostrasi più alcalina della termale, poichè contiene molto carbonato potassico disciolto ; nell’està restringendosi la sua massa 1’ acqua lascia le efflorescenze di quel minerale nel lembo del lago, mentre viceversa il perimetro di questo sensibilmente cresce di estensione e le acque sono meno cariche di materie saline per la caduta delle abbondanti piogge in- vernali. La superficie dell’acqua del lago è di color ceruleo nel centro, ove appunto l’acqua è molto profonda, e di color cinereo rossastro nella circonferenza; siffatto fenomeno ottico dipende interamente dalla ri- frazione e riflessione della luce e dalla maggiore o minore profon- dità delle acque del lago istesso. Il passaggio immediato dal basso all'alto fondo dellago è stato cagione dell’annegamento di molte persone. Nel lago descritto taluni naturali vi si immergono durante l’estiva stagione sensibilmente marcando un forte peso sopra le spalle; que- sto fenomeno pare che non dipenda dal peso di tal fluido, la cui densità poco differisce da quella dell’ acqua potabile comune, ma piuttosto che sia proveniente dall’azione chimica che esercita l’acqua alcalina sulla sensibilità della pelle, e quindi è un fenomeno chi- mico-vitale e non già meccanico. Nella contrada detta Gad: presso la spiaggia sonovi varie sorgive d’acqua termale alcalina la quale non differisce molto da quella delle DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 21 Caudareddi del lago. La temperatura è di 30° a 44° R. La stessa qualità d’acqua minerale mostrasi in grande abbondanza nella grotta di Nico, ove si cumula perchè il fondo di questa è conformato a riceverla siccome vasca: è notevole che la scaturigine è guarnita di dense conferve radicate sopra la silice idrata la quale è come pasta gelatinosa plastica. Sendo la temperatura media dell’acqua di gradi circa 58 R. produce vapori, scotta la mano che vi si immerge e fa separare momentaneamente l’animale delle patelle dal guscio calcareo che lo ricopre. Presso il porto di Scauri basso esiste altra terme con la silice gelatinosa ma non così abbondante d’acqua e così intensa di calore che quella sopra descritta di Nicà; mentre la media temperatura ri- ducesi a 46° R. Altra grotta finalmente trovasi in Sataria nella me- desima contrada di Scauri basso incavata in quella massa, di figura semicircolare diretta a SE, che sta a livello della spiaggia dalla quale dista pochi palmi: tale grotta sembra a prima giunta scavata dalla mano dell’uomo e mostrasi scompartita in due anditi; nel suolo di uno di essi osservasi un fosso allungato d’epoca molto antica, che credo aver servito di bagno ai romanio agli arabi. L'acqua termale alla temperatura di 354° circa R. non differisce mica da quella da me poc'anzi descritta e si riguarda come efficacissima contro le ma- lattie croniche della pelle; generalmente gli abitanti ne fanno uso ottenendone in breve spazio di giorni la guarigione. Però riesce molto malagevole l’uso di questa terme per la difli- coltà del viaggio, alpestre per terra e pericoloso per mare,a causa dei continui. marosi quando infuriano i venti di SSO che hanno luogo nella spiaggia cagionando allo spesso la traversia; cotalchè gli ammalati non potranno accedere in quella grotta se non a grande stento col pericolo di urtare nelle costiere mal sicure all’approdo. Avendo riguardo poi alla mancanza di commodi per la dimora degli ammalati e all’ orizzonte poco dilettevole alla visuale degli stessi , per cui potrebbero aggravarsi dalle sofferenze per patemi d’animo che li soprafacessero, essendo obbligati a passare i giorni come il Polemone della favola, la terme di Sataria non arreca quegli utili ‘che sarebbero da sperarsi. 9. i) DESCRIZIONE $ III Acque vaporose. Tutt'ora nell’isola di Pantellaria sì scorgono quà e là fumajoli che rimontano ad epoche bastantemente rimote; essi sono resti del plu- tonico lavorio che produsse la sollevazione e la creazione di tutte le masse dell’isola medesima: siffatti fumajoli risultano dall’ acqua nello stato di vapore; fra quei che si rimarcano nell’ isola se ne offrono alcuni specialissimi per i loro fenomeni. L'acqua vaporosa che esce dalla stufa di Khasen nel centro dell’ul- timo scaglione fa segnare gradi 26 e v del temometro di R., mentre nell’imboccatura della stufa la temperatura per irradiazione calori- fica segna 27° cioè mezzo grado di più. Nella valle di Serraglia in direzione dell’ultima Gibelè imponente è la vista dell’acqua vaporosa che alto si esala da un monticolo di pietre detto li Favari. Appressando l’orecchio in tale sito odesi un forte rumoreggiamento come di ebollizione; ma il calore estuante del vapore obbliga l'osservatore ad allontanarsene. E naturali di quell’isola per mezzo di fascine poste sull’imbocca- tura da ove esce il vapore raccolgono un’acqua potabile alquanto stittica ed alcalina. Questa possente esalazione di acqua vaporosa per la forza impellente alla sortita potrebbe servire di motore a varie ruote di macchine utili all’industria, molto più se l’imboccatura fosse più ri- stretta e concentrata mercè apposite muraglie di fabbrica. Altri fumajoli si osservano poco discosti dalli favari, ma di minore importanza, reperibili presso la così detta montata dello zolfo. Sulla montagna grande nella contrada delta Russo si osservano fu- majoli della temperatura di 41° a 35° R. e vestigì di taluni altri spenti per il corso del tempo; anche alla Cuddia di Midasulla stessa montagna grande scavando il terreno escono vortici di vapore acquoso molto alcalino della temperatura di 35° a 40° R.; a Munaster vi é una esalazione di vapore acqueo della temperatura 32° R., nel sito detto da quegli isolani bagno secco, il quale non è che una grotta DELL’ISOLA DI PANTELLARIA 23 larga 4 canne diretta a SSO coll’apertura longitudinale di 4 palmi di media larghezza; la volta di una tal grotta è coperta di musci cospersi di goccioline d’acqua, il fondo è molto umido. $ IV. Acque del mare. Il mare che circonda Pantellaria per la sua geografica posizione è di quella parte del Mediterraneo che appellasi altrimenti africano. — Profondo si appresenta in questa regione e vi si scorgono pochi bassi fondi algosi; le acque sempre trovansi agitate dalle periodiche correnti che vi giungono dal canale di Malta e dalla costa vicina dell’Africa. La natura delle acque del mare di Pantellaria è quasi l’istessa di quella degli altri siti delle coste di Sicilia e di tutto il Mediterraneo: esse presentano in abbondanza idroclorato e solfato sodico, variì joduri e bromuri, molto più ove le acque poggiano sopra bassi fondi che contengono fuchi ed animali medusarî e molluschi. CAPITOLO II. ORITTOGNOSIA. Scarso numero di minerali presenta lisola di Pantellaria: a _mal- grado delle più attente ricerche altro non si rinvengono che minerali costituenti l'impasto meccanico delle rocce trachitiche e tefriniche che colà si rimarcano. Per offrire una completa enumerazione delle sostanze orittognostiche da me rinvenute, tenendo presente le loro proprietà fisiche e chimiche, mi avvalgo del metodo di classifica- zione dagli autori adottato. DESCRIZIONE: (19) Pasi FAMIGLIA I. IDRIDI. Genere I. Idridi ossidati. Specie. Acqua. 1. Solto-specie. Acqua minerale. 1. Varietà. Acqua minerale salina termale. Limpida, inodora, sapore alcalino, contiene per principio mineralizzatore il car- bonato potassico ed altri principî variabili nelle quantità. Si osserva tale acqua in Nicd, Sataria, Gadir, alli 'audareddi del Lago. 2. Varietà. Acqua minerale salina fredda. Contiene essa il carbonato potassico in maggiore quantità ed altri principî. Si trova nel lago volgarmente detto Bagno. Sotto-specie 2. Acqua dolce. 1. Varietà. Fluida. Limpida, inodora, quasi insapora, però talvolta è alluminosa o tal’altra alcalina. Si trova nelle cisterne, alli Fontani, al pozzo presso il lago e vicino il littorale e nell'altro dentro il paese, ed alli Favari. 2. Varietà. Vaporosa. Si osserva nei fumajoli delli Fontani, Russo, Cuddia di Mida, Khasen, Munaster, Montata dello zolfo ec. FAMIGLIA 2. SOLFORIDI. Genere II. Solforidi solfati. Sotto genere. Solforidi solfati alluminino — potassici. Specie Alunite — K S°4+-3 AI° S° +9 Aq. Sostanza minerale la quale diviene in parte solubile per la calcinazione, la solu- zione dà un precipitato gelatinoso coll’ammoniaca. È suscettibile di cristallizzare nel tetraedro semplice e spuntato, e nelle forme derivate. 1. Varietà. Alunite fibrosa bianco rossiccia. 2. Varietà. Alunite terrosa bianco rossiccia. Ambidue queste varietà si trovano in una specie di fosso trachitico della Serraglia come incrostazione la quale col tempo si riproduce— Si trova ancora nella Montata dello zolfo. FAMIGLIA 3. CARBONIDI Genere INI. Carbonidi ossidi. Specie. Acido carbonico C.° Gas incoloro, quasi inodoro, non infiammabile, solubile nell’acqua, precipita l’acqua di calce. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 25 Si sprigiona in abbondanza nella grotta della pernice dalle fenditure di un terreno trachitico (1), si trova pure al Khagiar presso il fondo del signor Girolamo Errera. FAMIGLIA 4. SILICIDI. Genere. Silicidi ossidi. Specie I. Quarzo Si Sostanza minerale comunissima in natura la quale nell’isola di Pantellaria si rin- viene con moltissime varietà. 1. Varietà. Quarzo jalino. 1. Esaedro trasparente in cristalli isolati della lunghezza di uno a tre linee. Si sova abbondanlissimo nelle arene del torrente detto fiume di Nica. 2. Esaedro bianco-violetto, sulla trachite della Balata deî Turchi, Coste del Lago e Cappella. 3. Esaedro deformato bianco-bigiastro, sulla trachite della Balata dei Turchi, nella quale anco si rinvengono le varietà quì sotto riportate. 4. Esaedro violetto colla jalite mammellonare. 5. Esaedro bianco-rossiccio colla jalite mammellonare, Cappella. 6. Esaedro bianco-verdiccio colla solita jalite. 7. Esaedro rossiccio colla solita jalite. 8. Semicristallizzato fosco fatiscente. g. Compatto bianco — Zinedi dietro l'isola, Balata dei Turchi, Cappella. 2. Varietà. Quarzo agata calcedonia —Masse bianche colorate, semitrasparenti e nebulose, con ispezzatura concoide; si rincontrano le seguenti principali varietà. 1. Bigio-compatta; si trova nella Balata dei;Turchi e alli Zinedi dietro l'isola. 2. Violelto-compalta con quarzo jalino in goedi. Ba/ata dei Turchi ove si osser- vano le altre varielà qui appresso enumerate cioè: 3. Bianco-rossiccia compalta. 4. Rosso-scura compatta. 5. Bigio-fosco compatta. 6. Giallo-miele compatta; quest’ultima rimarchevole varietà si trova sotto le alture della Cuddia di S. Gaetano. Specie II. Opale Si}4 Aq. Si può riguardare l’opale come una silice idrata, infusibile, che s'imbianca al fuoco; dà dell’acqua colla calcinazione. 1. Varietà. Jalile. Aspetto vetroso e trasparente; questa specie l’hanno ancora chiamata Geyserite 0 silice concrezionata, o quarzo agata termogenito. Le principali varietà che si trovano in Pantellaria sono : 1. Mammellonare-bianca, si trova nella Costa del Lago. {4} Con reiterati esperimenti si è stabillto che immergendo in questa mefite un pulcino di gallina ri- mane asfissiato dopo lo scorrere di un decimo di minuto primo. 4 126 DESCRIZIONE 2. Mammellonare-rosso scura, alla Balata dei Turchi. 3. Mammellonare.-bianco violetta, nello stesso sito. 2. Varietà. Resinite. Sostanza d'un aspetto più o meno resinoso facilmente traslucida ed opaca; si tro- vano in Pantellaria le qui sotto notate varietà. 1. Bianco-sudicia fatiscente, nella Montata dello zolfo. 2. Bianco-gialliccia compatta, dentro la grotta della Cuddia di S. Gaetano. 3. Bianco di latte con macchie bigiastre, dello stesso site. &. Bianco di latte compatta, nelle coste del lago. 3. Varietà. Resinite gelatinosa. Questa varietà è stata conosciuta nella scienza col nome di Randanite, Maltacite e di Michealite; essa risulta di silice idrata terrosa ogelatiniforme depositata dalle acque termali che contengono della potassa o della soda. Comune si rinviene in Pantellaria una tale varietà e si riconosce pei seguenti ca- ratteri fisici. 1. Bianco-terrosa, al Caudu di Nica. 2. Bianco-terrosa mammellonare, nello stesso sito. 3. Bianco-terrosa seomposta, alla stufa di Munaster. 4. Gelatiniforme, al Gadîr, Nica, Sataria, Coste del Lago, Munaster ec. 2. Genere. Silicidi silicati. 1. Sotto-genere Silicati-allumino-potassici. Specie I. Feldspato ortosa. K' Si° + Al° Si. Fusibile al cannello in ismalto bianco, inattaccabile dagli acidi. Nelle rocce trachite di Pantellaria è molto comune questa notissima’ specie di feld- spato chiamato da Rose feldspato vetroso o riacolite; radi sono i casi in cui esso si rinviene in cristalli isolati e determinabili; le varietà che più s’ incontrano sono : 1. Prismatico bianca-gialliccio vetroso. 2. Prismatico fosco-nericcio matto. Le pomici, le ossidiane, la perlite e la trachite non sono che dipendenze di questa specie di ortosa. 2. Sotto-genere. Silicati-allumino-sodici. Specie. Labrodorite. Questa specie di feldspato è stata chiamata ancora col nome di feldspato opalino, essa è comune nei terreni vulcanici come sono quelle dell'Etna e del Vesuvio. Nell’isola di Pantellaria si trova nelle rocce laviche o tefriniche ela varietà prin- cipale è il prisma esagonale; si trova principalmente alli Cuddj di 25 Munti alla Cuddia bruciata e di li Ferli ed in altri siti. 3. Sotto-genere. Silicati ferro-magnesici. Specie. Peridoto. Mg' Fer+- 3 Sî'. Questo minerale detto altrimenti crisolito dei vulcani mostrasi infusibile al cannello ed inattaccabile dagli acidi; si trova nell'isola di Pantellaria nelle lave vulcaniche e sulla trachite ed è di color verdastro in cristalli pertinenti al prisma rettangolare. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 27 Si trova nelle sabbie del mare in granelli ed in piccoli frammenti incoerenti, àvvi una varietà bruniccia senza splendore. ò. Sotto-genere. Silicati magnesico-calcici. Specie. Anfibolo orniblenda. Sostanza nero-verdiccia, fusibile in ismalto nero; per lo spesso trovasi nell’ isola di Pantellaria in geodi sulla trachite. Solto-genere. Silicati-ferro-calcici. Specie. Pirossene. Ca° Si'-+-Fe! Si, Minerale fusibile in vetro nero, il quale si trova cristallizzato nel sistema del prisma abliquo esagonale; la varietà che comunemente trovasi in Pantellaria è l’ augite ed la base delle rocce laviche — Si trova altresi sulla trachite. Le varietà principali sono: Prismatico nero, cristalli deformati acicolari. Si trova nella contrada Tri Cruci nella’ quale pure rinviensi il prismalico nero-matto, e quello nero resinoso. FAMIGLIA 5. FERRIDI. Genere Ferridi ossidi. Specie. Oligisto. Infusibile al cannello colla fiamma d’ossidazione, mentrechè con quella di riduzione si fonde difficilmente in globo non magnetico. In questa isola trovasi a piccole lamine splendenti nella grotta della Cuddia del Gatt sul Monte Sant'Elmo, ed alla Serraglia presso la Montata dello zolfo. CAPITOLO IV. GEOGNOSIA. Dopo di avere esaminato le differenti specie dei minerali dell’isola di Pantellaria è uopo istituirsi Je ricerche sulla condizione della struttura della stessa. Nell’eseguire ciò ho tenuto presente le varie rocce che nelle diverse contrade costituiscono la formazione ed i terreni e più la differente giacitura dei medesimi. In generale nell’isola di Pantellaria si riconoscono due specie di terreni, il primo costituito dalla trachite che è il più antico ed esteso, e l’altro è rappresentato dalla lava o tefrina. 28 DESCRIZIONE Sl: Della trachite e della struttura del terreno che la presenta. Da replicate osservazioni risulta che l’isola che sto descrivendo è quasi in totalità formata della roccia trachitica, mentrechè i terreni che la presentano da cima a fondo sono di omogenea natura; però sono notevoli le metamorfosi cioè i passaggi che allo spesso ci dà a di- vedere questa essenziale roccia, poichè or essa si mostra coni caratteri proprì della trachite, talvolta con gli altri propri della domite, così dell’ossidiana, della perlite della pomice ec., in modo che tali fi- siche apparenze possono far cadere in inganno qualunque super- ficiale osservatore che scorge linee di demarcazioni fra una specie di roccia con altra che a prima giunta fanno vista di essere di dif- ferente natura che poi alla fin fine non sono che della stessa indole e tutte pertinenti al medesimo terreno trachitico. Poste tali riflessioni è giusto premettere il catalogo di tutte le sopra indicate rocce reperibili nel terreno trachitico di Pantellaria per poi così passare allo sviluppo della struttura geognostica della stessa. I. Specie. TracHITE. Roccia d'aspetto semplice, rude al tatto, che sembra riacolite modificata dal calo- rico dei sollevamenti. 1. Bigio-porosa con oriosa pomiceo bianco. Si//umi e coste del Lago, Balati, S. Elmo Cuddia della Khamba, Capo e Serra, Ghirlanda Novricibì, Buccurami , Khartibugal, Murduomo, Balata dei Turchi. 2. Bigio-fosca compatta con quarzo incrostante.— Sillumi e Coste del lago. 3. Bigio-verdiccia compatta con anfibolo aghiforme verde in geodi. JZem, Salibi Santo Nicola, Balata dei Turchi, Zinedi dietro l'isola, Duci. 4. Bigio-verdiccia compatta con pirossene in geodi; la stessa col solo anfibolo; la stessa con pirossene ed anfibolo in geodi; esse si trovano nelle località sopra riferite» e alla Montata dello zolfo, Favari, Cuddia di Mida, Itria, S. Elmo, Velcimursà Salibi 5. Bianco-verdiccia compalta con anfibolo in geodi Idem. 6. Bianco-gialliccia compatta con anfibolo radiato. Idem. 7. Bianco-gialliccia terrosa— Luvedì, Cuddia di S. Gaetano, Duci. 8. Bianco-bigiccia con pirossene, la stessa con pirossene, ed anfibolo; la stessa col solo anfibolo scomposto — Salibi, Coste del Lago, Fontani, Khafar. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 29 g. Bianco-rossiccia compatta con anfibolo. Idem. 10. Bianco-rossiccia schistoide col quarzo. Solidi Sillumi, Coste det Lago. 11. Bianco-rossiccia compatta, alla Cuddia di San Gaetano, Balata dei Turchi, Zi- nedi dietro l’isola, Malunomu. 12. Bianco-rossiccia granellosa con grossi cristalli di feldspato. Zdem. 13. Bianco-rossiccia scomposta incrostata di Jalite bianca, alla Serraglia. 14. Rosso-bigiccia compatta. Balata dei Turchi. 15. Rosso-bigiccia con cristalli d’olivina in geodi. Salidi e presso S. Nicola. 16. Rosso-sbiadala compatta con quarzo e resinite. Si/Zumi. 17. Rosso-maltone terrosa. Grotta delli Marsi. 18. Rosso-mattone sfogliosa. Si//umi. 19 Rosso-mallone compatta con quarzo. Idem, Luvedìi. 20. Rosso-fosca scomposta. Serraglia, Coste del Lago, Luvedi, Fontane. 21. Rosso-fosca scoriacea. Balata dei Turchi, Khasen, Luvedîi, Zighidi, Ruchia. 292. Rosso-fosca foglieltata con quarzo. Coste del Lago. 23. Rosso-fosca compatta. Serraglia. 24. Rosso-fosca con grandi Jamine di feldspato ortosa. Si/lumi, Serraglia, Coste del Lago. 25. Rosso-fosca compatta con geodi di quarzo. Ivi. 26. Rosso-fosca compatta con lamine di feldspato ortosa e igeodi di quarzo. li. 27. Rosso-nericcia scomposta. Ivi e Salibi. 28. Rosso-nericcia compatta splendente. Salibi, Sillumi. 29. Rosso-nericcia porosa con feldspato cristallizzato. Si//umi. 30. Rosso-gialliccia granulosa friabile. Iria. Luvedì. 31. Bruno-rossiccia fogliettata. Si/lumi, Luvedì. 32. Bruno-rossiccia compalta scomposta. Ivi. 33. Bruno-rossiccia scomposta incrostala di resinite. Balata dei Turchi. 34. Bruno-rossiccia scoriacea con olivina. Iria. 35. Bruno-bigiccia compatta con feldspato. Ivî, Sillumi e Luvedìi. 36. Bruno-bigiccia compatta incrostata di quarzo. Zinedî dietro l'isola. La stessa varietà con opale mammellonata. Balata dei Turchi. - 37. Bruno-nerastra compatta con anfibolo acicolare. Salibi e presso Santo Nicola. 38. Verdiccia-scoriacea. Zinedì presso Sillumi, S. Elmo, Bovemarino, Campobello, Ruchia, Khasen Farkikhald. 39. Verde-turchiniccia compatta splendente. Coste del Lago, Balata dei Turchi. 40. Verdiccia-compalta splendente. Ivi. 41. Verde-bigiccia con quarzo bigio. Balata dei Turchi. II. Specie. DomItE. Roccia d'aspetto semplice che sembra una riacolite modificata friabile e terrosa. Bianco-terrosa. Grotta di San Gaetano. III. Specie. Ossipiana. Roccia d’apparenza semplice semivetrosa o vetrosa che sembra essere una riaco- lite modificata, 30 DESCRIZIONE 1. Nera-compatta feldspatica. Sopra la Balata dei Turchi, Zinedi, Campobello, Coste del Lugo, Malunomu. 2. Nera-compatta e lamellare con feldspato. Coste del Lago. 3. Nera-granellosa feldspatica. Ivi e Duci, Khagiar, Khamba, Gadîr, Gelfikamar Mugnia, Cufira. 4. Nera-gialliccia compatta scomposta. Balata dei Turchi e Zinedi dietro l'isola. 5. Giallo-miele compatta. Ivi. IV. Specie. PeERLETE. roccia d'apparenza semplice d’aspetto perlino e fragile, Bigio-resinosa con feldspato ed olivina. Itria; . Bigia celestognola granellosa e compatta. SiZlumi alle coste del Lago, . Bigio-gialliccia con feldspato ed olivina. Yria, S. Elmo. . Bigio-fosco oolitica con ferro oligisto. Sillumi alle coste del Lago. V. Specie. PoMICE. Roccia d’apparenza semplice vetrosa e cellulare. 1. Rossiccia porosa. Khafef, Balata dei Turchi, Malunomu. 2, Bianco-cinereo porosa. Sil/lumi, Khafef, Zinedi, e Trikhiriki, Pozzolana. wo L9 — 4» Avendo. indicate le singol@ varietà delle rocce che costituiscono il terreno trachitico, passerò ora a riportare le particolarità di strut- tura che presenta il terreno stesso, le quali verranno esposte nel modo come sono state da me osservate nelle varie peregrinazioni fatte nell’isola suddetta. Considerando geognosticamente il Monte Sant'Elmo e con precisione il lato diretto ad Oriente rilevasi costituito dalla trachite bigia feld- spatica: è rimarchevole che la trachite mostrasi con gli strati incli- nati a 103° da O ad E e presentano delle fenditure longitudinali cospersi di sostanza biancastra che sembra silice idrata —Presso la sommità di Sant Elmo accanto la casuccia che allora serviva alla guardia mostrasi la trachite bigio-verdiccia vetrosa con gli strati che nella frattura appariscono con clivaggi di forma regolare romboedrica; gli strati superiori di questa trachite sono della larghezza di circa un palmo, mentre che gli altri sottoposti sono meno vetrosi e più sottili. Sotto la scorza trachitica dell’apice di questo monte hanvi varie cavità probabilmente prodotte della forza espansile dei gas che ven- nero fuori nel sollevamento della trachite. Succede al monte Sanl'Elmo l’altra montagna Ge/fkhamar tutta ri- sultante da masse di ossidiana e nella porzione diretta ad O apresi DELL'ISOLA DI PANTELLARIA di il cratere di sollevamento ove l’ossidiana prolungandosi si protende sino a Fram; di ossidiana inoltre sono formate le contrade Schiu- vechi, Gelfiser, Cuttmar, Curritia e Khagiar, e della roccia trachitica bigia stratificata risultano Arine/la e Balati. Nel sito prossimo alla contrada di Cimillia si osserva l’ossidiana che anch’essa si prolunga sino a Fram, questa parte dell’ isola è molto ‘ripida e scoscesa e mostra nei limiti la roccia trachitica leg- germente inclinata ed in parte alternante con l’ossidiana. La trachite si osserva ancora col terreno tefrinico presso il paese, nella spiaggia diretta al N; nella cala del Bovemarino mostrasi stra- tificata alla parte superficiale e nel taglio degli strati che formano barriera col mare si vedono colonne prismatiche , i di cui pezzi sono articolati fra loro; simile struttura mostra la trachite del Murduomo, ed è da notarsi che nella grotta di tale spiaggia negli interstiz] degli strati avvi materiale feldspatico molto carico di idros- sido di ferro. Presso il paese nel taglio collaterale alla strada di San Giacomo, avvi il terreno trachitico congiunto all’altro posteriore tefrinico; però la trachite suddetta è stratificata con masse regolari prismatiche e più si osserva molta pozzolana. Passando alli Zinedi si mostra la trachite prossima alla roccia di ossidiana; fa rimarcare la contrada della Pozzolana la roccia tra- chitica scomposta con strati compatti e fasce di ossidiana ; un tal fatto è più sensibile nella spiaggia di Campobello confinante con Kharuscia, ove oltre della trachite si trova sovrapposta la te- frina e si scorgono tutte le varietà che sono proprie di una tal roccia. Di trachite sono formati i bordi ed i lati del gran cratere di sol- levamento del /ago, e la trachite presenta la serie di tutte le-varietà «da noi descritte nel precedente catalogo; la più predominante si è la bigia e la rossiccia; la costa trachitica del lago diretta a NO ed al NNE presenta longitudinalmente Je colonne prismatiche sormon- tate da strati regolari ed orizzontali di trachite ; talune parti del contorno di questo cratere sono ripide e scoscese, ciò pare che fosse stato dipendente dalla forza perturbativa del sollevamento; vi 32 DESCRIZIONE sono però punti del cratere medesimo pianeggianti con poche an- frattuosità, ed in direzione del prossimo mare il cratere è molto abbassato sui lati. —I punti più alti del margine del /ago sono di- retti allO e la superficie trachitica è ridotta in detrito dal tempo; in questa costa del cratere trovasi la pozzolana ricoperta dalla solita trachite la quale mostra il passaggio d’ossidiana che si continua colla contrada Bugeberi e colla trachite di Cumbà di Khuddiugia e Khartibugal. Finalmente il lato del cratere diretto a SSO che sta prossimo a Gelfiser addimostra l’ossidiana. Da Sillumi si può meglio notare la continuazione della ossidiana la quale è carica di feldspato e mostrasi anche sfogliosa nera con direzione regolare nelle lamine. Il gran cra- tere del lago appresenta il segno più marcato del sollevamento e la ossidiana ivi si unisce colla trachite rosso-fosca compatta la quale contiene in geodi il quarzo cristallizzato e la jalite mammellonare. La stratificazione della trachite del lago, quantunque ailo spesso trovasi orizzontale, pure succede rinvenirla inclinata con direzione da S al N econtornata ondulata con lasuperficie degli strati rotti ed addi- meslicati per lazione degli agenti atmosferici. È Da ultimo è da riguardarsi il suolo bagnato dall'acqua del lago, che per lo più è poco ciottoloso e fangoso; vi ha ancora un depo- sito di sabbia che per la silicei granelli riduconsi agglutinati come ad un materiale gresiforme friabile bianco-fosco. i La roccia ossidianica si fa vedere estesamente al Khagiar ed al Khafar ed in questo sito non che a Bugeberi trovasi consociata alla trachite con masse molto vetrose zeppe di orniblenda; è rimarche- vole che sul terreno vegetale della possessione del sig. D. Girolamo Errera si sollevano, con buchi in centro, cumoli di una terra cene- rognola finissima collaterale ad una estensione di terra vegetale bian- chiccia ammassata e resa solida dalle acque piovane; dalle mie osser- vazioni risulta che la sostanza gassosa che produce tali cumuli si è il gas acido carbonico che ivi lentamente esalasi, non differente da quello che nella prossima contrada del lago rinviensi di cui ho fatto cenno nell’orittognosia. Presso il mare vicino a quest'ultima contrada si osserva la solita trachite, alla Khamba fuori si vede inoltre 1° os- sidiana colla trachite e la perlite celestognola. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 33 Al Gadir si osserva la trachite con l’ossidiana e pomice nella li nea di terra che giugne al limitrofe sito della Cala Cottone. La Khamba di dentro è tutta risultante di trachite, la stessa roccia si adocchia a Tracino ove alterna con l’ossidiana. La Cuddia della Khamba risulta essa pure di trachite, e parimenti le contrade del littorale di Tracino; così la Caletta Trapanese, quella del Quadararo, la Zeglevia, Magazzinazzi, ove quella roccia è nel- l'alto concentricamente stratificata ed il terreno si allunga a modo di collinetta; tale speciosa osservazione si ripete in tutte le colline di formazione trachitica dell’ isola che furono elevate dalla forza del sollevamento — Nel basso delli Magazzinazzi si scorgono le colonne trachitiche inclinate obliquamente da sopra verso sotto in direzione SSE, e sono collocate a guisa di pilastri architettonici che sosten- gono le volte irregolari. La stessa trachite nel modo sopra descrilto si osserva nella Ca/etta delle Chiappare, ed avvi in questo sito la medesima roccia fatiscente e terrosa. In continuazione delle descritte contrade, inoltre nel lit- torale, si rimarcano vie meglio, per la conformazione a salita murale gli strati orizzontali della trachile compatta, dura, alternante con gli altri fatiscenti in cui i primi per l’ attrito sonosi ridotti in piccoli pezzi prismatici che sembrano tanti cunei che danno spinta agli strati superiori, i quali sono ordinariamente semi-vetrosi, compatti e pa» rallellamente disposti a strati concentrici. La Caletta del Duci e la Guardia offrono la stessa trachite con gli identifici caratteri di sopra descritti e solo al Faraglione vi si os- servano esempî di trachite colonniforme; ivi si rimarca negli inter- stizîì degli strati trachitici inferiori la sostanza feldspatica molto ab- bondante di idrossido di ferro, mentre che la trachite degli strati superiori è zeppa di quarzo bruno. Il geologo attentamente osservando questi siti del littorale dell’isola, attenendosi alla conformazione geografica ed alla loro struttura geo- gnostica, potrà facilmente inferire, che l’ isola nella sua primitiva formazione doveva essere certamente più estesa, molto più in questa parte del suo perimetro, la quale coll’andare del tempo e per l’in- giuria delle onde sì è ristretta, come tutt'oggi lo provano i blocchi 5 34 DESCRIZIONE erratici caduti ed accostati nel lido del mare sottoposto, non che ii così detto Faraglione che per molte braccia discostasi dall’ odierna barriera dell’isola cui gli strati di esso conservano parallelismo colla barriera stessa. Di roccia trachitica risulta il littorale detto della Martingana, della Finestra o del Porto dietro l’isola; essa alterna cogli strati della solita ossidiana; alli Marsi si osserva la trachite orizzontale nell’alto soste- nuta dalla stessa roccia colonniforme incrostata dal quarzo, e nel basso vedonsi moltissimi pezzi angolosi caduti dall’alto. La Balata dei Turchi presenta le colonne prismatiché della trachite vagamente colorata e di differente struttura, incrostata, di quarzo, bianco, verdiccio, celestognolo, con geodi di bellissime forme cri- stalline di tale minerale ed anche da mammelloni della jalite — Siffatti minerali sono più abbondanti nella parte inferiore della tra- chite, mentre sono più radi negli strati superiori; da tali osservazioni è facile il conchiudere che la intrusione dei minerali silicei sia stata avvenuta da posteriori sollevamenti; della trachite è formata la grotta del Cortigliolo. Di maggiore estensione si è inoltre la trachite della Ghir/anda in cui si ravvisa il più grande cratere di sollevamento che si congiunge coll’altro più centrale della Serraglia ; la trachite mostra la stessa struttura di quella da me precedentemente annoverata. Trachitiche parimente sono le contrade Capo e Serra, il Gibele, la Cuddia Attalora colle collinette, che Cuddiole vengono volgarmente addimandate ; la Montagna grande che presenta un notevole solle- vamento alla Cuddia di Mida, ove la trachite si trova per effetto dei fumajoli modificata in una specie d’argilla di color rosso mattone, plastica, e se fosse discavata a maggior profondità, potrebbesi impie- gare pella costruzione delle figule. Da vicino esaminata la trachite della Serraglia e del Gibele si vede essere rossiccia e con grossi cristalli di feldspato; però quella della Montagna grande contiene molti cristalli di orniblenda. La trachite della Serraglia che trovasi esposta ai fumajoli è di color rosso-mattone colla superficie nero-lucida che sembra limonite. Le Gibele sono essenzialmente formate di trachite e di ossidiana DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 35 colle solite modificazioni di tessitura, lo stesso apparisce nel con- torno craterico di Serraglia e di Munaster in cui trachitico è il sito della stufa. Nella stessa contrada si ravvisano gli strati obliqui della trachite colle colonne prismatiche della stessa roccia, e verso il corpo della Montagna grande si vede un numero di blocchi erratici di grande dimensione caduti dall’alto, come ripetesi nell’ estesa pianura di Rhigali e Nicà. La Cuddia di Scauri è formata di trachite e ossidiana con infil- trazioni di quarzo e jalite; e parimenti il prossimo littorale dà a divedere la stessa roccia nella Ba/ata dei Turchi sino a Scauri, Sa- taria e Bucherami; Sibà è essenzialmente costituito dalla solita tra- chite coll’ossidiana feldspatica. Altri siti dell’isola presentano la trachite, Vossidiana , la perlite, la pomice come sono Zyton, Zubebi, Mursia, Dakhalè, Falkhicalà . Midichi, Scirafi, Cuddia di Sataria, Vènedisè, Zighidè, Khania, Cuddu di Almanza, e dello Speziale: non che la Cuddia della polverista presso il paese, e le contrade Itria, Velcimursà, Mugnia, Ruchia, S. Vito, Khannachi ec.: e siccome tali rocce sono simili nei caratteri di strut- tura e di esteriori apparenze, quindi tralascio di annoverare per bre- vità le loro particolarità geognostiche. SII. Della tefrina e della struttura del terreno che la presenta Di poca estensione mostrasi in Pantellaria, a paragone dell’altro tra- chitico di sopra descritto, il terreno, detto dei moderni, di eruzione, tefrinico o lavico, che fa parte della categoria dei pirogenici.—Que- sto terreno occupa semplicemente gran parte del basso dell’isola e si riconosce facilmente dal colore nero dei suoi omogenei materiali; esso giace sul terreno trachilico, e svariatissimi si offrono gli esempi di modificazioni che denotano le racce trachitiche per il contatto della tefrina.— Prima di accingermi a descriverlo passerò a farne la enumerazione delle sue più precipue varietà. 36 DESCRIZIONE Specie. TEFRINA. Roccia compatta o cellulare, rude al tatto, a base d’apparenza semplice e sembra un feldspato labrodorite modificato. Varietà. 1. Bruno-rossiccia con lamine di feldspato labrodorite; si trova a Xhasen, San Leo- nardo, Cuddia abbruciata. 2. Bruno-rossiccia porosa con jalite mammellonare e terrosa, Xhasen presso la stufa nel fondo di Errera — Cuddii di li Munti e Cuddii rossi. 3. Bruno-rossiccia scomposta. 4. Bruno-rossiccia porosa. Khasen, Valcimursd. 5. Nero-bigia porosa feldspatica. San Leonardo, Kharuscia, Zyton, Mursia, Cuddii di li Munti, Strada delle Croci. 6. Nero-bigia scoriacea. 7. Nero-bigia scoriacea e vetrosa. 8. Nero-porosa e scoriacea con feldspato, sopra la Grotta del Murduomu, Cuddia abbruciata, rossa e delli Ferli. Dopo di avere fatto l’enumerazione delle varietà della tefrina, pas- serò a rimarcarne con gli esempi i risultati delle mie osservazioni relative la sua geognostica struttura. Pria di ogni altro è da notarsi che disposto a corrente mostrasi il terreno tefrinico di Pantellaria, e che sonvi dei punti in cui esso risulta dall’ammasso di ciottoli e di pezzi angolosi, come si rimarca a diritta del porto nella spiaggia Davviva, ove la tefrina si scorge nera, bigia, porosa, col pirossene, l’olivino, e la labrodorite. Si osserva la tefrina nera, scoriacea, rossastra e compatta disposta a corrente nel littorale che corrisponde alla Punta delle Croci; tale tefrina venne eruttata dal cratere circolare abbassato della Cuddia di li Munti e mostra per limite l’Arzne/la, spiaggia molto bassa e tutta trachitica; però si osserva la linea di demarcazione tra il congiun- gimento di questi due terreni; la stessa giacitura mostra la tefrina in San Giacomo ove sono più ostensibili le alterazioni della trachite. Nel margine del cratere di sollevamento del Monte Sant'Elmo avvi ancora la tefrina in forma di scoria oltre di quella compatta disposta a corrente che vi giace subordinata, come meglio si ravvisa nel lato di ponente e libeccio, ivi inoltre si osserva la scoria rossastra che riveste come crosta superficiale la trachite sottoposta. Il littorale di San Leonardo è tulto in esteso formato dalla tefrina DELL’ISOLA DI PANTELLARIA 37 mero-bigia colle lamine di feldspato e con cristallucci di scarsa oli- vina; tale tefrina di rado è compatta, spesso si adocchia porosa con pori poligoni, o esagonali d’un pollice di diametro, anche si osserva la tefrina cordiforme simile a quella del cratere del Vesuvio; è da no- tarsi che laddove il littorale è basso la tefrina non copre la trachite, quindi questa resta allo scoperto, e nei siti in cui si marcano le linee di congiunzione di questi due terreni si osservano le solite modifica- zioni di sopra annunziale; ciò si può con agevolezza notare al Bove marino ed al Morduomu. La Cuddia bruciata che si appresenta dal lato di N di forma ovale, coll’ apice terminato da due crateri di figura circolare offre la te- frina nera e scoriforme — La Cuddia delle Ferlì mostrasi di terreno te- frinico sormontata da tre crateri; però attentamente esaminandola pasta della roccia tefrinica, si vedrà zeppa di cristallucci di peridoto o olivina; per questo essenziale carattere possonsi chiaramente distin- guere le correnti vulcaniche di questa collina dalle altre vicine della stessa natura. Ai monti si osserva la tefrina scoriacea bruna-rossa- stra e nerastra; nell’ apice della collina di centro avvi un potentis- simo ammasso di tefrina compatta a cui sta sovrapposta la scoriacea. Alla Kharuscia ed a Mursiasi osserva la tefrina disposta a corrente però sovrapposta alla trachite che ivi in maggior estensione abbonda. Inoltre si scorge altra collina formata dal terreno tefrinico in dire- zione della Cala di Modica; dessa si chiama Cuddia rossa e presenta un cratere di figura ovata, latefrina di questa contrada è compatta, scoriacea e rossastra, quale ultima varietà diede il nome a questo colle vulcanico — La Cuddia nera presso il lago è costituita di te- frina che si protende verso il mare, e si ripete al Codo, Musara, e S. Chiara. La tefrina di Pantellaria si appartiene interamente al sistema pi- rossenico e non offre quei passaggi al basalto che sono sì frequenti nelle altre terre vulcaniche; la tenacità di questa roccia la rende ‘adatta a molti usi economici. Però è da rimarcarsi nel terreno te- frinico la quasi assenza assoluta delle rocce conglomerate e mobili, cioè di quei tufi, ceneri ed arene vulcaniche, non che di quei ma- teriali variamente ammassati e riuniti con frammenti di rocce miste ad idrossido di ferro. 38 DESCRIZIONE Pria di conchiudere questo capitolo ho voluto offrire in un quadro i principali crateri che si trovano nell’isola di Pantellaria, affinchè ne fosse agevole il modo di studiare, col favore delle osservazioni geo- gnostiche, l'origine di. sua formazione. - CRATERI DI SOLLEVAMENTO 9. Ghirlanda. 40. Monte Gibele. 4. Monte Sant Elmo. 2. Monte Gelfikhamar. SATURI, VULCANICI 5. Monte Sciuvechi. 4. Cuddia rossa n. 4. 4. Monte Gelfiser. 2. Cuddia bruciata n. 2. 5. Cuddia di Mida. 5. Cuddia delli Ferli n. 3. 6. Lago. 4. Monte Sanl'Elmo n. A. 7. Munaster. 5. Cuddia di li munti n. A. 8. Serraglia. CAPITOLO V. GEOGENIA. Nella composizione mineralogica e nella struttura geognostica dei terreni ignei, se non si offrono accidenti che ne indichino l’età re- lativa delle loro parti, pure nel loro insieme ben si rimarcano tali caratteri da rendere distinte le epoche successive della loro genesi; epperò questi non sono tanto evidenti quanto i caratteri che si de- sumono dai resti organici nei terreni di sedimento. Ordinariamente in un terreno di origine ignea, vi si scorgono i basalti colla trachite , l’andesinite e la tefrina, e nei grandi conti- nenti ove si rinvengono, tai prodotti ordinariamente poggiano sopra terreni stratificati fossiliferi, come a cagion di esempio presso Cam- piglia, ove la trachite è posteriore al calcareo giurassico fra gli strati del quale si è fatto strada. Molto caratteristici sono i terreni di origine ignea dei campi fle- grei che circondano Napoli, appunto per la predominanza della tra- chite di struttura tufacea, contenente pomici, dioriti e calcarei; ai DELL'ISOLA DE PANTELLARIA 39 Camaldoli in Astrgni ed alla Solfatara si osserva il tufo trachitico in posizione inclinata e l’interno dei loro crateri è tutto affatto tra- chitico; l'isola d’ Ischia, il monte Somma presentano la trachite colla predominanza del basalto fiancheggiato dalla lava del Vesuvio. Le isole Eolie (1) nel loro insieme mostrano il terreno trachitico sul quale in gran parte sta addossata la lava, che nella composi- zione può riguardarsi quasi simile a quella dell'Etna e del Vesuvio, vulcani ardenti, i quali ambidue considerati perla natura geogno- stica delle rocce, possonsi riguardare come i centri delle attuali e frequenti eruzioni. Gli altri terreni pirogenici di Europa presso a poco conservano con questi molta analogia, così i basalti di Rocca Monfina, dei monti Berici sino ai colli Euganei, le trachiti di Alvergna, di Clermont, di Cantal, Ungheria, Sassonia, isole Canarie, di Santorino e della Islanda. Tutte le osservazioni eseguite finora sui terreni pirogenici ci por- tano a stabilire che essi risultano da azioni vulcaniche analoghe ad alcuni fenomeni dell’epoca attuale. I basalti sono usciti dalla terra in uno stato di perfelta fusione da ricoprire spazi estesissimi, ove si adagiarono a modo di letti orizzontali; negli intervalli fra le eruzioni dei basalti si produssero le ceneri, le scorie e le sabbie che costituiscono gli strati di eperino che alternano col basalto. La trachite è sgorgata dall’interno della terra alle volte liquida, ma più spesso in masse pastose semisferiche, in cupole più o meno elevate; in ambi i casi l'apparizione della trachite dovelte necessa- riamente essere accompagnata da una quantità di materie incoe- renti e vetrose. Però hanno riguardato i geologici la trachite come più recente del basalto e per l’epoca della sua comparsa quella più antica la credono coeva al terreno terziario miocenico. (1) L'isola di Lipari presenta la trachite e la lava poggianti sopra un nucleo di rocce stratificate di psammite e selce alterate dal fuoco, le quali spettano ai terreni sedimentarj dell’epoca terziaria, siccome lo provano i resti organici vegetabili tro- vati in san Calogero, la prima volta da Spallanzani e poi da Hoffmann, ed or di recente dallo spagnuolo Villanova, e da me insieme col Prof. Antonio Prestandrea da Messina i quali verranno tra non guari descritti in un apposito lavore. 40 DESCRIZIONE Gl' indicati terreni dopo i lavori speciali eseguiti dai più egregi geologi, precisamente del celebre de Buch, mi giova sperare che fos- sero riguardati come unico sistema, e mercèi rapporti che fra loro spiegano nella struttura, se ne indicasse l’origine di loro formazione, coll’ajuto della teoria del calore centrale e dei sollevamenti. Ritornando ora al nostro assunto, cioè allo sviluppo della geogenia dell’isola di Pantellaria, è uopo avvertire che da quel che si è esposto nel precedente capitolo, si rileva, essere la stessa costituita di due ben distinti terreni, il più esteso trachitico, e l’altro meno esteso vulcanico; ambidue però presentano in quel tratto montuoso del- l'isola i loro rispettivi crateri che denotano di un modo facile i pro- gressivi accumuli dei materiali pirogenici. Però da replicate osservazioni l’isola si vede che non poggia sopra terreni di altra natura, nè su i prodotti del fuoco avvi soprapposi- zione di terreni sedimentariì pliocenici o del gruppo moderno, come sì rimarcano in moltissime contrade, ove appariscono simiglianti ter> reni pirogenici ; in tal modo la prima idea che si può ammettere circa la geogenica origine di quell’ isola si è che la medesima da cima a fondo, nel centro e nella sua periferia altro non manifesta che terreni surti dal fondo del mare per opera di sollevamento pro- dotto dal lavorio del fuoco interno del globo. Nell’annunziare le mie idee geogeniche su tale isola non ho vo- luto seguire che il filo delle mie osservazioni, evitando quanto è stato possibile, di annunziare quelle strane ipotesi che si hanno nella scienza relative siffatti terreni. Mirando quindi alla spiegazione dei fatti sorge spontaneo lo am- mettere che pei caratteri geognostici l'isola offre chiaramente la serie di due terreni, di più antica data il trachitico e di posteriore il vul- canico. Nel terreno trachitico tutt'ora si scorgono i crateri, taluni dei quali sono bassi, ed appena apertisi, rimasero con i loro bordi liberi sottoposti all’ingiuria degli agenti esteriori; altri viceversa dopo che si estolsero furono ricoperti da masse stratificate di trachite, che tratto tratto formarono le più ardue eminenze montuose del- l'isola portanti seco altri crateri di sollevamento trachitico ma di un diametro più piccolo. Dal che si rileva che nel solo terreno DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 4Î trachitico si devono riguardare tre sorta di crateri; la prima di quei senza addossamento di materiali posteriormente sollevati, come sono i bacini imbutiformi pressochè allungati di Serraglia, Ghirlanda, del Lago, di Munaster e di altri sili; la seconda degli altri che sui bordi hanno sovrapposti materiali trachitici sorti lentamente o con im- peto in epoche posteriori: avvi un magnifico esempio di questa specie di cratere nel perimetro del corpo della Montagna grande del Gibele, delle Gidilè, cioè in quel sistema interno di alte montagne che a guisa di cercine sono circondate nella base dai bordi di un antico cratere di sollevamento; finalmente la terza comprende piccoli crateri di sollevamento trachitico fra i quali avvene taluni che tutt'ora mandano fuori prodotti gassosi. L’obliquità e l’orizzontalità degli strati trachitici, la loro varia coe- renza e durezza indica un secondo fatto per giudicare che l’opera del sollevamento trachitico è stata accompagnata da speciali fenomeni che produssero tali notevoli effetti nelle masse sollevate. Ed in vero l’orizzontalità degli strati trachilici è un argomento certissimo che l’opera del sollevamento dovette agire in essi lentamente da formare le bassure trachitiche dell’isola, che in parte poi per l'uscita di ma- teriali gassosi prodotti dalla rottura degli stessi, si conformarono con direzione varia, formando delle cupole trachitiche simili a quelle dell'Alvernia e di altre località; ove poi il sollevamento fu rapido le masse incandescenti stando molto influenzate dal calorico si vetrifi- carono, divennero nere, porose; leggiere per l'uscita dei materiali gassosi, e giunsero al punto di ridurre la solida e massiva trachite in ossidiana come si scorge a Ge/fiser, Gelfikhamar, Gibilè, coste del Lago, Khagiar, Khafar, Punta Framm ed in altri siti. Il rinvenire inoltre l’ossidiana alternante cogli strati trachitici come a Campobello, coste del Lago, Balata dei Turchi, ec. ci indica che il sollevamento lento, brusco e tumultuoso avveniva a riprese nelle masse, che oggi si trovano giacenti insieme (ra loro. Altro fatto interessante che concilia l’attenzione del geologo si è quello dei filoni ed incrostazione di specie minerali nelle masse trachitiche differenti da quei che formano l’impasto intimo e mec- canico della pasta trachitica, e sono l’opera, come cennai nella geo- 6 42 DESCRIZIONE gnosia, del sollevamento di questi materiali dentro le masse già belle e formate, così il quarzo, la jalite, il ferro oligisto, l’anfibolo a mio avviso dovettero avere la stessa origine. E per ultimo la scaturigine dell’acque termali saline, i fumajuoli potentissimi; l'emanazione del gas acido carbonico che hanno luogo al presente, sono sollevazioni di materiali che si partono dall’interno della terra e che mostrano i vestigì dei grandi avvenimenti a cui un tempo dovette esser soggetta l'isola. Epperò difficilissimo a chiarirsi si è la determinazione dell’epoche da riferirsi ai diversi sollevamenti delle masse trachitiche , poichè tai materiali trovansi così poco modificati e così strettamente uniti fra loro da presentare all’occhio del geologo un insieme vagamente omogeneo, che imprime solamente all’intelletto la ragione del loro assoluto sollevamento. Dopo la genesi del terreno trachitico successero le eruzioni vul- caniche i di cui materiali occupano pochi punti dell’isola e trovansi cumulati in forma di correnti sopra la base trachitica che ne venne alterata nei punti di contatto colla tefrina come si scorge nella con- trada di S. Giacomo poco distante dal paese. Il terreno vulcanico di Pantellaria fu originato in diverse epoche dai varî crateri di eruzioni e la tefrina di eterogeneo aspetto mostra che si può riferire ai dif- ferenti monticelli vulcanici da’ quali venne eruttata; così si rimarcano: le tefrine della Cuddia bruciata, delli Ferli, nere, e delli Monti, ec. Tai crateri vulcanici oggi sono interamente estinti e la storia non ci fa menzione alcuna di loro attivazione (I). Seguendo la teorica del de Buch sono partiti în due serie tutti i vulcani finora conosciuti, cioè in centrali e in linea retta; l'isola di Pantellaria sembra di appartenere a quelli della seconda serie (1) Il terreno vulcanico di Pantellaria si può paragonare a quello della prossima: Linosa, di Ustica, di Alicuri, Filicuri, Vulcano, Lipari e delle altre isolette del gruppo delle Eolie, non che dei vulcani estinti del val di Noto ec., similmente puossi pa- ragonare alla eruttante Etna, ed all’ isola Giulia o Ferdinanda che nel 1832 surse nel mare tra Pantellaria e Sciacca che dopo elevatasi alla altezza di piedi 160 sì abbassò; essa venne descritta da Hoffmann, Prevost, Gemmellaro, Scinà ed altri non pochi naturalisti. DELL'ISOLA DI PANTELLARIA 43 mostrando essa continuazione in linea diritta cogli altri contigui, ed offrendo gl’intervalli coverti dall'acqua del mare la quale è da sup- porsi poggiare sopra le basi vulcaniche sollevate in un livello in- feriore; che non giunsero giammai sopra la linea del nostro orizzonte. Però non sono dell’intutto estinti i fenomeni dell’attività ‘vulcanica in Pantellaria, poichè le emanazioni gassose e vaporose offrono l’at- tività debole del lavorio di uscita di prodotti delle viscere della terra. Varie ipotesi si trovano registrate nella scienza intorno la causa dei vulcani; taluni per la rassomiglianza dei fenomeni vulcanici con quelli che si osservano nella fusione artificiale, e nell’ accensione spontanea delle miniere del carbon fossile non tardarono ad ammettere che i fenomeni vulcanici sono da attribuirsi alla combustione di materiali che ne sono capaci, la quale è cagionata dalla decompo- sizione analoga a quella che si avvera nelle piriti di ferro; ma oggi si è convenuto di metter in non cale tale ipotesi mentre la geognosia con esattezza e precisione ci ha fatto conoscere la natura dei ma- teriali usciti dai vulcani che è tutt altra di quella dei materiali imaginati, e perchè la combustione delle materie che ne sono a- datte non può aver luogo senza il contatto diretto dell’ aria. Altri geologi fondandosi sulle scoverte chimiche del Davy delle basi me- talliche delle terre e degli alcali, supposero che metalli inossidati si trovassero sotto la scorza ossidata del globo, in tale stato da mostrarsi avidi a decomporre l’acqua per impadronirsi dell’ossigeno; il calorico sviluppato nell’atto di detta decomposizione si è supposto esser ca- pace di fondere i miscugli terrosi vicino i luoghi ove si genera siffatta decomposizione, dando origine a gas ed a vapori, che facen- dosi strada nell'atmosfera, lungo il loro passaggio, rompono e solle- vano la scorza del globo cacciando e alterando altre materie con loro. Questa ipotesi sebbene sembra conforme ai lumi della chimica odier- na, pure a rigore merita di essere confutata, poichè non si conosce come si può stabilire la comunicazione dell’acqua nell’interno della terra; e però supposto il caso che una cagione qualunque ne abbia stabilito la comunicazione, dovrebbe tosto verificarsi sulla superficie dei metalli inossidati una crosta ossidata, la quale dovrà ivi impedire la continua- 44 DESCRIZIONE zione dello immediato contatto dell’acqua. L'ultima delle ipotesi oggi comunemente ammessa dai geologi si è quella del calore centrale la quale è subordinata alle osservazioni fatte sulla interna temperatura della scorza del nostro globo, che mostrasi indipendente da quella prodotta dall'azione del sole; stabilendo che l'aumento della temperatura terrestre è a misura della profondità ove si rimarca, come lo provano i calcoli fatti dal Cordier che nella profondità media di circa dieci miriametri, il calore è capace di fondere la maggior parte delle rocce che formano la scorza del globo. Da questi dati si deteggono due illazioni, cioè, la prima che si tro- vano nello interno del globo, masse con fluidità ignea, e di un volume considerevole; la seconda che la massa esterna del nucleo fluido tende continuamente a passare nello stato solido elevandosi sotto la scorza della terra. Le due illazioni testè ammesse quantunque sprovviste da osservazioni dirette provano a far conoscere, che il punto di partenza dei fenomeni vulcanici è nella parte superiore della massa fluida ten- dente a passare colla elevazione nello stato solido, come si desume dalla maggior parte delle particolarità, che caratterizzano i fenomeni vulcanici, e dallasomiglianza dei prodotti che li costituiscono. Quindi le cagioni che produssero l’uscita dei materiali vulcanici nell’ isola di Pantellaria fu appunto l’azione del calore centrale che primitiva- mente ivi avea sollevato il terreno trachilico. I sopradescritti terreni trachitici e vulcanici di Pantellaria si tro- vano potentemente modificati per l’azione dei fumajoli, dell’ uscita delle acque termali, dell’ ingiuria degli agenti atmosferici e delle colture e nelle costiere dell’isola dall’ impeto delle acque del mare: tutt'ora questi agenti della natura non tralasciano colla loro influenza . di cancellare le sembianze esteriori delle masse che divengono rotte, terrose fatiscenti e di vario colorito. Continua CATALOGO DEGLI UCCELLI DELLE MADONE FRANCESCO MENA-PALEMBO Qui sono uccelli indigeni, qui rifuggiano gli uccelli passeggieri, che cercano un più mite grado di calore di quello delle regioni d’ onde provengono. ‘ ) Elogio Storico di BIVONA. —s8e_ CENNO STORICO DELLA ORNITOLOGIA IN SICILIA —_——_—er939 O C(oo_ Fra l’ immensa serie degli oggetti della natura, che ci circondano, gli uccelli son quelli che maggiormente ci dilettano, la varietà dei colori, Vl armonioso canto, i semplici costumi, l amorosa cura dei pulcini sono delle qualità ammirevoli, che ci forzano ad amarli : con ragione Mauduyt esclamò : « Ch popolo amabile! mi duole il ve- derti- cadere sotto i miei fatali colpi, io non tenderò insidie alla tua esistenza, rispetterò anzi le tue abitudini, che mi richiamano l’idea de’ piaceri più dolci, esse me ne offrono almeno l’apparenza, mi compiaccio soltanto di osservarti, l’idea vera o falsa, che tu sei felice, e lo sei per le affezioni, di cui i tuoi movimenti lo mo- strano esternamente, mi fan provare un vero piacere , quell’ idea mi consola, e mi occupa piacevolmente alcuni istanti, distraendomi dagli effetti di uno spettacolo opposto, di cui l’ incontro forzato so- vente mi attrista. » È d’uopo studiare i costumi degli uccelli nel loro stato selvag- gio per conoscere le loro passioni, se mi si permette questa espres- sione. Noi vediamo difatti, che quel calore, che nella primavera 2 CENNO STORICO dà forza e vita novella ai vegetabili, risveglia parimente negli ani- mali l’ istinto della riproduzione, e gli uccelli ce ne danno l’ annunzio : mentre la natura dorme ancora, ed il sole sta per varcare l’occaso, e le tenebre della notte si avvicinano, e c’ invitano al riposo , in questo momento fra il silenzio della natura e degli animali, un canto melodioso, lugubre, prolungato ci scuote, e richiama |’ attenzione no- stra; un Merlo sull’ alta cima di unalbero ancora sfrondato, saluta la prossima primavera, ed il cominciamento de’ suoi amori. Ma quanto è più soave ancora, quello dell’ Usignuolo che divide i suoi af- fetti e le sue pene coll’ amabile compagna, e coll’ armonioso suo canto cerca di diminuire la noja dell’ incubazione, e co’ suoi va- riati gorgheggi ridesta sempre un ardente amore, nè stancasi la sera dalle diurne fatighe, anzi nel più bujo della notte fa sentire il suo canto a grandi distanze per animare quell’ affezione materna che s' indebolisce, e risvegliare la natura che face. Quanto sono dolci le notti di maggio nell’ aperta campagna? Quanti pensieri tristi, e lieti non desta quel vario-modulato canto? L’ uccello nell'epoca de’ suoi amori sente vivamente questa interna passione; il canto non è che una semplice espressione, le sue ge- losie, le sue lotte, il suo abito di nozze sono qualche cosa da ri- chiamare la curiosità del naturalista: i vantaggi che recano all’agri- coltura gli uccelli insettivori hanno fissato l’ attenzione dei geopo- nici scrittori, perciò sotto varì aspetti lo studio dell’ Ornitologia è utile. La Sicilia non è l’ ultima in questo studio; sin da vetusti tempi curiosi, e naturalisti si sono versati a studiare i costumi degli uc- celli, ed a far conoscere gli uccelli sedentarii, o passaggieri, che trovansi nell’ Isola nostra; ed ecco un breve cenno di coloro, che più ne hanno scritto. FepERIGO sEconpo Imperatore, scrisse un trattato di Falconeria De arte venandi cum avibus, questo fu poi accresciuto da Manfredi; a giudizio dei naturalisti è un vero trattato di Ornitologia mirabilis- simo pel tempo in cui fu scritto, e pieno di belle osservazioni, e di utili precetti. Questa opera trovasi stampata colla Falconeria di Tardif, Venezia 1560, e Basilea 1567, e con quella di Alberto Ma- DELL’ORNITOLOGIA IN SICILIA 3 gno 1396; Scheider ne ha dato una edizione annotata Lipsia 1783-89, in quarto, in due volumi. Dallo stesso Federigo abbiamo un altro trattato De natura, et cu- ra avium : trovasi citato da molti storici siciliani, ma non conosco dove fu stampato. Federigo non era siciliano, ma di Hohenstausen, e siccome la Sicilia fu per molti anni sotto il suo dominio, così possiamo enumerare, come siciliani gli scritti da lui lasciati. Francesco Russo, visse prima del Cupari, e lasciò un mano- scritto di Ornitologia, il quale passò nelle mani di Boccone, poi di Schiavo, ed attualmente trovasi depositato nella Pubblica Biblioteca di Palermo, il titolo e così concepito : Breve descrizione di tutte sorti di uccelli conosciuti nella Sicilia cossì di canto, come di acqua, e di rapina ponendosi per più profitto il luogo in che sogliono abbitare, e della loro passa, e ritorno, opera di Francesco Russo. Dobbiamo allo Schiavo lannunzio di questo manoscritto , nelle sue Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, e poi ad Andrea Bivona nel prospetto delle scienze e della letteratura del secolo xix in Sicilia. L'autore divide gli uccelli in più note, come uccelli di canto , di rapina, di acqua, di ripa ; di ciascuna specie ne dà il nome siciliano italianizzato, talune volte per distinguerla dalla specie vicina vi ag- giunge una breve frase non sempre sufficiente a mostrarne i carat- teri specifici, indi fa conoscere l'epoca del passo, il luogo dove di- mora, ed il cibo di che si nutrisce, il tutto brevemente: da que- sti scritti rilevasi, che doveva conoscere la cacciagione, e la scienza. Questo manoscritto è interessante non solo per la sua antichità, ma per le molte specie che vi sono enumerate, e per mancanza di ca- ratteri specifici non possono classificarsi, e forse talune sono nuove. Per quanto rilevasi dalle Memorie dello Schiavo il Russo lasciò ancora una lettera sopra gli uccelli di rapina, che io non ho potuto trovare. SiLvio Boccone, morto nel 41704, avendo nelle mani il mano- scritto sopracitato del Russo lo corredò di molte note, ed alla fine vi aggiunse altre specie di uccelli dell’ Isola nostra. Francesco Cupani, morto nel 41704, cominciò a pubblicare il Pamphiton Siculum, che dopo la sua morte fu continuato da Bo- 4 CENNO STORICO nanno, nel terzo volume conservato nella Biblioteca dei PP. Gesuiti si trovano num. 88 figure di uccelli, la prima tavola raffigura lo Accipiter Miula, e l’ultima il Bubo Jacobi similis, queste figure sono accompagnate da una breve descrizione. Il Cupani nel 4696 scrisse un trattato di Storia Naturale, ed uni- tamente agli altri oggetti vi sono descritti pure gli uccelli, la lin- gua con cui è scritto è la latina frammista all’ italiana, ed alla si- ciliana, il carattere è poco leggibile : questo manoscritto è depositato nella Biblioteca di Palermo. Il Cupani medesimo per quanto si legge nelle Memorie dello Schiavo lasciò un trattatelio degli uccelli di rapina, e domestici, nel quale si spiegano con ogni accuratezza le diverse specie di Falconi, la maniera di addimesticarli, e di nutrirli con non poche altre par- ticolarità degne da sapersi dai più accurati filosofi naturalisti, e lo stesso fa degli uccelli domestici più singolari. Francesco PAaoLo CarareLLI, lasciò alcuni manoscritti sopra gli uc- celli, a me non è riuscito leggerli, ma il sig. Palazzolo ben il co- nosceva. Per una di quelle disgrazie, che sempre ha accompagnato i nostri naturalisti, questi materiali ornitologici sono restati inediti e perciò presso l’estero ci è dato il rimprovero di non conoscere i nostri uccelli. Gruserpe Sinatra da Noto, il quale morì nel 1768 lasciò dopo la sua morte una buona raccolta di uccelli preparati, che aveva. clas- sificati col sistema Linneano; disgraziatamente non esiste più. Il signor Groeni nel suo Gabinetto raccolse molti uccelli siciliani, ma nulla ci lasciò scritto de’ loro costumi. Giovanni CanciLLa ne’ suoi Elementi di Storia Naturale 41804, vo- lume 2, rapporta alcune specie di uccelli additandone il nome si- ciliano. Domenico Scina' nelle annotazioni alla sua Topografia di Palermo, dà un Catalogo degli uccelli del suolo palermitano notando sola- mente il nome scientifico, il siciliano, e l’epoca del passo. BaLpassarRe Parazzorto nell’ epoca medesima scriveva un Trattato di Ornitologia siciliana secondo le ultime classificazioni, egli fa una esatta descrizione dell’uccello, che spesso arricchisce di riflessioni; DELL’ ORNITOLOGIA IN SICILIA 5 non è completo per gli uccelli acquatici; questo manoscritto buo- nissimo per consultare fu donato dall’ autore alla Biblioteca di Pa- lermo, di cui ne è bibliotecario. Lo stesso autore nel 4826 pubblicò una lettera Su di un uccello di singolar figura nella conformazione del becco, dove mostra , che l’ ipertrofia della mascella inferiore, e la sua forma anormale, co- stituivano Îa particolarità di queil’uccello, detto Corvus graculus Lin. Francesco Ferrara nella sua Storta Naturale assegna poche pagine per gli uccelli indigeni, ed emigranti della Sicilia. MicneLe AzzareLLo da Palermo conosceva bene la dermotassia, per cui preparò molti uccelli nostrali, ed alquanti oltremare ne spedì, raccolse i materiali per redigere un catalogo ragionato degli uccelli dell’Isola, l’immatura morte ne impedì la pubblicazione, ed il ma- noscritto si è smarrito. Giuseppe Mercanti, E PaoLo Mercanti di Castelbuono miei concitta- dini sin dal 4824 cominciarono a raccogliere degli uccelli delle Ma- donie, ed a prepararli, ma limitaronsi agli uccelli di rapina, e ad altri grandi uccelli, ne fecero le descrizioni, ma dopo la loro morte gli scritti si smarrirono, e gli uccelli divennero preda del tarlo. JannerrA Power nell’ Itinerario della Sicilia A839, assegna una ta- vola pel catalogo ornitologico siculo, dove vi è il nome scientifico ed il nome vernacolo, senza alcuna altra indicazione interessante. Luci Benoir nel 4840 diede alla luce 1’ Ornitologia Siciliana, que- sta può riguardarsi come l’ opera più completa, che si è pubblicata sugli uccelli siciliani, egli merita degli elogi pel modo di classa- zione, e per l’ordine dato a tutto il Catalogo; vi sono noverati ta- luni uccelli siciliani sull’asserzione di straniero scrittore, che forse mai visitò la Sicilia, questa classica e fertile terra; un libro nato in Sicilia dovea andare esente di tali asserzioni, del resto è esatto per le descrizioni, e per l'aggiunta de’ nomi vernacoli; merita più d’ ogni altro la stima del pubblico per aver complimentato la sua raccolta al Gabinetto di Messina. Pierro CaLcara da Palermo nella Descrizione dell’ isola di Ustica, 4842 noverando le varie produzioni di quella terra vulcanica enu- mera diciotto specie di uccelli da lui veduti nel breve soggiorno 6 CENNO STORICO in quell’ isola, nella Descrizione dell’ isola di Lampedusa A847, ne rapporta altre dodici specie, e richiama particolarmente l’attenzione su i danni recati dalla Grux cinerea Lin. in maggio ai campi di fru- mento ; altri venticinque ne enumera nelle Ricerche sulla storia na- turale dei dintorni di Nicosia 4834. Giorcio Grar nel 41842 dirigeva una lettera al dottor Scuderi su Di un Picchio muraiuolo rinvenuto nelle vicinanze di Messina, dove dà una esatta descrizione di questo uccellino, e dice che non era stato trovato da alcuno in Sicilia prima di quella occasione. Nel 4844 diresse altra lettera a Landolina, Lettera, e descrizione di un Avvoltoio grifone , il quale fu preso in Messina nella prima- vera del 1842, la descrizione de’ caratteri è molto precisa. Mariano ZuccareLLo Parti da Catania nel 1844 pubblicava una let- tera diretta ad Alessandro Rizza, Ricerche ornitologiche in Sicilia, dove descrive cinque varietà della Sylvia stapazina Lath., cinque del Va- nellus cristatus, Meyer, dona delle notizie dell’ Erismatura leucoce- phala Bonaparte, e della Ciconia Nigra, Bellon, entrambe trovate in Sicilia. In altra lettera, Continuazione delle ricerche ornitologiche in Siciliadà delle interessanti osservazioni del Vultur fulvus Lin., del- l'Aquila Bonelli Bonap., dell’ Aquila Fulva Meyer, del Falco cinera- ceus, Montag., del Falco lithofalco Lin., del F. vespertinus Lin., del Merops apiaster Lin., della Tiehodroma phoenicoptera Tem., della Turnix andalusica Vieill., della Limosa rusa Briss, e della Sterna mi- nuta Lin. Pubblicò alcune notizie sull’ Aquila Bonelli nel Giornale Scilla e Cariddi. Lo stesso Zuccarello lesse nell'Accademia Gioenica alcune Osser- vazioni, e descrizioni ormitologiche, che poi furono date alla luce, dove descrive l’abito del nidiaceo , del giovine di un anno, e dei costumi del Falco Bonelli Tem., che nidifica in Bronte, fa conoscere una varietà dell Emberiza miliaria Lin. e del Numentus phoepus Lath., affetti da albinismo, parla del passo accidentale della Giconza nigra Bell., e dell’ Anas olor Lin., sin’ora non riportata quest ultima fra gli uccelli nostrali, finalmente dà una descrizione di un giovine della Ardea cinerea, e di sette varietà riguardanti il sesso, e l’età dell'Anas DELL’ ORNITOLOGIA IN SICILIA 7 Leucocephala Lath. comune nei pantani di Catania da novembre a gennaro. Posteriormente pubblicò le Osservazioni, e ricerche su di un vago uccellino siciliano appartenente al gen. Sylvia Lath., dove descrive una rarissima varietà della Sy/via atricapilla Lath. con una macchia giallo-canarina nella gola osservata sopra tre femmine. Le silvie van soggette all’albinismo, ed al melanismo, ed a variare nelle grada- zioni, e nell’ intensità dei colori nella epoca degli amori, e della muta, o secondo l'età ; la varietà riportata non si può riferire a nessuna delle anzidette, e sembra costituire piuttosto un carattere di specie nuova, che di varietà. Gaetano Nociro da Girgenti nel 1844 nella Topografia di Girgenti e suoi contorni dà un catalogo degli uccelli di quel territorio, i quali furono classificati da Giovanni Caruso. EmmanueLe Taranto Russo di Caltagirone nel 4844 diede alle stampe un Discorso per l inagurazione del Gabinetto di Storia Naturale di Caltagirone alla fine del quale aggiunse un catalogo degli uccelli del detto territorio additando il nome scientifico , ed il vernacolo, tali uccelli ben preparati furono da lui generosamente donati al Gabi- netto, quanto sono rari questi esempii di patrio amore nel secolo presente ? GaLvaeni da Catania descrivendo la Fauna Etnea nella Memoria se- sta per servire di prodomo all’ Ornitologia dell Etna enumera molte specie di uccelli, che trovansi su quel monte ignivomo. Fra gli stranieri, che han contribuito ad illustrare la nostra Or- nitologia è d’ uopo rammentare Raranesque che descrive quindici specie di uccelli nuovi raccolti la maggior parte in Palermo, e tro- vansi nella sua opera intitolata : Caratteri di aleuni nuovi generi, e nuove specie di animali, e di piante della Sicilia , nel giornale che dirigeva, Specchio delle Scienze: scrisse un articolo Arrivo delle Lo- dole vicino Palermo nell’ autunno. HrczeL girando la Sicilia nel 4819 trovò qualche cosa di nuovo, ed al suo ritorno in patria scrisse le osservazioni da lui fatte sugli uccelli nostrali. Scnempri nel suo Quadro geografico ornitologico, ossia quadro com- 8 CENNO STORICO Ec parativo le ornitologie di Malta, Sicilia, Roma, Liguria, Nizza e la Provincia di Gard assegna una colonna agli uccelli siciliani. SAvI nell’ Ornitologia Toscana fa menzione di qualche uccello nostro ; Temncx nel suo Manuale di Ornitologia riporta pure qualche specie nostra; Bonaparte nella sua superba Iconografia della Fauna italiana dona delle belle figure di uccelli siciliani. Tra i gabinetti ricchi di uccelli di Sicilia ricordo solamente quello del gabinetto di storia naturale di Siracusa, di Messina, quello della Accademia Gioenia di Catania, quello di Caltagirone, e dell’ Univer- sità di Palermo. Taluni dilettanti hanno pure delle raccolte di uc- celli, ma queste son sempre di breve durata, perchè periscono colla morte del dilettante, che con tanta cura l’ha raccolto, e preparato. Eccomi giunto al termine della storia, e de’ progressi degli studi ornitologici in Sicilia, in questo prospetto sono riuniti tutti i lavori che ho potuto raccogliere , se ne ho omesso qualche altro il mio silenzio s’incolpi a mancanza di mezzi, e non a volontà. Nella redazione di questo catalogo mi sono limitato di dare il nome scientifico, la frase diagnostica, gli autori che parlano dello uccello riguardante la Sicilia, qualche parola su i costumi, una si- nonimia siciliana per quanto il mio lavoro sembri proprio della terra in cui scrivo, ho tralasciato dare la descrizione, perchè sarebbe una noiosa ripetizione di quanto han detto gli ornitologi. Gli uccelli acqua- tici vi figurano poco, perchè in questo gruppo di monti mancano i laghi, ed i larghi fiumi, come ho mostrato nella Introduzione alla Storia Naturale delle Madonie, i pochi che enumero sono stati uccisi nel Monalo, e nell’ Imera settentrionale; per completare il catalogo aggiungo in appendice gli uccelli domestici. \ CATALOGO DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE ORDINE PRIMO — UCCELLI DI RAPINA ——a®0_ Gsxere VULTUR Linneo. 1. Vultur fulvus (Lin.) V. remigibus quatuordecim : naribus lunulatis : lingua margine aculeato. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 4.— Graf. Di un Avvoltojo grifone, Messina, 1644. — Zuccarello, Ric. orn. let. 2, p. 1. — Galvagni, Mem. 6. Atti dell’ Accad. Gioenia. Il Grifone è sedentario nelle Madonie, presceglie i monti e le rupi inaccessibili per sua dimora; la mattina al levar del sole va a posarsi su i balzi de’ Monticelli, nei ciglioni della Valle di Atrigni, e Juntera, nelle alte cime del balzo di Gonato , e della Canna, dove dimora quasi immobile circa due ore per riscaldarsi con i tepidi raggi del nascente sole, e per far la sua toletta pulizzandosi le remiganti, le timo- niere e tutte quante le penne dalla polvere e dagli insetti, indi a branchetti di sei ad otto si slanciano nell’aere facendo delle lunghe corse per andare in cerca di cada- veri loro cibo ordinario. La regione che si può riguardare come soggiorno abituale del Grifone è a due mila piedi, di là si slancia nell'Oceano aereo, e si eleva ad una grande altezza; sa- lendo sulle alte vette, che elevansi sul livello del mare palmi siciliani 1180 (Malvica, Piraino), si vede il grifone fare de’ grandi cerchi e sembrare un piccolo uccello, tale è l'elevazione straordinaria a cui giunge; qual è dunque la pressione atmosferi- ca che può sopportare, mentre lo vediamo scendere nelle più profonde vallate, sino ai bor- di del mare, e poi salire quasi il doppio sull’altezza delle Madonie? A venti mila piedi di elevazione i sacchi membranosi aerei, che si sono riempiti nelle basse regio- ni aeree devono prodigiosamente gonfiarsi; ed intanto senza nulla soffrire, anzi per solo diletto percorre in pochi istanti tutti i climi, e da quelle alture vede i tre an- goli della nostra Triquetra, e l'alta cima fumante del Mongibello. 9 10 CATALOGO tl Il Sarcorampus condor Dum., cuntur del Chili, il gigante degli avvoltoi conosciuti , le cui ali estendonsi quattordici piedi si eleva pure ad una grande altezza, ed Hum- boldt calcolando |’ altezza della catena delle Andes del Quito, che sul mar Pacifico elevansi piedi 14958, a cui può giungere, conchiuse di averlo veduto sino a 21834 piedi di elevazione. Or il nostro Grifone la cui femmina può anche avere l’ estensione delle ali sino a tredici piedi e pochi pollici, può paragonarsi al condor dell’ America, ad elevasi quasi alla medesima altezza, mentre l’ uomo salendo a certe altezze si stan- ca pe’ sforzi muscolari, e trovasi in uno stato di astenia penosissimo , il Grifone ed il condor respirano con egual faciltà a ventotto ed a dodici pollici di pressione. Il Grifone può restar digiuno per molti giorni, ma quando trova una carogna di- vora tanta carne da non poter prendere volo da’ piani: allora corre saltando, finchè trova una prominenza, che gli facilita il primo slancio. Quando è affamato librato nell’ aere fa de’ grandi cerchi per mirare se negli armenti o nelle greggi vi ha qual- che animale malaticcio, allora scendono varii riuniti sull’adocchiata: preda, la spa- ventano con una stridula voce, e col battere le ali, e facendo de’ semicerchi vi dan- no delle beccate, finchè a terra stramazza; allora tutti vi piombano addosso, chi svelle gli occhi, chi lacera il ventre, chi le interne viscere ne strappa, ed in pochi momenti quell’animale ancor caldo di vita è interamente spolpato. Talora per far la preda prescelgono il punto, ove qualche pecora pascola nell’ orlo di un precipizio, allora volandovi vicinissimo la spaventano, e l’ animale intimorito si precipita nel sottoposto abisso dove i grifoni l’ assalgono. Il Grifone si difende con forza, mentre sembra un vile animale, quando trovasi alle strette si getta supino, coll’adunco becco e co’ forti artigli lacera chi si presenta: ha un odorato finissimo, una vista acutissima, costruisce il nido nelle crepacce delle rupi inaccessibili, e ne' buchi che presentano le satite murali della parte settentrio- nale delle Madonie; la femmina partorisce due uova molto grosse, bianche, senza mac- chie, ordinariamente non alleva che un solo pulcino, il quale vola all’ età di sei mesi circa. SINONIMIA SICILIANA. Vuturu, Vuturazzu in tutta Sicilia. Genere NEOPHRON Saviny. 2. Neophron pernepterus (Savig.) N. corpore albo, helvolo vel brunneo: remigibus primariis nigris. Savi, Orn. Tosc. v. 4, p. 6. Cathartes pernopterus, — Benoit, Orn. Sic. p. 3. — Schembri, Quadro geogr. orn. p. 1. — 7ultur pernopterus — Power, Illin. della Sic. p. 200 — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Galvagni, Fauna Etnea mem. 6. Il Capovaccajo è di passo periodico, viene fra noi in aprile, e propriamente dopo la pasqua, da cui prende forse uno de’ nomi volgari; in tal epoca frequenta le man- dre delle vacche e de’ vitelli, e prende diletto posarsi sulla schiena de' medesimi nè DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 11 gli animali si spaventano, nè se ne inquietano. È un uccello molto vigilante, quindi difficile ad essere ucciso, i nostri pastori lo rispettano credendo, che cibasi di alcuni in- setti che sono sulla schiena degli animali bovini. La maggior parte seguitano il loro viaggio, pochi nidificano sulle Madonie, una coppia ha molti anni, che costruisce il nido in una crepaecia del balzo di Gonato; nella fine di Luglio ho veduto questo uc- cello nelle praterie della Canna, e di Pomieri tra gli armenti di vacche. SINONIMIA SICILIANA. Vuturu, Catania, — Vuturu jancu, Castrogiovanni, — Aciddazzu dì passa, Messina, Albaneddu perdi-jurnata, Palermo, — Pasqualino, Castelbuono, s. Mauro, Collesano. Genere GYPAETUS StoRR. 3. Gypaetus barbatus (Cuvier). G. gula pennis setosis in fasciculum digestis, nigris, antrorsum versis. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 9. — Benoit, Orn. Sic. p. 4. — Schembri, Quadro geo. orn. p.1. — /ultur barbatus Power, ltin. della Sic. p. 200.— Ossiphagus foemina larvatus, Cupani, — Ossiphagus barbatus, Cupani, — Ossiphagus mas, sive muscatus Cupani. L’Avvoltojo barbuto è di passo accidentae, ed è molto raro: per le molte indagi - ni da me fatte ho saputo, che una coppia negli anni 1839-40 nidificò nella rupe s0- pra le cartiere, Vausu di Gonatu, luogo inaccessibile e pericoloso, che mi ha impe- dito a far prendere il nido. Sinonimia SICILIANA. Aciddazzu barbatu, Sicilia, — Vuturu eu pettu russastru, Castelbuono. GeneRE FALCO Linveo. 4. Faleo buteo, (Lin.) F. tarsis nudis, parte antica et superna tecla scutis parvis: loris pilosis. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 29. — Benoit, Ornit. Sic. p. 8. — Power, Itiner. p. 200. — Taranto, Gabin. p. 83 Schembri, Quadro geogr. orn. p. 2. — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Accipiter miula vulgo. Cupani, Mss. — Miula, Russo Mss. — Miula Cupani, Mss p. 72, 145 della storia Naturale. il falco cappone è comune tanto ne’ boschi, quanto nelle falde delle Madonie, ni- difica ne’ boschi, ne ho trovato in varie livree, nell’ autunno e nell’ inverno è gras- sissimo. Ho prescelto il nome specifico di Falco duteo tralasciando quello di Falco pojana Savi, perchò questa specie presenta molta varietà nella disposizione e nella 12 CATALOGO gradazione de’ colori, nelle varie età, nel differente sesso, non potendo fare dei con- fronti per le due specie ho seguito gli altri ornitologi. SixonIMIA SICILIANA . Falcunazzu, Castrogiovanni, — A/baneddu Miula, Palermo — Alitunni Castelbuono — Falcuni, Ualtagirone. 5. Falco apivorus (Lin ) F. tarsis nudis: loris plumosis. Savi, Orn. Tosc. v. 4, p. 31. — Schembri, Quadro geog. orn. p. 2. — Benoit, Orn. Sic. p. 8. — Power, Itin. p. 200. Il Falco pecchiaiolo è piuttosto raro nelle Madonie, come nel rimanente della Si- cilia; l'individuo che posseggo è femmina, differisce un poco dalla descrizione data dal Savi, e si avvicina piuttosto alla varietà da lui riportata. Becco nero colla base della mascella inferiore più chiara, cera ed iride gialla, re- dini fittamente coperte di piccole penne di colore scuro-nerastro. Fronte biancastra, le penne hanno lo stelo bruno. Parti superiori scuro-cioccolatta, base delle penne bian- ca, steo nero, 0 pure una striscia nera sul medesimo, quelle del vertice, occipite, nuca, hanno l'estremità più chiare. Regione auriculare scura; penne della gola bian- castre con stelo scuro, baffi lunghi, e neri ; gozzo, petto, parte superiore dell’addo - me colore scuro marrone con una striscia stretta lungo lo stelo, parte inferiore del- l'addome, regione anale, sottocoda color di nocciola, calzoni grandi del medesimo colore un poco più chiaro. Le remiganti di colore scuro quasi nero superiormente, inferiormente grigio-cenerine con delle fascie bianche screziate di scuro ; copritrici medie con lo stelo nero ; le barbe esterne scure le interne color castagno, le piccole hanno il bordo più chiaro. Timoniere superiormente scuro nerastro, inferiormente bianco-cenerino trasversalmente fasciato di cenerino, le fasce sono disposte irregolar- mente ora più larga una e più stretta l’altra, l'estremità delle timoniere è cenerina. Piedi gialli, unghie nere. Prima remigante più corta della sesta; terza, quarta e quinta le più lunghe. Dimensioni lungh. tot. braccio 1, soldo 1. Apertura del becco quattrini 3, piccoli 2. Tarso quattrini 5, piccoli 2. Coda soldi 9. Le dimensioni riportate dal Savi sono lungh. tot. brac. 1, soldo 1. Apertura del becco quat. 3, pic. 2. Tarso quat. 6, pic. 2. Coda soldi 8, quat. 2. SINONIMIA SICILIANA Arpegghia di passa, Sicilia — Falcunazzu, Castelbuono. 6. Falco milvus (Lin.) F. corpore lacte fulvo: cauda valde forficata. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 13 Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 35. Benoit, Orn. Sic. p. 9.— Power Itin. p. 900.— Taranto, Disc. inag. p. 85. — Schembri, Qua. geo. orn. p. 2. — Palazzotto, Orn. Sic, Mss.— Niglio pollicinaro, 0 Miglio chiamato forfis- sia. Russo Mss. Il Nibbio reale è comune nelle Madonie in tutte le stagioni, e si avvicina molto ai luoghi abitati, facendo de’ grandì giri osserva dove far preda, ed adocchiatala vi piomba addosso: le galline, e le colombe co’ suoi artigli le trasporta nell’ aere, poco curando nell’ atto della preda Ja vicinanza dell’uomo. Nidifica ne’ boschi, dove fa sentire Ja sua voce, come un lamento di fanciullo; nell’ inverno è molto grasso. SINONIMIA SICILIANA, Nigghiu, Messina — Nigliu, Castrogiovanni, Petralia, Palermo, — Miliunî, Catania, — Vicchiazzu, Nigghiu, Castelbuono — Muschitta Caltagirone. 7. Faleo peregrimus, (Gmel.) F. alis caudam acquantibus : vittis genalibus magnis : dorso bruneo nigrescente, vel coeruleo cinerascente, fasciis transversis saturatioribus notato : pedibus lutescen- tibus : unguibus nigris. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p.40.—Benoit, Orn. Sie. p.10.— Power, Itin. p. 200. — Schembri, Quadro geo. orn. p. 2. — Palazzotto orn. Sic. Mss. — Taranto, Disc. Inag. p. 84. — Falcone pellegrino, Russo Mss. — Falco montanus Sieulus, Cupani, — Falchettus Cupani. Lo sparviere peregrino è molto raro nelle Madonie, e forse di passo accidentale; si trova nella regione nemorosa, giammai scende nel piano: ne sono stati uccisi nel bo- sco di Gonato nella stagione invernale, non ho trovato mai il suo nido, nè ho veduto l'uccello in està. Srinonimia SICILIANA. Albaneddu, Messina, Caltagirone — Falcuni, Siracusa — Falcuni piddirinu, Paler- mo — Falcuni raru Castelbuono. 8. Falco tinnuneulus (Lin.) I. alis cauda quadrante brevioribus : vittis genalibus vix conspicuis : dorso spadi- cco sunicolore, vel nigro-maculato: pedibus luteis: unguibus nigris. Savi, Orn. Tosc. v. 4, p.45.—-Nocito, Topoge p. 34. — Benoit, Orn. Sic. p. 12. — Power, Itin. p. 200. — Schem- bri, Quadro geo. orn. p. 2.— Taranto, Discor. inag. p. 84.— Cristaredda, Russo, Mss. — «ccipiter, Crista- redda vulgo dicta Cupani, — Galvagni, Faura Etnea Mem. 6. Questo. falcone chiamato Gheppio, è il più comune fra noi, abita negli antichi fab- bricati, nelle crepacce delle rupi, nelle salite murali; nidifica ne’ luoghi medesimi, i pulcini si dimesticano facilmente. Nelle antiche fabbriche del castello di Castelbuono ne nidificano in gran quantità unitamente alla Strix flammea, alla Columbia livia, alla Fringilla petronia, allo Sturnus unicolor, alla Sylvia solitaria. 14 CATALOGO SgNoNIMIA SICILIANA. Tistaredda, Cristaredda, Palermo — Cernivientu Castrogiovanni — Cazzaventu Si- racusa, Caltagirone — Cacciaventu, Messina, — Cacciaventulu e Cristaredda, Catania, — Crivedda, Castelbuono, s. Mauro — Ticcia, Cristaredda, Girgenti. 9. Falco vespertinus (Lin.) F. alis caudam subaequantibus : vittis genalibus nullis, vel brevibus: dorso cine- reo unicolore, vel fascis transversis undulatis notato : pedibus croceis, unguibus lu- tescentibus. Savi, Orn. Tosc. v. 4. p. 50. — Schembri, Quadro, geo. orn. — Benoit. Orn. Sic. p. 13. — Galvagni, Fauna Etnea, Mem. 6. — Fa/co erythruros, Rafanesque, Caratteri ec. — Zuccarello, Ricerche ornit. lett. 2, p. 5. Il falco cuculo è il più bello falchetto che noi abbiamo, è di passo accidentale; nel maggio 1852 molti ne erano in una prateria vicino Castelbuono, e vi dimorarono più di otto giorni, poi continuarono il loro destino, non ne ho mai veduto negli altri anni. Il sig. D. Antonio Guerrieri che possiede alquanti disegni di uccelli delle Ma- donie ne fece disegnare e colorire un maschio ed una femmina, che sono veramente belli ; tra quelli che si uccisero in Castelbuono ve ne érano di varie livree, e di dif- ferenti età. SINONIMIA SICILIANA. Falcu palumbu, Palermo — Albaneddu a causi russi, Messina, — Cucecareddu, Ca- tania, — Falcuni frusteri o di passa, Castelbuono. 10. Falco misus, (Lin.) T. corpore superne cinereo-coerulescente, abdomine albido trusversim spadiceo-fusco striato (adultus): vel superne brunneo-griseo, abdomine brunneo striato (juvenis), tar- sis gracilibus : alis duas trientes caudae aequantibus : statura Picae. Savi, Ornit. Tosc. v. 1, p. 57. — Galvagni, Fauna Eln. Mem. 6.— Benoit, Orn. Sic. p. 14. — Power, Itin. p. 200. — Taranlo, Disc. inag. p. 84.—Schembri, Quadro, geo. orn. p. 2. — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Spri- veri, Russo Mss. — Ldccipiter fringillarius, Nocito, Top. p. 33. — FaZchettu, Gupani, Mss. Lo sparviere è comunissimo nell’autunno nelle basse regioni delle Madonie parti- colarmente nei piani, e nelle valli delle falde , vi dimora l'inverno e parte allo ap- prossimarsi la primavera. Fa preda di uccelli pretaioli, è molto veloce nel volo ed insegue il tordo, il merlo, ed anche il colombo; più volte mi è accaduto vedere, fal- lendogli il colpo, urtare per terra, far due o tre capitomboli, rimanere come stordito ‘ colle ali aperte ed i suoi grand’ occhi scintillanti , e poi riprendere il volo: questo uccello tramanda un odore particolare : il sig. Guerrieri ha il maschio e la femmina ben disegnati, e coloriti. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 15 SIxonIMIA SICILIANA. Spriveri, Palermo, Catania, Caltagirone, — Spraveriî, Messina — Falchettu, Castro- giovanni, — Farchiettu Castelbuono. 11. Falco cyameus, (Montag.) F. rectricibus et scapularibus cinereis : cauda cinerea vel albido fasciata (mas. adult.) rectricibus, et scapularibus brunneis fulvo maculatis : cauda fascis latis lutescentibus et brunneis notata (foem. et mas, juven.): alis cauda quadrante brevioribus : remigi- bus 3, et 4 subaequantibus. - Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 63. — Benoit, Orn. Sic. p. 16. — Power Itin. p. 200. — Schembri, Quadro geo. orn. p. 3. — Palazzotto Orn. Sic. Mss.— A4/barello, uccello perdi-jurnata? Russo Mss. — Albanellus crugingefuscus Cupani, (femina). — Accipiter, cristaredda femminara, vulgo dicta, Cupani, (maschio). L’ Albanello reale è molto raro, è di passo accidentale, un maschio fu ucciso al Finale nel marzo 1851, non l’ho trovato in altri luoghi. SinoniMIa SICILIANA. Albaneddu jancu, Messina — Albaneddu , Cristaredda fimminara, Palermo — Fal- cuni biancu, Castelbuono. 12. Faleo cineraceus (Montag.) F. reetricibus, et scapularibus cinereis: cauda cinerea, vel cinerea albo fasciata (mas. adult.) rectricibus, et scapularibus brunneis, fulvo vel helvolo maculatis : cau- da fasciis latis lulescentibus et brunneis notata (foem. et mas. juv.):alis caudae ae- qualibus : regime tertia longiore. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 65. — Benoit, Orn. Sic. p. 16. — Schembri, Quadro geo. orn. p. 3. — Zuccarello, Ricer, orn. lett. 2, p. 4. L’Albanella piccola è molto rara, di passo accidentale, l'individuo che posseggo è nna femina molto vecchia con varie fratture consolidate ne’ femori ne’ cubiti e nei radii, differisce dalla descrizione degli Ornitologi. Parti superiori, ali, spallacci scuro nerastre, l'orlo appena più chiaro, una mac- chia bianca sulla nuca, fronte, fascia sopraciliare, penne della palpebra inferiore e gola biancastre, redini scure, regione auricolare scuro rossastra, cerchio ceciato, mar- gine delle penne sopra la fascia sopraciliare lionato, verlice scuro rossastro con mar- gine ceciato, sopracoda bianco, l’estremità delle penne senza barbe; vi sono i soli steli, petto ceciato con lo stelo cenerino e gli orli biancastri, addome bianco senza macchie, fianchi colore isabella collo stelo cenerino. Cuopritrici superiori dell’ali scuro rossastre con l’estremità appena più chiare, inferiori bianche con una macchia longitudinale scura, o cenerina. Remiganti scuro rossastre con lo stelo cenerino, e le fasce trasversali scure, scapolari unicolori scuro rossastre, le due timoniere medie sono del colore del dorso, 16 CATALOGO l’esterne cenerino rossicce , basi bianche tutte traversate da quattro fasce nerastre eccetto le due remiganti esterne che divengono quasi lionate , calzoni bianchi con leggiera sfumatura ceciata senza macchie, piedi gialli, unghie nere. Uccisa in marzo, non ne ho trovato in altre stagioni. Il sig. Scigliani parla di questo uccello col nome di Albanella reale, nome che appartiensi alla specie precedente, e lo Zuccarello riporta la lettera dello Scigliani parlando di questa specie cui appartiene la varietà che descrive. SINONIMIA SICILIANA. Albaneddu raru, Messina. — Farcuni, Castelbuono — 7'ignusu, Catania. GenerE STRIX Linneo. 13. Strix otus (Lin.) S. pennis auricolaeformibus : abdomine helvolo, maculis longitudinalibus nigris, transversis angustioribus : digitis pennatis : statura Cornicis. Savi, Orn. Tosc. v. 6, p. 70. — Benoit, Orn. Sic. p. 18. — Power, Itin. p. 200. — Schembri, Quadro geog. orn. p. 3.— Palazzotto, Orn. Sic. Mss. — Taranto, Disc. inag. p. 84.— Jacobus jaculatus, Joston, — Cupani, Galvagni. Fau. Etn. M. 6. L’ Allocco abita Ja regione nemorosa e del castagno, il giorno è occultato nelle crepacce delle rupi, ne’ folti macchioni, nidifica ne’ luoghi medesimi, trovasi fra noi in tutte le stagioni. i SinONIMIA SICILIANA. Gufu, Castrogiovanni, — Fuganu, Caltagirone, Palermo, — Faguana, Castelbuono, — Cucca, Catania, e Jacobu, secondo il Galvagni. 14. Strîx braehyotus, (Lin.) S. pennis auriculaeformis brevibus : abdomine helvolo , maculis longitudinalibus nigris : digitis pennatis, Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 12. — Benoit, Orn. Sic. p. 12.— Power, Ilin. p. 200. — Schembri, Quadro geogr. orn. p. 3. — Alucus alius pallidus, orva vulgo, Cupani, — Strix ulula, Scinà, Topog. -- Orba, Russo, Mss. Orsa, Cupani, Mss. p. 78. L’allocco di pedale è meno comune della precedente, nelle valli ed in vicinanza de’ fiumi delle basse regioni selvose nidifica vicino le cartiere e nel bosco di Ca- stelbuono. Sinonimia SICILIANA. Leu, Fiume di Nisi, — Orva, Palermo, — Varvasanni, Castelbuono. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 17 15. Strix scops, (Lin.) S. pennis auriculaeformibus mediocribus : abdomine albo subfulvo, striis nigris longitudinalibus, transversisque coneoloribus tenuissimis, punctisque minutissimis ci- nereis notato : digitis nudis. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 73. — Nocito, Topogr. p. 35.-- Galvagni, Fau. Etn. M. 6.— Benoit, Orn. Sic. p.20 — Power Itin. p. 900. — Scinà, Topog. annot. -- Calcara. St. Nat, di Nicosia, p. 20.-- Schembri, Qua. geo. orn. p. 3. — Palazzotto, Orn. Sic, Mss. — Taranto, Disc. inag. p. 84. -- Jacobo Russo Mss. — Yacodu, Cupani, Mss. p. 72. L’ Assiolo è un uccello di passo, viene verso il quindici marzo, nidifica nelle basse regioni delle Madonie, e parte in autunno. Nella primavera e nella estate fa sentire per tutta ‘la notte il suo monotono canto 3 si ciba ordinariamente di piccoli coleottori, i pulcini difficilmente vivono in ischiavitàù. Nel tempo della cova il chiurlare dei ma- schi è più continuato. Sinonima SiciLiana. — Scupiu, Cucca di rosca, Messina, — Cucca di ruccaru, Sira- cusa — Jacobbu, Palermo, Girgenti, — Ghiù, Chiovu, Chiuzzu, Catania, — Chiò, Ja- cobu, Castelbuono, — Chiù, Caltagirone — Chioli, Nicosia. 16. Strix moctua, (Retz.) S. pennis dorsalibus cinereo lutescentibus maculis albis rotundis notatis; iride lu- tea : cauda truncata, digitis apice subnudatis. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 76, vol. 2, p. 20.— Stri.c passerina, Benoit, Orn. Sie. p. 20, — Calcara, St. Natur. di Nicosia P. 29. -- Power, Itin. p. 200. — Tarante, Disc. Inawg. p.84— Galvagni, Fau. Etn. M. 6. -- Schem- bri, Quadro geo. orn. p. 3.— Palazzotto orn. Sic. Mss. -- Cucha, Russo Mss. — Cucca, Cupani, Mss. p. 31. x La civetta è molto comune nelle campagne e credo che sia sedentaria; trovasi nella regione nemorosa ed anco ne’ luoghi abitati; nidifica ne’ luoghi medesimi, i pulcini si allevano facilmente per servire di zimbello. Sinonimia StciLianA. — Cucca, in tutta Sicilia. 17. Strix alueo (Lin.) S. dorso cinereo, fasciis latis longitudinalibus, transversisque angustis, undulatis: cauda rotundata: iride nigra. Savi, Orn Tose. v. 1, p. 80. — Benoit, Orn. Sic. p. 21. — Power, Itin. p. 200. — Schembri, Quadro geo. orn. p. 3. — Taranto, Discor. inaug. p. 84.— Galvagni, Fau. Etn. M. 6.— Pugar®, Cupani, Mss. p. 116. — Wlu/a mustelina fusco striata, vulgo Fuganu, Cupani. il gufo selvatico è la specie più rara di questo genere, presceglie la regione ne- moresa per sua dimora, nidifica ne’ buchi degli alberi, e qualche volta nelle grotte. 3 18 a CATALOGO SINONIMIA SICILIANA: — Aloccu, Catania, — Cucca di passa, Messina — Faunu, Ca- tania, — Fuganu, Palermo, Caltagirone, Siracusa, — Fugnanu, Castelbuono. 18. Strix fiilamamea (Lin.) S. dorso helvolo-lutescente hine inde minutissime cinerea-striata , maculisque exi- guis albis, et nigris notato : iride nigra. Savi, Orn. Tosc. v. 6, p. 82. — Benoit, Orn. Sic. p. 18. — Power, Itin. p. 200. — Galvagni. Fau. Etn. M. 6. Schembri, Quadro geog. orn. p. 3.— Taranto, Disc. inag. p. 84.— Scinà, Topog. ann. p. 82. — Palazzotto; Orn. Sic. Mss. — Calcara, St. Nat. di Nicosia p. 20. -- Barbagianni di color bianco adiorato pinto. Russo, Mss. -- Bubo Siculus, scilicet aure cinere maculatus, Cupani. Il barbagianni è uccello comune negli antichi castelli , ne’ tetti delle chiese, negli alti campanili, per il ché forse prese il nome di civetta delle chiese; allo imbrunir della sera esce dal suo nascondiglio , e va a posarsi su i tetti e su i campanili, e di là fa sentire il suo monotono canto, se tale può chiamarsi, perchè rassomiglia al rus- sare di un uomo dormente. Nidifica ne’ medesimi luoghi dove abita, è sedentario, i pulcini si dimesticano facilmente e prendono grande amicizia coi cani. Sinonimia SrciLiana. — Striula Barbagianni, Messina, — Fuganu, Palermo — Rusci, Nicosia, — Piula, Catania — Varvajanni, Castrogiovanni, Girgenti, Palermo — Fuganu, Castelbuono. * Posseggo un uccello di questo gerere, ma non appartiene ad alcuna delle specie descritte dagli ornitologi, forse è una varietà o una nuova specie, finchè non ne trovo altro individuo non voglio dare il mio giudizio, nè tampoco la descrizione. ORDINE SECONDO — UCCELLI SILVANI — _090—__— Genere LANIUS, Linneo. 19. Lamius rusus, (Briss.) L. fronte nigra: vertici, occipite, cervice fulvo castaneis (adult.): scapularibus, rectricibus parvis, et tectricibus supercaudalibus albis, maculisque brunneis, semilu- naribus nutatis (juven.). Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 98.— Nocito, Topoge p. 34. = Benoit, Orn. Sic. p. 14. — Power, Itin. p. 200. — Schembri, Quadro, geo. orn. p. 4.— Testa grossa ordinaria russa, cioè polina la testa, Russo, Mss. — Testa grossa, Cupani, Mss. p. 113, 136. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 19 L’ Averla capirossa è comune in tutte le campagne situate nelle falde delle Madonie; viene in primavera; nidifica sugli alberi, costruisce il nido di piante del G. Filago. Si posa ordinariamente sulle cime degli alberi prossimi alle praterie, da dove fa sen- tire la sua voce. Sinonima Siciliana. — esta grossa, Palermo, Castrogiovanni, — 7istazza Pappa- jaddiscu (giovine) Messina — Juliaru, Catania, — Partarrasu , Castelbuono, — Cuttu- nara, Collesano, — Testa russa di maggiu, Girgenti. 20. Lamius collurio, (Lin.). L. pileo , cervice, uropygio cinereis : dorso scapularibusque castaneo-lutescentibus (in masculo adult.) : corpore superne griseo-castaneo, trensversim brunneo striato (in foemina et juven.) i Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 100. — Benoit, Orn. Sic. p. 16.—Power Itin. p. 204. — Schembri, Quadro geo. orn. p. 3. — Palazzotto Orn. Sic. Mss.— Testa grossa gurgana, Russo Mss.— Testa grossa, o murgana, Lanius ty- rannus ? Scinà, Topogr. L’Averla piccola è meno comune della precedente, abita nella regione nemorosa, o nelle contrade prossime ai boschi, cioè Montaspro, bosco di Castelbuono, Gonato, Ferro, Pomieri. Viene in aprile, nidifica sugli alberi, e parte dopo il 15 settembre. Sinonimia SiciLiana.— Tistazza nica, Messina — Futiearu , Catania, — Partarrasu di voseu, Castelbuono, — Testagrossa, (adulto) Morgane, (giovine) secondo Palazzotto in Palermo. GenerE CORACIAS Linweo. 21. Coracias garrula, (Lin.) C. capite, collo, abdomine tectricibus majoribus glaucis ; dorso , scopularibusque spadiceis, remigibus inferne azureis. Savi, Ornit. Tosc. v. 1, p. 504. — Galvagni, Fauna Etn. Mem. 6.— Benoit, Orn. Sic. p. 25. — Palazzotto, Orn. Sic. Mss.— Power, Itin. p. 201.— Calcara, Storia Naturale di Ustica , p. 59. — Schembri, Quadro geo. orn. p.4.— Taranto, Disc. inag. p. 84. — Giai, o Carragiai, Russo Mss. — Carragiaju, Cupani, Mss. p. 72. Pica marina, Castaneo marini, et cranei colori, Cupani. La Gazza marina è un uccello di passo periodico; viene in aprile e parte in set- tembre; è raro nelle basse regioni delle Madonie, più comune nelle Petralie; non l'ho veduto mai nella regione nemorosa. I pulcini si domesticano facilmente. Il sig. Guer- rieri ha un bel disegno colorato del maschio. Sivonimia Srcitiana.— Carragià, Messina, Siracusa, Caltagirone, — Carragiaju, e Carragiai, Catania, Palermo, — Giaju, Castrogiovanni, Petralia, e Palermo, secondo Palazzotto — Scornagiaiu, Uastelbuono — Cornagiaju, Collesano, — Aviv, Cefalù. 20 CATALOGO GENERE CORVUS Linneo. 22. Corvus corax, (Lin.) C. atro-violaceus : rostro capitis longitudinem excedente, fornicato, apice subadunco: cauda cuneata : remige secunda sextam superante. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 112— Galvagni, Top. Etn. Mem. 6. — Benoit, Orn. Sic. p. 26. — Power, Itin. p. 201. Calcara, Storia Nalurala di Ustica p. 59 — Schembri, Quadro geogr. orn. p. 4. — Palazzotto, Orn. Sic. Mss. Taranto, Disc. inaug. p. 84. — Corbo, Russo, Mss. — Corvo, Cupani Mss. p. 49. Il Corvo imperiale è molto comune, non emigra, nidifica nelle rupi inaccessibili e qualche volta sugli alberi di alta cima, si domestica facilmente, non teme la vici- nanza dell’uomo, è molto vigilante, si nutrisce di cadaveri di animali e di frutta, è onnivoro ; tra tutti gli uccelli il Corvo imperiale è il vero cosmopolita, uccello se. dentario che abita in tutti i climi, tanto nell’ Africa nell’ Asia, che nelle parti più settentrionali dell’ Europa, si trova nella Norvegia, nella Lapponia , e sin vicino il polo; ed è cosa ben curiosa, mentre la maggior parte degli animali, che vivono in queste regioni gelate nell’ inverno cambiano di colore , e tanto i peli che le penne divengono bianche, il Corvo resta sempre nero, ed il volgo giustamente dice , che restò nero per prendersi l’altrui pensiero, perchè non cambia di colore: anche gli ale bini in questa specie sono rarissimi, ed il volgo stesso dice : è raru comu un corvu biancu. Sinonimia Siciliana. — Cuorvu e Corvu in tutta Sicilia. 23. Corvus ecornix, (Lin.) C. dorso abdomineque cinereo - cauda, alis, capite, colli antica parte atro-violaceis: rostro apice subadunco : remige sexta secundam superante. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 115. — Power, Itin. della Sic. p. 20f. — Schembri, Quadro geogr. otn. jp. 5. — Taranto, Dise. inaug. p. 84 — Corrix cinerea, vulgo Cornacchia, Cupani, — Corracchia cinnirusa niura con penne pavonazze, Russo, Mss. — Cornsa cinereo, Nocito, Top. p. 34 — Cornacchia, Cupani, Mss. p. 42. La Cornacchia bigia è meno comune della precedente specie, vive a coppia o a piccoli branchi; nell'inverno abita nelle praterie aperte ed umide, nella calda sta- gione vicino i torrenti ed i fiumi. Se ne vedono in tutti i mesi, ma in primavera è più frequente, probabilmente alcuni sono di passo in tale stagione. Sivonima SiciLrana. — Cuorvu jancu, Messina — Corvu marinu, Castelbuono, Castro- giovanni — Ciavula maltisa , Catania, — Guarnaccia , Petralia, — Cruvacchiu, Calta- girone, — Ciaula grigia, Girgenti. 2 24. Corvus frugilegus (Lin.) C. Atroviolaceus : rostro conico capite sublongiore, versus apicem compresso, acu- DEGL! UCCELLI DELLE MADONIE 21 minato non adunco: cauda rotundata , remige secunda sextam superantem. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 117. — Benoit, Orn. Sic. p. 27. — Schembri, Quadro geo. orn. Il Corvo nero è di passo accidentale nelle Madonie, uno ne fu ucciso in novembre 1846 e sembrava smarrito da’ suoi compagni perchè su di un albero dove era po- sato non temeva affatto la vicinanza dell’uomo. Sinonimia SiciLiana. — Curvacchiu, Catania, — Corvu di sinteri, Messina — Corvu di passa, Sicilia. 25. Corvus momedula, (Lin,) C. corpore atrocinereo, pileo, alis, caudaque atroviolaceis, remige secunda quintam aequante. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 121.— Galvagni, Fauna Etnea, Mem. 6. — Benoit, Ornit. Sic. p. 28. = Power, Iti- ner. p. 201. — Taranto, Disc. inaug. p. 84. — Sechembri, Quad. geo. orn. p. 5, — Ciaula ordinaria, Russo, Mss. La Taccola è molto comune nella regione selvosa e scoperta, abita nelle rupi e nelle balze, vive in branchi numerosi, nell’ inverno scende nelle falde, nidifica nelle rupi: In luglio ed agosto se ne vedono branchi numerosissimi nella valle della Juntera e di Atrigni. Si domestica facilmente anche adulto, cibandosi di frutti e di semi ed anche di carne cotta, nello stato di schiavitù prende diletto a lavarsi spesso le penne. Sinonima SiciLiana. — Ciaula, Messina, Castrogiovanni, Catania, — Ciaula, Castel- buono, Caltagirone. 26. Corvus glandarius, (Lin.) C. tectricibiis superioribus externis coeruleis, nigro striatis. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 122. -- Nocito, Tup. p. 33, -- Galvagni, Fauna Etnea, mem. 6, -- Power, Itin. della Sic. p. 201, — Benoit, Orn. Sic. p. 28, — Scinà, Topog di Palermo, -- Schembri, Quadro, geo. omit. p. 3, — Taranto, Disc. inaug, p. 84, -- Palazzotto, Orn. Sic. Mss,-- Giaz dî bosco, Russo. Mss.-- Giaju, Cupani, Mss, p. 30, 4121, -- Pica glandaria altera transitoria, seu crugineo violaceo, colore picta, Cupani, ri- portato come sinonimo da Benoit. La Ghiandaja è comunissima ne’ castagneti ed in tutte le campagne attorno delle Madonie, è più comune in està che in inverno, nelle Petralie è rarissimo. Si ciba di frutta di grano di semi d’insetti, nidifica sugli alberi, i pulcini si domesticano fa- cilmente ma non vivono lungamente. Sinonima Sicitiana, — Carragiau, Palermo (Scinà) — Tiruni, Messina, — Gicju, Castelbuono, Palermo, — Pica, Cefalù — Giai, Catania, — Raja, Caltagirone — Corvu carragiau Girgenti. 22 CATALOGO 27. Corvus pica, (Lin.) C. pennis abdominalibus, et scapularibus albo-niveis, ceterum atro-viridis, vel atro violaceis, Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 124. -- Galvagni, Fauna Etnea Mem. 6, -- Calcara, Storia Naturale di Nicosia, p.20, Benoit, Orn. Sic. p. 28 — Power, Itin. p, 201 — Taranto, Disc. inang. p. 84-- Schembri, Quadro goo. ornit. p. 5-- Palazzotto, Ornit. Sic. Mss. -- Carcarazza, Russo, Mss . La Gazzera è la meno comune di questo genere, rarissima in Castelbuono, comune nel lato meridionale di Petralia dove nidifica costruendo il nido sugli alberi, è se- dentaria, i pulcini si domesticano facilmente perchè nutrisconsi di tutto. Sinonimia Siciciana. — Carcarazza, Messina, Palermo, Ustica, Catania, Caltagirone, — Carcarazzu, Castelbuono — Pitarra, in altri punti di Slcilia. GENERE PYRRHOCORAX VIEILLOT, 28. Pyrrhocorax graculus, (Tem.) P. rostro arcuato capite longiore. Savi, Orn. Tosc. v. 1. p. 130. — Corvus graculus, Palazzotto, Ornit. Sic, Mss, -- Ciaula tunisina, Russo, Mss. Il Gracchio forestiero è comunissimo nelle alte regioni, presceglie per sua dimora i balzi e le rupi, molti ve ne sono nelle salite murali vicino Isnello e nella valle della Juntera, nidifica ne’ luoghi medesimi, vola a branchi numerosi, è molto leggia- dro ne’ movimenti; quando è posato spesso fa sentire una voce acuta, e fa vicino la sua compagna i semi-giri come i colombi; spesso scendono nelle valli e ne’ piani ed il loro volo è come quello degli Storni. — Sinonimia SiciLiana. — Ciavula cu lu pettu russu, Castelbuono, — Ciavula tunisina, Palermo. GENERE SITTA Linneo. 29. Sitta Europaeae, (Lin.) S. corpore superne coeruleo-cinerascente , inferne helvolo, urepygio fulvo castaneo, et albo. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 135. -- Benoit, Ornit. Sic. p. 30--Power, Itin. p. 201 --Schembri, Quadro geo. ornit. p. 6-- Ficedula cinerea recto rostre seu nostralis, Cupani. "ritenete ——ttet. tetti rn DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 23 Il Muratore è comune ne’ nostri boschi di querce particolarmente in quello di Castelbuono, Culia, Montaspro : continuamente è in moto arrampicandosi sopra i tron- chi, ed i rami delle querce visitando tutte le crepacce per beccarne gl’insetti, spesso fa sentire una breve ed acuta voce, nell’ està se ne prendono molti colle paniuzze nelle acque dei boschi. Sinonimia SiciLiana, — Brancicaloru, Messina. — Pizzula zucchi, Catania, — Piz- zulia zucchi, Castelbuono. GenerE PICUS, Linneo. 30. Pieus major, (Lin.) P. vertice nigro : dorso niîgro : pennis analibus rubris. Savi, Ornit. Tosc. v. 1, p, 142 -- Galyagni Fauna Etnea M, 6-- Benoit, Ornit. Sic. p, 32 -- Power, Itin. p. 201 -- Scinà, Top. di Palermo -- Schembri, Quadro geog. ornit. p, ò -- Lingua Zonga di Turdi? Cupani, Mss, p. 75, 90, Il Picchio rosso maggiore abita ne’ boschi di querce, mentre non ne ho veduto nei faggeti, nell’ inverno scende nel piano sino dentro i verzieri di Castelbuono, ni- difica nelle buche degli alberi, non vive nella gabbia, si nutre d’insetti, e da lungi si sente il suo martellare ne’ tronchi per farne uscire gl’insetti, o per fare dei bu- chi per andarli a sorprendere nelle loro invincibili gallerie. Sivonrmia SICILIANA. — Lingua longa, Palermo, — Lingua longa di turdi, Catania, — Serra chiavi, Polizzi, Pizzulia zucchi russu, Castelbuono. GenERE YUNX Linneo. 31. Yunx torquilla, (Lin.) Y. corpore cinereo, nigro maculato. Savi, Ornit, Tosc, v. 1, p. 146 -- Galvagni, Fauna Etnea M. 6-- Benoit, Ornib, Sic. p. 33 -- Power, Itin. p. 201, -- Scinà, Topog. annot. -- Schembri, Quadro, geog, ornit. p, 6»- Palazzotto, Ornit. Sic, Mss. Ta- ranto, Disc. inaug. p, 88-- Motacilla torquilla, Nocito, Top. p. 35 -- Lina cinereo-fusco vulgo lingua longa di turdi, Cupani, -- Lingua longa di turdi, o furmicara, Russo Mss. -- Lingua longa furmiculara, Gupani, Mss. p. 90, 137, 75. Le tre specie descritte da Cupani, 10 Picus major, 2° Picus medius, 3° Picus va- rius (minor vertici rubei coloris. Tab. 534, e Picus minor albo nigroque varius vertice rubro, crisso testaceo, lingua longa cu lu pinnaccheddu russu e testa russa, sono state considerate dal Palazzotto come livree delle varie età e nelle diverse sta- gioni della Yunx torquilla. Il Chiarelli (Mss.) crede che la terza specie si deve rife- rire al Picus minor Lin. 2 CATALOGO Il Torcicollo è di passo alquanto raro; in marzo ed aprile se ne vede qualche- duno nelle falde delle Nebrodi vicino Castelbuono, non nidifica fra noi. Sinonima Siciiana. — Furmivularu, Messina, — Furmicularu cinnirisu, cuoddu tuor= tu, Catania, — Furmiculuoru, Castelbuono, — Lingua longa, Palermo, — Furmiculuni, Girgenti, — Furmicariu, Caltagirone, — Carpinteri, in altri punti dell’ isola. GenERE, CUCULUS, Linneo. 32. Cueulus canorus, (Lin.) &. abdomine albido, transversim striis nigrescentibus notato. Savi, Ornit- Tosc. v. 4, p- 140, -- Benoit, Ornit, Sic. p. 34, -- Power, Itin. p. 201, -- Schembri, Quadro geo. ornit. p. 6, -- Palazzotto, Ornit. Sic, Mss. -- Cueho di passa, Russo, Mss. -- Cuculus transitorius bar- beris, Cupani -- Cueulus africanus fusce dilutus.,. alis concotoribus ad multarum plumarum extremum candido guttata, ec. Cupani, Mss. p. 80, il Palazzotto crede, che sia il giovine di un anno, -- Cucca di passa, Gupani, Mss. p. 48, 80. HI Cuculo viene in primavera, abita nelle foreste, in aprile e maggio fa sentire per tutto il giorno il suo monotono cu-cu, cu-cuj, parte in settembre, l’ho trovato in tutte le_livree; il sig. Guerrieri ha un individuo dell’ anno superbamente figurato. Sinonimia Siciliana, — Cucù turturaru, Messina — Cuccu di passa, Palermo, Sira- cusa, Catania, — Cuccu bieddu Catania, — Cuccu di maju, Castelbuono, — Cupparu Fiume di Nisi. GenERE, CAPRIMULGUS, Linneo. 33. Caprimulgus curopaeus, (Lin.) €. pileo, vertice, dorso, uniformiter cinereo nigroque variegatis. Savi, Ornit. Tosc, v. 1, p. 158, -- Benoit, Ornit- Sic. p. 36, -- Palazzotto Ornit, Sic. Mss. -- Power, Iliner, p- 201, -- Scinà, Topog. annot. -- Schembri, Quadro geo. ornit. p, 6, -- Taranto, Disc. Inaug. p, 85, -- No- cito, Topog- p. 34, -- Galvagni, Fauna, Etn. M. 6, -- Ingarzafoddi, Cupani, Mss. p, 104, Stultus pallers, Cupani. Il Nottolone viene in aprile, ed emigra in settembre, abita nelle contrade basse al- berate e cespugliose, all’ imbrunir della sera l’ho veduto taciturno vagare per ogni dove in una prateria al nord di Castelbuono in cerca d’ insetti, non ho inteso mai il suo canto, nidifica fra noi. Sinonimia SiciLiana. — Curdaru, Messìina, Castelbuono, Collesano, Catania, Castro - giovanni, — Gaddu foddi, Catania, — Tudù, Polizzi, — ‘Nganna foddi, Palermo, Cal- tagirone, Girgenti. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 25 Genere HIRUNDGO, Linxeo. 4. Iirundo rustica, (Lin.) i (4) H. dorso, uropygio, caudaque nigro-violaceis, cauda albo maculata. Savi, Orn. Tosc. v. 6, p. 162. Nocito, Topog. di Pal. — Galyagni. Fau. Etn. M. 6 — Benoit, Orn. Sic. p. 37. — Power, llin. p. 201. — Scinà, Topogr. di Pal. — Calcara, St. Nat. di Ustica p. 60. Descr. di Lampedusa p. 30.--Schembri, Quadro geog. orn. p. 6.— Palazzotto, ©Ornit. Sic. Mss. — Taranto, Disc. inaug. p. 85. Rinnina di color nigro pagonazzo, Russo, Mss. La Rondine domestica è rara nelle Madonie, qualche coppia nidifica sotto i tetti delle chiese, in alcuni anni non se ne vedono affatto, è più comune in Palermo. Sinonimia Siciliana. — Rinnina di casa, Castrogiovanni — Rinnina, Palermo, Messina Caltagirone, Girgenti, — Martidduzzu, Catania, Castelbuono. 35. Hirund9o urbica, (Lin.) H. dorso caudaque nigro-violaceis : uropygio albo. Savi, Ornit. Tosc. v. 1, p. 464.— Benoit, Ornit. Sic. p. 38. — Power, Itin. p. 201, — Taranto, Disc. inaug. p, $5.-- Schembri, Quadro, geo. orn. p. 6.— Palazzotto,, Ornit. Sic. Mss_-- Martilluzzo di Rinnina, Russo, Mss. — Rinnina a groppone bianco, e piedi irsuti, Cupani, Mss. -- Hiruudo pectore, et uropygio atbis, pe- dibusque hirsutis, Cupani, Pamphiton. Il Balestruccio è comunissimo in està; viene in primavera , nidifica nelle fabbri- che delle cartiere in Geraci, nella casa di Porrivecchi in Sottana, in molti dirupi e balzi vicino Isnello e Collesano; alcuni partono nell’ autunno , altri svernano fra noi ed abitano nelle contrade basse, ed allora sono riuuiti a branchi a Marca- tagliastro, Fiumara de’ mulini, luoghi più caldi. In aprile 1845, per più giorni si videro in Castelbuono in maggior numero, cosa mai osservata. Sinonimia Siciliana. — Martidduzzu, Palermo, Castrogiovanni, Castelbuono — Bar- bottula, Messina, — Curidda janca, Siracusa, — Rinninedda, — Petralia — Cudidda bianca, Caltagirone, — Rinninedda, Catania, — Munachedda, Castelbuono. 36. Hirundo rupestris, (Lin.) H. dorso, uropygio, cauda griseo-cinereis : cauda albo maculata, Savi, Ornit. Tosc- v. 1, p. 142 -- Galvagni, Fauna Etnea M, 6-- Benoit, Ornit. Sic. p. 39 -- Schembri, Quadro geog. ornit. p, 6 -- Hirundo montana, Palazzolo, Ornit. Sic. Mss. -- Hirundo sylsestris, Jonston, Cu- pani, Î La Rondine montana è di passo:in febbraro 1839 un branco passò di buon mat- tino vicino Castelbuono, nidifica nelle rupi, in quantità se ne trovano nidificare a Passo scuro unitamente al rondone al balestruccio ed alla passera solitaria. In ago- 4 26 CATALOGO sto abbandonano questi luoghi; alcuni -emigrano, altri svernano fra noi nelle contrade più basse, ne ho veduto molte in gennaro e febbraro volare nelle valli del fiume dei Mulini, Dula, Viscogna. In maggio 1842 questa rondine si divertiva a fare de’ grandi semi-cerchi attorno la civetta, ogni volta che si avvicinava lo zimbello vi faceva un attuccio o una riverenza, ma mai si attaccò ai paniuzzi. Sinonimia Siciliana. — Rinnina di rocca, Messina, — Rinnina di malu tempu, Ca- tania, — Rinninedda di Passu scuru, Castelbuono — Rinnina di munti , Palermo. GenEerE CYPSELUS ILLiGER. 37. Cypselus apus, (Illig.) C. abdomine nigro. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 124. -- Cypselus murarius, Benoit, Orn. Sic. p. 40 — Power, Itin. p, 201 — Schem- bri, Quadro geo. ornit. p. 6--Taranto, Disc. inaug. p, 85, -- Nocito, Top. p. 34-- Hirurdo apus. Palazzolo, Orn. Sic. Mss.— Galvagni, Fauna Etnea Mem. 6, -- Apus niger; et minor vulgaris, Cupani. si Il Rondine viene il più tardi tra il 13 e 17 aprile di ogni anno in Castelbuono; sul principio sono pochi e si vedono la mattina all’ alzar del sole e la sera al tra- monto facendo sentire di raro l’ acuta voce; ne’ primi di maggio abitano dentro il paese facendo il nido ne’ tetti delle case, in tal epoca sono numerosissimi e grida- no continuamente, volando rapidamente per le strade. Nidificano anche nelle rupi ed altri paesi delle Madonie, ma in minor quantità. Pria di emigrare si riuniscono, e volano a branchi gridando più del solito, il 22 luglio partono. Il 15 settembre 1839 un branco di circa cinquanta si trattenne per cinque giorni in Castelbuono, uno che se ne uccise aveva il bordo esterno delle remiganti marginato di bianco. Sinonima SiciLiana. — Rinnina, Castelbuono, — Rinninuni, in tutta Sicilia. 38. Cypselus melba, (Vieil.) C. abdomine albo. Savi, Orn. Tosc. v./1, p. 172. -- Benoit, Ornit. Sîc p. 41, — Sechembri, Quadro geo.ornit. p. 6-- Hirurzdo alpinus, Galvagni, Top. Etn. Mem. 6. — Rirninuni cu la gula e pettu vrancu, Cupani, Mss. p. 90. Il Rondone di mare è di passo accidentale, e non ho veduto, che una sola volta un branchetto in settembre 1853, ed il sig. Guerrieri ne conserva un disegno colo- rato esattissimo. Sinonimia Siciliana. — Rinninuni di livanti, Messina, — Rinninuni di rocca, Castro- giovanni, — Rinninuni pettu jancu, Catania, — Rinninuni imperiali, Siracusa, — Rin- ninuni di passa, Castelbuon. GeneRE MEROPS, Linneo. 39. Merops apiaster, (Lin.) M. cervice tergoque castaneis, gulas lutea : pectore abdominogue viridibus. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 27 Savi, Orrit, Tosc, v. 4, p. 146 -- Galvagni, Fauna Etnea M. 6 -- Benoit, Ornit, Sic. p. 44 -- Power, Itin, p. 201, -- Galcara, Storìa Naturale di Ustica p. 60 -- Schembri, Quadro, geogr, ornit. p, 6.-- Taranto, Dise. inaug. p. 86. Zuccarello, Ricerche ornit. lett. 2, p. 5. -- Palazzotto, Ornit. Sic, Mss, Pizza ferru, Russo, Mss, Il Cruccione è di passo periodico nelle Madonie, negli ultimi di aprile vi dimora più di otto giorni e ritorna in settembre ed ottobre nel tempo della vendemmia da cui prende il nome, allora volano a branchi e fan sentire la loro monotona voce molto spesso. Facendo fumo nell’aperta campagna, questi uccelli fanno una voce di appello, sì riuniscono e si abbassano attorno il fumo, allora è facile ucciderli : se uno dei compagni sì leva vivo subito i compagni vi si affollano. SinoniMia SICILIANA, — Retiquagghiu, Messina, — Appisza ferru, pizza ferru, Pa- lermo, Catania, Petralia — Vignignuoli, Apaluori, Castelbuono, — Apaluoru, Mistretta Mazarino — Apajolu, Collesano, Il signor Guerrieri ha due belli disegni colorati del maschio, e della femina, GeneRE ALCEDO Linneo. 40. Aleedo ispida, (Lin.) A. corpore superne viridi, inferne fulvo. Savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 178. — Benoit, Orn. Sic. p. 42.— Power Itin, p. 201. — Schembri, catal. ornit. del “gruppo di Malta p. 38. Quadro geo. ornit, p, 7 — Palazzolo, Ornit. Sic. Mss. — Uccello san Giovanni, Russo, Mss. -- Aceddu san Giuvanni, Cupani Mss. p. 23, 120. -- Avis DiviJoannis, seu azureo colore varie picta lun- go crassoque rostro, Cupani, Tab. 612. L’uccello santa Maria è piuttosto raro fra noi, è sedentario, abita nella fiumara di Isnello, e Castelbuono, di raro in quella de’ Mulini, il volo è retto e basso, non ho veduto mai il nido. Guerrieri ne ha fatto fare un bel disegno. Sinonima SieiLtana. — Martineddu, Messina, — San Martinu , Siracusa, — Aceddu s. Giuvanni. di s, Martinu, di Paradisu, Piscaturi, in Catania — Aceddu celesti, Ca- stelbuono. Genere UPUPA, Linneo. 41. Upupa epops, (Lin) U, crista fulva et nigra, alis caudaque albis et nigris. Savi, Ornit. Tosc. v. 1, p. 104. — Nocito, Tup. p. 35, -- Scinà, Topog, annot. -- Benoit, Ornit. Sic. p. 43.> Palazzotto, Ornit. Sic. Mss. — Schembri, Quadro geogr. ornit. p.7.— Power, Itin. p. 201. — Taranto; Dise. inaug. p. 86 — Pipitone, Russo Mss. — Bubola, da noi Pipituri, Cupani, Mss. p, 47, ia Bubbola viene alla fine di aprile, abita ne’ monti, e nelle colline alberate, e pre, 28 CATALOGO cespugliose, come a s. Fucà, Cava, Ortaggio; nidifica nelle buche degli alberi, parte in autunno. Il sig, Guerrieri ne conserva un bel disegno colorato sul vivo. Sinontmia SiciLiana. — Saluta Pipituni, Polizzi, — Pipituni, in tutta Sicilia. GenerE CERTHIA Linneo. 42, Certhia familiaris, (Lin.) C. corpore superne brunneo-nigriscente ; helwolo maculato. savi, Orn. Tosc. v. 1, p. 149. — Benoit, Ornit. Sic. p. 44. — Power, Itin. p. 201 — Schembri, Quadro geogr. ornit. p. 7. ll Rampichino è comune nel verno nelle falde delle Madonie, è sempre in moto, si rampica con gran destrezza sopra i tronchi degli olivi per liberarli dagli insetti, non è molto diffidente, entra anche ne’ verzieri dentro l’ abitato : nell’està salisce nella regione nemorosa ed è quasi sempre sulle querce : nidifica nelle buche degli alberi. Guerrieri ne ha fatto un bel disegno. Sinonimia Siciliana. — Brancicaloru beccu tortu, Messina, — Pizzulia zucchi pic- ciriddu, Castelbuono. GeneRE ORIOLUS, Linxro. 43. Oriolus galbula, (Lin.) O. corpore luteo et nigro, vel viridiscente et nigro. Savi, Ornit. Tosc. v. 1,p. 190. — Nocito, Topogr. p. 35.-- Scinà, Topogr. di Palermo, — Benoit, Ornit. Sic p. 44.— Power, Itin. della Sic. p. 20f. — Schembri, Quadro geo. ornit. p. 7. — Taranto, Disc. inaug. p. 85. Caijulo, Russo, Mss. — Ajula, Cupani, Mss- p. 105, Il Rigogolo è uno dei più belli uccelli delle Madonie, la gajezza e la grazia dei suoi movimenti, le sue astuzie e la diffidenza, la vivacità de’ colori, i varii modu- lati versetti e l’ imitare spesso il fischio dell’ uomo lo rendono un uccello particola- re. Viene in aprile, nidifica fra noi e con molta maestria lega il suo nido nella bi- folcatura de’ rami, da cui ha preso il nome volgare di Nacaloru: si trova iu tutte le regioni alberate, manca nelle Petralie e nella regione nemorosa. Ama a preferenza nutrirsi di ciriege e di celsi: difficilmente vive in gabbia. Guerrierì ne ha fatto:di- ligentemente disegnare il maschio e la femina. Sinonimia Srciiana. — Crusuleu , Messina, — Ajula, Siracusa, — Ajula, Palermo, Girgenti, — Pinta miracula, Castrogiovanni, — Naviola, Avola, — Auriolu, Palazzolo, Ajula agugghia a lu filu, Catania — Nacaluoru aggruppa filu, Castelbuono, — Seor- ragiau, s. Mauro, — Gabrieli, Alberi, Caltagirone. DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 29 Genere STURNUS, Linneo. 441. Stuenus vulgaris, (Lin.) S. latitudine rostri, ad basim allitudinem superante. Savi, Ornit. Tosc. v. 4, p. 193. — Benoit, Ornit. Sic. p. 45. — Power, Itin. p. 201 — Nocito, Topogr, p. 35, — Schembri, Quadro geogr. ornit, p. 7. — Palazzotto, Orn. Sic. Mss,-- Taranto, Disc, inaug. p. 84, -- Str- reddu, Cupani, Mss. p. 49, 71, — Merru di cannitu o Sturneddu, Cupani, Mss. p. 71 — Stornello, Russo, Mss. Gli Storni cominciano a venire in marzo ed aprile a piccoli branchetti, abitano quasi sempre ne’ paesi, e nidificano negli antichi ed alti fabbricati, se ne trovano in tutti i paesi delle Madonie, ed anche nelle rupi della regione nemorosa. Nel ca- stello di Castelbuono ne venivano ogni anno un gran numero e dopo il tramonto del sole era bello vedere delle file di Storni sugli alti tetti; ora sono già cinque anni non se ne vede più uno, chi può conoscere la cagione di un tale allontanamento? La varietà a/bo-varius Bonap. è comune fra noi, forse è l’abito di amore del ma- schio. SinoniMIa SiciLiana. — Sturneddu, Girgenti, — Sturnu, Messina, Palermo, Caltagiro= ne, — Sturneddu, Catania, Castelbuono, Cefalù. 45. Sturnus unicolor, (Marm.) S. latitudine rostri, ad basim, altitudinem aequante. Savi, Ornit. Tosc. v. 4, p. 112— Benoit, Orn. Sic. p. 46, — Power, Itiner. p. 201. — Taranto, Disco. inaug p. 85. — Schembri, Quad. geo. orn. p. 7, — Palazzotto orn. Sic. Mss. Lo Storno nero è sedentario in Geraci Petralia e Castelbuono, presceglie gli alti fabbricati per sua dimora, nidifica ne’ medesimi luoghi, ed anche nelle foreste: nel 1839 una coppia nidificò dentro un buco nel tronco di una quercia. La mattina e la sera riuniti fan sentire il loro fischio prolungato fermandosi sopra i campanili. Sinonimia SiciLiana. — Strunieddu, Sturnieddu niuru, — Castelbuono, Castrogiovan- ni, Caltagirone Messina. Genere CINCLUS, BECcHSTEIN. 16. Cinelus aquaticus, (Bech.) C. sorpare superne brunneo nigro et cinereo-coerulescente, gula, Jugulo, pectore al= bis, abdomine castaneo (in adulto) a/do (in juvene). Savi, Orn. Tose. v. 1, p. 200.— Benoit, Orn. Sic. p.49. = Power, Itin. p. 201, Schembri, Quadro, gee. or- nit. p. 7, 30 CATALOGO Il Merlo acquajolo è sedentario, abita nei ruscelli e nel fiume vicino le cartiere, a Gonato, Cava ; ne!l’ inverno l'ho veduto nella fiumara de’ Mulini e di Isnello ed an- che in un ruscello alle mura di Castelbuono, ha un volo dritto, non ho inteso mai la sua voce. Sinonimia SiciLIana. — Adduzzu d’acqua, Castelbuono — Merru d’acqua in tutta Si- cilia. GENERE SYLVIA, ScoPoLi I. Sylvia merula, (Savi). S. corpore penitus nigro (in masculo adulto), vel brunneo nigricante (in foemina et Juvene), remige sexta secundam superante. Savi, Orn. Tost. v. 1, p. 203. -- Turdus merula, Benoit, Ornit. Sic. p. 50. — Power, Itin. p. 201.-- Scinà, Topog. di Palermo, — Schembri, Qua. geo. orn. p. 7.— Palazzotto Ornit, Sic. Mss. -- Nocito, Top. p. 35:— Galvagni, Fauna Etnea, Mem. 6. —- Taranto, Disc. inaug. p, 84 -- MerZo, Russo, Mss.— Merru, Cupani, Mss. p. 22. Pseudo Turdus moscatus, Cupani, Pamph, Il Merlo è comunissimo nell’ inverno nelle basse regioni e negli oliveti, nell’ està sale nella regione nemorosa, ama a preferenza i macchieti attorno i ruscelli ed i luo- ghi cespugliosi della regione subnemorosa. Nelle sere di marzo e primi di aprile il Merlo va a posarsi sull’ alta cima di un albero ancora sfrondato e fa sentire il suo melodioso canto, e lo modifica talmente, che non saprei decidere se supera o uguaglia quello dell’ Usignuolo. I nidiacei si domesticano facilmente. I nostri conta- dini conoscono due specie di Merlo, che distinguono con nomi differenti di Mierru di rocca, e Mierru di sciara, or si appartiene alla prima il canto melodioso, mentre il Maschio della seconda fa una specie di fischio modulato : ho veduto questi uccelli ed hanno delle differenze così poco marcate che non saprei distinguerle, mentre ta- luni contadini all'esame della sola testa ne conoscono la differenza; bisogna portarvi un migliore esame. Questa specie va soggetta all’ albinismo, e ne ho veduto in varie gradazioni. Sinonimia SiciLrana.— Merru di sciara, merru niuru , Messina, — Merry, Palermo, Castrogiovanni, — Merru, Castelbuono, Catania, — Smerru, Caltagirone. 48. Sylvia viseivora, (Savi). S. corpore superne griseo-olivaceo-cinereo, tectricibus inferioribus alarum albis. Savi, Orn. Tosc. v.1, p.208.— Turdus viscivorus, Benoit, Ornit. Sic. p. 54 — Power, Itin, p- 201, -- Scinà. Topog. di Palermo -- Schembri, Quadro geo. ornit. p, 8 —- Palazzotto, Orn. Sic, Mss. — Nocito, Top. p. 38 Re di Turdi, Russo, Mss.— Re di li Turdi, Cupani, Mss. p. 77. In tutte le stagioni ho incontrato la T'ordola, credo essere sedentaria, nello inver- | i | i DEGLI UCCELLI DELLE MADONIE 31 no abita negli oliveti, nell’ està ascende ne’ boschi dove nidifica. In giugno ho veduto i giovani dell’anno al pass di la vutti; costruisce il nido sugli alberi, si nutre dei frutti del vischio, per cui questa pianta parassita ha preso il nome di cacazzi di turdi. SInONIMIA SIcILIANA. — Marvizzani, Messina, — Turdulici, Palermo — Re di li turdi, Girgenti, Palermo, — Turdu, Castelbuono. 49, Sylvia musica, (Savi). S. corpore griseo-olivaceo: fascia superciliari vix perspicua: teetricibus inferioribus pallide luteo-ocraseis. Savi, Orn. Tose. v. 4, p. 211. — Turdus musicus, Benoit, Ornit. Sic. p. 53, -- Power Itin. p. 901. — Sechem- bri, Quadro geo. orn. p. 8— Palazzotto, Ornit. Sic, Mss. -- Taranto, Disc. inaug. p. 84. -- Turdo, Russo, Mss,— Turdus erugineo candidi maculis, Cupani, Il Tordo comune viene in settembre, sulle prime abita ne’ boschi, e nelle colline pieni di macchieti, raffreddando la stagione scende ne’ piani, e popola tutti gli oliveti cibandosi del frutto. Il Tordo è così abbondante nelle campagne di Castelbuo- no come il Rondone nell’ està dentro |’ abitato ; alla fine di marzo tutti emigrano. Sinonimia SiciLiana.— Marvizza Messina.—Marvizzu, Catania, Castelbuono, — Mal- vizzu, Caltagirone — 7urdu, Catania, Palermo. 50. Sylvia solitaria, (Savi). S. cauda nigro-coerulescente: corpore plus minus azureo. Savi, Ornit, Tosc, v. 1, p. 217, -- Turdus eyaneus, Power Itin. p. 201, -- Turdus solitarius, Benoit, ,Ornit, geo. ornit. p- 52, --Schembri, Quadro geo. orn. p. 8. — Taranto, Disc. inaug. p. 84 — Turdus solitarius cya- neus, Palazzotto, Ornit. Sic. Mss. — Passaro solitario, Russo, Mss, - - Passaru sulitariu, Cupani, Mss. p, 35, La Passera solitaria è sedentaria nelle Madonie, nell’ inverno abita nel basso, e la noite va ad occultarsi nelle buche delle fabbriche , la mattina posandosi su i cam- panili o gli alti alberi fa sentire il suo fischio che modifica in diverse guise. Nidi- fica a Passo scuro, nel castello di Castelbuono ed in altri siti montuosi ed alpestri. Adoprando la civetta per zimbello è facile prenderle nella pania. Ne ho veduto una con alcune penne bianche in un’ ala. Nelle tavole del sig. Guerrieri si trova figurato un maschio ed una femmina egregiamente. Sinonimia SiciLIANa. Mierru di rocca, Messina, Castrogiovanni — Passaru sulitariu, In Sicilia. 51. Sylvia saxatilis, (Savi). S. cauda fulva: abdomine luteo fulvo unicolore (in masculo) vel striîs transversis nigris notato (in foemina et juvene). 32 CATALOGO Savi, Ornit. Tosc. v. 4, p- 218, -- Turdus sazatilis, Benoit, Ornit. Sic. p. 51, -- Schembri, Quadro geog. ornit. p. 8, -- Lyrci affinis vulgo Cudu russuni, Cupani, — Palazzotto, Ornit. Sic. Mss. — Cuda russuni, Rus- so Mss. Il Codirossone vago uccello è di passo accidentale, uno ne è stato ucciso in pri- mavera, ed altro ne ho veduto a’ Monticelli in tempo d’ està, forse nidificava nella vicina rupe. Nelle tavole del sig, Guerrieri si trova figurato un maschio, ma la mac- chia bianca sulla schiena è interrotta, questo disegno è egregiamente colorato : que- sti disegni sono stati fatti da un giovine dilettante mio amico Rosario Drago che generosamente si prestava e si era così bene esercitato pe’ disegni di oggetti natu- rali che nulla lasciava a desiderare, nel fiore degli anni un acuto morbo prematu- ramente lo rapì agli amici, e la scienza ha perduto molto; si versi una lacrima per questo disgraziato giovine da’ dilettanti di scienze naturali. SINONIMIA SICILIANA. — Merru di passa, Messina, — Sulitariu di rocca, Castrogio- vanni, — Cudurussuni, Palermo. 52. Sylvia cenanthe, (Lath,) S. corpore superne cinereo : gula albo lutescente: remige secunda quinta superante. ' Savi, Orn. Tosc. v. 1, p.221, — Benoit, Ornit. Sic. p. 73 — Power, Itin, p. 202 -- Calcara, Storia Naturale di Ustica , p. 60 -- Schembri, Quadro geog. ornit. p. 8 -- Taranto, Disc. Inaug. p.85 — Motacilla oenanthe, Scinà, Top. -- Palazzotto, Ornit, sic, Mss. -- Galvagni, Fau. Eln. M. 6. -- Cuda vrarca, Cupani, Mss. p. 113, Atbidos major alter cineraceus, Cupani, Pamphiton. _ Il Culbianco viene fra noi in maggio e si ferma nelle praterie delle falde nebro- densi, nell’ està ascende i monti ed in luglio ed agosto si vede nelle campagne di Geraci di Petralia e di Polizzi; è il solo uccello che ho veduto posato sulle alte vette del Pizzo delle case e dell’ Antenna : in settembre scendono nuovamente e volano a branchetti ne’ luoghi medssimi. E stato ucciso un individuo perfettamente albino. Sinonimia SrciLiana. — Cuda bianca, Palermo, — Cudi bianchi, Castelbuono, — Cu- da janca, Castrogiovanni, Siracusa, — Mataccinu, Culu jancu, Messina, — Cuda bian- ca, Culu janeu, Massajola, Catania. 53. Sylvia stapazina. (Lath.) S. corpore superne albo cinerino, vel badio helvolo, regime quinta secuudam supe- rante. Savi, Ornit, Tose. v. 3, p. 206 -- Benoit, Ornit: Sic, p, 73 -- schembri, Quadro geog. ornit. p. 9-- Cauda alba mas. Cnpani, -- Galvagni, Fau. Etn. M. 6.—Zuccarello, Ric. Ornit, Lett, 1, p,3,--Taranto, Disc. inaug» p. 85, -- Motacilla stapazina, Palazzotto, Ornit. Sic, Mss, -- Cuda vranca, Cupani, Mss. p. 113. CI La Monachella non è molto comune, è di passo accidentale, se ne videro diverse nel 1813. Nella raccolta delle tavole di Guerrieri vi é ben figurato un maschio. Que- sto uccello varia molto nella disposizione e gradazione de' colori della testa e del dorso. Sinonima Siciliana. — Mataccinu, cu V ali niuri, Messina — Ali niuri, Castelbuo- no, — Caca sciara? Aciddazzu parrinu, Catania, — Munacheddu, Caltagirone. (Continua) SULLA RISOLUZIONE DEI TRIANGOLI SFERICI I GUI LATI SONO PICCOLISSIMI IN CONFRONTO DEL RAGGIO DELLA SFERA MEMORIA DEL SOCIO ATTIVO EFRANCESTCO CALDARBRERA — 060 { Comunicata dall’ Aut. in giugno 1853). 4. A tutti è noto il prezioso teorema sulla risoluzione dei triangoli sferici pochissimo eurvi enunciato per la prima volta dal celebre Legendre nelle Memorie dell’Accademia delle Scienze di Parigi per l’anno 41787. La dimostrazione data in seguito da quest'autore nella sua Memoria, che precede l opera del Delambre intitolata Metodi analilici per la determinazione d’un arco di meridiano, è abbastanza sodisfacente, ma ella non pone sott'occhio i termini di quart’ordine, e potrebbe essere più semplice e chiara. Poco tempo dopo Lagrange nel 6° quaderno del Giornale della Scuola Politecnica ha dato un’altra dimostrazione dello stesso teorema, la quale partecipa dell'eleganza ed evidenza che distinsuono tutti i prodotti di quell’ insigne geo- metra; egli però non ha considerato che i soli termini di secon- d'ordine, e quando di quei di ordine superiore vorrebbesi tenere conto perderebbe quella dimostrazione un poco della sua semplicità, e richiederebbe l’impiego del metodo delle approssimazioni succes- sive, o di altro equivalente. 2 SULLA RISOLUZIONE Dopo tale epoca gli scrittori non hanno fatto quasi tutti che ri- petere la dimostrazione del Lagrange, e quella riferita dal signor Salneuve nel suo, Corso di Topografia e Geodosia come dovuta al Colonnello Puissant non è, eccetto alcune poche variazioni, che la stessa del Legendre. Buzengeiger nel giornale che pubblicossi in Tubinga dal barone di Lindenau sotto il titolo Zeitschrift fur Astronomie, und ver- wandte Wissenschaften. B. VI, S. 264, ha discusso il teorema di cui è parola ed ha fatto rimarcare che egli è applicabile alle più estese operazioni geodetiche già intraprese; ed il prefato sig. Puis- sant nel suo Trattato di Geodosia (2% ediz. vol. 4, pag. 229 e seg.) non ha trovato che la differenza di 4 centesimi di tesa sul mag- giore lato del grande triangolo misurato in Ispagna da Arago e Biot avente per vertici Iviza, Montgo, Desierto, tra il risultato ottenuto dal considerare tale triangolo come sferico, e dal ridurlo a rettilineo per mezzo del predetto teorema. Il chiar. astronomo Santini nella prefazione alle sue tavole di logaritmi impresse in Padova (2° ediz. pag. 38 e seg.) dietro avere rapportato la dimostrazione del Lagrange ha voluto tenere conlo dei termini di ordine superiore al secondo, trascurati da quel geo- metra, protraendo il calcolo e servendosi di una delle formole del prof. Molweide da lui dimostrate nei suoi eccellenti Elementi d’A- stronomia (2* ediz. vol. 4, pag. 2 e 5) poggiando sul teorema di Taylor e sul metodo del regresso delle serie. La considerazione di essi intanto si rende indispensabile allorchè si vuole rendere com- pleta la dimostrazione , sia per vedere più chiaramente ciò che si trascura, come altresì per conoscere la modificazione di cui abbi- sogna l’ enunciato teorema del Legendre qualora i termini in di- scorso avrebbero un'influenza sensibile nei risultati. fo mi propongo di darne qui una novella ponendo in evidenza la successione di tutti i termini sino al quarto ordine inclusivamente, e procurando che insieme al rigore abbia semplicità ed eleganza. 2. Siano A, B, C, gli angolied a, 6,c, i lati ad essi rispettiva- mente opposti di un triangolo sferico pochissimo curvo descritto sopra una sfera di raggio r- un triangolo simile descritto sopra una | | | | | I DEI TRIANGOLI SFERICI 3 sfera di raggio eguale all’unità avrà gli stessi angoli A, B, €, e per Ma ONT latt => => TROIT: 7 Supposto a, 6, c piccolissimi in rapporto ad r, < r? e gi Sa) c , = SONO ; si ba I delle quantità assai piccole, e posto — = @ possono rappresentarsi con 7 aw,b%,c, la piccolezza loro dipendendo così da @, che si ri- guarda come piccolissima in confronto ad a, 6, c. Ora si sa che per un triangolo sferico appartenente ad una sfera di rascio 4 di cui oli anvoli sono 4, B, C edilati di «, 8,y, havvi (040) (P) [0] d b) la relazione 1 senz (a+9—f)senz (x+f—p) 2 È) 1 senz (x+8-+9) sen 7 (fB+9— 2) quindi pel triangolo da noi considerato si ha sen È (ate — db) X sen 5 @+5—9 ® c 4 tan 3 == 3 sen 3 (a +-+ e) o X sen 504 ec A) ovvero supposto per brevità ape d dpr i a|+bte bp4eT—a _ ara 3 =im 9 ME 9 p 5) i MSOSOROON (1) 2 1 sen 2 © X sen 2 © toni A SERSSES, ad) = sen po X sengo per mezzo della quale si può valutare l'angolo A essendo conosciuti i lati a, 6, c ed il raggio r. Ma poichè © si suppone assai piccola in rapporto ad a, 6,-c vale meglio riguardare l'angolo 4 come una funzione di @ e svilupparlo in serie ordinata secondo le potenze ascendenti intere e positive di quest'ultima quantità, impiegando a tale oggetto il teorema di Stir- ling, con cui si ha: (aA\ (TA ®(#4\& (44) è AL SS pasa A A a + cHe I do']2.3.4 +ecc..... (h), [3 SULLA RISOLUZIONE indicando con 4° ($4). (ae .... il valore di 4 e dei suoi eoef- ficienti differenziali per la supposizione di @=0. 3. Affine di ottenere più facilmente 4°, (0h L ® ni ; i izenioe «ADE svilupperemo in serie i seni contenuti nella formola (2) secondo x Gi x 3 hg ge A quella conosciula sen x = — ed osservando di essere m ©, n ©, p®, g @, delle quantità molto pie- cole ci atterremo a conservare tulti i termini dipendenti dalla prima fino alla quinta potenza di @ inclusivamente; così avremo MI mi oi N° #2 ni ai mollt no| 1 n Do b) x gua 2.3.4. s| i 2.3 3.4. 2.3 an- A= —_ s_ - a 2 ( 2 © p' pf q x? gi oi {i NERI RO so: tate (i DUO la quale espressione dietro avere tolto i fattori comuni al nume- ratore ed al denominatore si può presentare nel modo seguente: 4 4 mn mì di mia ne 0° n' I i ai Si Sa pa dan, 3A= n as lasto 230 2.345) 7° / 2,2 peg \ 1 DIRO) 46 — 1 pae p' ® a A 0,rG \ 2.31 2.3.4) X\ CROLLI DIRTI Sviluppate le potenze —4 degli ultimi due fattori, effettuate le moltiplicazioni indicate, ordinati i termini secondo le potenze di @, trascurando que’ dipendenti dalla sesta e dalle più alle potenze di tale quantità, si avrà nz, VABSEI, saliti ata i+ Ioia 0a 2 a ' + (wa — ap—_an gn png +P9)5333 | , DEI TRIANGOLI SFERICI 5 ed osservando che m° n' — m° pp m' qg'—n'p—n'g'+p'g' puossi tra- sformare in : (m° 4 n' pg) - (m'-+ n' + p'+ g'°), la precedente espressione di tan' È Asi può presentare sotto la forma UO PES: 2 Iulia za 0? 1 2 2 i RO tan' A s2l1 (m4+n—p gt 3lwta p dia — i prin) | 15 2.3.4 4. Per renderla vie più semplice si riprendano le relazioni (4), e si otterrà m—p=(m+p)\m—-p=—(a+t6=—ab— be, n—-qg=(n+g9)\n—-g)=0(a—c)=ab—b0bc, m4+p= j (0+0+c)+ac n4g=1 (@a+60+e)—ac, m— p=(m'+p)(mM—p)=—1(0+0+0)a6+6c) —ac(ab+bc), n—g=n +9) —-g)=}(0+60+)a6—bo) —ac(ab—bc); epperò m_—ptn—g=—2bc, m_p'+n-g=—(a0+04+0)6e—2a' be=— be(3a+68+c). Quindi si avrà per tan' È A l’espressione assai semplice s 1 mon omn A mn pr © tank Ai= IAN pine mano dr VOI 2.3.4 2 2" boe(3a4+0+4c Seco 6 SULLA RISOLUZIONE i 5. Differenziando quest’ equazione per rapporto ad A ed @, ram- mentando che A=/(@),e d tan E AS t [Ain 1 4)-£4 dia dio si otterrà: [tan 1 A+ tan a) dA _2 mn beo+ È PRG toa d 3 pg VORO] 2.3 mn vr; 22 2 2 w 0 00 aid) } s|i+4t | E A+5 tan' 14) 4414(tant A+ 5A ge bei mn pe + I be(5a+ +0] 3 3 q p q © Pq 2° US) (9) ATE 2 tan 1 A+ 5 tan’ 3 (4 GA ALA TNAZZA all +4 tan' È A+5 tan 1 A]£4 = | E d +| tan 1 A+tan 1A DA DOIRD GG \ 2 2 de 3 Pg 2 mn + (14 tan 144 {Stan È Megan +6(2 tan 2A+5 lan 1A+3 lan {Afdi) C£ +2 (14400; A+ 5 tan' È 122 . d’ A do da +2(144 A toni 4 A+ 3 tan 1 4) LA +tn | 1 44 tan 1 ul AA man po di DI 2 mn 2 +6 57 be(5a4+60+c). DEI TRIANGOLI SFERICI 7 Si potrebbe similmente continuare la ricerca di quest’ equazioni differenziali, ma ci arrestiamo alle precedenti perchè avuto riguardo alla picciolezza di © noi vogliamo conservare nella serie (h) sola- mente tutti i termini dipendenti dalle potenze di questa quantità sino alla quarta inclusivamente. 6. Per ottenere i valori di A e dei suoi coefficienti differenziali per l'ipotesi di @=0, bisogna nella serie (i) e nelle seguenti equazioni differenziali supporre @=0. Con tale supposizione la serie (i) dà (a+e_8)X (astio) ((+d+c)X —(0+eT—a) tof | 19] Donde ne risulta, come ognuno sa, che A' rappresenta un angolo del triangolo rettilineo avente i lati di eguale lunghezza a quei del triangolo sferico proposto, come altronde dovea accadere per la supposizione di@=0, cioè di r=% , la quale fa trasformare il triangolo da sferico in rettilineo. Si osserva poi facilmente che 4’ è l’angolo opposto al lato a. La medesima supposizione di @=0 fatta nell’ equazioni differen- ziali seguenti alla serie (i) dà per esse: 1 \ (tan = ACE tanti 4 dA )=0, d (No) (cd) i (4 +4 lan 3 A +5 tan x | = )+(tan 5 A/+(an' È 4 (CA (2 tan 1 4° +5 tan! 4-45 tan 14 si do +î( +4 tan' 3 A/+5 tan'È E 1 ’ SRI. ’ ds A + (tan 3 A'+ tan 3A (e )=o, $ SULLA RISOLUZIONE (44 tan" £ 1 4°+15tan 144 ton! i ) lia +6(2 tan 34 +3 tan 4 +3 tan' 1 E i 3 O 0 NA I +i[1+4%n 34 +5 tan LA) si +2(1+4tn' £ Lul +5 tan' È Vl e 1,4 31 .\l d'A __ Uk mn pace + tan td + tan RS 33 be 43 22 950 ad4+68+ ce). 15 pgq Da queste relazioni dietro oppurtune riduzioni si ricava (3A |-0,(C4)- 2605 1 A cost A°=!5besenA 3 d © dIEz 2 3 i \ do + besen i d' cos È A(30+60+c) = De sen A’ cos A° + bosend (50+60+c); e poichè per una proprietà del triangolo rettilineo si ha po OG > . . . . . " . cosa = ®*©—© quest’ultimo coefficiente differenziale si può ri- durre alla forma assai semplice d' A RIOT] x U 2 ii 2% (E4)= f0csend (704+7c+a°). DEI TRIANGOLI SFERICI 9 7. Sostituendo ora le trovate espressioni dda | i ic ) (0) (i nell'equazione (h) si ha A=A' + — be sen A' +: besenA(7 b4+T7e+d)o..... (k), serie esatta sino alle quantità di quart’ordine inclusivamente , di- stingueudo l'ordine delle quantità il fattore ®, Come per le ipotesi di sopra onde ottenere la serie (k) non vi ha tra le quantità @, 6, c, A, altra condizione se non che a, è, € siano i tre lati del triangolo proposto, ed A l'angolo opposto al lato a, ne conseguita che debbonsi avere delle equazioni simili relativa- mente agli altri due angoli, cambiando solamente Ain Bod in €, purchè si cambii nello stesso tempo a in è od in cy epperò indicando con B'eCl' gli angoli del triangolo rettilineo, i cui lati sono di eguale lunghezza a quei del triangolo sferico, rispettivamente opposti a è ec, e che sono i valori di Be C per l’ipotesi di @=0, si ha: B=B+i acsen B' &+ L_acsenB (7@+T70+ 0)... (k)', OG Lab sen C+‘ _absenC' (7a+ 7040)... (k). Ma se si chiama 0 l’aja del triangolo rettilineo si sa che 0=! 6 | ‘=lab —< Vcsendi — -acsenb == adsen Gi, 2 2 2 e pertanto le serie precedenti possono scriversi più brevemente nel modo seguente, in cui è rimesso per l’espressione 1 : r ES] 10 1 Ù) 2 2 2 RR e l). 770 16 1 0 2 2 2 C=C e E ae o 10 SULLA RISOLUZIONE 8. Da quest’ equazioni trascurando le quantità di quart’ ordine si desume il teorema di Legendre. Giacchè da una parte si ricava A+B+C=44B+0+%, e per essere 4' +4 B'4+€'=20, Q indicando l’angolo retto, si ha w = A4B+C—-20; 5a ; D) ) da o ciò che mostra essere — l'eccesso sferico, cioè l’eccesso della somma S dei tre angoli del triangolo sferico sopra due retti. D’ altra parte osservando che EEE E si scorge clie ad un triangolo sferico pochissimo curvo corrispon- de sempre un triansolo rettilineo i cui lati sono di eguale lun- ghezza del proposto, e gli angoli sono quelli del triangolo sferico stesso diminuiti ciascuno del terzo dell’eccesso sferico. Esse inoltre danno a conoscere quale modificazione richiederebbe l’anzienunciato teorema allorchè si vorrebbe tenere conto dei ter- mini di quart' ordine. In fatti aggiunte insieme ci offrono la rela- zione dalla quale si rileva che l'eccesso della somma dei tre angoli del proposto triangolo sopra due angoli retti è eguale a 3» più il a + d a 1 2 2 Ra prodotto di questa quantità per E quì è da osservarsi non essere indifferente in questo caso il prendere per 0 l’aja del triangolo rettilineo, ovvero quella del trian- golo sferico, come ciò è permesso quando si ha riguardo solo ai DEI TRIANGOLI SFERICI 11 termini di second’ordine, poichè designando con T l’aja del trian- solo sferico, la precedente equazione dà db + e =) e EROE Tai 7° 4 epperò si ha relazione esatta sino alle quantità di second’ordine inclusivamente. Sostituendo quest’espressione di 0 nell’equazioni (1) si ricava me ta 1 Yi 1 51) 2 2 0) 2 \ ta 180 Ao) = 4 1 r 1 1 p =D î 000000 / B=b+1 tt lWw+e_-26] Mr, — Ù 1 T 1 T 2 2 9 a c C+. astenia (+60 — C) le quali formole sono molto semplici per le applicazioni, e dimo- strano il teorema conosciuto per la misura dell’aja di un triangolo sferico qualunque A+B+C—20=.(1 9. Resterebbe a vedere quale modificazione soffrirebbero queste relazioni allorchè per valutare l'eccesso sferico secondo la consue- tudine si riguardano i lati a, 6, c come costituenti un triangolo rettilineo avente per angoli quelli stessi del triangolo sferico; ciò che solo è permesso allorchè si trascurano le quantità di quart’or- (4) Il celebre Gauss nella sua eccellente Memoria intitolata Disquisitiones generales circa superficies curvas art. XXVII, perviene per tutt'altra via alle formole (1)°. Era già presentata all'Accademia questa mia Memoria quando, per ragione del conside- revole ritardo con cui mi è pergiunto, mi fu concesso conoscere per la prima volta così prezioso lavoro del Gauss come seguito alla quinta edizione dell’Applicazione del- l’Analisi alla Geometria di Monge. 12 SULLA RISOLUZIONE dine. Ma noi sappiamo che queste sono sempre trascurabili nelle operazioni geodetiche, e che in esse il teorema del Legendre è ap- plicabile tale quale egli lo ha enunciato, per cui non entriamo in ulteriori considerazioni. Ci fermiamo solo a fare rimarcare che scor? gendosi chiaramente dalla superiore dimostrazione la mancanza dei termini di terz’ordine nelle relazioni (1) si vede legittimo un fatto, ed è che non vi ha etereogeneità di operare allorchè si applica il ridetto teorema del Legendre alla determinazione delle distanze re- lative tra i vertici dei triangoli geodetici di 4° ordine, e che poi nel calcolo delle loro posizioni geografiche si ha riguardo alle quan- tità di terz’ordine; quantità indispensabili a porsi in calcolo nel caso di grandi triangoli, come ne hanno provato il bisogno nella deter- minazione dell’ arco di meridiano fra Montjouy e Formentera il precitato sig. Puissant (Memorie dell’Accademia Reale delle Scienze di Parigi tom. 16, pag. 472), ed il defunto prof. Amante (Memoria letta all'Accademia Pontaniana nella tornata de’ 23 gennaro 1846). Gg DEI TRIANGOLI SFERICI 1 NOTA Qualora per oggetto d'istruzione vorrebbesi una dimostrazione del teorema del Le- gendre diversa di quelle conosciute ed indipendente dal calcolo differenziale, ecco l’an- damento da seguirsi : Stabilite le relazioni (1) e (2) come nel $ 2 si sviluppino i seni contenuti nel se- condo membro della (2) trascurando le potenze di © superiori alla terza, e si ha ovvero 1 mn mi È ni a? / p' 2 il q o\ 1 0A i1_-__|{1T— —T|X\1— i1—-—— |. fallo PI | ee (1 amg 2.3 Sviluppate le potenze —1 degli ultimi due fattori, effettuate Ie moltiplicazioni in- dicate, omettendo i termini dipendenti dalla quarta potenza di è, si ricava 1 mn w tan — A= 1-(m4n-p — q° 9 na | (Errata i espressione esatta fino alle quantità di quart’ordine esclusivamente; e per essere mn —p—_q=—-2bc($4) ne risulta 1 mn 1 anima pi ca) Souue - (v) Siano ora 4’, B', €’ gli angoli di un triangolo rettilineo avente i lati di eguale lunghezza a quei del proposto triangolo sferico, e rispettivamente opposti ad a, è, c. Poichè il triangolo sferico si suppone pochissimo curvo A deve differire poco da A’, onde posto A=4'+ x, x sarà una quantità piccolissima. Per una proprietà del trian- golo rettilineo si ha 1 tan ar ER 2 VAI così alla relazione (v) può darsi la forma SVLOTOI Dia 1 tan° 3 (4'+x)=tan ila X(1+ a bew); ed essendo 1 1 { tan 3 A'+tan 2 1+cot 3 d'tania uu: +:8.=--e = “sen 1— tan = 4’ tan — ani tan ta gdtanze 1 tan 3 d'tan3 © 41% SULLA RISOLUZIONE DEE TRIANGOLI SFERICI si ha 1 lui SI ni dento) = bag Ù (1 + co 3 an 3 ) 9 3 = ca co. Si sviluppino. le potenze 2 e —2 dei fattori del primo membro di quest’equazione, : 5 È 1 E . : 1 : 2 si trascurino.le potenze di tan 9 © Superiori alla prima, e si ponga gin luogo di tan ; #, ciò che si riduce a trascurare delle quantità di quart'ordine e di ordine più elevato, giacchè come si vedrà « risulta di second’ordine, si ricaverà 1 ; d'ira 1 14-c0t 3 A'.x+4 tan n Aax=1+ 3 bea, ovvero A 4 pl ’ cos 3 4+ sen 34 1 1 xax= + be, ’ sen > A cosp A ed 1 a 18 v= j dbesen A vini indicando con è l’aja del triangolo rettilineo e rimettendo il valore di w. Si ha dunque A=44+3 3, ed in conseguenza 6 ; 16 Ap Ul 3) --; dalle quali tre relazioni sorge il teorema i ELOGIO DI PIETRO CALCARA PER FEDERICO LANCIA —ito— ( Letto nella tornata dei 19 novembre 1854 ). L’ éloge d’ un homme de lettres doit étre le récit de ses travaux. D’ALEMB. ré/l. sur les élog. Da quando noverava i Soci spenti nel biennio 1850-54 (1) altri colleghi vennero perduti da noi, ma niuna voce s'è levata a tri- buir loro l’ encomio dai statuti prescritto; ed essi per isciagura tri- stissima della patria letteratura, che vieppiù immiserisce nè bene è supplita nè sempre, sono stati tanti in quest’ altro triennio, che a me non lice farne cenno di volo: e come infatti senza fraudare la fama che a buon dritto completo ne pretende l’ elogio , potrei profferirlo del P. Guglielmo Turner, di cui la 4° Sezione deplora la perdita funestissima e precoce (2) o dei varii aggregati in questo (1) V. Relaz. Accad. Pal. 1852, 8° p. 17 e seg. (2) Nato il 12 agosto 1807 da ricco trafficante inglese studiò amene lettere nel convitto delle scuole Pie, e poscia matematiche sotto il prof. Batà. Entrato già sacerdote nella Comp. di Gesù vi sostenne ufficii e gradi cospicui, essendo jstato ancora Preposito della casa dei professi, ovunque lasciando desiderio di sè e meraviglia; conciossiachè fu di vita sì esemplare e sì pia, che potrebbesi meglio dir santa, e a modello 2 ELOGIO DI PIETRO CALCARA cortissimo intervallo rapiti, conquiso come sono dalla copia dell’ ar- gomento e smagato dall’inadatta facondia ? (4) Però ad inaugurare il porgere dicristiana perfezione per le evangeliche virtù, miste a dolcezza d’animo e a fran- che e ingenue maniere, onde era meravigliosamente fregiato; le quali egli all’ umana sapienza seppe accoppiare con raro innesto, avvegnachè per tristo vezzo moderno essa che prima indiavasi ora con superbo divorzio comunemente ne è scissa. Lesse lun- gamente matematiche elementari nel Collegio Massimo , e ne pubblicò le istituzioni di Algebra e di Geometria; comparvero quelle nel 1850 in unico volume in 8°, e queste prima in due altri ricchi di tavole, ove se è diffuso anzi che nò, e alla sintesi inclinante più che al metodo analitico, l’ ordine, il vigore, e per molti teoremi la novità delle dimostrazioni, l’ esattezza del linguaggio , la precisione rigo- rosa con Ja quale procede nei corollarii, e la chiara facilità con che sono dettate le rendono assai pregevoli, e molto proficue per lo insegnamento. Altre opere lasciò ma- noscritte, fra cui un trattato teorico pratico sul calendario e un altro delle sezioni co- niche e della cicloide, che uniti alle note della Geometria doveano formarne un terzo volume, oltre il corso di Aritmetica già compiuto che forse vedrà in breve la lu- ce. Altri materiali ragunati avea per un corso di fisico-matematica ad uso delle scuole sue, che meditava compilare sopra un fare più analitico e completo dell’ altro dello Scinà, ch’ è monco nelle formule e talvolta inesatto nel calcolo che la fisica gene- rale soffolce, meno ristretto del Baumgartner, e più scientifico e moderno dello Gerbi che per ora vi si leggono. Scrisse pure una memoria contro alcuni principii di Gian Domenico Romagnosi che trovasi inserita nella Scienza e la Fede di Napoli, e una difesa della Compagnia poco avanti del suo sperperamento, in brevissimo tempo me- nata a fine con quella rapidità creatrice che manifestasi nell’ansia di gravi pericoli; i quali non avendo potuto scongiurare, anzi vintone, esulò in Malta riparandosi per un anno in quel Convitto moderato dai Padri. Affetto lungamente da tisi polmonare soggiacque alla micidiale infermità, placidamente cessando il 16 giugno 1852. Fu altamente commendato dai prof. Carafa Tortolini Arago ec., e in gran conto tenuto dai nostri Muzio Casano ed Estiller che nelle sue braccia cristianamente spirò. L'Accademia lo ascrisse tra i Socii collaboratori nel 1845, e ai 4 d’aprile 1850 lo promosse ad attivo della prima Sezione sulla mia proposta. — Unico omaggio lui vivo, come queste parole dopo estinto, che ho potuto offerire alla indelebile ricordanza del mio caro maestro e padre di spirito! (1) Essi sono l’Ab. Giuseppe Bertini socio emerito, Mons. Denti onorario, l’Ab Di Lorenzo e il prof. Scaglione attivi, Giuseppe Patania, Valerio Villareale, il canonico Vaccaro col- laboratori, l’Ab. Di Leo, il Dr. Di Blasi, Comm. Migliore, avv. Marocco, cav. Inguaggiato aggiunti, Michele Rizzone da Modica, Carmelo La Farina,"Antonio Arrosto, Anastasio Cocco e Carmelo Pugliatti da Messina, Antonino Di Giacomo e P. Gregorio Barnaba La Via da Catania, Vito Capialbi da Monteleone, Cataldo Jannelli, l’Arcid. Cagnazzi, Giam-Battista Quadri, Francesco Maria Avellino e Macedonio Melloni in Napoli, Sil- vio Pellico, il Cardinal Maj, Ducrotay de Blainville, Polidoro Roux, Francesco Arago e parecchi altri stranieri. ELOGIO DI PIETRO CALCARA 3 nuovo anno accademico che par con lieti auspicii s' inizii , in mi- glior modo credo non si possa nè in guisa più giusta riaprirlo, che uno d’essi almen commemorando, sulle ceneri sue tepide ancora e sull’ urna appena socchiusa deponendo una lode ed un fio- re: ufficio doloroso ma pio, il quale sì mestamente oggi adem- pio, che non so se debba desiderare il silenzio in che da più mesi mi tacqui, impedito dalle pubbliche cure che m’ impacciano ed assorbono, ostili sempre alle lettere e più adesso che tanta prova testè traversarono, o se alla frequenza del ragunamento odierno ab- bia meglio a preferir la lacuna trascorsa. Però uno scopo mi spi- gne e conforta a sperare che per l’amicizia verso il Professore Cal- cara la bontà del proponimento sopraffaccia e vinca la restia e di- savvezza parola, voglio dir la lusinga d’ infondervi ammirazione sin- cera per una vita sì giovane e pur così piena di virtù e di lavoro, vittima della indica epidemia, che immolando altresì Domenico Te- sta (1) parve ferire con irreparabile colpo gli studî naturali , di cui amendue erano fra noi gli antesignani; vuoto quà più difficile a ricolmare che altrove, sembrando oramai disertino dai siti ove alle- varonsi rigogliosi con Boccone Cupari Bivona Scinà e sul versante (1) Nato in maggio 1785 visse sempre tra ufficii municipali con interezza ed abilità; la quale monotonia eil fastidio della gotta quasi perenne alleviò collo studio della conchiglio- logia, adunandone per trenta anni collezione ricchissima per generi esotici per quan- tità di individui per rarità di specie, e ciò che più monta, ben nomenclata, e como- damente in ampii scaffali schierata, in che spendca tempo e fatica lunghissimi e non poco danaro. Ad aumentarla fe’ molte escursioni, e parecchi insetti ed uccelli assai leggiadri aveavi aggiunto, e monete, anticaglie e miniature finissime. A se rivendicò la priorità delle scoverte fossili d’ Altavilla, di che io non dubito punto, e vi trovò il Pectunculus Aradasii ; determinò la Pleurotoma Lanceae e la Pleur. Trec- chi, che non è stata più ritenuta, e l’Helix Zanellia, che è la Deshayesii Calc., come la sua Ricinula sicula affatto esotica stimo, quà venuta forse aggrappata alla chiglia di qualche nave, e il Cerithium Milnesti-Edwardii una mostruosità del vul- gare. Vanno col suo nome il Pecten Testae dedicatogli da Philippi, il Buecinum Te- stae da Aradas, ela Rissoa Testae da costui e da Maggiore. A lui si dee il vanto, del quale gli si dee sapere buon grado, di aver dato la spinta primiera a Bivona ed agli altri che sulle tracce sue dieronsi a raccogliere conchiglie, pria come sempre avvien per diletto, poscia per istudio. Fu membro della Società Cuvieriana di Parigi'e di parecchie del regno. Spento dal contagio morì il 26 di agosto. 4 ELOGIO DI PIETRO CALCARA orientale dell’isola tramutino invece, dove, sia pel monte arcano e terribile che varde, pei vortici del garofalo e la morgana del faro, pei vulcani non bene spenti o da poco di Pachino e di Noto, per le trachiti i basalti le tefrine in cento maniere alternate e converse, i faraglioni dei Ciclopi, i picchi talcosi a gneis e micascisto della catena Pelorica che è ultima coda dell’ Appennino, assee spina d’I- talia e fronte orientale dell’ isola, loro apprestasi campo più adat- to, e agevolati son'dall’ accademica coorte che l intento unico del Gioeni prosegue con alacrità pertinace, e da entrambe le vetuste Università, e dal vivere queto e dal silenzio dei luoghi che prestano agio a cotali discipline per se romite e solinghe. Or poichè la vita del nostro sodale che encomio povera di fatti esteriori va tutta compresa nelli scritti, alla foggia di quelle esistenze che ad essi la sacrano , fedele all’ epigrafe scelta mi farò senz’ altro ad esporvene un cenno, e siccome il demanio incommensurabile di Natura in due grandissimi regni è partito l’ organico e l’inorganico, io d’essi parlando che entrambi li corsero, con siffatta divisione ne verrò dando contezza anzichè colla cronologica che tutti per filo enume- rar li dovrebbe. Nato in Palermo il 16 febbraro 1819 da Gioacchino e da Anna Garigliano, fu messo bentosto a studiar medicina in questa R. Univer- sità, dove insignitosi della laurea nel 1838, fu eletto conservatore sostituto del museo geologico. Una affastellata e monca congerie di produzioni naturali eredata dall’antica Accademia avea titolo di gabinetto, cui l Ab. Cancilla dalla cattedra che sin oggi accoppia tutto ciò che natura riguarda tranne la Botanica, segregatane con savio intendimento dal vicerè Caracciolo nel 1799, recò verun lume colle sue informi aggiunzioni; accrebbela Scinà nel 1852 colle ossa fossili di Maredolce e Billiemi, poscia Pacini colla serie di va- ghissimi cristalli di zolfo e di salgemma, e la raccolta dell’ abate Ferrara fu pure acquistata ed annessavi. Tanta farraggine in arbitrarii modi disposta e senza terminologia moderna egli imprese con ardua fatica a riordinare da me collaborato, e ne pubblicò (1) l'elenco della (1) Palermo 1845, 80. ELOGIO DI PIETRO CALCARA 5) parte che l’ orittognosia comprende, col sistema d’Omalius d’Halloy, sotto ogni genere delle famiglie in che da costui son divisi i mi- nerali metallici e metalloidi numerando le specie, colla formula chi- mica i caratteri le varietà e i luoghi donde provvennero; con più arti- ficioso disegno è schierata la parte oreognotica che non riuscì dare in luce, conciossiachè con isquisito ingegno in doppio modo è col- locata, la generale col metodo di Omalius e di Cordier in base allo elemento delle molecole integranti, e la topografica delle rocce di Sicilia per epoca per sito e per origine, poi le vesuviane, delle eolie e delle altre isole adiacenti, i saggi zotiferi del bacino nettuniano e ninfeo di Parigi, dei sopracretacei subappennini, dei secondarii ec.; ma re- stano tuttavia senza ordine e nome gli esemplari dei fossili degli uccelli dei molluschi e dei zoofiti, i quali dovrebbero per altro se- pararsene affatto, e il nucleo costituire di un gabinetto zoologico in appendice alla cattedra peculiare che è mestieri disgiugnerne, superar alfine dovendo l’ infrenabile slancio della scienza che in cen- t'altre sè venuta moltiplicando e la comodità dei discenti le an- gustie finanziere che sin quì v' hanno opposto ostacolo ed im- pedimento. Nè più felici trovò le condizioni della scuola cui fu nominato Professor sostituto nel 1843, nel 41846 interino , e nel 1850 titolare : dapoichè cotest’ altra disavventura appena cre- dibile e rara ha patito questa scienza fra noi, cioè che le sorelle sue non ha seguito, ne è progredita con esse; infatti mentre Furi- tano la chimica, Scinà le fisiche, Cacciatore V astronomia, Tineo e Bivona la botanica venian levando in alto stato, non solamente al livello dei tempi ponendole ma bensì nuove scoverte e nuova fa- ma aggiugnendovi, la mineralogia colle sue affini e dipendenti in sì basso loco giacque anzi a ritroso da separarsene affatto, non reg- gendo al paragone di quei valentuomini nè il Cancilla e il P. Eli- sèo che leggevanle pria, nè Ferrara che mai non dettò regolar corso di lezioni, nè Pacini che poco sedevvi, e da pensamenti disparati molto e sempre distrattone; cosicchè al Calcara quest’ altro vanto è bene concedere, aver tratto origine sol da se stesso, per propria forza d’ingegno, che in noi Siciliani è facile e comune, e per af- fetto d’instinti in natura apparando, e ciò che essa ne cela, ai li. 6 ELOGIO DI PLETRO CALCARA bri ed oltremonti con pazienza e pena chiedendo, cosa che quanto vi accresca merito per la difficoltà sua non è chi non veda. Fu laudabile ancora oltremodo il duplice intento in che si volle circo- scrivere e sempre fermamente seguì, cioè a dire l'insegnamento degli allievi e la illustrazione del nativo paese. Col primo scopo redasse un (ratiato elementare di fisica (1), prima parte di un corso completo di scienze naturali che avea in animo di compilare, pro- ponimento restato solo a quel tanto, che pure è con metodo chia- ro facile e preciso esposto, fornito delle più utili novità ed espe- rienze, e molto completamente maneggiato in ciò che ha riguardo agl’ imponderabili, quantunque ogni calcolo siane bandito. Compilò pure varii brevi trattati delle rocce e terreni (2) coi loro principali esempii nostrani, che pure testè replicò volendo porgere le basi sulle quali stabilir la statistica agraria e di pastorizia in Sicilia (3), in modo però che appena e inesattamente al titolo risponda, da- poichè se queste sono le oreologiche solamente, molte altre ve ne ha e più importanti che le modificano, e alle quali debbesi at- tendere eziandio se vuoi raccoglierla in modo pratico e generale. Lunga attenzione pose nello studio dello zolfo che è precipuo ele- mento della nostra litologia e- dei siculi terreni, nel cui centro con immensa fenditura è deposto in forma di un ellissi irregolare che ne occupa circa la quarta parte, come d’infinito vantaggio sotto il lato economico è produttore ; ne illustrò quattro forme nuove di cristalli e una del gesso e quattro della celestina, che non: tutte per tali si debbono ritenere benchè da Maravigna non riportate (4). Statuitane dal R. Governo la fusione per via dei calcaroni, cono- sciutosi quanto le calcarelle rechino nocumento alla sanità e alla agricoltura, ei fe’ parte della commessione ita ad esaminarli e le sagaci osservazioni di che fe’ tesoro pubblicò in ragionati rappor- ti (3), ove descrive il foramento di quelle miniere, le prattiche (1) Pal. 1849, 8°. (2) Dizionario ragionato ec. nell'ann. del R. Osserv. di Pal. 1846. —Esposizione me- todica ec. Pal. 1849, 8°. (3) Giorn. della Comm. d'agric. e pastor. 1853. (4) Atti Acc. v. 1, 1845. (5) Giorn. il Diadema, Pal. 1852, f. 1, 2. — Giorn. dell' Ist. d' Incorag. Pal. 1852. ELOGIO DI PIETRO CALCARA 7 adoperate, l’architettura colla quale le sotterranee gallerie vengono tagliate, savie regole dettando per ovviare ai danni che la scienza sola prevede o ripara; poscia mostra i caratteri di quel minerale, le for- me poliedrichedei cristalli, imodi di giacitura e le zone in che stendesi, seguendo taluna volta, oppugnando tal altra le idee con dotti ma discordi pensamenti palesatene da De Buck, Paillet, Constant-Pré- vost, Hoffmann e Gemellaro; e ne fissa l’ epoca nel periodo terzia- rio e al piano medio eocenico di Lyell assegnandola, opinione molto probabile rafforzata com'è daglittioliti e dalle impronte di vegetabili dicotiledoni nella roccia che gli serve di ganga dal dottor Nocito rinvenuti al Priolo : il tutto è si esatto e completo che io estimo questa una delle migliori sue cose (4), e ora lavorava alla descri- zione delle più grandi solfare in attività, che inedita e solo abboz- zata è rimasta. Quella sta nel giornale del R. Instituto d’ Incorag- giamento di cui fu socio ordinario, direttore della 4° classe, e già di unita al prof. Foderà compilatore del catechismo pel rinveni- mento del carbon fossile (2); il cui terreno mountain limestone 0 del gres rosso e inferiore, quà a me sembra mancare, e repu- tando meglio ligniti quei saggi sospettati carbone, tra cui va com- presa quella di Calvaruso che egli esaminò, oltre dello scisto bi- tuminoso della Piana dei Greci, in molti altri siti ancora esistente come l’asfalto ed altre rocce tiognotiche (3). La scienza che la natura investiga nel suo svolgimento al cam- mino medesimo somiglia con che questa procede : conciossiacchè dalla sintesi discende all’analisi, e da questa di nuovo nella sintesi sì ripiega in essa i frutti assaporando delle indagini sue ed i me- (1) Io spero avvalermene, se dal tempo m' è concesso e dalle forze, nei studii sui terreni sopracretacei di Sicilia intorno a cui da più anni mi affatico; dove forse la cu- riosa attenzione attirerà la carta che ne è l’ epitome finale, delineata sul fare di quella di Lyell pei terreni simili e di De Beaumont per lo periodo carbonifero del mare cre- taceo della Francia, e sulla quale scorgesi che, l’isola ora triquetra, ma a quell’ epoca geogenica, in cui abisso erane la meridional parte, nè Malta era emersa, nè ergevasi Mongibello, in molte era divisa. (2) Pal. 1845, 120, (3) Pal. 1841, 80. 8 ELOGIO DI PIETRO CALCARA ravigliosi risultamenti cogliendone. Così il mineralogo dalla cogni- zione delle specie dei loro caratteri e proprietà spignesi a più va- sto orizzonte che mira all’ oreognosia, da questa alla geonomia, quindi alla cosmogonia, e così mano mano a quelli arditi concetti che le scienze sperimentali volgono alle speculative, colle quali in novo connubio si sposano ed ammogliansi tra regioni sublimi ove è lecito a pochi genii venire addentrandosi e volando. Veramente niuna contrada e niun tempo sembra più acconcio a tali lucubra- zioni di questa epoca e di questa isola nostra, che pur di tal vanto per fenomeno rarissimo si fregia, che ella stessa è gabinetto o mu- seo, i tipi porgendo d’ ogni terreno dagli agalisii e gli ammonea- ni, tranne qualche piano degli emilisii e il penèo, sino ai clismii ai madreporici e posdiluviani del periodo gioviale, oltre la completa serie dei pirogenici; ciò pure va detto coi, fossili, pei politala- mici microscopici da Hoffmann riportati, la lumachella giurassica di Cefalù , gl’ ittioliti di Bisagno e di Castro, i conglomerati moderni zoofitici di Tremonti e gli ossei di Pirainito presso Cafini, e le brecce diluviali degli antichi mammiferi di che van zeppe le caverne per lunga età credute sepolcri di aborigeni giganti, dalle quali trassero tanto partito i poeti e i nostri storici che dai poeti dissomigliano appena ; mentre la fitologia ancora è rappresentata dalla Dissodile papiracea dei colli iblei e da cento torbe e ligniti : nè tal dovizia a ciò solo restrignesi, non meno splendida o parca Natura mostrandosi in ogni branca di zoologia e di botanica ancora, e veramente con infinito nostro disdoro, avvegnachè tanta abbondanza onde è prodiga dai stranieri è stata usufruita più che da noi, volti sinora alle dottrine empi- riche o a quelle che il passato ritraggono, quasi le naturali alle civili sottostiano e posposte vadano ad esse, da cui niun verace profitto ricavato par n’abbia l’ età volgente, che anzi a quelle deve potissimamente ogni immegliamento d’ arti di commerci e di tro- vati onde con volo stupendo s’ estolle; Spallanzani infatti Dolomieu De Bork Brocchi Hoffmann De Beaumont Christie ec. per la mine- ralogia e la geologia, Gussone per la botanica, Rafinesque per la ittiologia, Poli e Philippi per la malacologia, De Jean Grohumann Escher Dhall Lefebwre Mikan ec. per l’entomologia, tanta luce balena- ELOGIO DI PIETRO CALCARA 9 ronvi e tanta messe v hanno falciato, che a noi resi ora più ac- corti è tolta irreparabilmente la palma. Il Calcara un campo speciale volendo esplorare imprese ad illu- strar le isole che nel sistema geografico son parti della nostra cui cortessiano, di Ustica (1) di Lampedusa (2) di Linosa (3) e, in unione al prof. Prestandrea, di Lipari e di Vulcano (4) in succinto , e di Pantelleria di cui la prima parte è posta nel volume presente, ol- tre la spontanea sua flora (3). Belle sono cotali monografie sì per le osservazioni su luoghi di rado visitati come inospiti e remoti, e per l'ordine uniforme e completo. Ne descrive prima minutamente la topografia dichiarata da una carta, quindi la geognosia colle spe- cie e varietà di ogni roccia o minerale, la florula locale , Îe prat- tiche ‘agronomiche in uso, e la fauna degl insetti dei molluschi dei erustacei e dei pesci degli uccelli e d’ ogni altro vertebrato , non che dei fossili onde il seno va pregno, e chiudele infine con un compendio della storia loro civile. Pari condotta seguì pei dintorni di Termini (6) e di Nicosia (7). Delle Madonie Quo mons Sicania non surgit ditior umbra costituenti il gruppo nebrodese od Erèo, che sotto 1’ aspetto oreo- diacritico biforcandosi a mezzodì col Sancalogero di Sciacca, spro- lungasi a ponente fino all’ Erice che ne è l’ultima cresta, e di cui la creta è la formazione, la marna e la calce la struttura dominante, e il sollevamento coevo alla giogaia Alpica cui è parallelo , espose la topografia determinandone i limiti estremi le rocce e il loro rap- porto colla serie dei terreni, un elenco aggiungendo dei siti più ) (6) Giorn. Empedocle. Pal. 1851. (7) Ivi. 10 ELOGIO DI PIETRO CALCARA importanti (I). Del fianco occidentale dell’isola s° occupò nella escur- sione fatta a pubbliche spese di cui diè per le stampe il rap- porto (2), e con brevi ma esatte osservazioni illustrò il tufo conchi- gliare del delta d’Oreto (3), che ei giudica spettare alle antiche pla- ghe del La Béche, e le condizioni paleontologiche della conca su cui adagiasi Palermo da uniformi ma non coetanei detriti riempiuta (4); la dolomite del Landro che stima giurassica, e precisamente del pe- riodo cora/-rag del Cornybeare, e quindi la più antica fra tutte per la sua elevazione e pella natura dei frantumi madreporici che vi si racchiu- dono (3); una giacitura novella della calce carbonata contenente fra le geodi sue purissimo zolfo (6); la arragonite di Girgenti già dal prof. Casoria annunziata; le montagne di Caltavuturo che nel remoto liasico ei rinculò per le spoglie dei bivalvi trovatevi che credette Gryfee: però essendo esse piuttosto exogire o meglio li- me come Villanova asserì, è d’ uopo venirlà avanzando ad un tratto più superiore trai calcarei ; il terreno donde rampollano le acque ter- miche e idro-solforose di Sclafani (7); le chiocciole fossili dei contorni di Nicosia (8), e il greto che impasta le ossa fossili di Mare dolce e Billiemi (9) che ei con nuovo pensamento avvalorato come attesta dal Waltershausen a duplice epoca attribuisce : alcune mende vi rilevò nelle quali prese abbaglio Scinà, qualch’ altro genere di ruminanti notovvi, e un elenco alfabetico in calce vaggiunse di tutte le lo- calità di Sicilia che ne porsero, e quelle di Mastodonte presso l’acqua dei Corsari appena cognite prima (10). Questi moltiplici la- (1) Empedocle, 1851. (2) Pal. 1846, 120. (3) Osservatore, an. f (4\ Ivi, ( 9) Ivi. 10) Effemer. 1839. ELOGIO DI PIETRO CALCARA 11 vori in gran conto sì debbono tenere perchè elementi preziosi ag- giungono alla carta geologica che dell’isola si va tracciando ; ripe- tuti se vuoi e l’un e l’altro sovente copiandosi, forse talvolta trop- po minuti, leggeri, zoppi nello stile, e scarsi d’ idee e di teoria, ma di parecchi ed originali fatti doviziosi con sedule attenzione ammas- sati, conciossiachè nella diligenza e pazienza di esaminare, e l’ inda- gato ed osservato descrivere ebbe genio e lena laboriosissima e non ordinaria: e un altro merito, come sembrami, vi balena, cioè la progression loro ascendente nel graduato miglioramento coll’ e- poca in che furono scritti, il che se la soverchia intemperanza della pronta stampa fa più lamentare, è insieme argomento e preludio della perfezione cui sarebbonsi spinti con più maturo studio dalla età e da viaggi reso più illuminato e più sobrio. Nella zoologia il Calcara a preferenza pese animo alla malacolo- gia, di tutte sue parti la più allettatrice ed amena per la novità misteriosa degli organi la varietà di lor funzioni e la leggiadria in- definibile delle forme; dai cirropodi che dai crostacei discendono sino ai politalamacei e i cellulacei che giù agli anelidi ed ai radiarii si annodano abbracciando tanta e sì estrema scala di vita incipiente e incompleta, e pur motrice di corpuscoli, d’ ogni altro con accorto compensamento più gai vaghi e gentili per l’ industre invenzion delle membra loro gittantisi a fiocchi o a pennacchi come nelle ana- tife e le veneri, o a vele come negli argonauti le eolie i glauchi, a rami come nelle loligini ed i polipi ; e per la bizzarria delle chioc- ciole entro cui i più avviluppansi o serrano, che ora s' inarcano ora spianansi o appuntansi o s’ attorcono con volute e spire e cre- ste e scaglie e sproni e nodi ammirabilmente disposti, e con tinte invetriate imperlate inalterabili, onde son ora screziate ora addogate or chiazzate or granite or pezzate, in modi che sembran arte ed è miracolo di natura da arte umana impossibile ad emulare. Essa è madre della paleontologia, e base al dire di Humboldt della con- solidazione del primitivo mare geogonico : tesoro dei nostri lidi, dove sia pella tricuspide forma delle sicule coste che rompo- no il fiotto onde son girate e battute con mille fila di correnti, sia per la mite temperatura dell'onda, o per la subacquea piaggia 12 ELOGIO DI PIETRO CALCARA bassa e pescosa, la vita è più turgida più svariata e feconda che in ogni altra baja rada o pelago del mediterraneo ; e delizia dei nostri che là convengono ove più i sensi si pascano : il che ha fatto che di fresco nata fra noi, mercè lo Scilla, Cirino, Chiarelli, Recupero, dal minoratico sortendo, per nuovi lavori per per ampli gabinetti e per generale diletto è ora adulta e gran- deggia. Per gli apparecchi respiratorii e quindi per l’ ambiente in che vivono i malacozoarii, lo studio in due parti se ne suole dividere, laonde io cennerò prima i suoi lavori sulla malacologia terrestre e potamica, oggidì tanto in fiore che non v ha regno o provincia la sua peculiare non si goda illustrata, e infine gli altri sulla marittima. Della prima egli descrisse la Spirorbis nautiloides Lk. e la Succinea amphibia Drap. (1); e le clausilie e i bulimi (2) con 7 specie delle prime e 14 dei secondi, i quali nel confronto non trovando differenze di rilievo colle achatine e le auricole vuole, come opina pure Deshayes, riunite in un solo. Dei molluschi delle campagne Pa- lermitane contò 95 specie, dichiarandone la frase la sinonimia le condi- zioni di abitazione il nome vernacolo in guisa completa e tale che amo questa memoria ad ogni altra sua di tale scienza anteporre (5); vi fa se- guito un catalogo di tutti gli altri di Sicilia sterile però anzi abbozzato, cosicchè rimane ancor desiderio che vogliasi trattar di proposito, co- me Mandralisca ed Aradas da molti anni han promesso. Stendesi nella contrada d’ Altavilla, a mezzo la via di Termini, un banco ar- gilloso di tanta copia di conchiglie per entro il terziario tritoniano eocenico sepolte, che ti rammentano i depositi calcarei gessosi di Grignon di Contorgnon di Montmartres illustrati da Deshayes di unita a Cuvier, o i depositi subappennini investigati da Brocchi ; chec- chenesia del suo scopritore, causa di rancori che la tomba simul- taneamente rappaciò , Ei nel 4844 si fe’ a pubblicarne la illustra- (1) Pal. 1841, 80. (2) Pal. 1840, 8o. (3) Atti Acc. v. 1. ELOGIO DI PIETRO CALCARA 13 zione alla signora Gargotta dedicandola (1), che gran parte prese nelle ricerche sue, e ne fu prima raccoglitrice pel proprio gabi- netto, il più bello di quanti in Sicilia dopo quello di Testa; e ora ambedue per infausto disegno forse sparpagliati e perduti, ad infi- nito cruccio dei scarsi cultori, che conscii come dessi diligentia po- ius quam pretio si vadano lungo la vita intera raggranellando, ne piangono il mercato, e quando vi s’ espongono con apprezzo in cui pure il valore e la pazienza del proprietario son calcolati a gua- dagno, augurano almeno dalle patrie mura non sortano, anzi a più universal profitto si volgano. Nel 1843 espose le Thraciae Leach e le Clavagellae Lk. (2) in unione al prof. Aradas, con bello esempio oltremonti comune e di bei parti fecondo, ma quà, per sorda ge- losia. o per renitenza ad ogni associazione, rarissimo; vi de- scrive 3 delle prime, tra le quali due nuove intitolate a Ma- ravigna e a Casano, e 3 dell’ altre. Le pleurotome viventi nei mari di Palermo o fossili dei terreni circostanti, ad esempio del Bellardi descrisse, contandone 19, oltre 3 novelle (3). Infine all’ opera del be- nemerito prussiano che la sicula malacologia tentò d’ esaurire ei diè (1) Teresa Gargotta ingentilì con modi al suo sesso peculiari lo studio conchiolo- gico tra noi applicandolo con isquisiti lavori di musaico alla imitazione di quadri e di vasi a fiori, con nuova arte l’ un sapere con l’ altro sostenendo e abbellendo in guisa tanto perfetta che fu premiata con medaglia d’argento dal R. Inst. d' In- coraggiamento nel 1836. Da cotesto diletto ebbe inizio la sua raccolta fornita di spe- cie peregrine venutele, colla comodità dei traffichi che il consorte sopravvegliava pel fisco, dalle Antille le Filippine e le Americhe, di molti e grandi isidi madrepore gorgonie astree ec. oltre di parecchi crostacei, e belli coleotteri e vaghissimi lepidot- teri. Delle conchiglie terrestri e fluviali formò la più ricca serie speciale che io m’ abbia visto , ed era impresa proficua, come io ne l’incuorai sovente, che se ne pubblicasse il catalogo. Fra tanta dovizia studiò lungamente Calcara, e vi scoprì cir- ca 15 specie. La Salinas una paludina e una bulla ebbe dedicata da lui, e una pleu- rotoma da Aradas trovata in Catania, e l’Helix Gargottae offerse Philippi al fratello Antonino anch’ egli amatore naturalista. La numismatica coltivò eziandio e moltissi- me monete greco-sicule e romane familiari e imperiali comprò e riunì. — Nata in Ter- mini il 1798 impalmò nel 183% il cav. Em. Salinas, che lasciò vedovo il 4 apri- le 1852. (2) Cat. 1844, Atti Gioenii v. 1. (3) Pal. 1841, 8°. 1% ELOG!O DI PIETRO CALCARA un’ appendice che a me volle dedicare (1), ragunandovi le specie tralasciate, le fossili della creta, e le introdotte da lui: tutte Som- mano a 257, oltre 5 cirripedi 12 anelidi e 2 echinidi, tra cui 125 fossili. Delle nuove che ei creò (2) io non voglio qua tesser l’arido elenco, in due parti essendomi piaciuto darne il catalogo in fine ; la prima di quelle che io credo varietà solamente, € perciò da sopprimersi per non ingarbugliare con troppo sottile analisi la sinonimia abbastanza confusa, dopo la corriva larghezza di Risso Defrance Megerle Costa ed altrettali rei di sconcia presunzione, che la scienza non tollera e repudia : la seconda di quelle nuove affatto, se pure altrove non siano state scoperte, e divulgate in opere quà non pervenute o tardi, il che non fa rimprovero a lui ma ai lenti commerci librarii onde muovesi comunelamento (*). Diè pure un cenno sulla profondità e i siti in che vivono alcuni generi, elementi, se- condo W. Broderipp e Cuming che primi vi s’accinsero, indispensabili alla conoscenza delle epoche dei terreni izemiani o di sedimento. Nè la botanica trascurò, anzi un orto secco serbava di ben 14 volumi chiudenti molte migliaia di specie indigene per lo più. Oltre delle florule delle isole che espose, e tra quella di Linosa trovò il tritico che Tineo elevando a genere nominò Castellia tuberculata, la scienza delle piante a quella dei farmaci applicò, nella guisa medesima ac- coppiandole in che egli i studii naturali e i medici predilesse, che pur un solo ne formano, talvolta dalla ignavia disgiunti. Con tale intento ragionò dei funghi (3), dei quali espose la natura e i carat- teri, enumerò gli esistenti in Sicilia coi nomi del dialetto, i vegetabili da che son prodotti e i tristi effetti che spesso recano all’ ccono- mia animale; pubblicò infine la florula medica Siciliana sul fare di quella di Drapier di Barbier di Trousseau ec. d’ ogni pianta in (1) Cenno sui molluschi viventi e fossili di Sicilia. Pal. 1845, 8°. (2) Ricerche malacologiche. Pal. 1839, 8° — Nuove specie di conchiglie 1840, f. 52 Nelle monografie dei generi Spirorbis e Succinea, e delle Clausilie e Bulimi in fine. Nuove specie di conchiglie microscopiche, Imparziale 1841 — Maurolico; Mess. 1842 — Occhio a V. (3) Giornale di Vaccinazione 2° Sem. 1842, Pal. 8°, ELOGIO DI PIETRO CALCARA 15 medicina adoperata giusta l’ordin sessuale disposta, esponendo le proprietà gli usi terapeutici la località ed ogni analoga notizia {1). Cotanta divulgazione gran concetto destò di suo valore, e il nome di vaga luce ne andò cinto fra noi, e più che fra noi oltremare, dove maggiore onoranza vantano tali discipline, e più sono color che le aman, cosicchè dal museo di Firenze, tra gl’ italiani ric- chissimo, ebbe la medaglia d’ argento che ai generosi donatori è in- viata ; fu socio di molte accademie del Regno, di Toscana e di Malta di Marsiglia di New-York; nutrì corrispondenza con parecchi sa- pienti, nè verun forestiere naturalista quà viaggiava cui egli non fosse guida e compagno, come vidi con Milnes-Edwards Quatrefages Pent- land Villanova Salina P. Angeloni Schwarzembach ec. La Helix Cal- carae ebbe dicata da Aradas e Maggiore, specie distintissima dalla Cellaria per la grandezza, la Statice Calcarae da Todaro, che la di- vise dalla Dichotoma Guss., e il Ranunculus Calcarae da Tineo affine al Trilobus. (2) Fu Segretario della Commessione d’ agricoltura e pastorizia; membro del 7° congresso dei Scienziati, dal 1844 guar- dia generale sopranumero di acque e foreste, e dal 1880 Direttore delle scuole di mutuo insegnamento ; a lui si dee lo averle fatto rifornire di tabelle di lettura, meglio adatte che le precedenti del- Ab. Scovazzo già logore e monche, ne compilò un regolamento interno, e belle dissertazioni recitò nelle solenni ragunanze della sco- laresca dal comune spesata. Ma il travaglio dello spirito consuma il corpo più che non si cre- de e la vecchiaia in generale giugne agli uomini di lettere pria dell’età d’ordinario fissata; e a lui ben presto affievolitasi la saluto, da un anno era sopravvenuto un ascesso , ehe lentamente disfacendo le regioni polmonari palesavasi al respiro lungo ed ansante, allo sputo (1) Palermo 1852 in 12°. (2) Io pure tengo un’ Eulima che del suo nome ho chiamato nel catalogo del mio gabinetto che vado a pubblicare solo per agevolazione di cambî. Che se questo dà appena un migliaio di specie, ha il vanto almeno d' essere il primo fra i privati in Sicilia dato alle stampe appartenendo ai Cassinesi di s. Nicolò l’ Arena, anzichè al P. Guttadauro quello da Aradas e Maggiore descritto. ie ELOGIO DI PIETRO CALCARA dei mucchi e alla pallida emacie del volto ; sinchè il male dato giù alquanto per le cure e pel riposo prescrittogli , andò a villeggiare nel delizioso spianato, che abbellito da una flora con magnifiche norme restaurata sulla convalle ove i giardini degli Emiri fioriano, si allieta d’ aere purgatissimo e salubre : scoppiata la Gangetica pe- stilenza, con improvvido consiglio riparò nelle campagne opposte di Villabate, ove pel tramutar dell’ aria, e pel disagio, ovvero pello sgomento facile ad insignorirsi d’ animo affralito fu colto dal morbo, che in lui fu sì rapido e atroce, non trovando virtù di reazione, da spegnerlo in poche ore la sera del dì 24 agosto, in che ben altri 250 perivano. Travolto colla miseranda caterva delle cinque mila vittime inumate nel cimitero scavato là dove sulla più settentrional pendice il Pellegrino sporge un piè nell’angolo sinistro del golfo, niun marmo ne tutela il cenere obliato e tra li altri confuso! Ma tanta virtù d’ intelletto e di spiriti vasti ed ardenti, ma la gloria del sapere che ogni altra suol vincere di lunga, non saranno perite del tutto, e Voi, o Signori, il povero tributo che ho voluto donar- ‘gli accompagnerete io spero con ricordanza amarissima e duratura di perenne fama foriera, e coi voti che l’ esempio da lui porto non vada tosto perduto, e che le opere cui attese abbiano in questo con- sesso medesimo continuatori. (*) Juxta legem in cathalogo meo contentam species novo generi traslatae pristino auctori restitui: species ab aliis malacologis usurpatae jure prioritatis Calcarae servavi. Gul Clavagella Altavillae fos. — Clav. bacillaris var. Thracia Maravignae fos. — var. pubescentis. « Casani fos. — unicum specimen ideoque valde incerta species. Tellina striaiula fos.-— Tel. strigitata Ph. Astarte planata fos. — As. incrassata parva. Cytherea pulchella fos. — an chionis parvae var. « Sysmondae — Cyt. minima Montaig. — Cyrilli Scacch. Pectunculus corrugatus fos. — minutus Lk. Isocardum dubium fos.— Conchomorphites isocardii cordis. Gryphaea affinis fos. « plicata major fos. Exogirae forsitan aut Limae. « a minor fos. Terebratula affinis — variet. fer. vitreae. Helix Assorinensis— eam nunquam legi. « Linusae. — varietas pisanae. « Usticensis — idem. « Di Benedicti— H. Gemellari Ph. « Schwerzembachii — var. castanea Hel. muralis « Spatae — H. exotica alibi nota. Bulimus folliculus — Achatina folliculus Lk. « Mandralisci — Var. monstruosa B. cylindracei. Bulimus uniplicatus — Balea perversa Lk. Valvata Bocconi — V. cristatae var. Paludina Porri — Rissoa paludinoides ejusdem. Pleurotoma Saint-Ferriolii — PI. sinuata Bell. « echinata — Broc. nomine muricis. Pupa sinistrorsa — Clausilia septemplicata Ph. Achatina helicoides — Bulimus helicoides Broc. Ammonites uniplicatus | Consulenda acta S. Ace. Vindobonae monographiam « Scordiae I omnium ammonitum continentia . $ Il Saxieava Planata fos. Venerupis Aradasii fos. Solen inflatus fos. « hiantissima fos. Anatina Parlatoris fos. « Romani Lucina Benzi fos. « Altavillae fos. Venus rugosula fos. Trigonia Orsini fos. Cardium striolatum fos. Pectunculus punctatus « sulcatus Nucula clavata fos. Modiola sinuata fos. « ovata fos. Lima solida fos. Pecten nodulosus fos. Spondylus Friddanîi fos. Terebratula Sartorii fos. Pileopsis depressa fos. « conica fos. Thyreuspolymorphus=nomine Calyptreae Bulla Gargottae Hel. Nortoni «Brocchi « Cumiae « Cupani « Deshayesti « Frivalszkyi Cancellaria costata Fusus La Viae fos. «a Caillaudii fos. Buccinum Lamarkianum fos. « granulatum « Gussonti « Minae fos. a pulchellum Terebra sulcata fos. Mitra striarella fos. Bulimus cylindraceus Clausilia Lopadusae Pupa contorta Lymnaeus minimus - Paludina Salinasti Rissoa Lanceae — anfractibus 5 cancellatis, suturis excavatis, costel- lis longitudinalibus no- dulosis, transversim stria- ta, apertura rotundata, labro simplici. «a Cossurae « Insenghae fos. Eulima striata fos. Chemnitgia turriculata Scalaria serrata fos. Delphinula pusilla a muricata fos. Trochus Wiseri fos. « Granatelli fos. Monodonta Tinei Cerithium himerense Pleurotoma Powerii Horum Pleuro- toma tum pluri- ma. a cl.Bell.no- vo nomine lec- ta :sunt: nescio prioritatem cui concedere. « cingulatum fos. « Salinasti fos. « Loprestianum fos. « cancellatum fos. a stria fos. Philippi fos. POLYPARIA Lunulites patelliformis fos. Lunulites radiata fos. Turbinolia hamosa fos. « aculeata fos. « . Bonelli fos. «compressa fos. Sarcinula sulcata fos. Tot. 71. SULL'ORIGINE DELLA ECONOMIA SOCIALE OVVERO TEORIA DELLA STORIA DI QUESTA SCIENZA MEMORIA DEL PROF. GIOVANNI BRUNO e — 10 — ori L'economia sociale è per noi la scienza che insegna alla umana società quelle teorie per le quali si può acquistare moralità , ric- chezza, e potenza. Questa nostra definizione ingenera due rilevan- tissimi effetti — L'uno è quello di mostrare la conoscenza dei suoi canoni come un dovere indispensabile per ciascun ordine del civile convivio; l’altro è quello di complettere in essa non solo il fine della ricchezza, m’altresì gli elementi della morale e della giustizia delle nazioni — E veramente due sono i poteri d’ogni umana convivenza il potere individuale, il potere collettivo; quello agisce per la spinta del suo privato interesse, questo dovrebbe agire nello scopo del comune vantaggio; ma l’uno ludibrio delle sue passioni incede fluttuante finchè non ha prescritto il cammino, e l’altro talfiata superbo della forza raccolta , finchè disconosce le sanzioni invulnerabili della vita degli 2 SULL'ORIGINE stati, dimentica la sua missione e cancella spesso l'individuo dal- l’ organismo sociale. — Ond’ è che la scienza include due sorta di leggi, quelle che parlano all’individuo, quelle che parlano all’essere complessivo della società; quelle che insegnano all'uomo privato le regole per migliorare la sua fisica e morale esistenza, quelle che insegnano al pubblico amministratore le norme del perfezionamento economico e civile della civica famiglia. — Nell’ individuo è la fa- coltà di compiere le prime, le altre dipendono esclusivamente dal potere sociale; da quì ne segue che amendue i poteri non possono trasandare senza periglio lo studio della civile economia, perchè senz’essa i governati si agitano senza guida, e smarriscono il segno della loro felicità, e i governi possono invertire la forza legale in uno strumento di oppressione. Abbiam dato questa definizione per discendere agevolmente alla teoria della storia dell'economia sociale che deve servire di scorta a fissare stabilmente la sua origine, ed a combattere quella opinione comune al più degli economisti che ne ravvisarono i germi in tempi molto rimoti, locchè forma il subbietto del presente nostro ragio- namento. Tutti coloro che scrissero sulla storia di questa scienza divisarono che dessa è già vecchia pei fatti, sebbene giovane per le dottrine; che gli antichi la praticavano senza conoscerla; ch’ella fu sperimen- tale pria di essere speculativa, e quando poi comparve coll’ appa- rato delle sue teorie non fece che spiegare ciò che quelli aveano trovato senz’essa. — Invalsi da opinione siffatta eglino rimontarono all’età più lontane a rivangare gli embrioni di questa dottrina; il Sismondi ed il Blanqui li cercarono nella società greca e latina ed asseverarono che Atene, Sparta, Roma s'ebbero l’ economia come l’Italia, Inghilterra, la Francia. Il Villeneuve andò ancora più lunge, ei ne scovrì le basi fra gli egizj) e i fenici, ed affermò coraggiosa- mente essere un legame tra l'economia del comun padre Adamo, e quella di Smith, di Say, e di Romagnosi;e a dir breve il Boeck, il Reynier, lo Skorbeck, il Cibrario, il Quadrio, il Pecchio descrivendo le sue vicissitudini, o qualche periodo speciale della scienza, sostennero tutti una identica opinione, assegnando ad epoche più o meno vetuste DELLA ECONOMIA SOCIALE 3 le sue fondamenta, e taluni narrarono piuttosto le vicende biogra- fiche degli scrittori, che quelli della scienza medesima. E a dir vero, tale si è il concepimento delle loro storie che non gl’impediva di mostrarci in ogni società, in ogni stagione, in ogni paese gli elementi primevi dell'economia; poichè essi mentre pre- tendono ridire il nascere, lo svolgersi, l’estendersi delle sue teorie, c'intessono invece i fatti dell'umanità col suo lento e penoso pro- cedere nel sentiero della civilizzazione. Certamente riportandoci fino alla culla delle società si riscontrano sempre dei fatti e dei bisogni che attirano l’attenzione ed agitano il pensiero dei popoli, perchè l’uomo porta con seco un germe di perfettibilità che si manifesta e si sviluppa in quel desio che ha ciascuno di migliorare la propria esistenza; ond’è che in qualsiasi tempo, e dovunque vive una società, un gruppo di uomini, una famiglia si rinvengono sempre degli atti somiglianti a quelli dei nostri giorni; si vedrà sempre una lotta tra il dominio che usa il più forte, e l’ubbidienza a cui è soggetto il più debole, tra la ric- chezza inesorabile e tumida delle sue magnifiche superfluità, e la indigenza avvilita e depressa dalla crudele privazione dei beni as- soluti; fra la moltitudine abbandonata al rigore del suo fiero destino, e i pochi riconcentrati nell’esclusivo godimento delle loro lautezze; fra il malvagio che infrange ogni patto, e la vittima virtuosa che ne tollera i danni. Dovunque svarianti e mascherati in mille modi sì ripetono questi medesimi fatti, nè i Siri, i Fenici, gli Egizi, gli Indiani, i Cartaginesi, i Persiani, i Romani, i Greci andarono esenti da queste condizioni; e quantunque delle memorie di quei popoli non sussistano che sgregate reliquie, eccettone Grecia [e Roma, pure studiando l’uomo nelle sue inclinazioni, nei suoi desideri, nelle sue funzioni è facile il comprendere che una legge stessa governa tutte le generazioni, e che codesta maniera di esistere in diverse propor- zioni, o in vario aspetto è insita e congenita ad ogni umano con- sorzio. — Certamente qualsivoglia nazione, anche barbara, è una so- cietà dove si trovano regole di governo, poche o molte che sieno, scritte, o non scritte, dove si trovano occupazioni svariate, relazioni scambievoli, e però governi, leggi, vessazioni, imposte, industrie, 4% SULL'ORIGINE st commerci sotto differenti forme. — Ma sono questi io domando i fatti da cui può dedursi l'origine e la progressione storica della scienza? Sono questi i fatti che scaturiscono da un principio scien- tifico, ossia da una verità immutabile che sta salda contro gli av- venimenti dei secoli? O ‘non sono i fatti che derivano da quella legge naturale che domina le generazioni; da quell’istinto inaltera- bile dell’ umanità ad immegliare la propria condizione; da quella tendenza che trasse i popoli verso ignoti destini, e che alternandoli in una vicenda di dolore e di speranze ora gli ebbe sommersi in un baratro di sofferenze, ed ora li ha fatto risorgere a tergere qualche lagrima della loro sventura. — Grandi insegnamenti, egli è vero, sono pel filosofo i fasti delle nazioni; dall’esperienza dei loro falli ei ne ricava una lezione profonda per l’avvenire, ed un’arma efficace a propugnare il culto della verità scientifica; ma la storia della scienza economica dee percorrere altro sentiero ; essa deve descrivere gli sforzi dello spirito umano per iscovrire, ed applicare le leggi immutabili che la Provvidenza assegnava pella nostra mi- gliore conservazione, e pel nostro intellettuale e materiale perfezio- namento.— Se la scienza abbiam detto essere la luce che illumina i governi e i governati sulle regole per le quali si acquista mo- ralità, ricchezza e potenza, o in altri termini essere la stella in- dicante il cammino che debbono tracciare le civili adunanze nella via del progresso, ne segue che un grande intervallo dovea neces- sariamente separare la scoverta , lo svolgimento , l’ estensione , la realizzazione delle idee scientifiche, dal nascere, dal vivere, dall’a- vanzarsi, dall’estinguersi delle umane convivenze; poichè una diffe- renza radicale esiste fra il reggimento economico degli antichi stati, e le norme che dà l’economia per regolare gl’istituti e gli atti delle odierne società ; quello sorgeva da sistemi incerti e confusi nella legislazione generale, e variabili secondo gl’ interessi, la forma, e le mire dei governi e dei popoli ; le altre invece scaturiscono da leggi immutabili discusse disaminate ed applicabili senza eccezione di tempo o di luogo; quindi nissun legame, nissuna somiglianza po- teva esistere fra la solidezza dei nuovi principì, e la vertigine delle annose istituzioni. DELLA ECONOMIA SOCIALE 5 Una scienza può dirsi veramente costituita, quando dia monu- menti durevoli e perenni delle sue teoriche; quindi la sua vita co- mincia dal giorno in cui una legge, almanco, è vera ugualmente pei popoli che sottostanno ai ghiacciati poli, e per quelli scaldati dalle zone ardenti; dal giorno in cui il filosofo può conoscerne le intime cagioni, e antivedere quali effetti deggiono derivarne; digui- sachè una legge vera o falsa ad un tempo, o mutevole con le vi- cissitudini delle stagioni, o di cui signora l’origine speculativa, © le pratiche risultanze, è una legge che non deve appartenere al dominio della scienza — Laonde per sostenere che l’ economia po- litica ci fu legata dalla sapienza greca o latina si dovea dimostrare che le istituzioni o le opere di quell’età contenevano dei principi veri ineluttabili e adottati dai pubblicisti dei nostri giorni; facciamo noi questa disamina per meglio rilevare l’inganno degli scrittori e per confortare vieppiù Ja nostra opinione. Tutta la scienza sociale si riassume, colle parole stesse di un suo storico , in questa proposizione; libertà di lavorare, e libertà di far uso del proprio lavoro; o in altri termini diciamo noi si compendia nella libertà della persona, delle funzioni, delle cose; e siccome non vi ha libertà senza l’esclusivo e l’assoluto dominio di ciò che si dichiara libero, così l’idea di proprietà è complessa e incarnata nell’idea di libertà, quindi la scienza consagrando il prin- cipio della libertà di azione ha santificato nei codici umani il di- ritto della proprietà personale che Dio solo ci ha dato, e che nis- suna forza sociale può togliere o menomamente conculcare. — Ora se dalle istituzioni o dalle opere antiche sorga qualche nozione sul dritto sacro e invulnerabile della libertà individuale, noi dateremo da quell'epoca il nascere della scienza, ma se all'opposto l'elemento della libertà fu sconosciuto, se le idee o i fatti furono in completo disaccordo colle sanzioni dell'odierna economia sociale, noi diremo contro l’autorità di Blanqui, di Villeneuve, di Sismondi, di Boeck, di Reynier, di Cibrario e di altri mille, che in quei secoli ov'essi. rinvennero le basi della scienza, noi vi troviamo l’ assoluta igno- ranza delle sue teorie, ed il contrasto il più riluttante e più deplo- rabile tra quei fatti e le leggi ch’essa stabilisce. 6 SULL’ORIGINE Ed in vero un solo fatto consumato nell’ antica legislatura, una sola idea ammessa come verità irrefragabile nei libri degli antichi filosofi ci manifesta ad evidenza non essersi per anco intraveduto il principio vitale della libertà e dell’uguaglianza civile.— Già si com- prende ch'io voglio alludere alla schiavitù, a questo misfatto avito di lesa umanità, che potè soltanto essere cancellato dallo splendore delle nuove credenze. — La schiavitù , è saputo, fu condizione es- senziale delle vecchie ragunanze; la schiavitù fu precetto consacrato negli scritti dei filosofi; la schiavitù fu legge santificata nei codici delle trapassate generazioni, la schiavitù insomma, si esprime ine- sattamente lo stesso Blanqui, fu il carattere distintivo dell'economia politica greca e romana. — Aristotile, Platone e Senofonte sono i filosofi che gli storici francesi ci additano come fonte delle dottrine economiche, recandoci alcuni brani onde parve loro trasparire qualche barlume economico, e tralasciando quei tratti che mettono in piena luce la loro assoluta ignoranza di ogni economica nozione. — Ecco quanto di economia ci lasciò scritto Aristotile nella sua politica; la schiavità è creazione della natura, essa divise gli animali in maschi e femine, agli uni diè la forza per comandare, alle altre la debo- lezza per ubbidire, così nella specie umana àvvi degli esseri infe- riori come il corpo lo è dell’anima, e la bestia dell’uomo; questi esseri sono buoni pei soli lavori corporei, e sono incapaci di ogni opera intellettuale, quindi la natura li ha destinati alla schiavitù , poichè non vi ha nulla di migliore per essi che l’ubbidire — I loro servigi essendo utili soltanto per il corpo si rassomigliano a quelli dei bruti, e perciò conchiude che la natura ha creato alcuni uomini per la libertà, ed altri per la schiavitù, e perciò essere utile e giusto che lo schiavo ubbidisse. — Ed altrove soggiunge, la scienza del pa- drone si riduce asaper far uso del suo schiavo, perchè deve giovarsi della cosa che gli appartiene, chè lo schiavo fa parte della famiglia. Platone scrivea, se un cittadino uccidesse il suo schiavo la legge dichiari l’uccisore immune da ogni pena, purchè si purifichi con espiazioni, ma se uno schiavo togliesse di vita il suo padrone gli si faccian soffrire tutti i trattamenti che stimansi acconci, perchè non gli si lasci la vita. DELLA ECONOMIA SOCIALE 7 Senofonte andò ancora più avanti; egli propose, tra i mezzi di aumentare la rendita della repubblica di Atene, il monopolio degli schiavi per indi locarli al maggiore offerente dopo di averli mar- chiato in fronte, per impedirne la fuga olo smarrimento, come noi facciam per le bestie. —In quanto poi all’importanza delle industrie che forma il cardine essenziale su cui si svolgono quasi tutte le teorie della moderna economia, accoltate le opinioni di codesti filosofi. La natura, dicea Platone, non aver creato nè fabri, nè calzolai : somiglianti lavori degradare coloro che li esercitavano , vili mer- cenari e miserabili senza nome pel loro stato medesimo doversi escludere dal godimento dei dritti politici; il commercio tollerarsi come un male necessario pei soli stranieri, ma il cittadino che si avvilisse col traffico di bottega doversi perseguitare come delinquente, e punire di un anno di prigione, e addoppiarsi la pena a ciascuna recidiva; i beni di fortuna essere l’ultima delle nostre cure, poichè grandi ricchezze, e grandi virtù sono cose incompatibili. E Senofonte dichiarava infami le arti manuali, e indegne d’ un cittadino ; e lo Stagirita quantunque sembrasse riconoscere la ne- cessità delle industrie e dei commerci, pure di quando a quando è trascinato da quella opinione, allora imperante, che dispregiava le arti e preferiva l’agricoltura. Oh mirabili documenti per contestare il mattino della civile fi- losofia! oh splendide teorie che provano, siccome vuole il Blanqui e il Villeneuve, che l’economia politica, tal quale ai nostri giorni la intendiamo, non era punto ignota ai più illuminati fra i con- temporanei di Platone!! Se dappoi dalle idee dei filosofi, che la brevezza del tempo mi fa cennar periscorcio, volgiamo alle istituzioni alle leggi, non tro- viamo neppure uri brano solo che fosse in armonia coi dettami della civile sapienza — La politica greca distingueva due classi di uomini; il popolo, così detto, si componeva di una casta privile- giata per la quale lavoravano le masse avvilite sotto l’ intollerabile giogo del servaggio, ed elleno costituivano l’altra classe, che non osava di nomarsi popolo; col sistema della servitù , questo titolo racchiudeva un delitto. 8 SULL’ ORIGINE L'economia, o a dir meglio, l'ordinamento economico dei Greci, sottostava ad una rigorosa ingerenza governamentale; la legge in- terveniva in tutte le funzioni sociali, e nulla abbandonava alla li- bertà privata, alla risponsabilità dei cittadini. — La città riguarda- vasi come una vasta associazione ove l'individuo scompariva, con- siderato come la ruota di una gran macchina per compiere una funzione assegnata. — Tutto ciò che non era greco tenevasi come barbaro; l'orrore per il lavoro, il disprezzo per il commercio, V'in- differenza per lo straniero o lo schiavo era comune alle diverse città della Grecia; e se tra mezzo a tanto bujore trasparisse qualche fioco raggio di verità era piuttosto una ispirazione, o meglio un ri- sultato accidentale di una congerie di tentativi, che il frutto di una meditazione profonda, di una idea discussa ed analizzata nelle sue conseguenze. Sventuratamente per l’umanità Roma ci offre i medesimi errori che abbiamo lagrimati nella Grecia; poichè la schiavitù, come un destino di sangue compariva sempre nella costituzione degli Stati riguardata come una condizione della sociabilità ; e Roma libera, o serva degl’imperadori vide questo crudele misfatto senza peranco sospettare ch’ei fosse contrario ai sacri diritti della natura e delle genti. Le dottrine greche sulla schiavitù nulla aveano perduto della loro nequizia anche ai tempi di Cicerone. — È noto infatti con quali gelide espressioni l’ illustre oratore parlò del pretore Domizio che fece atrocemente crocifissere uno schiavo per avergli ucciso un ci- gnale; ed è noto altresì che il liberale Catone diceva; i nostri schiavi sono i nostri nemici, terribile espressione che giustificava tuttociò che la privata ferocia poteva inventare di più odioso. Per questo la servitù giocava la scena in tutti i rapporti della famiglia e della società latina; il marito ed il padre era il tiranno domestico che ripudiava la moglie, e vendeva i figli, o li puniva di morte; i patrizi organizzatisi in una possente aristocrazia sorvo- lavano tra cocchi dorati seguiti da una folla di schiavi che Drucia- vano delle sostanze onde profumare e dilettare l'olfatto dei loro si- gnori. — Tutta la legislazione romana, ammirata tuttavia come parto d’inarrivabile sapienza, è un luminoso monumento degli errori dei DELLA ECONOMIA SOCIALE 9 giureconsulti, e dei pregiudizì antisociali di quel popolo sulla pro- prietà, sulla industria, sul commercio. — Un mucchio di leggi agra- rarie : la Cassia, la Licinia, la Flaminia, la Sempronia, la Cornelia, la Servilia, la Flavia, la Giulia, provocate dall’ ambiziosa utopia di livellare le fortune private, partivano i campi romani in porzioni uguali fra i cittadini. La legge Terenzia ordinava la distribuzione mensuale di cinque misure di grano pei poveri, funesto espediente per eccitare la pigredine, e sviluppare l’indigenza — La legge Sem- pronia che stabiliva un maximum per il prezzo dei grani produsse quelle tante carestie che si evitano dai moderni colla libertà delle transazioni commerciali. La legge Caninia vietava l’ emancipazione degli schiavi; il lavoro considerato come il simbolo della schiavitù s'interdiceva a coloro che non vi erano predestinati dalla natura. Augusto pronunziò, col plauso del popolo, la pena di morte contro il senatore Ovinio che si era degradato a dirigere un opificio. — Cicerone stesso, malgrado la superiorità della sua intelligenza, scrivea nel trattato dei doveri; il commercio potersi appena tollerare, quando si operava in grande col fine di approvigionare il paese, ma essere sordido quando si esercitava a dettaglio, perchè i piccoli mercanti non posson guadagnare senza mentire — Insomma i Romani vole- vano consumare senza produrre, o piuttosto l’industria più onorata e più feconda era la guerra; la produzione più abbondante erano i tesori e le spoglie dei popoli conquistati che provvidero lunga- mente alla loro voluttuosa oziosiotà. Essi abborrivano la navigazione, e la distruzione dei vascelli fu la prima condizione dei loro trattati coi vinti; nella sola Cartagine bruciarono più che cinquecento navi. Epperò venne giorno che il bottino mancò, ed allora la rovina fu inevitabile perchè le industrie tenute in uno stato di abbandono e di abbiezione non offrivano risorsa veruna a quel popolo bellicoso. Intanto in questo breve lavoro io non posso travalicare i secoli e rigordare tutti i traviamenti, e tutti i pregiudizî che dominarono i popoli dell’antichità. — Ciò che ho detto fin quì sembrami suffi- ciente a giustificare quell’opinione per la quale vogliamo negare agli antichi il merito di aver conosciuto i primi elementi della scienza civile. 10 SULL’ ORIGINE E veramente s’ essa fu per noi definita, la somma delle verità che additano le sorgenti della virtù della ricchezza della potenza delle nazioni: se la fonte perenne ed immutabile di queste condi- zioni si è detto trovarsi nell’assoluta libertà della persona e delle funzioni garentita ad ogn’individuo senza distinzione di razze, di caste, di corporazioni o di altri privilegi, ne segue naturalmente che ove la risponsabilità individuale fu assorbita dal potere sociale, dove il santo diritto di cotesta libertà comune fu ignorato nello svolgimento delle idee, o fu conquiso e calpesto dalle civiche or- dinazioni, quivi non balenò neppure un pallido raggio dell’ astro fulsente della sapienza civile. Io credo che la cagion dell’equivoco onde furon tratti gli storici, possa rinvenirsi in quella rassomiglianza che esiste tra le forme e le pratiche del pubblico reggimento presso i popoli antichi, e quelle dei popoli moderni. Eglino infatti trovarono schiavi nei giorni idolatri della fiorente Atene e della possente Roma, e schiavi nelle Colonie Americane del secolo XIX accanto l’altare di Cristo; ravvisarono oligarchie privi- legiate nelle vecchie società, e caste privilegiate frai nuovi popoli d'Europa; incontrarono poveri nella piazza di Sparta, di Atene, e di Roma che vendevano i loro voti all’incanto, e poveri in Londra e in Parigi che spesso han soffocato parimenti la propria convin- zione pel bisogno di alimentare la vita gittando un voto corrotto nell’urna donde scaturiscono le sorti della nazione ; eglino videro esser male cronico degli Stati l’esagerazione delle imposte , l’osti- nazione pelle dogane protettrici che dissolvono tuttavia gli elementi della prosperità nazionale; esser vizio decrepito la jsordidezza e l’im- manità dei pubblicani moderni, essere antico errore lo intervento di un potere dirigente nell’attività industriale, e su cui ciecamente han confidato sempre le masse come l’àncora di salute pell’incre- mento della ricchezza. Eglino scorsero d’altra parte che i nostri proavi non fecero. mi- nori sforzi di noi per liberarsi da questi flagelli ; che in tutte ile sociali convulsioni non si son viste che due fazioni, quella degli uomini che voglion vivere del proprio lavoro, e quella degli uo- mini che intendono vivere del lavoro altrui. DELLA ECONOMIA SOCIALE 11 Ora per tutte queste osservazioni, dalle quali si rilevò una grande analogia tra le istituzioni e i fatti dell’antichità e quelli dell’epoca nostra, si volle conchiuderne che l'economia politica per molti capi fu nota agli antichi, e che gli scrittori del diciottesimo secolo si apposer male divisando di aver trovato il segreto della scienza so- ciale. A leggere queste parole si è indotti a credere che la scienza moderna insegna i mezzi per affliggere i popoli e non quelli del loro benes- sere; ma se invece i di lei dettami mirano a rendere men triste, meno infelice la sorte delle moltitudini, devesi necessariamente af- fermare che un immenso spazio divide le verità scientifiche dagli empirici tentativi dei popoli; e se le nazioni viventi soffrono cala- mità, pressochè somiglianti alle trapassate sciagure, è questa una altra ragione per distinguere la storia delle idee, dalla storia dei fatti; oa dir meglio la storia delle verità o delle teorie, dalla storia degli errori e dell’empirismo. Di fatto se colla espressione di eco- nomia pubblica si vuole significare un qualsiasi temperamento eco- nomico degli stati, non vi ha dubbio che questa dottrina, come dianzi ho detto, sia molto più remota e più conosciuta, che non si è pensato nè descritto; poichè un ordinamento, comunque di- fettoso, esiste presso tutte le umane adunanze; anche tra i selvaggi trovasi qualche regola speciale di vivere, perchè i selvaggi sono uomini, e gli uomini sono dovunque e in ogni tempo tormentati da bisogni più o meno estesi, e cercano per tutto di sodisfarli coi mezzi più dicevoli alle idee che predominano, e alla condizione di civiltà in cui sono arrivati. Se però, tutto all’apposto, dobbiamo nel titolo di economia politica comprendere una scienza che sanziona leggi e teorie eterne per le quali possono le società civili intendere alla loro migliore conser- vazione ed al loro morale e fisico perfezionamento; se la storia di una scienza significa la storia delle sue teorie; se teoria importa verità; se la verità è sempre feconda di utili risultati, ne segue che tra questa scienza e le istituzioni vetuste àvvi quello intervallo che separa il pensiero contemplato e discusso dal filosofo dal fatto impulsivo praticato dall’insipiente, àvvi quel divario che distingue 12 SULL’ ORIGINE lo splendore del merigio, dalle fosche tenebre della notte , quella distanza che cotre tra la verità e l’errore, fra la ragione e la forza, fra il diritto e l'oppressione, fra la guerra e la pace, fra il dispo- tismo e la libertà. E per fermo se noi rileviamo per avventura che l'ignoranza, l'errore l'ingiustizia che governarono le generazioni rimote, sono fatti che la civiltà dei tempi nostri non ha potuto espellere dal mondo, certo non sarà per questo che dovremo dedurne esistere dei rapporti tra l'economia politica dei contemporanei, e quella degli antichi, ma piuttosto deesi inferirne che gli errori, e l’ ingiustizia sono piante abbarbicate che si divelgono quando i dettami della scienza vengono a purgare lo spirito degli uomini, quando la sua luce sorge a guidare i loro passi, a dirigere il loro movimento, a cancellare il di- vorzio dei principî e dei fatti, ad armonizzare le indicazioni del sapiente colle istituzioni dei governi, e stringere un nodo di pace e di lealtà fra gli atti talfiata sconsigliati dei potenti, ed il pensiero illuminato dei deboli. — Laonde intessere la storia dell’ economia sociale, col percorrere i secoli delle nazioni , col passare a rivista i danni subiti dalle società, col narrare gli avvenimenti fortuiti che influirono alla decadenza, o al risorgimento degli stati, collo sporre le sventure sofferte dall’ uman genere; mi sembra slontanarsi dal descrivere lo sviluppo logico della scienza, la quale indipendente- mente da qualunque specie di organismo, innalza fra i suoi inse- gnamenti e le cieche ed istintive operazioni dell'umanità, un muro di demarcazione che sarebbe delitto rimovere — Non vi ha dubbio che una lezione profonda riceve la scienza dalla sposizione dei falli e degli eventi sociali: essa avvertita dall’esperienza delle passate stol- tizie, rifugge da quelle condizioni grondanti di sangue che incep- pavano gli uomini, i quali tramandarono fino a noi Î' eco geme- bondo dei loro lamenti, e suggella d’ una mano ferma e secura quelle verità sante che inspirate dal soffio celestiale di Dio, pos- sono tergere le lagrime delle umane sventure. Ma non vi ha dub- bio altresì che codesti avvenimenti, codeste vicissitudini, invece di esserci descritti per dimostrare il cammino della scienza, doveano tutt'al più essere attelati per farne un bello contrasto fra le dolorose DELLA ECONOMIA SOCIALE 13 disfatte dell’errore, e i trionfi salutari della verità, fra i mali che incontra l’uman genere quando è fuorviato dall’ordine dei naturali decreti, ed i beni che va raccogliendo allorchè, avvalorato da prin- cipî maturi dimostrati e completi, s'innoltra nella via che la scienza ha prescritto; fra l’indugio mortale con cui muove il passo vacil- lante nel bujore dell'ignoranza per conseguire migliori destini, e la virtuale alacrità, con cui corre al suo fine quand’ è rischiarato dal vivido raggio della filosofia civile. Diciamolo anche una volta, la storia dell'umanità, delle sue vi- cende, dei suoi mutamenti, dei suoi trascorsi, dei suoi progressi, non ha nulla di comune colla storia della scienza sociale, perchè l’una dispiega gli atti e le funzioni dei popoli, l’altra rassegna le scoverte e il pensiero dei dotti; ma gli atti, e le funzioni possono rientrare nella storia cronologica della scienza quando sono imme- diate conseguenze dei suoi dettami applicati. —Così chi volesse de- scrivere il periodo scientifico dei nostri giorni, col metodo seguito sin’oggi dagli storici avrebbe ne’ sociali avvenimenti numerosi fatti discrepanti a notare, e pei quali i mostri nepoti non saprebbero discernere se addì nostri la filosofia civile, vagiva tultavia in culla, o fosse divenuta adulta e consigliava le genti. Difatti quale diversità di carattere non sì scerne nelle risoluzioni dell'Inghilterra, che continuando la grand’opera di Robert Peel scio- glie sempre meglio le industrie dai vecchi legami, ed apre i suoi porti a liberissimo commercio, e le risoluzioni della Francia che vuole trincerarsi ancora dietro il sistema di protezione, ed alza bastite per difendere stolidamente il campo dell’ operosità nazio- nale? — Tra le sanguinose giornate di giugno 4848, nelle quali un socialismo effrenato invocava in Francia | organizzazione del la- voro, e il bisogno di un'autorità dirigente; e l’ emancipazione del lavoro degli schiavi, e delle colonie inglesi dalla direzione del potere e dalla supremazia della metropoli ? Questi fatti, per non dir altro, non si possono scambiare tra loro, nè lo stato attuale della scienza si può confondere con essi. —Ora lo storico, che, senza alcuna distinzione, narrasse codesti avvenimenti per dimostrare il punto dove trovasi l economia civile nel mo- 1% SULL'ORIGINE mento in cui viviamo, farebbe ad un tempo la storia delle verità, e la storia degli errori, e i posteri nostri potrebbero sospettare che la dottrina della libera concorrenza commerciale contendeva coll’in- sano sistema delle restrizioni, che la teoria dell’emancipazione am- ministrativa stava tramista colla pedagogia burocratica. Epperò quei canoni, indelebilmente sanciti nel gran codice della sapienza civile, sono di già abbastanza sceveri e distinti per non essere confusi coi fatti erronei da noi accennati, e quando si vo- lessero enarrare questi fatti per norma dell'avvenire e per lumeg- giare la storica progressione della scienza, farebbe uopo di segregarli, e dimostrare da un canto come la scienza realizzava in Inghilterra l’ineluttabile verità del libero cambio, per la voce eloquente dell’o- scuro fabbricante di Manchester, Riccardo Cobden, che in pochi anni giungeva ad opporre una lega formidabile alla tenace aristocrazia in- glese, e persuadeva il ministro Peel a riconoscere gli utili risultamenti della libertà delle relazioni internazionali; e dall’altro canto spo- nendo i falli della Francia e di altri regni che procedono a di- spetto della civile sapienza, o come s' ella fosse tuttavia parvoleg- giante, si dovrebbe rilevare invece che tra codeste pratiche e le teorie scientifiche àvvi un grande intervallo ; che questi fatti succedono per l’isnoranza dell'economia sociale, o pel dispregio in cui si ten- gono i di lei insegnamenti. La storia d’una scienza, io lo ripeto, è quella che indica |’ ori- gine, la successione delle sue scoverte, e il progresso rapido o lento delle sue vittorie; ora se la divisa costante della scienza economica si è l’uguaglianza civile, e la libertà nelle diverse relazioni della vita pubblica e privata, ne viene che la genesi dell’economia civile ritrae da quel tempo in cui la nozione dell'uguaglianza e della li- bertà comune penetrava nelle idee o nei fatti degli uomini. — E siccome la nozione della libertà e dell'uguaglianza civile era luce che spuntava col fulgore delle sante dottrine del Cristianesimo, sem- bra a me che l’economia sociale non ebbe, nè poteva aver vita, finchè l’arcana parola di Dio non insegnasse alle genti che gli uomini sono tutti uguali e liberi, e che la conservazione, la prosperità, la mo- rale, ed il loro perfezionamento dipendevano dall’ applicazione di DELLA ECONOMIA SOCIALE 15 questa legge divina — Fu questa la prima pietra dell’edifizio scienti- fico; perlocchè la scienza nacque bella, e vigorosa, e potrebbe dirsi anche adulta e gigante, poichè il principio della libertà fondato col martirio, e proclamato dal Cristianesimo riassume tutte quante le teorie da cui può derivare la migliore conservazione, ed il massimo incivilimento dell'umanità — Se non che àvvi questa differenza fra la libertà predicata dalla religione e quelle insegnate dalla scienza; che l’ una adottandosi come credenza s' incarnò virtualmente nel- luomo prima di parlare all’intelletto il linguaggio dell’esperienza, perchè i secoli del gentilesimo non potevano fornire l’ esperienze della libertà; mentre per l’opposto la libertà scientifica dovendo con- vincere la ragione ha dovuto munirsi di mille prove contemplate nelle più rimote conseguenze — E siccome gli uomini sono cosiffatti che procedono sempremai per imitazione, e non si divezzano da vecchie usanze, se non comprendono, o se non credono almeno la utilità di costumi novelli, per questo n’è susseguito che l’ emanci- pazione religiosa opera e si estende soltanto nei popoli che gustano l’ineffabile alimento della verità cristiana, mentre la libertà scien- tifica s' intende ugualmente, e si pratica dai figli del Vangelo, o del Corano. — Per questo la distinzione delle razze e delle caste, e l’esecrabile delitto della schiavitù tormenta ancora i popoli sog- getti alla mezza luna dell'Oriente, e la libertà delle industrie e dei commerci, principio tutto scientifico, fa sentire del pari la sua pos- sente influenza a chi abita sul Tamigi, a chi vive sul Bosforo e sul Nilo. Epperò è da notare, che in fondo a questi fatti, io penso esser mai sempre occulta la mano misteriosa del Dio d’Istraello, la quale fa servire la scienza sociale come strumento per ingrandire sempreppiù i trionfi del cristianesimo, e fa sì che lo spirito umano dopo di aver compreso il bisogno della libertà civile, ed economica come base inevitabile dell’ incivilimento e della ricchezza delle na- zioni, risalga alla fonte di questa legge necessaria, e si avvegga il principio della libertà personale avere una scaturigine ben altrimenti augusta dei sistemi e delle invenzioni degli uomini, che esso è de- rivato da Dio, che lo stampò nella natura umana come condizione eterna del suo perfezionamento. 16 SULL’ ORIGINE Laonde io credo fermamente, che il nascere dell’economia poli- tica possa fissarsi all’epoca dell'avvento del Cristianesimo , il quale accogliendo nel suo grembo le masse abbandonate dalla filosofia pagana, rivelava loro il vero destino dell’umanità su questa terra di lagrime. L'antica filosofia in mezzo ai suoi meriti, in mezzo a qualche barlume di fraternità che traluceva nelle diverse scuole che divide- vano le alte intelligenze della società pagana, ebbe il torto imper- donabile di non aver fatto giammai un coraggioso ed energico ten- tativo per riformare in grande la società e strapparla dalle sue abitudini di corruzione, e di ferocia. — Essa circoscritta nel do- minio della speculazione in profitto di alcuni uomini privilegiati restava indifferente innanzi ai mali dell'umanità intera, perchè non seppe abbracciare quella morale affettuosa di carità, e di uguaglianza inspirata del Cristianesimo, il quale col prodigio di un sistema omo- geneo in cui le grandi verità erano coordinate con un meraviglioso insieme e messe sotto l’usbergo d’una fede ardente, apportava alle nazioni i principi sviluppati del loro perfezionamento, e la imme- diata applicazione di essi in tutti gli ordini della società. Ascoltate le parole dell’apostolo San Paolo, è vedete se non trovisi in esse compendiato il programma dell’economia politica dei nostri giorni. — La terra, ei dice, è abitata da una grande famiglia di fratelli, figliuoli del medesimo Dio, e governati dalla stessa legge morale da Gerusalemme ai confini della Spagna; le mura di sepa- razione sono rotte, le nimistà che dividono gli uomini debbono estinguersi, il cristianesimo non fa eccezioni nè di Greci, nè di bar- bari, nè di savî, nè di semplici, nè di Ebrei, nè di gentili; dinanzi a lui formano tutti un popolo, tutti sono uguali e liberi, o chia- mati ad uno stato di libertà; la provvidenza è uguale per tutti: la terra è del Signore con tutto quello vi si contiene. Il cristianesimo riconosce nei deboli, e negli oppressi alcuni diritti che i grandi debbono rispettare; ai padroni comanda la dolcezza e l’equità verso i loro servi, ma esso non iscuote violentemente le istituzioni con- sacrate dal tempo; non solleva lo schiavo contro il padrone anzi gli raccomanda che nei suoi patiri non rifugga come lo stoico nel DELLA ECONOMIA SOCIALE 17 suicidio, ma soffra e resista colle armi spirituali. — Ecco le grandi leggi che venivano predicate ad una società di orgogliose disu- guaglianze; ecco le grandi verità che in oggi costituiscono le fondamenta del cosmopolitismo economico e politico, che riven- dica i diritti dello schiavo, che vuole distrutte le gelosie nazionali, che vuole tutelato indistintamente il diritto dei sommi e degl’ imi, che vuole associare gli uomini in una comunione di affetti, e d’in- teressi, che vuole affranti i privilegi elevati dalle decrepite aristo- crazie, che impone giustizia ai potenti, e consiglia moderazione ai deboli, ed agli oppressi. Queste profonde verità cominciano a far sentire la loro iniste- riosa influenza nel diritto di Roma; ed il linguaggio dei giurecon- sulti coevi al Cristianesimo si abbella di quei colori che oggi ren- dono importante la scienza. — La natura, scrivea Fiorentino, ha for- mato tra gli uomini un certo parentado, tuler nos cognationem quamdam natura constituit, e però la servitù è uno stabilimento del diritto delle genti, per lo quale taluno è sottomesso al dominio altrui contro natura. — Ed Ulpiano confessava che per dritto naturale tutti gli uomini soro uguali, tutti gli uomini nascono liberi, omnes homines aequales sunt, ed altrove jure naturali omnes liberi nasce- rentur; così la filosofia del dritto faceasi l'eco delle massime del Vangelo protestando in nome della natura contro la più terribile delle sociali disuguaglianze; così guizzava nelle idee la primordiale nozione giuridico-economica della libertà e dell’uguaglianza che rias- sume la soluzione di tutti i sociali problemi, e della civiltà uni- versale, e così ancora operavasi nei fatti una rilevante trasforma- zione —L’elemento romano sostenuto dall’aristocrazia sforzavasi per conservare le distinzioni tra i sudditi cittadini, e i sudditi provin- ciali, ma gl’imperatori favorevoli ad un progresso che dovea slar- gare le sorgenti della popolazione, estendono la cittadinanza, e la trasportano nelle province , e alla perfine sotto Caracalla , questo spirito di omogeneità, a cui si ebbe lungamente ripugnato, vince tutte le opposizioni, e il titolo di cittadino è concesso a tutti i li- beri soggetti, e l’ impero diviene la patria comune di tutti, e per- tal modo si cancellano le distinzioni di razze e di origine; il Ro- 3 18 SULL'ORIGINE mano è confuso col Gallo, l’ Italiano col Siro e 1’ Africano; così la verità cristiana dopo di avere penetrato nelle masse come religiosa credenza, s' insinuava nelle intelligenze come dottrina, e s’ applicava alla società come espediente rigeneratore. Nè questo solo : essa realizzava in tutto il reggimento dello stato quei grandi canoni che formano le più belle sanzioni della scienza moderna. — Difatti è ineluttabile che la proprietà costituisce il car- dine fondamentale di ogni civile convivenza; come altresì è condi- zione della proprietà, il diritto di trasferirla dopo la vita; ora que- sto diritto serbato nell’ antica Roma ai soli cittadini padri di fami- glia, col Cristianesimo si estende ai figli, alle donne, a tutti i sud- diti dell’ impero. — Sappiamo lo scopo dell’ economia politica essere l’ equo reparto dei beni nel maggior numero possibile dei conso- ciati ; però questo scopo dovea mancare a fianco di quella formola ambiziosa del dicat testator et erit lex ; ma questo potere eminente si annulla colle regole del diritto naturale che dimostrano la facoltà di testare, non già come pura concessione della legge, ma come un or- gano di trasmissione per chiamare a partecipazione delle ricchezze i congiunti che sopravvivono; e quindi il testatore con questo principio non ebbe più la facoltà assoluta di disporre dei suoi beni senza tener conto della sua prole, e a diredare i suoi figli senza giuste cagioni. Si facea di più, si scoteva la vecchia base della famiglia romana, restituendo alla natura il pieno possesso dei suoi diritti, e l'ordine delle successioni, che seguivano dapprima il legame della patria po- testà, viene ravvicinato alle condizioni del drilto di sangue. — Co- stantino iniziava l’ opera, ma ne fu arrestato dagli ostacoli e dai pregiudizi del tempo; toccava a Giustiniano, al riformatore del sesto secolo, di far crollare 1’ antico edifizio delle successioni, e d’innalzare il diritto a condizioni più giuste e più umane, gittando le basi di . un sistema novello che distruggeva tutte le inique disparità ed anomalie delle pretendenze agnatizie dell’ avita legislazione; di un sistema che effettuando la legge dell’ uguaglianza, proclamata dal Cristiane- simo, dovea sopravvivere a tutti i colpi della barbarie, al risorgi- mento della superbia aristocratica dei (tempi mezzani, agl’ interessi vivaci della feudalità, e dovea formare la pagina più ammirabile DELLA LECONOMIA SOCIALE 19 ne’ codici dell’ attuale incivilimento. — Che più ? I’ emancipazione della donna è uno scopo verso cui tende la novella teoria so- ciale ; ma la donna greca, o romana era la cosa di cui il marito avea la proprietà, era la schiava del tiranno domestico ; ebbene il Cristianesimo identificando l'unione conjugale col Sagramento della Chiesa, fa divenirla compagna dello sposo, ed allora il matrimonio, questo primo anello dell'umano consorzio, questo fuoco elementare della civiltà, sottratto dal barbaro materialismo pagano, sollevò la donna da quell’ abbiezione ov'era tenuta nell'antica Roma, da quella esistenza letargica e straniera al movimento sociale, ed invece le dà come l’uomo una missione sulla terra. Essa va a conoscere il foro ed il pretorio, una volta interdetti al suo sesso, ella vergine o madre, vedova o sposa ha novelli doveri a compiere, novelli dritti a conseguire. E fina'imente il dispotismo paterno venia spogliato dall’esecrabile dritto di vita e di morte ch'esercitava sui figli, e da quell’altro che gli permettea di venderli tre volte in ischiavitù. — L'abbandono stesso dei fanciulli del povero, lungamente tollerato come un costume, scusato dalla miseria, venne riprovato dalle idee, e punito come de- litto. — Il Lattanzio. a questo proposito manifestava un principio tutto economico, che più tardi dovea formare il perno del maltu- siano sistema. — Difatto egli scrivea : tanto vale uccidere il suo fi- gliuolo, quanto esporlo ; egli è vero che questi padri parricidi si dolgono di lor povertà, ma in questo caso quelli che per la loro indigenza non possano nutrire i figliuoli astengansi dalle loro spose. Ciò val meglio che portare |’ empie lor mani sull’ opera di Dio. — Ecco le parole stesse di Malthus ; il quale scosso parimenti dal ra- pido incremento del poverismo inglese consigliava agl’ indigenti : se non avete mezzi di alimentare i vostri figli astenetevi dal procrear- li; al banchetto della vita non vi ha coverta per loro. Intanto quella rivoluzione riformatrice che adduceva il Cristiane- simo non poteva operare un subitaneo e deciso rinnovamento delle istituzioni. —Noi sappiamo quanti ostacoli, quante opposizioni, quanti perigli s'incontrano quando si tratta di correggere viziose istituzioni che si trovino inviscerate nei costumi dei popoli, o mantenute dal- 20 SULL'ORIGINE Vinteresse dei poteri culminanti; sappiamo che si oppongono sem- pre gagliarde resistenze, finchè non si comprenda l'utilità che una riforma può addurre, o finchè almeno una forza maggiore della resistenza non astringa ghi oppositori ad abbracciare come benefica quella riforma dalla quale ripugnasi. Ed invero il paganesimo ,, avvegnachè negletto come culto, vi- vea nei costumi, e perciò avanti di convertire gP istituti era me- stieri. intendere a modificare le pubbliche e domestiche assuetudini; poichè le morali rinnovazioni sono mature quando le idee e i fatti sono preparati a ricevere novella direzione. — Il tempo non era per anco arrivato in cui potea scomparire la dura proprietà del- l’uomo sull'uomo; il difetto delle industrie, e le ricchezze concen- trate nelle mani dei padroni toglievano alle schiavo affrancato quei. mezzi di sussistenza che traeva nella casa del suo signore; per que- sto fu visto sovente, doloroso spettacolo, che si ripete nelle colonie americane dei nostri giorni, fu visto l’affrancato rinunziare alla sua libertà, e correre spontaneo ad incontrare la servitù. onde alimen- tare la vita. Epperò se nella brevezza di quesl’articolo potessi manifestare tutta intera F influenza che esercitò la Chiesa Cristiana: in tutti i muta- menti della vita pubblica e privata, tenterei di provare come tutte le verità economiche si trovino registrate in questa sovrumana dot- teina; e quantunque delle altre circostanze avessero potuto.secondare,. o anche predisporre le sue pratiche, essa ha sempre il merito di essere stata la più pura espressione delle tendenze e- dei bisogni. della civiltà. — Il Cristianesimo, a detta del celebre filosofo Cousin, è troppo poco studiato, ed anche meno inteso, e per questo io penso,. ei si considera soltanto come elemento religioso, e paco si cura come elemento scientifico... o tutt’ al più si riguarda come influente al morale svolgimento: degli uomini, e non già come sapienza filoso- fica statuente le leggi del nostro. perfezionamento. Anzi io porto opinione che tulte quante le scienze sociali, il diritto, la morale, l'economia, la politica scaturiscano da: unica fonte, dall’augusta ve- rità del Vangelo; non èvvi regola di virtù, non èvvi sanzione giu- ridica, non èvvi teoria economica, non èvvi norma di una sen- DELLA ECONOMIA SOCIALE 2 sata ragion di stato che non trovis scritta in quelle pagine ispirate. Diguisachè se tutti gli uomini si fossero ad un tempo penetrati delle rivelazioni del Cristianesimo, se tutti avessero coevamente, e costantemente compreso ed operato fe grandi leggi del Signore, queste scienze non avrebbero avuto l’ uopo di un'esistenza scevera e distinta dalla legge divina, perchè allora i principî ch’ esse con- tengoro trovandosi connessi e tramisti nella convinzione di tutti, e regolando gli atti spontanei delle nazioni, sarebbero confusi tra gli impulsi naturali della razza umana, ed il rispetto mutuo della per- sona e dei beni, base costitutiva di ogni sociale disciplina, sarebbe inteso come la necessità di alimentare la vita, di vivere in comu- rione, di dormire, come le centinaia di verità e di fatti che noi sappiamo, e pratichiamo senza ricorrere agli oracoli della scienza. Laonde cosiffatte dottrine furon create e formutate, secondo io credo, perchè le passioni umane derogavano le divine statuizioni,. come appunto lo studio della medicina fu stimolato da quella forza distruttiva della natura che disturba ed afflicse P umano organismo nel corto periodo della sua durata. — Talchè mentre la novella re- ligione aggiustava i costumi e riformava le credenze, la scienza mi- rava a guarire lo spirito per contenerne le viziose tendenze dentro. i limiti della giustizia naturale predieata da Dio. — Egli è per que- sto ch'io volendo ragionare sull’ origine della scienza economica mi sono trasportato all epoca del Cristianesimo ; poichè sembrami che le successive conquiste operate dalla verità scientifica nel mondo delle nazioni, non sono che i trionfi della verità cristiana. Ed è per questo altresì ch’ io veggo i germi delta civile filo- sofia in quei sintomi di sociale riordinamento che sono piutto- sto dispersi nei libri della giurisprudenza del tempo, anzichè rac- colti in un corpo distinto di economia pubblica propriamente detta; dappoichè s’ egli è vero che queste leggi primilive si collegano più presto alle vicissitudini del dritto, che ala genesi e progresso della Economia, non è men vero che le teorie di questa scienza sono canoni del dritto adalti ai bisogni delle convivenze; talchè fino a quando il dritto, la giurisprudenza, le istituzioni legislative in- tendevano a migliorare le società , l economia non avea provato DI SULL’ ORIGINE il bisogno di una esistenza peculiare perchè le scoverte di codeste altre dottrine, quando miravano a raddolcire la sorte degli uomini erano invenzioni di patrimonio comune a tutte le branche della scienza sociale; e quindi se noi abbiam visto che la giurisprudenza cristiana comprendeva l’importanza della libertà personale, riformava il regime della proprietà ; riordinava il metodo delle successioni, sono questi elementi essenziali che costituiscono la nostra migliore - conservazione ed il nostro perfezionamento ; e sebbene questi ele- menti comparissero segnati ne’ codici delle nazioni, pure appar- tengono simultaneamente alla storia del dritto, dell'economia, della morale, della politica; poichè la libertà, la proprietà, l'ordine delle successioni sono le basi che stabiliscono una differenza di civiltà fra i diversi popoli, sono il tronco intorno a cui si avvolgono tutti i problemi della società, tutti le discussioni e gl’ insegnamenti della civile sapienza. Epperò l’ unità comprensiva di questa sapienza civile dovea ne- cessariamente dilaniarsi quando una legge di repulsione sorge- va tra le idee meditate e i fatti impulsivi, tra la teoria e l’ em- pirismo ; quando il dritto naturale restò una voce debole sof- focata tra il tumulto delle passioni politiche, e la morale cristia- na divenne una forza languida schernita o contaminata dalle sor- dide brame degli uomini; in quel giorno in cui l'economia stimò doversi circoscrivere nel campo degl’ interessi materiali ; ed in cui la politica dimenticando un istante la missione di moderare i destini dei popoli, volle ingrandire la sua sfera di mo- | vimento, considerandoli talvolta come strumenti meccanici dell’am- bizione di pochi. Allora fu forza che queste scienze si smembrassero per correre una linea diversa d’investigazione, e per compilare un corpo speciale di leggi eterne immutabili indipendenti dai vertiginosi tentativi che si facevano oltre il recinto del loro dominio; ed è al- lora che la storia di ciascuna di esse dottrine non dee più spigo- lare quei raggi di verità sperperati fra la moltitudine delle istitu- zioni umane, ma si dee solamente rovistare in quei libri che vol- gono su di una serie di fenomeni di pensamenti che da se soli possano essere materia degna di uno studio sceverato ed atteso ; DELLA ECONOMIA SOCIALE 23 ed è allora per ultimo che la: storia d’una data scienza si sbarazza di tutto ciò che può sembrare straniero al di lei svolgimento. Per tal modo se noi volessimo trascorrere tutta la storia dell’eco- nomia movendo dal Cristianesimo, dovremmo travalicare per molti secoli pria di giungere a quell’età in cui ella possa offrirci un do- cumento che dimostrasse , dirò così, la sua emancipazione delle altre dottrine, la sua prima voce deliberante, la sua prima formola scientifica, non per anco affievolita per mutare di tempi, di condi- zioni, e di civiltà. A dir breve dovremmo da Costantino e da Giu- stiniano spiccarci verso il tramonto del secolo XVI per trovare nello Scaruffi, o nel Davanzati i primi saggi di verità coordinate a scienza, e se vuolsi anche tramiste di errori, ma che pure costituivano l’atto solenne dello stato civile della economia politica. Epperò quest’atto quantunque ne contestasse l’ origine civile, non è da considerarsi come la prima indagine scientifica, come la prima luce che lam- peggi fra I assoluta caligine di ogni nozione economica; difatti scor- rendo il periodo che s'interpone tra l’epoca riformatrice di Giusti- niano ed il secolo XVI, noi rileveremmo non pochi materiali sparsi, e confusi qua e là fra la farragine di leggi ed istituti dei popoli, che pure di quel tempo convergono verso la barbarie. Noi trove- remmo qualche monumento economico nei capitolari di Carlomagno, nelle costituzioni feudali, nelle ordinanze dei re, negli statuti delle repubbliche italiane, nel patto federativo delle città anseatiche, fin- chè si giunga a quell’epoca in cui il genio italiano svegliossi a re- dimere la vulnerata libertà delle persone, e delle sostanze, incul- cando la necessità delle riforme, e dettando sotto il velame d’ una dottrina addimandata economia politica, quei teoremi fondamentali che temperavano l’arbitrio e diffondevano i semi della moralità della ricchezza e della potenza degli Stati. Per questo due periodi segna la storia dell’ economia politica, I uno è quello in cui molte della sue teorie furono congenite ai codici ed ai civili ordinamenti dei popoli che vissero dall’era cristiana agli estremi confini del medio evo; l’altro è quello che descrive il di lei cammino dal secolo XVI alla presente stagione. Lo storico dec trattare di amendue, perchè tra lo svolgimento della legislazione, e quello della economia pub- 2 SULL’ORIGINE blica àvvi un’ intima corrispondenza; ciascun atto governativo ad- ducente un novello vantaggio sociale, è un atto che deve compren- dersi nei fasti dell’ economia politica, la quale per noi resta defi- nita come la filosofia d’ ogni umana legislazione. Questo è il mio pensamento sulle regole che deve osservare uno storico nel narrare i fasti della scienza economica ; io non im- presi già nella presente memoria ad intesserne la storia; il mio scopo fu quello di manifestare le mie idee intorno alla teoria che dovreb- bero osservare coloro che voglion dettarla, e di rivendicare a pro del Cristianesimo l’origine della scienza sociale —Se il tempo e lo spazio concesso a questo lavoro me lo avessero permesso avrei potuto dare maggiori sviluppamenti a sostegno della mia opinione; però se il detto fin qui mi ha fatto raggiungere la meta prefissa è que- sto un giudizio che mi attendo dai miei lettori. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA DEL CANONICO PIETRO SANFILIPPO SEGRETARIO DELLA SECONDA SEZIONE LETTA NELLA TORNATA DEI 28 SETTEMBRE 1851. INTRODUZIONE La Sicilia manca di una storia completa della sua letteratura (4). Molti lavori parziali sonosi pubblicati finora, e, pregevolissimi fra tutti, quei dell’ abate Scinà. La storia letteraria di Sicilia, scritta dall’ abate Ferrara e contenuta nel sesto volume della sua Storia generale di Sicilia compresa in nove tomi, non piace e per buone ragioni. IO mi sono accinto a scriverla, giovandomi delle opere già pubblicate, aggiungendo i frutti dei miei lunghi stud] su tale argomento, allon- tanandomi talora dalle altrui opinioni, quantunque di personaggi forniti di mente e dottrina lungo tratto superiori alle mie. Ho procurato d’ illustrare principalmente l’ epoche. men conosciute, ed (1) Quando così scrivea, non era stata ancora annunziata la Storîa della Letteratura Siciliana del P. Alessio Narbone, Segretario generale della nostra Accademia, della quale si è ora pubblicato il primo fascicolo. Quest'opera di uno scrittore fornito di straordinaria erudizione, di ammirabile diligenza certo appagherà le brame di ogni colte Siciliano. D) ho raccolto tante materie, da farmi sperare di poter condurre forse a buon termine l’ opera scabrosa. Ho pubblicato in un giornale, come per saggio e anche a sentire l'avviso dei dotti, una parte non piccola dei miei lavori, cioè dalla origine della moderna letteratura sino a tutto il secolo XIV: nè parecchie colte persone mi sono state avare di cortese incoraggia- mento. Ora sottometto al vostro giudizio, onorevoli Accademici, il principio nell’ opera divisata. Non vi troverete per avventura cose nuove, quantunque mi sia ingegnato di trattare il soggetto per guisa che in breve discorso poco 0 nulla lasci desiderare. Ma voi giudicherete su ciò, sull ordine da me seguito, sulle opinioni e sulla esterna veste, in che visi presenta: e terrò cari e venerati o i confidenziali consigli o i pubblici ammonimenti. Letto nella tornata dell’Accademia di Scienze e Lettere il 28 settembre 1851. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA CAPO I. Prendendo ad esporre le varie vicissitudini della siciliana cultura, io già non parlerò di lettere e scienze riguardo a quei tempi re- motissimi, la cui storia è sì fattamente frammista alle favole, che troppo ardua impresa certo sarebbe lo sceverare il vero dal falso. Le lunghe ricerche, le accurate disamine, le molte congetture, l’ap- parato di una svariata erudizione non si affanno punto al fine pro- postomi. Per altro giovami qui accennare, che dopo tanti stud} gli uomini sennati han pur conosciuto, un soverchio amor cieco di patria avere spinto alcuni Siciliani a veder belle arti, lettere e scienze in tempi, che ne erano assai lontani. La cultura dell'ingegno ebbe cominciamento in Sicilia dopo l’arrivo delle colonie greche. Correa l’ ottavo secolo prima della salutare venuta di Gesù Cristo, e la Grecia ricca di abitanti, culta d’ ingegni, possente di armi, a sgravarsi del soverchio popolo, ad estendere il suo nome, ed aversi amici in lontani paesi, che ne agevolassero in tutte guise il com- 4 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA w mercio, dava all’ Asia, all’ Italia, alla Sicilia nostra numerose colo- nie, dalle quali si ebbe questa isola gentilezza di costumi, cultura di arti e scienze, squisitezza e raffinmamento di gusto (1). Era dunque l’anno 754 (2) innanzi Cristo e da lungo tempo fiorivano le città fondate dai Sicani, Elimi, Cretesi, Sicoli, Fenici, Trojani e Focesi, quando Teocle ateniese con molti Megaresi e Calcidesi si fe’ in Si- cilia, e tra Messina e Catania fabbricò la città di Nasso. Il seguente anno molti Corint] con alcuni Dorici, aventi per capo Archia da Corinto, scacciati dall’ isola Ortigia i Sicoli, che tentarono invano far loro resistenza, vi fondarono Siracusa. Indi nel 742 avanti Cristo Antifemo da Rodi e Antimo da Creta, fatta accolta di una mano di uomini, approdarono in Sicilia e sulla sponda orientale del fiume Gela costrussero una città, che secondo |’ uso dei Greci dal nome di esso fiume appellarono. E da Gela e da Siracusa, le quali oltre- modo prosperarono e molto popolose addivennero , usciron coloni o a fondar nuove città o a popolare le già fondate: Acre, Casmena, Camerina furon colonie siracusane: Agrigento fu popolata da molti Geloi condottivi da Pistillo e Aristonoo. E in questa guisa e per nuovi coloni sopravvenuti sorsero mano mano altre città. Come i Greci presero ad abitare il lato orientale dell’ isola, che per l’eruzioni vulcaniche e per le frequenti dannevoli correrie dei pirati tirreni era stato abbandonato dai Sicoli, diedero diligentissima opera alla cultura delle fertilissime campagne. E perchè essi più intendeano al commercio colla Grecia e coll’ Asia minore, che ad (1) Siffatte colonie, almeno prima di Alessandro il Macedone, non si fondavano per autorità della repubblica; essendo certo, che tali spedizioni si faceano da per- sone private. E questo, secondo la sentenza del professor Leo, costituisce la differenza essenziale fra le colonie greche e le romane, e dà a quelle il vantaggio (Corso di Stor. Univ. t. I, pag. 116 — Milano pr. Lampato 1840). (2) Secondo i Marmi di Paro l’arrivo delle colonie greche in Sicilia accadde l’anno 759 av. Cristo. Secondo Eusebio, Nasso fu fondata l’anno 736 e Siracusa l’anno 733 prima dell’ era volgare. Ma siccome è certo, che Siracusa venne eretta un solo anno dopo Nasso, perciò i cronologi han corretto la seconda data di Eusebio, collocando la fondazione di Siracusa all'anno 735. M. Brunet de Presle, Recherchces sur les. eta- blissements des Grecs en Sicile (II. part. S v e vi. Paris 1845), prova doversi piut- tosto correggere la prima data di Eusebio, stabilendo la fondazione di Nasso al 734 e quella di Siracusa al 733. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 5 acquistare il dominio dell’isola, al quale da altra parte per le poche loro forze e per la potenza degli antichi abitatori non poteano di leggieri pervenire, nessuna molestia recarono ai primi coloni che stanziavano nell’ interno e nella spiaggia settentrionale da Peloro a Lilibeo. Perla quale prudente moderazione i Greci vennero in istretta amicizia coi Sicoli, cominciarono a trafficar con essi, a contrarre scambievolmente parentadi, ad esercitare a poco a poco sugli animi loro, disposti a civiltà, ingegnosi e vivaci, una grandissima influen- za. Quindi il linguaggio, i costumi, la religione dei Greci agevol- mente si reser comuni: quindi i Sicani medesimi e gli Elimi, benchè alquanto più tardi, abbracciarono le costumanze dei nuovi coloni: quindi tutti gli altri abitatori dell’isola venner grecamente detti Si- celioti, (ZteXorx1) e in breve per le molte città dai Greci fabbricate e pei vincoli strettissimi, con che lor si congiunsero gli altri popoli, la Sicilia divenne greca (4). Gli eruditi han fatto diligentissime ricerche sul linguaggio parlato in Sicilia prima e dopo l’arrivo dei Greci da quei popoli che essi vi trovarono. Nulla sappiamo dei Sicani: degli Elimi, Focesi, Tro- jani, Morgeti, e dei Sicoli principalmente possiamo affermare, ch'ei furono popoli di origine pelasga e che però parlassero un dialetto, che Diodoro chiama d6arbaro (2), e M. Crispi dice misto di eolico- pelasgo-sicolo, 0 etrusco-pelasgo-greco (5). Ma prima di accennare le ragioni e i monumenti, che mossero il Crispi a questa sentenza, devo far parola dei Fenici, che si vo- gliono fondatori di alcune città di Sicilia, come Panormo, Solunto e Mozia, e frequentarono pei loro traffici l'isola nostra, e dei Car- (aginesi discendenti da questi e occupatori per lungo tempo della parte occidentale della Sicilia. L’ antichità remotissima da un lato, e la vita di questi due popoli, Fenici e Peni o Cartaginesi, dediti (1) V. Diod. Sic. 1. V, c. 6.— Airoldi, La Sicilia abitata dai Grecî e dai Cartaginesi presso Capozzo, Memorie sulla Sicilia, v. II, p.156.— Scinà, St. Letter. di Sicilia nei tempi greei, p.41 — 3. Napoli 1840. — Crispi, Opuseoli di letter. ed Arch. p. 37.— Bru- net de Presle al luogo citato. (2) L. V, c. 6. (3) Opuscoli di Lett. ed Archeologia, 6 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA sovra ogni altro al commercio, fecero che non ci restassero monu- menti di loro cultura in Sicilia. E il dottissirmo Gesenius, che pur fece sulla scrittura e lingua fenicia studj profondi e accuratissime investigazioni, rapporta solo poche iscrizioni e monete fenicie o car- taginesi, che appartengono alla Sicilia (1). Le iscrizioni son tre e da lui vengono dette: Inscriptio Erycina, Vas Panormitanum , Inscriptio Marsalensis. Nè intorno ad esse può muoversi alcun dubbio: poichè ben si conosce, che Erice, Panormo e Lilibeo, oggi Marsala, furon soggette ai Cartaginesi; anzi Panormo vuolsi comunemente fondata dai Fenici, ed Erice era celebre pel culto di Venere Ericina, che era l’ Astarte dei Fenici. Lilibeo poi fu l’em- porio e la metropoli dei Cartaginesi in Sicilia. Le monete fenicie di Sicilia appartengono a Panormo, Eraclea, Si- racusa, Mozia e alle isole di Cossura (Pantelleria) e Gaulo (Gozzo, quasi congiunta a Malta). Nessun dubbio mi cade nell'animo per quelle attribuite a Panormo e Mozia e alle due isolette Cossura e Gaulo. Ma le ragioni addotte dal Gesenio, per dimostrare, che alcune monete fenicie son di Era- clea di Sicilia, non mi pajon tali da sciogliere ogni difficoltà. Gli argomenti però, coi quali s' ingegna di provare, che alcune medaglie fenicie debbano attribuirsi a Siracusa, mi sembrano molto sodi. Nè vale il dire, che Siracusa venne fondata da Greci e non fu mai soggetta alla punica dominazione. Perocchè gli emblemi delle monete fenicie attribuite a Siracusa non dimostrano già, che questa città sia stata in alcun tempo sommessa ai Cartaginesi. E da altra parte sappiamo, che quando le città o le nazioni erano in pace, a dimostrazione di amicizia e a maggiore facilità di commercio le une adottavano alcuni emblemi delle altre (2). E Cartagine non fu sempre (1) Scripturae linguaeque phoeniciae monumenta quotquot supersunt, 1. II, c.14. Li- psiae 1837. (2) Ecco le parole del Gesenio. « In omnibus autem numis Syracusarum non alia emblemata reperiuntur, quam quae Siciliae domestica sunt, nulla quae Carthaginis imperium prodant, ut in Panormitanis: unde recte colligas, hanc monetam a civitate Syracusarum in usum commercii cum Poenis, non a Poenis ipsis cusam esse. » STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 7 in guerra con Siracusa: anzi le due emole città sovente furon co- strette a posar le armi e a conchiuder trattati di pace. Non dee recar meraviglia, se io, parlando di monumenti fenici e del loro linguaggio, parlo ancora dei Punici o Cartaginesi come di un popolo stesso. Poichè Cartagine fu fondata da Didone o Elisa fi- gliuola di Bedezor re di Tiro, la quale fu costretta da domestiche calamità a fuggirsene nella costa libica, per mettere in salvo le sue ricchezze e la vita. E gli stud) fatti finora sul linguaggio dei Fenici mostrano, che era lo stesso dei Cartaginesi e dei Numidi non solo, ma identico all’ ebreo (1). Ma la lingua fenicia, benchè fosse conosciuta in alcune città di Si- cilia, come era naturale per la origine o dominazione punica e fenicia, e come le poche iscrizioni e monete ne fan chiara prova : pure non ebbe nè lungo corso, nè vasta estensione. Forse perchè alle poche città puniche tornava conto coltivare la lingua greca più diffusa non solo per la Sicilia, ma per tutte le coste d’Italia e per altri paesi del mediterraneo : forse ancora perchè i Cartaginesi.non ebbero una letteratura molto estesa, essendo principalmente occupati nel com- mercio : e forse finalmente perchè quantunque in Cartagine fosse vietato dar opera allo studio della lingua e delle lettere greche (2), pure i principali cittadini eran cinti di letterati greci, dai quali ap- prendevano la greca letteratura, e ai quali affidavano la cura di tramandare ai posteri le loro imprese. Si sa, che Filino d’Agrigento e Sosilo di Lacedemone seguivano Annibale nelle sue campagne, e che l’ultimo gli fu maestro di lettere greche. Ecco le parole di Cornelio Nipote nella Vita di Annibale. « Hujus bella gesta multi memoriae prodiderunt: sed ex his duo, qui cum eo in castris fuerunt, simulque vixerunt, quamdiu fortuna passa est, Philaenius (sic) et Sosilus Lacaedemonius. Atque hoc Sosilo Annibal literarum graecarum usus est doctore (3). » (1) V. Cantù, St.-univ. t. II, c. 24, p. 395-6. (2) Iust. XX, 5.« Ne quis postea Carthaginiensis aut lilteris graecis aut sermoni sluderet. » {3) V. anche Brunet de Presle, l. c. p. 41.— Heeren, De la Politique et du Com- merce des Peuples de l’Antiquité ( Trad. de l’Allemand), t. IV. Paris 1832. 8 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA Non perciò i Cartaginesi e i Fenici debbonsi riputare barbari. Io non voglio tener conto dell’alfabeto, che dicesi recato in Grecia da Cadmo : so che ciò si mette in dubbio dagli eruditi, perchè in Grecia esistevano alcune iscrizioni anteriori a quell'epoca (4). Nè parlerò dell’ agevolazione, che lo stesso Cadmo e i Fenici apprestarono ai Greci, introducendo presso questi il papiro. È certo però, che i Fenici, oltre i monumenti di arti nella lor patria e l’estesissimo commercio e i tessuti e i vetri e le tinture, della por- pora specialmente, e le immense ricchezze, somministrarono a Sa- lomone e ai re d’Israello, come dalla santa Scrittura chiaro si scorge, falegnami, tagliapietre, cesellatori, scultori, fonditori di bronzo e architetti (2). E questo, per l'età nostra poco, per quella, di che scrivo, moltissimo, ne basti a far conoscere in qualche modo, che le città fenicie e puniche di Sicilia, se non eran culte quanto le greche, non eran poi, anche in tempi precedenti alla venuta dei Greci, rozze gran fatto. Ora diremo in-brevi parole alcun che dall’antico linguaggio, che forse parlavano i Sicoli. Esso vien detto dal Crispi colico-pelasgo-sicolo o anche efrusco-pelasgo-greco. Il più illustre monumento da lui re- cato in confermazione della sua sentenza è un antichissimo vaso con iscrizione, trovato in Centuripe (Centorbi), che fu città dei Sicoli. Che il vaso sia antichissimo appare da tutti quei segni che gli archeologi stimano infallibili. Infatti rozza ne è la forma, rozza altresì la creta, non è colorito in verun modo, non ha figure di alcuna sorte (5):il che accadde nei primordj dell’arte. Nel coperchio aderente al vaso medesimo leggesi una iscrizione, che pei caratteri e pel dialetto è prova dell’antichità di esso. I caratteri son somi- glianti a-quei della celebre iscrizione sigèa, ma sono men regolari (1) V. Cantù, Stor. Univ., t. II, cap. 24. (2) Reg. II_L c. 7, v. 13 e seguenti, dove sono enumerate tutte le magnifiche opere lavorate da un famoso artista inviato dal re di Tiro a Salomone. (3) «Primum fuerunt ex rudi argilla fictae paterae sine ullo colore: postea nigro pingebantur, tandem figuris adornari. « Millingen, De pict. antig. vas. grace. In Pro- legom. — Romae 1823. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 9 e inclinano più all’etrusco. È scritta alla Gustrophedon (8s03p09ndd)), cioè a quella guisa che arano i bovi, i quali, terminato il solco, ne cominciano un altro tornando là donde erano venuti : e comincia dalla destra verso la sinistra, donde volge verso la destra; che è il modo più antico di quella specie di scrittura, essendo posteriore l’altro con che si cominciava da sinistra verso destra. L’ iscrizione è a sgraffito, cioè fu incisa pria che la creta venisse cotia. Questo vaso par destinato ad uso di libazioni funebri piuttosto che a riporvi le ceneri dei trapassati. Così giudica e con buone ra- gioni il Crispi. Nè io su questo punto mi fermo di vantaggio, perchè alieno dal mio scopo : nè mi trattengo intorno al significato della iscrizione, la quale, a quel che ne parea chi vi ha fatto su molto studio, contiene una dottrina riguardante la metempsicosi. Ma far rommi arconsiderare la paleografia e lo stile, donde si può dedurre e l’antichità di essa e il dialetto in quella remota stagione parlato. E prima di tutto in questa iscrizione non si trovano la lettera n ed @, ma in loro vece l’s e l’o il che è segno di quella rimota antichità, in che la lingua colica era barbara. Così osserviamo an- cora la desinenza in %, ritenuta poi dalla latina ,, invece di quella in nelle parole Seutrou, teu, tiue4 ed altre. Vi si vede anche questo segno [, che è il segno dell’aspirazione dell’. Indi si legge dèurovi, cioè ds surovor, dove si trova 1 per. ot; ro uspe invece di t@ pepe. Fi- nalmente nella parola eos che dovrebbe far deo l'o ha questa for- ma O, la quale è antichissima, e il > così in questa come in tutte le altre parole ha pure quella forma che osserviamo nelle più an- tiche lapidi e monete, cioè somigliantissima all’S dei Latini. Queste sono le osservazioni del Crispi, per determinare qual si fosse stata la lingua dei Sicoli o prima dell’arrivo delle colonie greche, 0) nei primi tempi del loro stabilimento in Sicilia. Lasciate dall’un canto le congetture e le sottili disquisizioni degli archeologi e degli eruditi, passiamo a ragionare della lingua ado- prata in epoche men remote e meglio conosciute. Due furono i dialetti, che da principio si parlarono in Sicilia dalle colonie greche : il dorico e il calcidico ossia jonico, perchè della Doride e della Calcide o Ionia furono i Greci qui venuti. Ma sic- 2 10 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA come la più parte dei coloni proveniva dal Peloponneso, occupato sin da ottant'anni dopo la presa di Troja, da’ Dori; così ben presto il dorico si rese più universale per guisa, che venne parlato -dalle città stesse di origine calcidica. La qual cosa. ne viene attestata dalle iscrizioni, dalle medaglie, dalle leggi, dai nomi dei magistrati scritti tutti alla dorica. Senza che bene si scorge dai tempj, dalle colonne, dagli edifizj, che i Siciliani più che ai modi jonici inclinavano ai dorici (4). Al linguaggio siciliano veniva apposto il difetto, che abbondava di alcuni vocaboli e idiotismi dagli altri Greci non adoperati. Ma devesi riflettere, che in Grecia ogni provincia avea sua speciale foggia di parlare e di scrivere, e non pertanto ciascuna non osava con- tendere alle altre quel diritto, che per se volea rispettato. Non potea quindi negarsi ai Greco-Sicoli quella facoltà, che gli altri Greci si aveano. Del resto i Siciliani, benchè nel parlare si vogliano riputare inferiori ai Greci, pure scriveano elegantemente nel dialetto jonico ed attico. Gli argomenti di quelli, che tengono sentenza contraria alla mia, son tratti da due noti passi di Cicerone e di Plauto. E mi giova esporne qui il contesto, perchè così può capirsi il vero senso delle parole di questi autori. Cicerone vuol dimostrare, che Cecilio mal potea riuscire in Roma nella difesa de’ Siciliani contro Verre, perchè somma era l’importanza della causa , l’ aspettazione universale’, la difficoltà nel raccoglierne, nell’ordinarne ed esporne le prove, an- corchè si volesse supporre, che la natura gli fosse stata cortese di molti doni, e avesse dato opera assidua alla cultura delle ottime discipline sin dalla prima fanciullezza, e avesse appreso le lettere greche in Atene, non in Lilibeo, le latine in Roma, non in Sicilia. « Si litteras graecas Athenis, non Lilyboei, latinas Romae, non in (1) Le città, che adoperavano il dorico, sono Siracusa, Gela, Megara, Agrigento , Alesa, Entella, ece. Quelle, che usavano il dialetto jonico, sono Nasso, Leonzio, Zancie, Catana. In Imera, dove la popolazione componevasi di Dorici e Jonici, il linguaggio soffrì una cotal mescolanza, e partecipò i modi dell’uno e dell’altro dialetto. — Tucyd. TRAVANCHIO” STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 11 Sicilia didicisses (1). » Dal che il Torremuzza, dottissimo uomo e delle siciliane lettere oltre ogni dire benemerito, vuole dedurre, che male si parlava il greco in Sicilia, siccome mal vi si parlava il latino (2). Ma è molto naturale la risposta. Cicerone non rimprovera a Q. Ce- cilio Negro avere studiate le lettere greche in Sicilia, bensì in Li- libeo : e nessurio ignora, questa città essere stata sempre, finchè tutta quanta l'isola cadde sotto il dominio dei Romani, non solo soggetta ai Cartaginesi, ma eziandio la metropoli del loro impero in Sicilia. È dunque chiaro, che in Lilibeo , città punica e non greca, non potean fiorire le lettere greche, come nella rimanente Sicilia, paese generalmente greco e dove grecamente si parlò e scrisse anche nel tempo della romana dominazione. È chiaro poi chele lettere latine ai tempi di Cicerone, e anche dopo, non poteansi coltivare in Sicilia, come in Roma. Il Crispi da questo passo di Cicerone deduce, che sottoi Romani la lingua greca in Sicilia non parlavasi come nell’Attica, perchè i letterati siciliani in quel tempo eransi dati alla cultura delle lettere latine (Opusc. p. 74). Ma poco dopo afferma, che le iscrizioni dei tempi romano-sicoli trovate in Sicilia sono scritte in linguaggio greco puro anzi che no, e diverso da quello dei secoli posteriori. E nella pagina 60 dice, che il dialetto, il quale dominava in Sicilia in quella stagione, era l’attico. E lo deduce dalle moltissime iscrizioni di quel- l’epoca nella lingua attica. — Dalle parole di Diodoro poi nella in- troduzione alla sua Biblioteca Storica si può inferire, che anche per le persone di lettere il conoscer bene la lingua latina era un pregio degno di osservazione. Diodoro parlando dei tempi suoi ci dà chiara notizia, che in Si- cilia universalmente parlavasi il greco. « Siculi igitur per ea tempora graeca lingua communiter inter ipsos loquebantur (3). » Quanto all'autorità di Plauto, cavata dai due noti versi del pro- logo dei Menecmi: (i) Divin. in Verrem. (3) Nei Prolegomeni alle Iscrizioni, p. 15 e seguenti. (3) Bibl. Hist. IL vi. 12 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA « Atque adeo hoc argumentum graecissat, tamen « Non atticissat, verum sicilicissitat, donde il Torremuzza deduce, che il dialetto comune in Sicilia era al tutto privo di quell’eleganza, ond’era celebre la lingua dell’Attica, giovami far riflettere, che il comico latino non intende già parlare della lingua nè dello stile della commedia, ma sibbene dell’ argo- mento o, come dicesi, della favola, la quale fu tolta dalla Sicilia, e non già, siccome era uso antichissimo, da Atene. E però potea ben dire Plauto : questo argomento graecissat , perciocchè è greco, essendo Greci i Siciliani; tuttavia non afticissat, perocchè non è preso da Atene, ma sicilicissital, perchè ci vien somministrato dalla Sicilia. -La qual cosa vien da Plauto notata espressamente , perchè era in uso presso i comici di rappresentar le cose come succedute in Atene, affinchè l'argomento sembrasse anche più greco. E i se- guenti versi di Plauto possono ben confermare la suddetta sentenza. « Atque hoc poetae faciunt in comoediis. « Omnes res gestas esse Athenis autumant, «Quo illud graecum videatur esse magis. « Ego nusquam dicam, nisi ubi factum dicitur (4). Del resto uomini versatissimi nello studio della greca favella hanno dimostrato, che il dorico parlato e scritto in Sicilia, eziandio dai comici, non si allontana per nulla da quel di Pindaro, ove si -vo- gliano eccettuare alcune espressioni e parole proprie del paese, affin d’indicare certi luoghi, cibi o pesci (2). Ecco pertanto, non solo a soddisfare la curiosità dei leggitori, ma eziandio a fin di trarne qualche utile riflessione, il catalogo degli scrittori greco-sicoli secondo il vario dialetto che adoperarono. Scrissero adunque nel dorico Caronda, Archimede, Ecfanto, Polo, Stesicoro, Sofrone il mimico, Epicarmo, Teocrito, Mosco. Si servirono del dialetto jonico Teognide, Empedocle, Archestrato, Sofrone il comico, e forse ancora Demetrio di Calacta. (1) Brunet de Presle, Recherches, etc. p. 569 e seg. (2) Si può consultare la citata opera di Brunet de Presle, dalla pagina 569 alla pagina 573.—Si vegga ancora il Discorso intorno al dialetto parlato e scritto în Si- dilia quando fu abitata dai Greci, negli Opuscoli di Mons. Crispi. Palermo 1836. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 13 Adoprarono finalmente l’attico Ninfodoro, Antioco, sebbene abbia un solo jonicismo, Callia, Timeo, Filisto, Filino, Doroteo, Dicearco, Gorgia, Tisia, Corace, Apollodoro, i due Filemoni (4): se pure è vero, che i due ultimi sieno siciliani. Da questa classificazione, seguendo la sentenza di Mons. Crispi (2), possiam dedurre, che i più antichi poeti, Stesicoro, Epicarmo, So- frone, scrissero nel dialetto più comune al paese, perchè da prima più rare erano le comunicazioni colla Grecia; e, in quanto agli ul- timi due principalmente, perchè le materie, che trattavano, richie- deano un linguaggio più facilmente e universalmente capito. Teocrito e Mosco, benchè vissuti in età posteriore, doveano anche essi scrivere in dorico. Perciocchè la poesia pastorale è molto somi- gliante alla comica e per lo stile e per la condotta e pei pensieri: esige quindi un linguaggio semplice, familiare, facile. Al che si ag- giunga, che i poeti bucolici introducono in iscena persone volgari, quali sono i pastori; e dovendo esporre i loro pensamenti al natu- rale, erano invitati a servirsi del dialetto proprio delle persone, la cui vita, i cui costumi ritraevano. E questo pei poeti. Riguardo ai prosatori è chiaro, che tuttii pitagorici doveano scri- vere in dorico, perchè intendeano a render comuni presso il po- polo le loro dottrine. Per la stessa ragione Caronda legislatore, benchè nato in Catana, colonia calcidese (3) , dovea preferire il dorico agli altri dialetti. E per Caronda vale ancora |’ esser vissuto in tempi, nei quali non eran frequenti le relazioni delle colonie colla madre- patria. Archimede però, comechè nor abbia scritto leggi nè morali istituzioni e appartenga ad un’ epoca posteriore di parecchi secoli , pure perchè le sue dottrine inclinavano molto alle pratiche ed alla meccanica, potea molto acconciamente valersi del dorico. « Aggiungi a ciò » prosegue Mons. Crispi «che chi non imita altrui, ma è esso (1) V. Crispi, Discorso sul dialetto, ecc. presso Capozzo , Memorie su la Sicilia, vol. 1II, p. 99 e seguenti. Palermo 1842. (2) L. c. p. 102-3. (3) Anche Empedocle, al contrario di Caronda, comechè nato e vissuto in Agri- gento, dove parlavasi il dorico, adoperò nel suo poema il jonico, perché lo stile epico era sempre modellato sopra Omero. 14 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA stesso originale, non suole nè anche imitarne il dire, ma adopra quel linguaggio che gli è naturale. Questa massima puòavere eccezione: ma questa eccezione si deve riferir più a qualche radicato pregiu- dizio, come fu quello dei secoli trascorsi, che alla natura delle cose. Difatto gli storici siciliani trovando dei modelli nell’Attica, paese che sopra tutti erasi reso più celebre, si misero ad imitarli anche nella lingua. Tale fu per esempio Filisto che imitò Tucidide. » Alle quali considerazioni si può aggiungere, che molti Siciliani, come Dicearco, vissero lungo tempo in Atene e nella rimanente Grecia, dove già comunemente gli scrittori adoperavano il dialetto dell’Attica. Il cielo ridente e purissimo, le campagne verdeggianti e fiorite, il linguaggio armonico, l'indole gentile e vivace dovean destare fa- cilmente in petto ai siciliani pastori la scintilla poetica. Laonde come i Greci cantavano Mopso e i loro dei, così i Siciliani celebra- vano Dafni e le ninfe Ciane ed Aretusa e gli dei Palici. Anzi Diomo aggiunse al canto pastorale il ballo a suon di piva: e però viene dagli antichi a grande onor nominato. Diodoro Sicolo, Ateneo e lo Sco- liaste di Teocrito fanno rimembranza di feste pastorali in Sicilia sin .- da tempi antichissimi celebratesi, nelle quali il canto, il suono, il ballo, le gare dei pastori spargeano pei campi e per le città brio ed allegrezza indicibili. Altra ragione dello svegliarsi fra i Greco-Sicoli l’entusiasmo poe- tico parmi doversi ripetere da ciò che tra le colonie greche venute a stabilirsi in quest'isola erano uomini o coltivatori o amanti di quella poesia, che allora era nel lor paese natio più comune. Infatti nella colonia, che fondò Siracusa, era un Eumelo corintio della famiglia reale dei Bacchiadi, poeta ciclico dei più riputati, il quale compose varie epopee, una Furopica, una Titanomachia, da taluni attribuita ad Artino, altro poeta ciclico da Mileto, e principalmente /e Corin- tiache, le quali racchiudono la storia critica della sua città nativa, e in forma di episodio la spedizione degli Argonauti (A). (1) Ce ne rimangono otto versi conservatici dallo Scoliaste di Pindaro. V. Schoell, Ist. della lett. greca profana, v. I, p. 11, pag. 126, traduzione di Emilio Tipaldo. Ve: nezia 1827. Il Tipaldo nella nota 73 a pag. 210 dà altre notizie di Eumelo. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 15 Nè dobbiamo credere, che il solo Eumelo sia venuto in Sicilia a diffondervi il gusto per la poesia omerica, in Grecia tanto comune. Forse nei primi tempi altri ne vennero di quei rapsodi o poeti ci- clici, che ivano attorno cantando i versi di Omero, o quelli che ad imitazione di Omero aveane essi composto sulla guerra trojana, ar- gomento allor prediletto. Poichè sappiamo, che verso il 504 avanti Cristo venne in Sicilia Cineto di Smirne, creduto autore dell’inno ad Apollo attribuito ad Omero, e uno dei più celebrati rapsodi. Nè sa- prei dire se prima o poi ci si fosse recato il famoso Arione di Co- rinto, inventore del ditirambo, sulla cui vita si sparsero tante strane maraviglie. Iquali, perchè probabilmente posteriori a Stesicoro, non poterono col loro esempio e coi lor canti infiammar questo insigne poeta a trattar colla lira epici argomenti tolti da Omero. Dovettero dunque venirne prima alcuni altri: e questo a chi conosce la vita errabonda dei poeti ciclici non parrà gran fatto difficile. * La cultura degli studj però ebbe propriamente cominciamento verso l’anno 620 innanzi G. Cristo al tempo del catanese Caronda, il quale volle per legge, che i figliuoli dei cittadini venissero eru- diti nelle lettere da maestri stipendiati dal pubblico. Le leggi da lui date alla patria e alle altre città calcidiche di Sicilia vennero in Atene così celebrate, che era uso cantarsi colà nei banchetti. Vo- gliono taluni, come Aristotile, Porfirio e Giamblico, che le leggi di Caronda sieno state opera di Pitagora, cui egli, secondo la loro sentenza, fu discepolo. Ma oltre all’esser quasi certo, che Caronda die’ le sue leggi prima che nascesse Pitagora (1), Diodoro afferma, che il nostro catanese chiesto di leggi dai cittadini di Turio, esaminò le pubblicate sino a quel tempo, e poi, scelte le più acconce al popolo, molte ne aggiunse del suo. Se non che questo ancora in- (1) Incerte e disparate sono le sentenze dei critici intorno all’jepoca, in che fiorì Pitagora e agli anni di sua vita. Lo Schoell (L. c. v. II, part. mr, pag. 116), che le riferisce, si attiene al parere di Ennio Quirino Visconti, che le esamina (4Zero- grafia greca, v. I, cap. IV, $ I, pag. 194. Milano 1823). Il Visconti dunque seguendo Eusebio dice Pitagora morto nel 499 av. C. di 75 anni. Perciò era nato nel 574. Or Caronda secondo la più comune credenza fioriva intorno all'anno 650 e 620. È dunque impossibile, che sia stato discepolo di Pitagora. 16 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA contra qualche difficoltà. Perocchè Pitagora, come riflette il Com- pagnoni (1), visse molto prima dell’ edificazione di' Turio. Dunque Caronda, il quale fiorì innanzi alla nascita di Pitagora, non potè dar leggi ai Tur], che non esistevano. » E che Caronda « così pro- segue il Compagnoni » realmente visse assai prima del tempo, in cui Diodoro lo pone, altro argomento si allega, ed è questo, che secondo Eraclide egli diede le leggi ai Reggini, presso i quali la repubblica era governata dagli ottimati; e che questo governo fu rovesciato da Anassila, morto, com’è detto nel libro xr, nell’ anno primo della olimpiade LXXVI: onde Caronda fu più antico. Tam- blico suppone, che Caronda dettasse le leggi ai Sibariti : e ciò par- rebbe spiegar l’equivoco, in cui sembra caduto Diodoro : in quanto cioè i Tur] avessero ritenute quelle leggi; e così Caronda venisse ad essere il loro legislatore. Ma Aristotile rigetta anche questa sup- posizione, dicendo apertamente, che Caronda fu legislatore delle città calcidiche di Sicilia, le quali furono Zancle, Nasso, Leonzio , Catana, Eubea, Mile, Imera, Gallipoli, e secondo Scinno di Chio, Reggio in Italia, colle quali nè Sibari, nè Turio ebbero comune l’origine. Il Bentlejo per conciliare Diodoro cogli altri scrittori sup- pone, che i Tur} adottassero le leggi di Caronda già fatte innanzi per altri, siccome Strabone dice aver fatto i Mazaceni in Cappadocia, e per questo poi averlo in certa larga significazione chiamato Turio. Ma tale spiegazione è violenta. » Sia che si voglia, siccome Diodoro giudicò non disdicevole alla istituzione dei legislatori il tramandarne alcuna cosa alla memoria dei posteri, ed io pure il farò (2). Nel che mi allontanerò dalla sentenza dell’illustre Scinà, che di legislatori non volle far motto nella (1) Nella sua versione italiana di Diodoro Sicolo, l. XII, e. 4, in una nota a questo passo, pag. 187-8 del t. V. Palermo 183î. (2) « Poi scelsero a dar loro le leggi fra i cittadini più scienziati Garonda, ottimo uomo, il quale, esaminati gli statuti di tutti gli altri popoli, da quelli trasse quanto gli pareva migliore; e formò il codice suo aggiungendovi molte disposizioni e di- scipline da lui medesimo imaginate : delle quali non sarà inutile per la erudizione di chi legge il far qui alcun cenno. » T. V, pag. 187-8. Palermo 1831. — Trad. del cav. Compagnoni. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 17 sua Storia letteraria di Sicilia nei tempi greci (A). Perciocchè io av- viso, che da esse leggi potrà ciascuno conoscere i costumi dei po- poli, il progredire della siciliana civiltà, lo svilupparsi dell’ umano intelletto. Che se poi a dì nostri ci ha una Scienza della legisla- zione, riputata importantissima per se stessa e pei legami, ond’è stretta alle altre scienze; gioverà certo l’esporre gli antichissimi fatti, che le apprestarono i primi elementi, e l’osservare il cammino te- nuto e l'incremento acquistato in paesi e tempi diversi. Senza che certo godrà l’ animo ad ogni Siciliano nel vedere qual parte abbia avuto la sua patria nella formazione di questa nobilissima scienza. Nè parmi vero, che gli antichi legislatori sieno stati uomini forniti soltanto di senno e di esperienza ; poichè Diodoro dice di Caronda, che fu scelto fra i cittadini più ragguardevoli per cultura di scienze (2). Nel riferire le leggi di Caronda mi varrò di un breve lavoro di Cesare Cantù (3), che raccolse e tradusse i varj frammenti di questo antico legislatore, i quali trovansi principalmente presso Stobeo (4). « Nel meditare ed operare si cominci dagli dei. È in proverbio, che ottimamente succedono le imprese quando si prende Iddio per autore ed auspice. Guardatevi dalle azioni malvage, appunto per questa comunicazione di consigli con Dio. Nè Dio può avere alcuna cosa comune col malvagio. » « Ognuno deve insistere ed eccitarsi a pigliare questi consigli ed a compirli secondo il fatto richiede. Poichè è di animo piccolo e illiberale il non adoperare eguale studio e premura nelle cose grandi come nelle piccole. Non assumere dunque con pari coraggio le cose piccole come le grandi; ma inprendile a norma della dignità ed importanza loro: col che conseguirai pure autorità e dignità. » (1) Napoli dalla Tipogr. Trani 1840, p. 62 dice: «E però sebbene Caronda non debba far parte, in qualità di legislatore, della storia letteraria ecc.» E indi sog- giunge in nota a Gli antichi legislatori erano per lo più personaggi illustri per senno e per esperienza, non già per iscienza. » (2) Leggasi di nuovo il tratto citato nella nota (2) a pag. 16. (3) Documenti alla St. univ. — Legislazione, p. 238. Torino 1842. (4) Serm. XLII De Legibus et consueludinibus, p. 289, Aureliae Allobrogum 1609. 3 18 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA « L'osservare queste cose è giusto e pio : chi le viola sia soggetto alle politiche discriminazioni. » « Tutti i cittadini imparino questo proemio delle leggi : nei giorni festivi si reciti dopo il peana: e di ciò principalmente abbia cura il sovrantendente de’ banchetti sacri, acciocchè queste cose diven- tino naturali in ciascuno. » « Ad uomo o donna notati dalla città come ingiusti, nessuno rechi ajuto, nè conversi con essi : selo farà, rimanga vituperato, per esser simile a quelli, con cui pratica. » « Ognuno procuri avere amici gli uomini buoni, che si reputano superiori agli altri in virtù, imitarli e iniziarsi nella loro virtù. » « All’ingiuriato si soccorra in patria, come in terra straniera. Nè meno onorevolmente si accolga e si congedi chiunque in patria e secondo le proprie leggi è onorato; memori di Giove ospitale, nume venerato con comune religione da tutte le genti e che riguarda ai dritti dell'ospitalità od osservati o violati. » «I vecchi e coll’ esempio e colle parole inducano i giovani ad avere verecondia, arrossire di ogni atto malvagio al qual uopo essi si mostrino insigni per. verecondia e pudore. Chè nelle città. dove malvagi e inverecondi siano i vecchi, ivi i figliuoli ed i nipoti ap- pajono svergognati. Alla sfacciataggine poi e alla malvagità tiene dietro l’intemperanza e la ingiustizia, ed a questa la ruina. Abborrite dunque l’inverecondia , seguite la verecondia, per avere con ciò propizii gli dei, esane e salve le cose. Giacchè nessun malvagio è caro a Dio. » « Onestà e verità soltanto. coltivate : odiate la turpitudine e la men- zogna, a’ quali segni si discerne la malizia. A questi già i fanciulli si avvezzino col castigare i bugiardi, amare e favorire i veritieri , acciocchè nell’ animo di ciascuno nasca e si naturi ciò che bellis- simo è, e reca semi fecondissimi di virtù. » « Ogni cittadino voglia piuttosto essere prudente che reputato savio. Poichè l’ambire fama di saviezza è indubitato segno di animo - piccolo e stolido. Procuri poi esser prudente e modesto piuttosto che parer tale. Vantare egregia virtù colla lingua niuno ardisca che non la professi coi fatti e col naturale. » «I magistrati come i genitori si amino, obbedendoli e riverendoli. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 19 Chi altrimenti adopera, pagherà la pena ai demonj che prosiedono alla città. Perocchè anche i magistrati presiedono alla città e alla salute dei cittadini. » « Imagistrati poi ai cittadini, come a figli, con amore del giusto presiedano. Nel siudicare pongano da banda nimicizie, amicizie e rancori. » « Lode e vanto a coloro che, ricchi essendo, sovvengono ai bi- sognosi, come quelli che alla patria, madre comune, figli e difen- sori conservano. Soccorrano a coloro che sono poveri per colpa della fortuna, non per oziosa intemperanza. Giacchè ai casi della fortuna tutti siam soggetti : il viver ozioso e scostumato è solo dei malvagi. » «Onesto si reputa l’indicare chi è reo di delitti; acciocchè la re- pubblica sia salva, avendo molti custodi del buono stato. Chi deve indicare, non usi pietà : riveli anche i prossimi di sangue : chè nulla è più prossimo della patria. Indichino però non ciò che fu com- messo per imprudenza e senza volontà : ma i peccati commessi pen- satamente. L’imputato, se prenderà nimicizia contro il delatore, sia odiato da tutti; e sia reo d’ingratiludine come chi defraudìi della mercede colui, perla cui medicina fu liberato dalla pessima malattia del delitto. » « L’adultero possa esser burlato e motteggiato da chicchesia. » « L’ugual pena tocchi al cavilloso, al sicofante , all’impudico, al maligno curioso. » « Ma sommi fra i delitti abbiansi il disprezzo degli dei, i mal- trattamenti votontarj ai genitori, lo spregio dei magistrati e delle leggi e il volgere in beffe la ragione ed il dritto. Giustissimo invece e santissimo cittadino sia tenuto quello che tali cose onora, ed ac- cusa appo i magistrati e i cittadini chi le sprezza. » « Alla legge si obbedisca, anche malvagia e male scritta. » « Il morir per la patria si reputi più onesto, che il lasciare patria e onestà per amor della vita. Che meglio è una morte onorata, che un vivere turpe e con obbrobrio. » « Chi deserta la bandiera o le file in guerra, o ricusa prendere le armi per la patria, vestito da donna sieda tre giorni nel foro. » 20 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA «I morti si onorino non con lacrime e lamentazioni, ma colla buona memoria e coll’ offerla di frumento muovo. Fa cosa ingrata ai Mani chi prolunga il lutto oltre misura. » « Nessuno ingiuriato per qual vogliasi ragione, replichi ingiurie. Più divina cosa è il parlar bene che male. Anche chi reprime lo sdegno passa per miglior cittadino, che non chi si lascia trasportar dall'ira. » « Chi colla spesa delle private case supera i templi e gli edifiz) pubblici, non consegue chiarezza di nome, ma infamia. Non vi sia casa privata più magnifica ed augusta che le pubbliche. » « Chi serve alle ricchezze ed al denaro sia sprezzato come d’animo gretto e illiberale; d’abbietto sentimento si giudichi chi stupidamente ammira le cose sontuose e lo scenico apparato della vita. Poichè l'animo grande, che in se premeditò tutte le cose umane, non la- sciasi turbare a siffatte cose, se v'incappi. » « Nessuno dica turpi cose, per avvezzare l’animo a turpi fatti, ad offuscar la mente coll’impudicizia e col peccato. Le cose oneste ed amabili chiamiamo coi proprj loro nomi ; le contrarie neppur vo- gliamo nominare, siccome cosa turpe. Turpe sia dunque anche il parlare di turpi cose. » «Ognuno ami la legittima moglie e ne riceva figli: altrimenti non disperda l'umore prolifico, nè s'adoperi malvagiamente una cosa pre- ziosa per natura e per legge. Poichè la natura diede il seme, per pro- creare figliuoli, non per libidine. » «La donna si serbi casta: non accetti colpevole pratica con altri uomini. Si ricordi, che sovrasta la vendetta dei demon] ai perturba- tori della famiglia e spargitori di zizania. » « Chi dà una matrigna ai figliuoli, non si approvi, ma sia infame, come autore di domestiche discordie. » « Nessuno entri armato nell’assemblea. » « Sia punito chi non vuol prestarsi a giudicare. »_ « Tutti i figli dei cittadini sieno educati nelle lettere a spese della città. » «Ibeni ereditati dai pupilli sieno affidati alla tutela ed all'’ammi- nistrazione degli agnati; l’educazione alla cura dei cognati. » STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 21 « Il più prossimo parente possa chieder in matrimonio la fan- ciulla ereditiera : e così l’orfana possa reclamare le nozze del più prossimo parente, il quale debba o sposarla o assegnarle una dote di 500 dramme. » Queste sono le principali leggi date da Caronda ai popoli di Tu- rio : altre ne riferiscono Aristotile, Stobeo e lo stesso Diodoro. Delle quali piacemi riferirne una sola di Caronda, che puniva i calunniatori. Volea, che essi venissero coronati di lamarice, e in tal guisa condotti attorno per la città. Questa pianta era di funesto augurio e quindi vergognosa a chi ne era cinto. Laonde a fuggir tanto vitupero, dice Diodoro, i calunniatori doveano astenersi dal lor mal vezzo e abbandonar la repubblica. Or si voglion fare due considerazioni. La prima è che il sici- liano legislatore nelle sue leggi adoperò molta dolcezza, perchè or- dinariamente punisce collo scherno, o allontanando il reo dalla so- cietà dei cittadini e vietando a questi di recargli ajuto. E con tal moderazione produsse più salutari effetti delle leggi di Dracone Ate- niese, le quali per loro crudeltà invece di condurre a bene ina- sprirono gli animi viemaggiormente. È poi da considerare, che Caronda e gli antichi legislatori co- minciavano da Dio. Del nostro Siciliano abbiam già veduto il proe- mio. Zaleuco comincia quasi allo stesso modo (4), e il principio (1) Diodoro Sic., 1. XII, c. 4. —Il Cantù riferisce anche le leggi di Zaleuco. Ec- cone il principio. « Innanzi tutto gli abitanti della città e della campagna nostra siano nell'animo persuasi esservi gli dei, econtemplando il cielo e il mondo e la bellissima disposizione e l'ordine delle cose in esso, comprendano non essere opera dell’uomo o del caso tutta quella magnificenza, ed adorino gli dei come soli datori agli uomini di quante cose oneste e buone sono in questa vita; ciascuno poi l'animo suo tenga puro da ogni macchia di vizj ; giacchè il nume non si compiace nei sagrifizj dei malvagi, e nelle spese grandi fatte in essi, ma nei giusti ed onesti studj dei buoni e nelle rette opere. » « Ciascuno dunque, che brami essere caro a Dio, sia buono di volontà e di animo, come d’opere, giusta sue forze; e stimi nessun male più grave nè paragonabile con qualsivoglia avversità, che gli potesse accadere, il disonore impresso dal delitto : e creda buono quel cittadino che ama piuttosto perdere gli averi che torcere dal retto e dall’onesto. » 22 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA delle Dodici Tavole era : Deos caste adeunto. Il che bene addimostra come quegli antichi legislatori credeano fondamento di ogni civile società la religione. Parmi non al tutto fuor di proposito prima di terminar questo capo far un cenno brevissimo delle lettere attribuite a Falaride di Astipalea tiranno d’ Agrigento, le quali adesso vengono universal- mente riputate apocrife ed opera di un Adriano sofista dei tempi di M. Aurelio. Alla fine del secolo xvir furono molto stimate come importan- tissimo documento storico. Ma intorno alla loro autenticità Fozio avea già mosso qualche dubbio, e in tempi posteriori ne dubitarono ancora, benchè leggermente, Celio Rodiginio, Menagio, Angelo Po- ligiano, Lilio Gregorio Giraldo. Il Bentley però con critica sagacis- sima le esaminò, e con sodi argomenti prese a dimostrare in una serie di dissertazioni contro il Boyle, che le lettere di Falaride non pure, ma e quelle ancora che vanno sotto il nome di Temistocle, Socrate, Euripide, e le favole di Esopo devonsi a tutta ragione ri- putare apocrife. Gli argomenti del Bentley son tratti dalla crono- logia, dalla lingua in che quelle lettere sono scritte, che è l’attica, invece della dorica allora comune in Sicilia, dai pensieri in esse esposti, e finalmente dal silenzio degli antichi scrittori, i quali cer- tamente ne avrebbero fatto gran conto, se l'avessero conosciute, e difficilissimamente avrebbero potuto ignorarle. Or gli scrittori che primi ne parlano sono Stobeo, Suida, Zeze, Fozio, il quale, come si è detto, non s’induce facilmente a crederle legittime, Nonno nei comenti sovra s. Gregorio Naziazeno e lo Scoliaste di Aristofane (1). E ciò ne basti intorno alle supposte lettere di Falaride e a quel- l’epoca, della quale gli storici non ci tramandarono chiare notizie e certi documenti. (1) Vedasi intorno a questo punto lo Schoell nel v. II, parte III, pag. 91 del- l’opera citata. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 23 CAPO II. È cosa omai nota, che in ogni nazione i primi a segnare il co- minciamento della cultura delle lettere e delle scienze e in generale di ogni civiltà, sono stati poeti. Anche fra i popoli più barbari si osservano chiarissimi vestigi di poesia. Nelle guerre, nelle feste na- zionali e religiose i poeti cogl’ inni destavano l’ entusiasmo delle schiere e spingeanle coraggiose alla battaglia, cogl’ inni svegliavan la gioja, muoveano i cuori a religioso rispetto verso la divinità , con somme lodi innalzavano a cielo i nomi dei cittadini benemeriti della patria per opere di valore o di senno. I legislatori medesimi in versi esponeano le loro leggi, perchè meglio nella memoria s'im- primessero e dai padri ai figli agevolmente si tramandassero. E in Sicilia fin da tempi antichissimi, come già fu poco innanzi accen- nato, gli animi si mostrarono inchinati alla poesia. Primo fra tutti vien dagli storici e dai poeti celebrato Dafni. La- sciate per ora dall’un dei lati le circostanze favolose riguardanti la sua nascita e il suo acciecamento narrate da Timeo, Diodoro ed altri, qui solo diciamo quel che generalmente gli antichi riguardavano come un fatto ben certo, cioè, Dafni spinto dal suo eccellente in- gegno per la musica aver trovato il carme bucolico e la melodia, che presso i Siciliani fino all’ età di Diodoro Siculo erano in uso ed onore (4). Anche Ateneo fa parola di una melodia prediletta dai Siciliani, e da Epicarmo attribuita a quel Diomo, il quale al canto bucolico avea congiunto il ballo a suon di. piva. E il Brunet so- spetta essere stata forse quella stessa inventata, secondo Diodoro, da Dafni (2). (1) Diod. I. IV, c. 32. (2) Brunet de Presle, Recherches sur l’Etablissements de Grecs en Sicile, p. 488. Paris. 1845. 24 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA Ma comunque ciò sia, è certo , che nell’isola nostra in quella remota stagione esisteano gli elementi della poesia pastorale. E forse, oltre all’ esservi tratto dall’ amenità delle fertili campagne e dalla dolcezza del clima, anche per questo il più antico fra i poeti si- ciliani compose carmi bucolici, dei quali prendiamo a parlare. E pria di tutto cade in acconcio il riflettere, che siccome nelle armi, così nel sapere, in Imera ebbe principio la grandezza della Sicilia. Perocchè in essa città sfolgorarono i primi raggi della più nobile poesia, e vi fece i primiimportanti progressi la matematica, e dopo il catanese Caronda, se pur fiorì prima, vi vennero dettate leggi sapientissime. E tanta gloria si deve a tre fratelli, Stesicoro poeta, Ameristo o Mamertino geometra, ed Elianatte legislatore. Del primo dei quali in questo capitolo e nel seguente, degli altri due farem parola a suo tempo. Stesicoro, secondo Eliano fu l’inventore della poesia pastorale, o di quei poemi chiamati 7xdwa n #ad, di cui abbiamo un esempio nel xxix di Teocrito. E molto fino accorgimento egli mostrò nella scelta del soggetto e nel modo di trattarlo. Perocchè prese a can- tare gli amori, le sventure , la cecità del pastore Dafni, nome in Sicilia, e mei dintorni d’Imera specialmente, assai celebrato e rive- rito. Dafni, così favoleggiavano gli antichi, nacque a Mercurio da una Ninfa siciliana sui monti Erei. Erano questi monti ricchi di lim- pide acque e di alberi fruttiferi in tanta dovizia, che ricovrativisi una volta in grandissimo numero i Gartaginesi, benchè, stimolati da avida fame, mangiassero in grande abbondanza i frutti di che eran cariche quelle piante, pure non poterono a pezza consumarli: tanta ne era la copia. In questi monti e propriamente in una valle sopra ogni altro luogo amenissima, la quale giaceva fra essi, Dafni vivea da pastore, e mentre guidava al pascolo la sua numerosa greg- gia, cantava campestri carmi con quella tal modulazione , che di- cemmo costantemente conservata dai pastori siciliani fino ai tempi più tardi. Dafni col canto e col suono della sua zampogna giunse a rendersi caro a Diana, la quale gli permise eziandio di accompa- gnarla alla caccia. Una ninfa invaghitasi di lui, il minacciò del suo sdegno e gli predisse, che sarebbe stato punito della cecità, se egli STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 25 avesse dato ad altra donna il suo cuore. Dafni, sedotto dalla figlià di un re, dimenticò le minacce e il suo giuramento , e bentosto divenne cieco. Questo argomento fu sì felicemente scelto da Stesi- coro, che Teocrito fra i Greci, Virgilio fra i Latini vollero nei loro bucolici canti celebrare il pastorello Dafni. Eppure questo genere di poesia, il qual pareva sì proprio e na- turale alla Sicilia, dovebbe origine e perfezionamento , non trovò coltivatori fra noi nella stagione più florida per sapere e potenza. Venne con molto giudizio osservato, che la poesia pastorale fu co- stantemente coltivata in tutte le nazioni quando esse giunsero. al colmo dell’ eleganza e del lusso, quando i poeti esaurirono quasi gli altri argomenti, quando gli animi sazj o forse anche nauseati di quello uniforme bagliore delle corti e delle fragorose città, sen- tono più vivo il bisogno di volgersi altrove in cerca di un diletto più puro, più semplice, più facile ad ottenersi e sperimentarsi senza prove lunghe e penose. E possiamo aggiungere, che i campi e i pastori furon sempre cantati da poeti, i quali viveano o nelle splen- dide corti di principi protettori delle lettere o nelle più magnifiche città. Virgilio alla corte di Augusto ; Tasso in quella di Alfonso d’Este; nella stessa il Guarini, il quale visitò inoltre quasi tutte le corti d’Italia e quelle di Vienna e Varsavia; Sannazzaro e Rota in Napoli; Menzini in Firenze; Fontanelle in Parigi; Meli in Palermo. Così Teocrito compose i suoi idillj alla corte di Tolomeo Filadelfo in Egitto. i La città di Alessandria era il ricovero degli uomini dotti di quella stagione. Ma le loro opere già erano intese a dilettar le orecchie del principe e dei cortigiani, ripiene di erudizione, di giuochi di parole, di ricercati ornamenti, di vane imagini, di basse adulazioni. False erano ordinariamente le idee , strani gli argomenti, illusivo lo splendore di che per poco brillavano. La eleganza delle parole, le caratteristiche dipinture, la stessa filosofia, che sono certo pregi bellissimi di ogni componimento, negli scrittori alessandrini muo- von la nausea, per la cura soverchia di cacciarveli entro quasi di viva forza. La naturalezza, il fuoco, la nobiltà, il candore proprio dei Greci non si trovano generalmente nelle opere di questa età, LA 26 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA che dal gran numero di dotti vissuti in Alessandria fu detta Epoca Alessandrina. Teocrito però non seguì già siffatta maniera : nelche merita tanto maggiore ammirazione, quanto più universale era il contagio. Egli prese a ritrarre la natura, e si aprì una strada novella descrivendo la vita pastorale. Quelle scene campestri, semplici, naturali, con- frontate colla vita turbulenta, sovraccarica di faccende, di brighe, schiava dell’adulazione nelle corti, esposta a mille stenti e pericoli nelle guerre, nelle lunghe spedizioni imprese per amor di conquiste o di guadagni, offrono come un ricovero tranquillo, un placido riposo all’ animo travagliato dagli affetti, oppresso dai rischi, dis- gustato delle ambizioni , e l’invitano alla meditazione delle umane vicissitudini e al confronto della pace, che si gode nell’amena so- litudine dei campi, colle perpetue amarezze, che si soffrono tra i tumulti cittadineschi. Questo contrasto offre una dipintura più viva e più forte della società, e quindi più ne diletta. E forse i sommi epici antichi e moderni per queste naturali considerazioni intro- dussero nei loro poemi qualche scena campestre, la quale fra mezzo al fragor delle armi, ali’abbagliante splendor delle corti, allo stre- pito delle città, sparge l'animo del leggitore d’ineffabile soavità. E forse anche per ciò questo genere di poesia acquistò quella perfe- zione, che ha di presente, e piacque moltissimo nei tempi,in cui la società avea toccato il massimo raffinamento. Infatti fu già per noi detto, che Stesicoro il primo cantò un argomento bucolico, se- guendo il costume, antichissimo in Sicilia, di esporre poeticamente nei giuochi pastorali gli amori, le sventure di alcun celebrato pa- store. Ma Stesicoro non ebbe seguaci nel corso di ben tre secoli : Teocrito alfine volle calcarne le orme, e felicemente riuscì nel nuovo argomento preso a trattare. Le sue descrizioni sono nalura- lissime, la pittura dei luoghi, dei costumi, degli usi, delle feste , di tutta la vita pastorale è vivissima e al vero somigliantissima. E perchè meglio conseguisse il fine propostosi, volle adoperare il dia- letto dorico molto comune in Sicilia, e v'introdusse ancora gl’idio- tismi del popolo. Egli fu celebrato dagli antichi; imitato dal suo concittadino Mosco e da Virgilio; da Quintiliano detto uomo ammi- STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 27 rabile nel suo genere; nei secoli posteriori avuto in grandissima stima (I). Alcuni il tacciano di aver dato ai suoi pastori caratteri ruvidi e disgustosi. Ma i pastori soverchiamente eleganti, massime in quella stagione, sarebbero stati cosa molto strana e ridicola. Virgilio è censurato di averli dipinti troppo raffinati e cortigiani : e in questa taccia sono ancora incorsi alcuni dei moderni poeti bucolici. E se i pastori di Teocrito non sono nè così amabili, nè così innocenti, come quelli messi in iscena da alcuni moderni, egli almeno, ri- traendo la natura, ha colto una infinità di tratti semplici e veri, che non hanno potuto cadere nella imaginazione dei suoî imitatori. Teo- crito' ha condotto questo genere a tutta quella perfezione, di cui era capace :e nessuno di quelli, che lo vollero superare, nè fra gli antichi nè fra i moderni, non ha potuto eguagliare la sua semplicità, la sua ingenuità , la sua grazia (2). Non è pertanto da maravigliare, che egli sempre sia stato preso a modello di pastoral poesia: ben’ è piuttosto da recar maraviglia , che il Fontenelle abbia giudicato i pastori di Teocrito or troppo rozzi e grossolani, or troppo acuti ed ingegnosi. Quanto al primo difetto appostogli non fa mestieri ag- giunger parola : quanto al soverchio acume direm solo, che i pa- stori di Teocrito non fan mai tanta mostra d’ ingegno e di squisi- tezza di gusto, quanta ne fan sempre quelli del Fontanelle, i quali, come con molta verità dice il Quadrio, sembrano tanti damerini di Parigi uscili alla campagna e spiranti un’aria tutta francese, benchè tramutati in contadini e pastori (5). (1) « Admirabilis in suo genere Theocritus; sed Musa illa rustica et pastoralis non forum modo, verum ipsam etiam urbem reformidat. » Inst. Orat. 1. x c. 1. (2) Schoell, Storia della letteratura greca profana, vol. it, pag. 129. Indi in nota aggiunge le seguenti parole. « Di tulti i moderni il dotto Salomone Gessner po - trebbe esser paragonato a Teocrito, se i suoi idillj fossero scritti in versi, in luogo di quella prosa poetica che adoperò. Gessner superò anzi per un rispetto il suo modello: i suoi pastori hanno un'indole più amabile, benchè altrettanto vera quanto quella del poeta siciliano. » i (3) Della storia e ragione di ogni poesia. T. 11, p. 606. 28 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA Alcuni critici di oltremonti hanno creduto, che Teocrito nei suoi. idillj abbia imitato il Cantico dei Cantici. Il dotto non men che sa- gace Federico Schoell esamina con molio fino accorgimento le ra- gioni e i passi che credonsi imitati. E poichè trova, che quelle idee si eran comuni anche ai Greci, si ferma su di un sol tratto, repu- tato il più importante, e dimostra, che anche questo non contiene un pensiero sì proprio degli Ebrei, che non sia stato comune altresì ai poeti greci. Anzi Emilio Tipaldo nelle note alla sua traduzione del- l’opera di Schoell riferisce varj tratti di poesia greca somigliantissimi a quello di Teocrito (I). Crediamo opportuno avvertire, che non tutti gl’idillj di Teocrito son pastorali: ma che alcuni, di quelli ancora la cui autenticità è incontrastabile, contengono argomenti, che nulla han di bucolico. ali sono il n, il xiv, il xvi, il xv (2). Abbiamo già innanzi accennato , che gl’idillj di Teocrito furono non pur lodati, imitati da Virgilio. Non sarà forse discaro ai leg- gitori il veder qui indicati i principali tratti, che al poeta mantovano piacque ritrarre nelle sue egloghe. Il 1 idillio di Teocrito fu da Virgilio imitato nell’egloga v. Basta leggere l'uno e l’altra, per osservare agevolmente, che maggiore è nel poeta greco la semplicità, nel latino la nobiltà. Ciascuno poi si avvede a prima giunta come Virgilio scrivendo l’egloga vm ebbe innanzi gli occhi V’idillio rr di Teocrito. Il principio del 1v idillio fu meglio tradotto, che imitato nel cominciamento della mi egloga: e chi vi darà pure un’occhiata alla sfuggita, se ne accorgerà tosto. E poichè parliamo dell’ egloga mi, possiamo aggiungere , che vi si osservano ancora var] tratti imitati dal v idillio. Così quei versi dell’egloga rx, nei quali un pastore dice essere poeta, ma non tale da mettersi a paro con altri più valorosi di lui, sono somigliantis- (1) Chi vuole esser meglio istruito su tale quistione, può consultare la citata opera dello Schoell, vol. 1ti, p. 1, pag. 130 e segg., e le note del suo traduttore nel vol. 111, p. 11, p. 156. (2) Gl’idillj di Teocrito, la cui autenticità è molto sospetta, sono il xviI, il xIx e gli altri che seguono sino al xxx. V. Schoell, I. c. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA | 29 simi a quelli dell’ idillio vir, in cui Teocrito fa dir lo stesso a un suo pastore. Ecco per saggio prima i versi del bucolico greco, poi quelli del latino. COCIUORISITTTIIVA A Io de le Muse acceso Mi sento il labbro, e d’ottimo cantore Tutti nome mi dan. Ma affè del mondo Nol credo di leggier. M’avveggio io stesso Che ancor non vinco il valoroso Samio Sicelida, o Fileta, e son qual rana A petto a’ grilli. Traduzione del Pagnini, Virgilio Me pur le Muse fecero poeta; Fo versi anch'io; me pur chiamano vate I pastor; non però presto lor fede. Nè di mio capo uscì cosa cantando, Che degno mi ragguagli a Varo o a Cinna Qual fra cigni canori oca palustre. Traduzione di Arici. Nè il solo Virgilio si fe’ bello dei pensieri e dei versi di Teocrito. Anche Ovidio nel xm delle Metamorfosi volle amplificare il lamento di Polifemo, che il poeta siracusano colla solita semplicità avea esposto nell’idillio xt. Se non che grandissima è la differenza tra il latino e il greco : poichè, oltre l'indole speciale delle due na- zioni, per la quale sempre regna fra i Greci un’ ammirabile natu- .ralezza e fra i latini una grave nobiltà, Ovidio abbandonandosi al proprio genio stempera i pensieri di Teocrito, ed altri ne aggiunge del suo molto ricercati e mal convenienti ad un pastore. Contemporaneo a Teocrito e discepolo a Bione fu Mosco anch'egli siracusano. Ciò si deduce dai seguenti versi del Canto funebre per la morte del bucolico smirneo, che qui riportiamo non solo in conferma- zione di quanto abbiam detto, ma eziandio per saggio del poetare 30 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA di Mosco, e della versione fattane dall’egregio Leopardi, benchè in età giovanile. Però ho voluto cominciare un po’ più alto, quantunque la prova sia negli ultimi versi. Sicule Muse, incominciate il pianto. Ogni cittade illustre, ogni castello Per te, Bion, si duole; Ascra ti piange Ben più ch’Esiodo suo. Pindaro istesso, Il divin vate, le beozie selve Non piansero così. D’Alceo la morte Lesbo munita a tanto duol non mosse, Nè Teo pel suo cantor provò tal pena, Nè Paro più d’Archilocho sospira; E Mitilene afflitta i versi tuoi Canta piangendo e quei di Saffo obblia. Ogni pastor, che più facondo ha il labbro In lamentoso tuon canta il tuo fato. Sicelida l’onor piange di Samo: E quel sì gajo trai Cidonj un giorno Or si discioglie in lagrime; e Fileta Fra i Triopici suoi si duole in riva Al fuggevole Alenti; e in Siracusa Teocrito si duole, ed io pur anco Per te, caro, mi dolgo, e or vo cantando Un mesto ausonio carme, io non ignaro Del metro pastoral, che a me mostrasti E a’ discepoli tuoi, cui festi eredi Del doriese canto. Ad altri i beni Morendo in don lasciasti, a me la musa. È annoverato Mosco fra i poeti bucolici non tanto per gli argo- gomenti, che siccome vedremo, son più mitologici che pastorali , quanto per la semplicità, onde sono trattati. Eppure in questa parte ancora cede a Teocrito, poichè amò far belli i suoi idillj di tutte le grazie dello stile, e sovente sfoggiò in descrizioni ed ornamenti. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 31 Merita però fra i poeti pastorali greci il secondo posto, percioc- chè i più giudiziosi critici il mettono innanzi a Bione di Smirne. Gi abbiamo di lui quattro idillj e tre altri piccoli componimenti. Il primo idillio intitolato: Amor fuggitivo è in ventinove versi. Venere va in cerca di Amore, che si era fuggito da lei, e promette una ricompensa a chi gliel riconducesse. E per iscoprirlo più fa- cilmente, fa un vivo ritratto del fanciullo. Il secondo ha per titolo : Europa, e in cento sessantun verso il poeta ne racconta il rapimento. Vi si osservano quadri pieni di tanta leggiadria, che questo componimento potrebbe collocarsi tra i migliori della poesia greca, se non ne fosse troppo lunga l’ in- troduzione. Ovidio stesso, quell’imaginoso e fiorito poeta, il quale sulla fine del secondo libro delle Metamorfosi descrive il rapimento di Europa, parmi, che ceda al paragone di Mosco. Alquanto più breve, poichè conta cento trentatrè versi, è il terzo, il qual contiene un Canzo funebre in onor di Bione. È bello e tenero : ma sovrabbonda d’imagini e di eleganze. Il quarto è un frammento di cento venticinque versi, da qualche critico attribuito a l’isandro e a Paniasi; ed è un dialogo fra la madre e la sposa di Ercole dolentisi per l'assenza del figlio e del marito costretto ad eseguire i duri comandi di Euristeo. In questo idillio si ammira la più ingenua semplicità. Gli altri tre componenti non meritano il nome d’idillio nel senso comunemente ricevuto. Il primo non me ne pare, che un breve frammento, e si può assomigliare a un madrigale. E madrigali 0, se pur si voglia, epigrammi si potrebbero ancora appellare gli ultimi due. Non dispiacerà certo, che io qui riporti un confronto fra Teocrito e Mosco fatto dal conte Giacomo Leopardi; dal quale si potrà anche conoscere la stima, in che sono sempre stati presso i più insigni critici i due bucolici siracusani. Eccolo adunque. « Mosco, disse Bettinelli, non somiglia a Teocrito così che pajano un solo. Infatti i caratteri dell’uno e dell’altro sono ben diversi. Sì Teocrito che Mosco sono originali: giacchè Mosco non è un copista come Virgilio; ma cantando ambedue sopra le stesse materie, e col- tivando lo stesso genere di poesia, hanno seguito due strade diverse. 32 STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA Teocrito d’ ordinario è più negletto, più povero d’ornamenti , più semplice, e talvolta anche più rozzo. Mosco è più delicato, più fio- rito, più elegante, più ricco di bellezze poetiche artificiose. In Teo- crito piace la negligenza, in Mosco la delicatezza. Teocrito ha nascosto più accuratamente l’arte, di cui si è servito per dipingere la natura. Mosco l’ha lasciata trasparire un pocolino, ma in modo che alletta e non annoja, che fa gustare e non sazia, che mostrando solo una parte, e nascondendo l’altra, fa desiderare di vedere ancor questa. La natura nelle poesie di Mosco non è coperta dagli ornamenti, non è offuscata dalle frasi poetiche, non è serva dell’arte. Questa viene ad assidersi al fianco della natura, e la lascia comparire in tutto il suo splendore. Mosco è un poeta civilizzato, ma non corrotto; è un pastore che è sortito qualche volta dalla sua villa, ma che non ha contratto i vizj dei cittadini; è il Virgilio dei Greci, ma un Virgilio che inventa e non trascrive, e che inoltre canta in una lingua più delicata, e in uu tempo che conserva alquanto piùdell’antica semplicità. Questa da Mo- sco fu sottomessa all’arte, ma non guasta, anzi talvolta fu lasciata spa- ziare liberamente. È stato detto, che egli piace anche a quelli che sono accusati di non sapere gustare la semplicità degli antichi. A giudizio di M. Poinsinet de Sivry egli l’ha conservata piùdi Bione. Sembra, dic'egli che Mosco non somigli al suo maestro, se non quando questo somiglia a Teocrito. Ambedue però mi lusingano e m’incan- tano. Io lascio collo stesso dispiacere la ninfa di Bione e il pastore di Mosco. Questi comunemente è posposto a Teocrito. Servio dice, che questo poeta è migliore sì di Mosco che degli altri bucolici. Il p. Rapin, dopo aver parlato di Teocrito e di Virgilio, dice solo che gl’idillj di Mosco e di Bione hanno essi pure grandi bellezze ed anche grandi delicatezze. Blair però scrive, che questi due poeti, se cedono nella semplicità a Teocrito, lo vincono nella tenerezza e nella delicatezza; e M. de Fontanelle si è dichiarato apertamente più favorevole a Mosco, che a Teocrito, di cui ha trovato molto difet- tosi i componimenti (1). Tiraboschi non ha osato entrar giudice del (1) Abbiam veduto in questo medesimo capo, se il signor De Fontanelle disprez- zava ragionevolmente gl’idillj di Teocrilo. STORIA DELLA LETTERATURA SICILIANA 33 merito dei due poeti, ed ha amato meglio attenersi al silenzio. Quanto a me non ardisco anteporre Mosco a Teocrito, che ha bel- lezze inarrivabili, e che fra gli antichi è per eccellenza il poeta dei pastori e dei campi; ma non ho diflicoltà di dire, che a qualcuno dei suoi idillj, nel quale domina quello sule austero, che ci pone innanzi agli occhi le genti di campagna con tutta la loro ruvidezza, io preferisco le graziose e colte poesie di Mosco. Chi infatti non si sente allettato dal leggiadro pastore, che ci trattiene col canto fu- nebre di Bione, più che dal villano bifolco, che nell’ idillio vente- simo di Teocrito si lagna perchè L'unice l’ha beffato, e rimprove- randogli la sua deformità e il cattivo odore, che avea intorno, igno- miniosamente gli ha volte le spalle? Ognuno può facilmente fare il paragone di questi due idilij, poichè io ho tradotto anche quello di Teocrito, che male a proposito è stato attribuito al nostro poeta (4). » E basti il delto finora intorno alla poesia pastorale. Ci cadrà in acconcio il parlarne altra volta : poichè la Sicilia, la quale nei primi tempi della nostra letteratura potè dirsi meritamente madre e per- fezionatrice dei bucolici carmi per questi egregi Stesicoro, Teocrito e Mosco, ebbe anche in altre età cultori non dispregevoli di questo genere di poesia. (1) Veggasi il vol. 1 delle opere di Giacomo Leopardi, p. 10 e seguente. — Fi- renze presso Felice Le Monnier 1845. MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA SCOVERTE ED ILLUSTRATE DAL P. GIUSEPPE ROMANO DELLA COMPAGNIA DI GESÙ PREFETTO DEL MUSEO SALNITRIANO NEL COLLEGIO MASSIMO DI PALERMO. —T_*>2bbi O itat__— La dominazione de’ Romani in Sicilia lasciò tali tracce in tutti i punti dell’ Isola, che il tempo lungi del cancellarle, ne va anzi ogni giorno riconfermando le più minute particolarità coll’ ajuto dei monumenti che vannosi dissotterrando. Tra le nostre ciltà che pri- ma delle altre ricevettero il giogo de’ nuovi conquistatori, una delle più cospicue fu certo Alesa che ebbe titolo e diritti di municipio romano. Si conoscevano di questa città monete di fabbrica e di scrit- tura greca, anteriori senza dubbio alle sue relazioni con Roma; se ne conoscevano altresì talune che comunque parlanti ancora il greco idioma riferivansi tuttavia al fatto di essere ormai quel popolo di- venuto alleato de’ romani; tali monete pubblicate quasi tutte ed il- lustrate dal nostro principe di Torremuzza, prima nella sua storia di 2 MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA. Alesa, e di poi nel tesoro numismatico-sicolo ; ci facean desiderare che il tempo ci desse a conoscere finalmente tutta intera la serie delle monete di questa città facendo cadere nelle mani de’ conosci- tori quelle puramente romane che il municipio alesino non potea mancare di aver battuto a somiglianza di altre città siciliane che godettero di tal prerogativa e di quelle molte che non furono che mere colonie romane. Questa fortuna incolse a me; ed io son lieto di poter esibire a questa colta adunanza una serie ben seguita di mo- nete alesine con teste e leggende romane le quali aggiunte alle già conosciute , vengono così a fornire l’intera serie delle monete di Alesa e a presentare in pochi pezzettini di metallo la storia parlante e tascabile delle vicende di questo popolo. Io debbo la maggior parte di queste monete alla gentilezza del signor barone D. Luigi Sergio che assicura averle avute in un luogo di sua proprietà nelle vici- nanze del comune di Santo Stefano. Affine di darne piena contezza in questo scritto credo opportuno premettere un breve cenno sul sito e la storia della città, quindi farò la descrizione delle monete inedite che intendo dare a conoscervi e di quelle altre già pubbli- cate che con queste hanno strette relazioni; poi finalmente aggiun- gerò alcune brevi riflessioni sull’ importanza storica di questa sco- verta e sulle congetture alle quali dan luogo le monete da me pos- sedute e descritte. Sorgeva Alesa su di un’ amena collina presso alle rive del mar Tirreno tra Cefalù e Calatta; e secondo l'opinione del Cluveric se- guito dal Torremuzza, in un luogo presso Tusa ove oggi è la chie- setta di Santa Maria delle Palate. Ivi è indicato il sito di quec”an- tica città nell’ Itinerario romano riferito dall’ Auria. Thermis Cephalecto XXIIII Halaesa XVIII Calocte XII E veramente da Cefalù a Santa Maria corrono 48 miglia. E quan- tunque nell’ Itinerario di Antonino si ponga Alesa a 28 miglia da MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA. 3 Cefalù, pure il Cluverio non dubitò di asserire essere ivi stata inse- rita per errore del copista Vl altra cifra X, che di 418 ne fece 28. In questo luogo pure fu trovata la famosa ara consacrata a tutti gli Dei dal popolo degli Alesini ©EOI3 ITA3I AAMO3 TON AAAISINON ctfOTENHN AIOFENEO= AATIIPONA ev EPTEZIA> ENEKEN Diis ommibus populus Alaesinorum per Diogenem Diogenis f. Lapironem benevolentiae causa E quanto alla sua fondazione Diodoro la riferisce all’epoca di Dio- nisio il maggiore. Racconta di fatti ch’ essendo stata la città di Er- bita strelta di forte assedio da questo tiranno, Arconide principe 0 tiranno di essa persuase a molti Sicoli suoi mercenarj che uniti ad altra gente ivi rifugiatasi e a parecchi cittadini della stessa Erbita, lasciassero quel paese e venissero secolui a fondare una nuova città in sito più sicuro e meno esposto ai colpi di quel formidabile tiranno. Con questa raccolta di gente diede dunque Arconide il co- minciamento alla nuova città che stabilì otto stadj lungi dal mare e chiamò Alesa; e per distinguerla da altre città dello stesso nome, le aggiunse il soprannome di Arconida in memoria dell’ esserne lui stato il primo fondatore. Diodoro (1) non si accheta piena- mente a questo racconto e cita un’altra opinione che fa Alesa fon- data da’ Cartaginesi. A sedare lo scrupolo del sommo storico giun- sero opportune le monete di Alesa che tutte al nome AAAIZA3 ag- (1) Diod. lib. XIV. 4 MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA giungono le iniziali del soprannome APX. Assicurati dunque della verità del racconto che attribuisce ad Arconide la fondazione di Alesa, potremo ammettere egualmente l epoca segnata da Diodoro che è l anno secondo della 94% olimpiade, 402, av. G. C. Sicula di origine subì questa città successivamente il giogo dei Mamertini, poi de’ Siracusani e quindi finalmente diessi in potere dei Romani. Ciò avvenne nel modo seguente: chiamati i Romani in Sicilia da’ Mamertini che ne imploraron l’ajuto contro Cartagine che già minacciava di rendersi padrona di tutta I’ Isola, determinarono di accettare l’invito e vi spedivano con poderoso esercito Appio Claudio Caudice recentemente venuto al consolato. Ciò avvenne l’anno di Roma 485, 264 av. Cristo. L’anno ap- presso i nuovi consoli Manio Valerio Flacco e Man. Ottacilio Crasso furono entrambi incaricati di passare in Sicilia colle loro legioni e con armata navale raccolta da’ principali porti d’ Italia. Era questa la prima volta che i Romani cimentavansi in mare; e vi si esponevano in faccia a un nemico già esercitato per. molti anni in tal mestiere. I successi di questa prima guerra punica fu- rono straordinariamente gloriosi pel popolo romano. Il console Valerio obbligò i Cartaginesi a ssombrar di sotto le mura di Messana che tenevano stretta di formidabile assedio e ne ebbe il soprannome di Messana o Messala che poi ritenne tutta la sua fa- miglia. L'altro console Man. Ottacilio erasi già avanzato fino alle ra- dici dell’ Etna, e le città tutte di quella vasta regione o si rende- vano ai Romani o ne erano a viva forza sottomesse. Nel novero di quest’ ultime furono Adrano e Centuripe. Molte altre città ben av- visando da' successi delle armi romane la sorte che loro tocche- rebbe indi a non guari, non aspettarono di vedersi il nemico alle mura , e presero il partito di offerirgli spontaneamente la loro a- micizia. Di questo numero una fu la città di Alesa a preferenza delle al- tre da Diodoro ricordata. Eccone letteralmente la narrazione: « I due consoli recatisi in Sicilia, avendo stretta di assedio la città di Adrano, la presero a forza. Quindi mentre oppugnavano quella di Centu- ripe, sedendo alle corti di bronzo, giungevano prima i legati degli MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA 5 Alesini, e poi delle altre città che il timore avea sovrapprese chie- dendo la pace ed offerendosi a rendere le loro città ai Romani (1). » Esiste di questo fatto a testimonianza una preziosa moneta fede- rativa stampata a nome del popolo alesino (fig. 4,) e della quale ragioneremo più sotto: ma più chiaramente ci viene esso attestato dai privilegi e dalle esenzioni accordate dal popolo romano all’ a- lesino. Riduconsi tali privilegi precisamente a due, l immunità e la libertà. Immuni dicevansi quelle città che erano esenti dal pagare qualunque tributo certo od incerto, come scrittura, decima, portorio, ec. Libere poi erano quelle altre che governavansi con una specie d’in- dipendenza dalla giurisdizione de’ magistrati provinciali, che avean diritto di eleggersi illoro senato e gli altri ufficj] municipali. Queste due prerogative non sempre andavano insieme congiunte; ma ab- biamo anzi esempi che ce le mostran separate e indipendenti l’una dall’altra. Immune e libera insieme fu dichiarata dai Romani Alesa; e di questa condizione furon pure altre quattro città , Centuripe , Segesta, Alicia e Panormo. Dobbiamo questa notizia a Cicerone, il quale ci dice « Quinque praeterea sine foedere immunes civitates et liberae, Centuripina, Halaesina, Segestana , Haliciensis, Panormi- tana (2). » La prontezza degli Alesini a rendersi i primi alla potenza delle armi romane, fu il merito che ottenne loro tali esenzioni. Non si può credere di quanto vantaggio riuscissero ad Alesa le ottenute franchigie. Perocchè da esse invitati gli abitanti di altre città vicine facilmente s' invogliavano di trasferirsi colà colle loro famiglie e sta- bilirvi il loro domicilio e i loro traffichi. A questa cagione un’altra se ne aggiunse riconosciuta egualmente da Diodoro, l’agevolezza cioè del negoziato marittimo. E l'incremento della popolazione fu tale, che giunsero perfino a sdegnare di essere riguardati come colonia di Erbitesi. Questo pregiudizio per altro dovette esser di pochi e per poco {1) Diod. Ecl. V ex libr. 23. (2) Cic. act. V in Ver. 6; MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA ‘ tempo. Perocchè fino all’ epoca di Diodoro (1) duravano le paren- tele tra’ due popoli; e l’uno e l’altro insieme accorrevano a celebrare in comune i loro riti nel tempio di Apolline. La città di Alesa ci vien ricordata da Silio Italico (2) tra quelle molte che vennero in ajuto di Marcello sotto le mura di Siracusa; quando la potenza romana preparava con ogni sforzo l’ultimo fato della siracusana libertà. Nè cessarono mai gli Alesini in progresso di tempo di far omag- gio all’ amicizia de Romani e invocarne nelle occorrenze la prote- zione. L’anno 658, essendo insorte in Alesa delle civili discordie a cagione della nomina del senato, ricorsero i cittadini all’ arbitrato della romana repubblica; la quale accettò l’ invito e diè ordine con magnifico decreto al pretore C. Claudio Pulero di portarsi sul luogo e comporre le liti. Questi vi si recò immantinenti e col consiglio di tutti i Marcelli che in Alesa abitavano, e di altri nobilissimi cit- tadini romani che ivi aveano stabilita la lor dimora, statuì delle savie ed utilissime leggi per regolare tali elezioni (5). Torna a parlarsi con grande onore di questa città all’epoca della pretura di C. Verre. (E quale delle siciliane città fu risparmiata dalla rapacità di quest'uomo?) Noi vi troveremo ricordato a lungo un Dione alesino che riconosceremo tra’ magistrati delle nostre monete. Pervenuto finalmente Ottaviano Augusto alla somma del potere , avendo in se solo riunite le cariche tutte della repubblica, il co- mando degli eserciti, imperator, la potestà consolare, consul, la tri- bunizia, tribunicia potestate, la dignità del sommo ponteficato, pon- (1) Diod. lib, 14. (2) Interea dum incerta labat sententia clausis, Exciti populi atque urbes socia arma ministrant Incumbens Messana freto etc. Venit ab amne trahens nomen Gela, venit Halaesa. Sir. lib. xiv. (3) Torremuzza, Stor. di Alesa c.4.Quest'opera fu pubblicata in Palermo nel 1753, sotto il nome arcadico di Selinunte Drogonteo. MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA 7 lifex maximus; i titoli gloriosi di Augusto, di Divo o divino, di Padre della patria; la repubblica non fu più che un nome, la po- lizia dell’impero cangiò così dentro Roma come fuori nelle pro- vincie, le immunità, le libertà furono abolite: sotto il pretesto che tali esenzioni eran fomite che incitava le città confederate alla li- cenza e a movimenti irrequieti, si cassavano antichissime conces- sioni premio di grandi servigi resi in var} tempi all’ingrandimento della romana potenza. Di rincontro l’ arbitro delle sorti de’ popoli spediva uomini nelle diverse provincie dell'impero, dava novella vita a città esauste e quasi spente dalle guerre e dalle riscossioni, mul- tiplicava colonie, fondava municipj. Ne fa testimonianza Svetonio (1) « Urbium quasdam foederatas, sed ad exitium licentia praecipites libertate privavit: alias merita erga populum romanum allegantes latinitate vel civitate donavit. » Del numero di queste ultime una fu la nostra Alesa, rimunerata de’ suoi tanti meriti verso la repubblica romana col titolo accorda- tole di municipio che è quanto dire rimeritata del dritto della cit- tadinanza. Abbiamo ciò con certezza da due iscrizioni in pietra pub- blicate luna dal Gualterio e veduta poi dal Torremuzza nel luogo dell’antica Alesa ove fu trovata IMP. CAESAREI DIVISERERO en MVNICIPIVM E l’altra pubblicata per la prima volta dailo stesso Torremuzza MVNICIPIVM ALAESINVM Congettura poi lo stesso eruditissimo scrittore essere ciò avvenuto ai tempi di Augusto dal vedere che durante ia repubblica pochis- (1) in dug. 8 MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA simi o niun municipio furono nelle provincie, ad eccezione di quelli costituiti nel consolato di Gn. Pompeo Strabone padre di Gn. Pompeo il grande, l'anno 664 di Roma, il quale accordò ai Galli di qua dal Po la cittadinanza, e a quelli che giacevano al di là il diritto di quelle prerogative che seco porta il gius latino. (1) Ma delle città siciliane in particolare riferisce Cicerone che quantunque Giulio Ce- sare avesse accordate ai Siciliani molte prerogative e ciò non senza a- vervi avuto parte Cicerone medesimo; e tra queste lo stesso gius la- tino che gli pare un poco troppo, pure vivente Cesare, non si parlò mai di cittadinanza; e solo dopo la morte di lui, Antonio fattosi ri- conoscere dai siciliani dai quali avea ricevuta ed aggradita una grossa somma di pecunia, pubblicò tra le altre leggi che spacciava come date da Cesare, quella pure di accordarsi la cittadinanza ai siciliani « Multa Siculis Caesar, neque me invito, etsi latinitas non ferenda. Verumtamen ecce autem Antonius, accepta grandi pecunia fixit le- gem a Dictatore comitiis latam qua Siculi cives Romani. Cuius rei vivo illo mentio nulla (2). » Or ecco due termini ben vicini tra’ quali bisogna collocare il privilegio del municipio e della cittadinanza accordato da’ Romani ad Alesa. Il passo di Cicerone ci attesta che in Sicilia si cominciò a parlare di cittadinanza la prima volta sotto il secondo triunvirato, e Antonio non ebbe ancor coraggio di accordarla di propria autorità, ma finse di richiamare in vigore leggi che mai non erano state. La pietra di Gualterio ci attesta che già Alesa era municipio ai tempi di Augusto Imperatori Caesari Divi Filio Po... (che leggerebbesi ro- PULI HALAESINI) Municipium. Questa lapide ricorda il regno di Augusto, fortunato per la Sicilia in quanto volendo rialzare quest'isola dalla prostrazione in cui l’ avean gittata le guerre servili, e poi le con- cussioni de’ pretori, vi mandò de’ nuovi coloni a coltivarne i terreni e V'istituì le colonie auguste. Sotto questo regno dunque è da cre- dere che o fosse dato o per lo meno rassodato agli Alesini il diritto della cittadinanza. (1) Sigonio, De ant, Tur. Prov. lib. 1, c. 2. (2) Cic. Ad Artic. lib. 14, ep. 12 ed. di Ernest Londini 1819. MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA Però se crediamo a Plinio, questo fiorentissimo municipio ai tempi di Vespasiano non era più che semplice città stipendiaria : « Stipen- diarii Assorini, Aetnenses... Halesini (1). Anzi dalla enumerazione che fa questo scrittore delle città siciliane, ricavasi che sola Messina go- deva all’ epoca sua del dritto di cittadinanza romana. « Oppidum Messana civium romanorum qui Mamertini vocantur. » Vedute così in iscorcio le vicende di Alesa e le sue relazioni col popolo dominatore del mondo, veniamo alla esposizione e alla de- scrizione delle sue monete. Le prime monete di questa città furon fatte conoscere dal Torremuzza; perocchè prima di lui nè Paruta nè d’Ordville nè altri avean pubblicata alcuna moneta che sicuramente potesse attribuirsi a questa città. Le due portate dall’ Havercampo erroneamente sono attribuite ad Alesa, ed oggi si riguardano come appartenenti ad Alizia nell’ Acarnania. Primo a raccoglierne e pub- blicarne un gran numero fu il prelodato principe nella sua Storia di questa città e poi nell’ opera più vasta delle monete di Sicilia. Furono la più parte di esse da lui possedute od osservate nelle col- lezioni di Sicilia e in quella di lord Duan di Londra. Altre ne vide e ne pubblicò il Pellerin nella sua immensa raccolta di antiche mo- nete. Ma tutte queste eran greche, nè so che fin ora alcuna ne sia comparsa di stile, di forme, di leggenda propriamente latina. Conoscevansi bensì tra le già pubblicate alcune monete che allu- devano alla federazione degli Alesini coi romani; e due principal- mente mi conviene riportarne, una che attesta una federazione tra Alesa Arconida e un altro popolo ivi non nominato; e un’altra che ha nel rovescio il soldato romano simbolo usato comunemente nelle monete delle colonie e de’ municipj. Eccone la descrizione. La prima è un bronzo (fig. 4) di gran diametro, eccedente tutti gli altri finor conosciuti, di arte molto squisita avente nel dritto la testa di Apollo giovine, qual si vede in altre monete di questa città, e il monogramma di Arconide X. Il rovescio ha sopra una spiga, nel centro due mani giunte, più sotto un caduceo; e la leg- (1) Hist. nat. 1. 111, c. 8.Questo passo quantunque riconosciuto erroneo nell’orto- grafia di molti nomi, pure in quelli da noi citati non ammette controversia. DI 10 MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA. genda greca AAAIZA® APX. Questa rarissima e preziosa moneta fu posseduta dal Castelli, e noi fummo fortunati, alcuni anni or sono, ad averne un esemplare per questo nostro museo che pre- sentiamo, e che serve a restituire la lettura di ciò che mancava nello esemplare castelliano. Si sa che per le mani giunte rappresentavasi la concordia tra due popoli, e pel caduceo la pace. La spiga è at- tributo del suolo, non meno che il capo di Apolline lo è della città di Alesa ov'era il famoso tempiodi questo Dio di cui parlammo più sopra. Sicchè a buon dritto si credea poter riconoscere in questa moneta l'alleanza e la pace tra” Romani e gli Alesini stabilita sotto i consoli Valerio ed Ottacilio ai tempi della prima guerra punica. La bellezza dell’arte confrontata colla meschinità di quelle che or pubblichiamo de’ tempi di Augusto, ci assicura egualmente che la moneta federativa è di origine molto più antica di queste altre, e non disdice alla cultura de’ tempi del secondo Gerone. L’altra moneta che più apertamente appartiene all’ epoca della dominazione romana in Sicilia, è men rara della prima. Ha nel dritto (fig. 3) una testa che varia ne’ suoi attributi; nella nostra è di Bacco, coronata di edera. — Rovescio un soldato romano con elmo, asta e parazonio, similissimo a quello che trovasi nelle co- loniali di Palermo : l’area è spesso ne’ diversi conj occupata da un cornucopia, e talora da un certo che somigliante al temone che ve- desi pure in egual sito nelle panormitane. La leggenda è greca, ed è la solita AAAIZA® APX. Mancava ad ottenere la serie compiuta della monetazione di Alesa qualche moneta romana che parlasse la lingua del conquistatore. Panormo, Agrigento, Lilibeo, Tindari, Assoro, Centuripe, Enna, Melita, Cossura si soggettarono a questa necessità. È egli credibile che non l’abbia fatto Alesa la quale tanto tempo prima era già stretta di amicizia e di relazioni co’ Romani? Lo fece; ma vi si accomodò ben tardi, ai tempi precisamente di Augusto, e forse sotto il cisello di artisti importatici da Roma. Son tre le monete diverse provenienti tutte da’ dintorni di Tusa e di santo Stefano, cioè dalle vicinanze della nostra città. Ho avuto l’agio di confrontarle con parecchi altri esemplari che or ne pos- MONETE ROMANO SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA. 11 siede questo museo o che mi sono stati comunicati dalla cortesia del sig. Cristiano Fischer cui partecipai immantinente la mia scoverta. Eccone per singolo la descrizione. N. 4, (fig. 1). Prima forma. HALAESA ARCCHONIDA Testa di Augusto laureata. Rovescio: AVG in monogramma dentro corona di alloro. Tutto in- torno FLA. MF. M. PACCIVS. MAC. XV. N. 2, (fig. 2). Seconda forma. HA. ARC. Testa di Augusto come sopra. Rovescio Tripode; da un lato CAEC RFin monogramma, dall’altro H VIR. N. 3, (fis. 5). Seconda forma. HA.. ARC. Testa di Augusto rivolta nel verso contrario a quella delle altre due. Rovescio. Lira similissima a quelle delle monete latine di Lili- beo : intorno i due magistrali di sopra Cecilio e Rufo colla stessa ortografia. Queste tre monete impresse sotto il dominio di Augusto sono per molti capi importantissime. La prima contiene per la prima. volta scritto tutto intero il cognome Archonida della città che nelle greche non si scorge se non in monogramma o nelle sole iniziali APX, (fig. 5, 6, 7): e rimaneva tuttora il dubbio sulla genuina lettura di questo cognome. Diodoro ci dice che Alesa nostra da Arconide fu detta Arconidio "Apyovidioy duthv mpoonyipevoey ig savtè da se la chiamò Arconidio. Ma questo non è già un soprannome; nè può accordarsi col nome di Alesa. Come dunque leggevano i nostri Alesini le sigle APX delle loro monete aggiunte al nome della città AAAISA>? La moneta latina che pubblichiamo risolve questo problema filolo- gico, e la lettura era Halaesa Archonida. È pur curioso il modo con che il monetario scrisse questa parola raddoppiando la C prima della lettera H che è contro l’uso de’ la- tini; perchè essi non raddoppiarono mai una consonante dopo l’altra. Abbiamo bensì esempi: di parole di altre lingue che in latino rad- doppiano l’aspirata, premettendo la tenue equivalente, come Matthaeus. Quanto al nome HALAESA, è da osservare che la ortogrofia ne 12 MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA corrisponde a quella usata costantemente da Cicerone, ilquale mai non nomina questa città senza premettervi l’aspirata H. Laonde nel- l’ alfabeto numismatico dovrebbe da ora in poi cambiarsi il posto a questa città e dalla lettera A tra Agyra ed Alonzio, trasferirla alla H tra Gela ed Heraclaea. A questo proposito osservo che anche Enna in latino scrivesi coll’aspirata MVN. HENNA. E posto che Himera ed Heraclea vanno collocate alla lettera H perchè le classificazioni e i cataloghi parlano il latino e non il greco, non veggo perchè Henna ed or Halaesa debbono guardare il loro posto fra le città che co- minciano in A o in E. Laonde l’ordine delle città vicine sarà d’ora in poi Gela, Halaesa, Henna, Heraclea, Himera, ec. La stessa tra- sposizione dovrebbe farsi nei nostri cimelj che seguono per clas- sificazione l'alfabeto. Intorno ai magistrati segnati nel rovescio di questa prima moneta non mi è riuscito finora di assicurarne pienamente la lettura in guisa da averne ben distinti i prenomi da’ nomi e da’ cognomi,e tutto questo dall'ufficio, se pure vi è indicato. Non abbiamo altro di certo che il nome di M. Paccio. Sarà questi il M. Paccio stesso ospite ed amico di T. Pomponio Attico ricordato da Cicerone in una delle sue epistole a lui dirette (1)? L’ epoca potrebbe ben combinare, il nome ed il prenome sono identici. Ecco le parole « Illa (epistola) fuit gravis et plena rerum quam mihi M. Paccius hospes tuus red- didit. » Ma come combineremo il resto della leggenda? Io credo, ma non senza gravi motivi di trepidazione, potervi leggere i nomi seguenti Flavius o Flaminius M. F. M. Paccius M. Acilius X Viri. Mi fermo solo a dar conto di quest ultimo ufficio. Erano i municipj costituiti alla maniera stessa che governavasi la città capitale. Tre ordini di cittadini distinguevansi in Roma il se- nato i nobili e la plebe; e altrettanti se ne distinguevano ne’ mu- nicip], con la differenza che i senatori chiamavansi più propriamente decurioni. E siccome Augusto ritenne per se il diritto di batter la moneta di argento, e al senato lasciò quello di coniare il rame; (1) Ad Attic. I. 1v, ep. 16. MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA 12 così laddove nelle monete imperiali di rame battute in Roma leg- giamo costantemente S. C., in quelle delle colonie si vede spesso l'equivalente D. D. che è quanto dire Decurionum decreto. Tali sigle si scorgono pure nelle nostre monete, e specialmente in due di Tin- dari possedute da noi e dal sig. Fischer. Eranvi ne’ municipj inoltre il dittatore, i duumviri, che corrispondevano ai consoli, i IV e V Viri ec. i censori che formavano il cadasto, gli edili che curavano gli edifizj, ed altri ufficii corrispondenti a quelli della romana ma- gistratura. Tra questi meritano speciale menzione i Decemviri o De- cemprimi : eran essi nei Municipj specialmente incaricati della esazione de’ tributi, e davano una specie di cauzione all’ Erario, perocchè se per cagione della morte di alcuno il fisco veniva a perdere, erano questi obbligati a rimettere del proprio il fallimento. Così abbiamo da Sigonio nel suo libro de Antiguo Iure Italico (4). Or essendo i Decemviri specialmente i tutori dell’erario pubblico, è molto naturale il credere che ad essi per ordinario diritto o per ispeciale incarico fosse commesso d’ invigilare sulla fabbrica delle monete. Le altre due monete di forma più piccola ritengono nel rovescio gli attributi di Apollo, il tripode e la lira che conosceansi nelle mo- nete greche già pubblicate (fig. 6 e 7) e riferisconsi al culto di Apollo cui gli Alesini aveano già da gran tempo rizzato un tempio come dicemmo. Il nome della città è scritto in monogramma, ma sempre coll’aspirata HA., il soprannome colle prime tre lettere ARG; i magistrati son per ufficio duumviri, e questo ufficio è scritto con due unità tagliate H come suolsi segnare il II nel sesterzio HS. quanto al nome ei sono un Cecilio e un Rufo contenenti ciascuno nella sua scrittura qualche abbreviazione. Rufo è cognome di molte famiglie ed anche della stessa Cecilia, essendo notissimo il celebre oratore di quei tempi M. Cecilio Rufo : e in Sicilia un L. Clodio Rufo Proconsole e duumviro è ricordato nelle monete agrigentine e un Gneo Terenzio Rufo in una lapide termitana scoverta non è gran {1) Lib. 1, c. 8. 14 MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA tempo e ricuperata dal benemerito cittadino Nicolò Palmeri, poi pubblicata nelle Antichità Termitane da Baldassare Romano. mio fra- tello. Essa è la seguente così supplita. HESh DIONISIO ET gNeo TERENTIO SPuriîi Filo RVFO faBIA Marci Liberta AMMIA uxOR GNei TERENTII AVFI Pecunia Sua Fecil (1). Ma lasciamo che altri di noi più fortunati rintraccino notizie me- glio fondate sul Rufo duumviro di Alesa all’epoca di Augusto. To credo di potere stabilire qualche cosa di più positivo intorno al suo collega Cecilio. Dicemmo più sopra che Alesa e per la postura del luogo e per le franchigie dai Romani accordatele, attirava a se un gran numero di famiglie romane dimoranti in Sicilia. Tra queste sono più specialmente mentovate la Claudia e la Cecilia. Si sa di quest'ultima che un tal Dione Alesino aggiunse al suo il cognome della famiglia Cecilia da Metello suo protettore che l’avea fatto ascri- vere alla cittadinanza romana. Questo Dione Cecilio Metello è a mio credere il Cecilio che veggiamo sotto di Augusto occupare l’eminente carica di Duumviro in Alesa. Di esso ragiona a lungo Cicerone nel- l’azione IL contro Verre. Il fatto è uno de’ tanti capaci di dar a conoscere la voracità insaziabile di quell'uomo. L’anno avanti alla Pretura di Verre essendo in Sicilia pretore C. Licinio Sacerdote, al figlio di Dione, uomo nobilissimo di Alesa fu lasciata una ricca eredità da un suo congiunto Apollodoro Lapirone, col peso di erigere alcune statue nel foro di Alesa; e sotto pena di eaducità se non adempisse la volontà del testatore : nel qual caso l’ eredità andava devoluta al tempio di Venere Ericina. Eseguì puntualmente l’ erede; e stava nel possesso pacifico di sua eredità: ma appena ebbe messo piede in Sicilia GC. Verre, fa a se venire in Messina Dione Alesi. no; e per mezzo di un certo Nevio Turpione ministro ordinario de’ suoi ladronecci lo richiede a nome de’ Questori del Tempio di Venere Ericina che sia a quel tempio devoluta la eredità. Invano (f) Romano B. Antichità Termi!. pag. 92. MONETE ROMANO-SICULE DEL MUNICIPIO DI ALESA 15 riclama l'innocente Dione : Verre ne cava la somma di un milione di sesterzj e il fiore de’ suoi più belli cavalli de’ vasi e delle ve- stimenta ereditarie, e lo rimanda assoluto. Fu vano il ricorrere che fece quest’onestissimo uomo in Roma ad Ortensio amico di Verre. Se ne querelò Ortensio coll’amico Pretore, ma questi sordo ai sen- timenti di umanità e di amicizia, non ascoltava che quelli della sua rapace ingordigia. Ora in questo luogo Dione è chiamato pure Q. Cecilio Dione, giusta il nome che prese per gratitudine al suo pa- trono Metello. « Quid ipsius Q. Caecilii Dionis hominis probatissimi et pradentissimi; quid etc;... quorum omnium testimoniis de hac Dionis pecunia confirmatum est?» Parmi adunque ben confermata la congettura che ai tempi di Augusto non molto lontani da quei di Verre o questo stesso Quinto Cecilio Dione, o suo figlio occupasse il posto di Duumviro nella sua patria e sia in queste nostre monete ricor- dato. Tal è il genere de’ monumenti che io presento la prima volta al dotto consesso cui mi pregio appartenere. Esse non offrono nulla d’importante per l’arte: annunziano anzi la Sicilia caduta sotto la potenza di un dominatore straniero che dopo averla spogliata dei suoi tesori, delle produzioni dell’arte, delle libertà, delle franchigie, le impone perfino i suoi artisti, la lingua, l'alfabeto del vincitore. Poco durò questa larva di cittadinanza e di dominio. Le monete imperiali in Sicilia non portano altra impronta che quella di Au- gusto. Quelle di Panormo ove alla testa di Augusto è associata nel rovescio quella di Livia coll’epigrafe A/G devono riguardarsi come postume e percosse sotto l’impero di Tiberio. Livia madre di Tiberio e seconda moglie di Augusto fu dal marito per testamento adottata nelia famiglia Giulia e non chiamossi Giulia nè Augusta se non dopo la morte di Augusto, Qui finisce la nostra zecca. Panormo, Agrigento, Lilibeo Alesa e le altre città sopra memorate dopo Augusto e Tiberio non ebbero più moneta propria, e solo sotto l'impero Bizantino ai tempi del- l’imperator Maurizio si scorgono alcune mostruosità dell’ arte colle iniziali CAT che fanno credere essere state stampate in Catania. Togli questa stomachevole eccezione, e ti converrà da Augusto andare in. 16 —MONETE ROMANOSICULE DEL MUNICIPIO D ALESA fino a Ruggiero conte per vedere un’altra volta monete siciliane. I romani fatti padroni dell'Isola, imposero dapprima le forme e la valutazione romana alle nostre monete: i tipi, le leggende vi rima- ser le stesse. Quindi appariscono a poco a poco nomi di magistrati appartenenti a famiglie romane, Cestio, Munazio, Apulejo, Acilio, Na- sone, Atratino, ec. quindi ufficj veramente romani; Apulejus Quae- stor designatus, Naso Questor. A poco a poco alla scrittura greca succede la latina; ai magistrati municipali sottentra l’ imperatore , prima associato, poi solo : il nome stesso della città giunge a scom- parire e sol ne rimane a ricordo qualche tipo allusivo. Anche questo si perde, e non altrimenti che da circostanze accessorie della fab- brica, della provenienza si può argomentare esser tali monete pro- dotto di arte siciliana. Se dunque la monetazione romano-sicula ci sconforta come in- dizio della decadenza del paese e foriera della perdita della zecca propria, è però importantissima quanto alla storia della caduta suc- cessiva di quest’Isola sotto la potestà dei Romani. Sotto questo aspetto merita di essere più che non è stata finora conosciuta e illustrata. Possa questo mio debole sforzo accendere altri posseditori di più preziosi tesori e di me assai più intelligenti a metter mano a so- miglianti pubblicazioni. AGGIUNTA —ceo © esset Dopo impressa questa memoria, dalla gentilezza de’ signori fra- telli Landolina di Rigilifi esimii cultori di questa parte della numi- smatica siciliana, mi fu procurata un’ impronta in foglia di stagno di un’ altra moneta del municipio di Alesa, rilevata in Catania da un esemplare della collezione recuperiana. Essa è in tutto simile a quella da noi disegnata al n°. 3, varia solamente ne’ nomi dei magistrati che in questa sono PAC. MAX. Ognuno vi riconosce agevolmente PACCIVS MAXIMVS o MAXVMVS, duumviri del nostro municipio in quell’anno. Ma dobbiamo pur confessare che ciò dissipa altresì le nostre congetture sulla leggenda della moneta del n°. 1. Perocchè noi troviamo in quest'altra oltre il Paccio, anche lo stesso Massimo MACXV. scritto con un’ ortogra- fia somigliante a quella del nome ARCCHONIDA. Epperò i nomi espressi nella moneta di n°. 4, saranno FLAminius o FLAvius 0 FLAccus Marci Filius; PACCIVS; MACXVmus. Sarà questo un trium- virato? Noi non troviamo esempio nelle monete di colonie. Eckhel ricorda (1) in esse espressi i nomi di duumviri, di quatuorviri, di prefetti, di prefetti duumviri e quinquennali, di edili, di decemviri o decurioni ; non già mai di triumviri. Epperò saremmo tentati di credere che Maximus sia un soprannome di Paccius, come lo è della famiglia Fabia, derivato da Q. Fabio dittatore, detto Procrastinatore, Cunctator. Ma a ciò si oppone il veder questi due nomi nella nuova moneta formare un duumvirato. Epperò crederemo piuttosto che (1) Doctr. num. vet. T. IV cap. 23, De Coloniis. nel n°. 4, de’ tre magistrati due ritengan l’ufficio di duumviri, Pac- cio e Massimo, e il terzo Flaminio o Flavio o altro chi egli sia, figliuolo di Marco, vi ottenga quello di Prefetto o l’ altro anche più eminente di Proconsole che leggiamo nelle monete finora non in- teramente capite di Agrigento, ove leggesi secondo Eckhel, L. CLODIO. RVFO. PROCOS, SALASSO. COMITIAE. SEX. REO. II. V. (1). Laonde finchè non appajano altri monumenti a meglio chiarire la lettura delle nostre monete, riconosceremo nella prima il nome di un pro- console o altro magistrato diverso da’ duumviri, cioè FLA. M. F.; indi quelli degli stessi duumviri quali si leggono in quest’ altra che annunziamo, cioè PACCIVS. MACXV. ; in quella stessa guisa che nel- l’agrigentina sopraccitata si fa menzione di un L. Clodio Rufo pro- console e de’ duumviri Sesto Reo e Salasso di: Comizia, nome su cui rimane tuttora qualche nebbia a diradare. (1) Eckhel, op. c. T. I, pag. 194. — V. Torremuzza, Sic. et Insul. adj. num. T. VII, n. 9, 10, 11. SIE VR LÀ ERUZIONE ETNEA DEL 1852 TESTIMONIANZA DI Lo VIGO ——_—Oo—— La sera del 20 agosto 1852 cadeva aurata e serena come sempre le belle sere estive im Sicilia, e l’ultimo lampo del crepuscolo ar- rubinava la cima dell'Etna, che da lontano mostravasi muta e su- blime nella ordinaria sembianza. Omai instellavasi il cielo, l’olezzo delle piante di ogni maniera profumava l’aria; le città di cui ab- bellasi la montagna quietavano nella consueta obblivione; i villaggi, le rustiche casette di cui è gremita, quà e là fumeggiavano, e la speranza del prossimo abbondevole ricolto, allietava le fantasie e i placidi sonni dell’etnicola. Ma chi può viver sicuro sopra le brace? Al sorger della notte fatale incominciò la montagna a commuo- versi e di ora in ora iterremoti facevansi più gagliardi e frequenti. Non ho notizia dei fenomeni manifestatisi su nella regione deserta; della silvestre o boschiva se ne hanno indubitate e piene. Ivi non poche gregge stanziavano attiratevi dall’ opportunità delle acque, dall’ombria, da’ pascoli e dalla mite temperie dell’atmosfera. Nella Valle di Calanna nel Trifoglietto, accosto Giannicola, monte Lepre, 2 L' ERUZIONE ETNEA monte Finocchio e Rocca della Capra eran pastori del Milo e Zaf- ferana; e costoro unanimamente riferiscono essersi manifestati sin dal 19 agosto i forieri dell’ eruzione. La massa ignea erumpente sollevavasi dalle profonde viscere della terra, urtava e riurtava l’im- menso coperchio, che le sovrasta; tentava uno sbocco attraverso gli strati primigenii e delle lave a lave sovrapposte; tentava con la spinta dei sobollimenti fenderli o spezzarli sollevandoli; e nel tempo di questa lotta fra la natura attiva e l’inerte, che bastò oltre due giorni, i terremoti locali erano di forza ognor più crescenti, finchè alle ore 6 circa della notte del 20 agosto, giorno di venerdì, il volcano si sfesse con orribile detonazione appiè di Giannicola. Sorge questo monte ad oriente di Mongibello , e sopra le sue spalle poggiano le gibbose eminenze a cui s'addossa il cratere. Sta Giannicola in fondo e quasi in centro dello smisurato avvallamento entro cui sono la Valle del Bue, il piano detto di Giannicola, il piano del Trifoglietto, il piano degli Agrifogli, il piano dei Zap- pinelli, ed ove giganteggiano, come piramidi ivi posate dalla mano di Dio, le Rocche di Musarra, del Pepe e della Capra; a mezzo- giorno-levante chiudono queste pianora Zoccolaro, Cassone, Fior di Cosmo; a tramontana Jazzo vecchio, monte Renato, monte delle Fon- tanelle, monte Caliato, e sono esse aperte a levante degradando sen- sibilmente sino al piano dei Colmi. Appiè di Giannicola sorgono monte Lepre e monte Finocchio. Ma prima d’innoltrarci nella descrizione dei fenomeni flegrei, è dicevole ricordare qualcuna delle memorie riguardanti questi luoghi famosi nell’istoria del volcano. Monte Lepre nacque nel 1284 (4), e fu cratere dell’eruzione di quell’anno riferita dai sineroni; monte Finocchio surse nel 1329 (2) e anch'esso fu focolare di altro incendio, ed è pertanto uno degli 80 e più coni disseminati sulle sterminate membra di Mongibello. Da quella costa scoscesa non poche volte ha esso mandato fuori le sue lave : quelle de’ tempi antichi non sono ricordate dagli storici, ma di esse veggonsi i cadaveri serpeg- (1) Recupero t. 2, p. 29. E non come dice il Ferrara nel 1324. (2) Maravigna tav. VI. DEL 1852 3 gianti lungo e attraverso quegli aspri deserti; quelle de’ tempi mo- derni sono ben ricordate, ea nostri giorni nel lato orientale ormai cinque fiate ha eruttato, e sempre di là. Così nel 1802 presso monte Lepre, nel 4814 al di sopra di esso, nel 1849 a mezzo Giannicola, nel 1858 più lateralmente, così nel 4842 e nel 1846 dai suoi cul- mini, e 0ggì dal suo piede. Osservando l’intera superficie orientale del volcano, chiunque ben sì accorge i monti essere sovrapposti a’ monti negli altri luoghi , e quindi colà essere la sua crosta alta e profonda; mentre soltanto Giannicola mostrasi ed è nudo di propugnacoli, anzi incavato per l’antichissimo avvallamento di questo, che oggi è piano, e un giorno fu monte elevato quanto i collaterali Cassone , Zoccolaro , monte Caliato e Concazze, e che avvallando, dall'intero perimetro del suo seoscendimento formò quasi tre lati di una caldaja, di cui esso è fondo. Da questi fugacissimi cenni può ben conoscersi e presagirsi, senza profetare, che quante volte Mongibello eromperà dall’oriente, emetterà i suoi fuochi dalla regione di Giannicola; ove la cupola volcanica è di necessità assai più debole e sguarnita dei baluardi che gli altri lati ringugliardiscono. Se la spessezza media della volta terrestre non giunge a 60 miglia (4), certo in Giannicola minora di quanto i monti circontermini superano di elevazione e di am- piezza il livello del piano della valle del Bue e della collaterale di Calanna. Dacchè medito i fenomeni e la struttura del patrio volcano, ho sempre opinato ed estimato probabile (e in ciò all'uomo ogni cer- tezza è disdetta), che unico meato congiunga il focolare ignivomo col sommo cratere; che questo meato sia una continuazione di ca- verne, di pozzanghere, di cataratte trarupate, irregolarmente ser- peggianti, con enormi e dismisurate rupi pendenti, le quali ad ogni lieve o gagliardo terremoto precipitano, e quì e là otturano l’igni- fero meato attraverso del quale i vapori elevansi e fumeggiano dal cratere, e la lava sollevasi. Difatti è rado osservare una eruzione nei fianchi dell'Etna, senza vestigio di fumo nel cratere. È questo (1) Poisson, teoria del calorico ec. 4 L'ERUZIONE ETNEA noto non mai come una osservazione da gloriarsene un filosofo , perchè per se medesima è di poco momento, ma rincalzare il già detto, cioè, della minore doppiezza dei fianchi di Giannicola com- parati a quelli dei monti circontermini. Avvegnachè allorquando dai conati dell'Etna nei giorni 49 e 20 agosto la lava fluida estollentesi tendeva ad ascendere alla bocca del massimo conc, onde di là tra- boccare, essa invece di superare gli altri mille e più palmi chele rimanevano per isgorgar libera dalla sua foce naturale, sfesse la base di Giannicola e precipitossi. Dal che può con le consuete leggi di geologica probabilità congetturarsi, essere la resistenza di Gian- nicola minore allo sforzo necessario per elevarsi la lava da quel punto al cratere; e se noi conoscessimo gl’ interni impedimenti di quel meato, o se non ve ne fossero, il mio concepimento potrebbe manifestarsi con un’algebrica formola. Pertanto a 20 agosto di là fra’ tremuoti e le detonazioni sboccò ia lava, e con essa ceneri, arene, lapilli, scorie, mandorle, bombe e massi enormi. Le bocche da essa aperte dapprima furono molte una delle quali della lunghezza di presso 80 canne, le altre pic- cole e longitudinali, avean tutte la forma di crepacce, e quel lato di monte somigliava una conocchia di alto in basso spaccata. Que- ste aperture in seguito si restrinsero a quattro, poi a due, e final- mente ad una, la quale si fe’ circolare, e ben anco per molti giorni da una voragine pollava liquido fuoco, da un’ altra fumo, ceneri, arene, e due monticoli si elevarono intorno ad esse. Nè di numero, nè di forma sono state uguali a se stesse dal 20 agosto al 34 di- cembre 1852, termini estremi di questa mia relazione. \ Il torrente nella prima notte e giornata sussecutiva del 24, con poca velocità e larghezza, seguendo il pendio naturale del terreno, si volse ad oriente, e da tutti, sino al mezzogiorno del sabato 241 ago- sto fu giudicata quella eruzione di poco conto. Ma allora, o perchè la trabocchevole quantità del fuoco non potendo sgorgare dagli aperti forami, li slargò con maggior impeto di prima; o perchè incontrò della neve, com'altri disse equivocando il giorno e i fenomeni con- comitanti, gittò in aria una colonna nera, alta, densa di fumo, sab- bie, lapilli, scorie, pomici, la quale si dilatò da Fior di Cosmo e DEL 1852 5 monte Caliato e Cerrita; tutto il cielo era fuoco, la terra traballava e sembrò essersi spaccata orizzontalmente la montagna, e tutta quanta inabissare. Io vidi, osservai e misurai da Giarre lo spaventevole fenomeno, e abbenchè uso allo spettacolo degl’incendii etnei, par- tecipai all’ universale sgomento. Gli abitanti del Milo e di Ballo fug- girono come dal finimondo, e parecchi e con essi i miei massari con addosso i figli e gli arredi più preziosi incontrai a s. Leonar- dello, che trafelati scendeano a salvarsi alla spiaggia del mare. Allo scoppio inaspettato , io con la voce incoraggiava quanti uomini. e donne mi circondavano, con l’ occhio serutava il volcano ove po- tea ficcar la vista attraverso l’ignea nolte, che lo copriva di tene- bre e fiamme, per discoprire cosa avvenisse in quelle regioni; e con la mente, che in qualsiasi disastro o catastrofe mi s'è serbata tranquilla, pensava al volcano di Unsen nella provincia di Nangasaki inabissato nel 4795 (1), al Bivono Kubi spaccato nel medesimo an- no (2), e all'immensa montagna di Miyi yama che saltò in aria come una polveriera (5). Avventurosamente la causa dell’ orrisono nugolato, e di quella pioggia lapidea, e di quella emissione di va- pori puzzolenti bastò pochi istanti, quantunque gli effetti perduras- sero a lungo, altrimenti a noi sarebbe avvenuto quello che agli abitanti del Chili, ai quali per 45 miglia attorno il Votusco non è dato veder filo d’erba per la copia dei vapori e delle ceneri che vomita (4). In quel momento l’arena grandinava a Giarre, e non che a linee, alzavasi ad once, e se quello sgorgo fatale fosse con- tinuato, noi avremmo dovulo piangere l’Arequipa e la Pompeja si- ciliana (5). Quindi l'eruzione presente può dirsi a ragione aver avuto il suo pieno sviluppo a mezzo giorno del 21 agosto. Da quell’istante in- (1) Leopoldo de Buch, (2) Ivi. 3) Ivi. 4) Ivi. 3) Il vulcano d'Uvinas nel secolo XVI seppelli Arequipa, come il Vesuvio nel se- colo Jo Pompeja. ( ( ( 6 L’ERUZIONE ETNEA refrenata e vasta una fiumara di liquide brace s'inoltrò giù pel monte, traversò il piano di Giannicola, quello del Trifoglietto , i Zappinelli, rasentò la Serra delli Rovettoli, e all’ave toccò le Guar- die di Femina-morta. Sin qui essa scendeva da ponente a greco ubbidendo alla legge dei fluidi; ma ivi giunta sostò alquanto , in- tiepidi, la sua fronte impietrossi, fece argine a se stessa, e la sus- seguente piena diverse a sirocco. Nella Serra di Femina-morta era una gola stretta profonda, di là traboccò mutando direzione circa le ore due della notte del 24 agosto, e invece di versarsi sopra Milo, Salice, Macchia, piegò sopra Ballo e Zaffarana. Il 22 domenica, discese tripartendosi; un braccio minacciò Alge- razzi per oriente, e due per sirocco, dei quali uno si gittò nelli Mortara, contrada collaterale alla Valle di Calanna, e Y altro entro la Valle medesima; il loro moto non era molto veloce, i loro danni di poco conto per la natura silvestre dei terreni. Ma all’ alba del 25 tutto era cambiato, 1’ acclività del suolo, la prorumbente massa ne accresceano la velocità a tal grado da sma- gare tutti i calcoli, tutte le previsioni. Al sorger del sole minorava il corso del braccio degli Algerazzi, perchè la liquida bracia devol- vevasi sopra Mortara e Calanna. È questa una vallata ampia e quasi circolare, chiusa a mezzogiorno da Fior di Cosmo; a ponente dalla Portella delle Giumente, da cui precipitossi la lava del 48419, e dal monte di Calanna ; a tramontana dalle creste del Cirrazzo , e dalle antiche lave delli Mortara. In fondo della Valle è l'Acqua Grande, attorno di essa e per entro eran pascoli e ginestre, e alla sua im- boccatura pomi, castagni, ciriegi e talune case rurali ; fin lì erasi arrischiata la coltivazione! Gli alberi montani di alto fusto erano già distrutti; in pochi lustri si vedrà l'Etna brullo come il rovescio di una caldaia. E le stesse ginestre erano divelte dalle radici, quasi i montanari avessero antiveduto l’eruzione. Il dolore di chi visita quei luoghi, considerando di quali e quante preziose piante po- trebbero rivestirsi, e a quale miserando stato sono ridotte dalla mano dell’uomo, quel profondo dolore non potrà mai essere rag- guagliato a’ danni cagionati e quasi irrimediabili ! Il Massa nel 1708 trovò il bosco sì folto e denso da dover camminare carpone per le DEL 1852 7 intralciate rame; il Recupero nel 1753 lo trovò nudo com’ oggi; M° Ventimiglia vescovo di Catania lo custodì per soli 42 anni, e tornò a crescere folto come ai giorni del Massa; dal giorno della sua rinunzia tutto altra volta scomparve (4). Chi eredita o erediterà la provvida sapienza del Ventimiglia? Oggi i diritti promiscui, che inretivano quelle terre sono disciolti per una feconda lesge gover- nativa, ed oggi Vescovo e Comune gareggiano nella solerte opera della distruzione. Bene e dall'infanzia io conosceva quei luoghi famosi; il 23 ago- sto li studiai, li misurai con occhio indagatore, con mente sicura, quantunque il cuore mi trepidasse, ed eran meco i più vecchi della montagna, che mi faceano corona. Il fuoco divallavasi furiosamente dalla gola di Femina-morta, percorrea alli Mortara 12 canne l’ora, il braccio entrato nella Valle 6, l altro che avvisava Algerazzi 2. Il suolo presentava ad oriente i greppi e le alture della Quercia del Vento (1), a ponente Fior di Cosmo, e tramezzo quell’eminenze affossavasi il vallone di Fior di Cosmo, che cominciava dalla por- tella di Calanna, e terminava al fine di quel monte, ed era lungo oltre un miglio. L’istante era tremendo, da quell’istante, da quei moti pendea il destino di questa o quella parte delle contrade et- nee. Il fuoco intanto progrediva, quando il braccio di centro, cioè quello delli Mortara, precesse gli altri e urtò alla Quercia del Vento nè si gittò a destra entro il vallone di Fior di Cosmo, che con la sua profondità lo invitava a versarglisi. Sopraggiunsero gli altri cavalloni infuocati, si elevarono 20 palmi su’ precedenti, arrestaronsi, e così i sopravegnenti , finchè ammonticchiando lava a lava incre- dibile fatto, superarono la Quercia del Vento, e dall’alto di quelle eminenze affacciaronsi a spaventare le città, i villaggi, i proprie- tarii del lato meridionale del monte. — Era la seconda volta in cui progredivano senza seguire il pendio dei terreni; nella prima da greco eransi a sirocco rivolti, nella seconda lasciando un vallone, salivano un monte. Dopo di ciò il braccio, che traversava Calanna (1) Recupero t. 1, p. 124, e 125. (2) La quercia, che diè nome a quel Inago non più esiste da molti secoli. 8 L’ ERUZIONE ETNEA toccò la Portella, s'incassò nel vallone, e seguì a scendere parallello al primo; lo scaricarsi qui l’ignea massa, fe’ scemar quello degli Algerazzi. Questo avveniva al tocco di mezzogiorno, e allora occupò la prima vigna dei fratelli Mauro e Pietro Nicolosi, e incominciò la distru- zione miseranda, che ebbe termine nei lieti pometi del barone Re- cupero al Milo. Non appena giunsi sul luogo, volli conoscere se mai vera si fosse la voce popolare che asseriva trasportare il torrente pietre di mare lisce, arrotondite; il che veniva in opposizione con le teoriche della vulcanologia. E vidi sulle enormi terga del ,torrente massi bian- cheggianti incombusti; i quali ben da lunge scorgevansi sovrastare alle nerissime sciare e da queste trasportati, e tosto riconobbi l’er- rore del volgo. Quei massi erano frantumi della crosta del monte rotta e sminuzzata dall’urto interno della esplosione volcanica; questi massi non avevano subìto l’attuale azione del calorico, ed erano di composizione assai diversa dei presenti. Quest esizievole giorno chiudeasi estendendosi il fuoco sino al basso di Fior di Cosmo, e delle adiacenze della Quercia del Vento. Nella notte le sparte braccia si ricongiunsero, e la mattina del 24 progredivano con due moti simultanei, cioè uno di fronte verso sirocco, e uno laterale verso oriente : il primo moto era di 40 a 453 canne l’ora, il secondo cagionato dal dilatarsi della fiumana da 5 a 10 canne, e questa fiumana irregolarmente si slargò da 30 in 70 canne sino a 2 in 5 miglia. Rimpetto Fior di Cosmo sorgeva una rupe nella quale erano talune grotte come camere le une al- l'altre soprapposte, e pertanto i contadini la dissero il Palazzo: ivi la lava era alle ore 44 del 24 agosto. Il lato che prolungavasi dalla Quercia del Vento al Palazzo e di- agavasi per levante, in quel giorno seppellì i Dagadoni della famiglia Pantano, quelli di Salvatore Barbagallo, toccò le terre e vigne sopra Ballo, rasentando il limite del Distretto di Aci, ma senza invaderlo; solo un bracciuolo lo attinse alla grotta del Porcaro nel bosco di Gulli. Il fronte occupò l’Angona, il piano dell’Acqua, contrade sol- tostanti a Fior di Cosmo, e si estese dietro le case d’Ignazio Pantano. e Wil DEL 1852 9 In questo spaventevole giorno gli abitatori del Milo, trasportarono al fuoco l’immagine della Madonna, e nell’aperta campagna vi fu predica e pianto delle accolte genti; quelli di Zafferana pregavano in chiesa : tutti sgomberavano le case, e non pochi con le masse- rizie trasportavano i figlioletti e le porte e i tegoli degli edifizii. Il cuore si rompeva a quella vista: e mentre a torme i fuggitivi volgevansi alle marittime terre, da lì salivano a torme gl’innume- revoli curiosi, i quali distrudevano, sperperavano, rubavano, calpe- stavano , devastavano tutto quello che il fuoco aveva risparmiato. D'ogni sesso, grado, età poneano al nulla le immature raccolte con pari inumanità e vandalismo. Così è l’uomo; se un nemico inva- sore brucia e saccheggia una città, le stupide masse lo aiutono nella nefanda opera, e cioncano fra le ceneri dei fumanti palagi. Dio ne aggravò la sua destra sulle cervici, e l’orda ricrescente e refluente dei curiosi spietati, annientò quel poco che l'Eterno risparmia nell’ora del flagello, L'Intendente di Catania signor Angelo Panebianco accorse frattanto sul luogo: non era caso di pubblica pertubazione, di lagrime e di conforto bensì : ed egli confortò ed incoraggiò con l'esempio gli scuorati, diede danaro e circa salme 20 di fave, onde partirie agli scasati poveri vaganti; provvide perchè abbondassero i mezzi dj tra- sporto a’’fuggilivi; perchè i mercatori levassero e trasportassero il vino dalle pericolanti dispense, perchè le cisterne fossero dalle acque svuotate ; e finalmente chiamò sul luogo l’ingegniere Lorenzo Mad- dem perchè arrestasse e deviasse il fuoco. Ordinamenti saggi e salu- tari. Ma soccorsi ai poveri o non ne furon dati o pochissimi li serbaron pel verno; i mercatori si partirono i vini, ma per trarne ingordi=lucri; il cuore del mercatante si chiama aritmetica, e non san essi nè di umanità, nè di lagrime, nè di fuoco, nè d’inten- denti, e forse taluni di quelli benedissero le lave devastatrici. Quali siano stati i responsi del Maddem, ignoro: opere, tentativi nessuni. Noi danneggiati o minacciati ricorderemo il nome del sig. Pane- bianco con gratitudine, e questo elogio gli viene da chi appena lo conosce solo di vista. Taluno è vago sapere se il torrente avrebbe potuto divergersi , 2 19 - L'ERUZIONE ETNEA se YIntendente ben fece a chiederne a chi ha nome di saperne: ed îo rispondo francamente del sì. Fisicamente ciò si poteva e con agevolezza, ma legalmente non mai. Poteasi alla sorgente con pe- ricolo , poteasi senza pericolo e con maggiore sforzo e dispendio alla gola delte guardie di Femina-morta il giorno. 22 e forse anco il 25 finche le labbra di quella non erano ancora state soverchiate del fuoco, elo si potea turandola e vietandogli quell’ingresso e quello sbocco, e il precipitarsi sopra Zafferana; ma gli abitanti del Milo e del vasto e ricchissimo territorio di Mascali avrebbero potuto op- porsi a dritto alla elevazione degli ostacoli artificiali. Il fuoco dee correre ove lo manda Iddio. Tali devazioni sono permesse quando unanimamente si voglia salvare qualche grande città o monumento glorioso. proficuo alla nazione. Nel 4669.gli acitani Saverio Musmeci filosofo, e Giacinto Patania pittore diversero.il fuoco da Catania git- tandolo- sopra terre inabitate; ma oggi da Zafferana avrebbe potuto travolgersi sopra Milo, Macchia, Giarre, Riposto. Non era questo il caso poichè queste comunanze e le loro terre vagliono mille Zaf- ferane; nè questi erano gli uomini da compiere, non che ideare opera sì fatta. Mentre questi lagrimevoli eventi svolgevansi, it fuoco seguiva la sua via; le case di Fior di Cosmo ampie, comode; ricche, murate nella costa del monte, in sito di non attingerlo nè le piene del torrente sottoposto, nè le ondate volcaniche, come estimavasi, fu- rono colme, tanto colà rigonfiò la massa ignifera. Nel medesimo giorno dilatò i suoi lembi da per ogni dove, e attinse le mie pro- prietà a Ballo. L'alba del 25 scoperse alla nostra vista un fenomeno inaspettato e funestissimo. Il monte fra le continue detonazioni e scotimenti, sollevava in aria nugoli vorticosi di sabbie ed arene, ma usi allo spettacolo: delle eruzioni, nessuno di noi facea caso di questi lie- vissimi danni. Non fu così nella notte corsa tra il 24 e il 2% agosto: alfora.una: pioggia di sostanze caustiche, non analizzate da chimici, bruciò alberi e vigne, e consumò i vegetabili d’ogni maniera, che ne fur tocchi. Dominus pluit super Emaw sulphur et ignem de coelo et DEL 1852 i subvertit..... cunta terrae virentia (4). La mattina era un puzzo per le campagne da eccitare al vomito, il verde cupo del fogliame delle viti erasi trasformato in squallido arsiccio, la gaiezza dei campi della vigilia erasi tramutata in lutto, in poche ore, da agosto era- vamo in gennaro, dalla Sicilia alla natura morta della Groenlandia. Fortunatamente la nuvola devastatrice non oltrepassò Ballo, Milo, Zaffarana, Piano Grande e le loro adiacenze, ma in queste contrade le spese di coltura, il pagamento dei dazii saran per due anni, il raccolto per uno. Il demone della distruzione le appestò del suo alito. Che cadde? Egli lo sa: un acido indubitatamente ; gli om- brelli verdi di coloro che nella notte visitavano l’incendio arrossa- rono : ed io credo sia stato il micidiale acido solforico commisto ad altre nocevoli sostanze. Io parlo per logica ragione, e non per fisica; avvegnachè non l’ ammoniaca che diluita e pulverulenta o sciolta dalle piogge o asciutta la quale cadde tramescolatamente alle arene, e non queste stesse arene qualche volta caldissime, produs- sero ruina rassomigliante quella del 24 agosto, perciò nè l’alidore, nè l’ammoniaca ne furon cagione, e perciò ho io sospettato esserlo stato un’altra più nocevole sostanza e forse l’acido solforico (2). Vari sono i liquidi eruttati de’ volcani; il Galung Gung nell'isola di Giava nel dì 8 ottobre 1822 mandò acque calde, sulfuree, limacciose de- vando e portando via quanto incontravano e perfino delle case in- tere, e fu visto con istupore la riviera di Sciwlun deporre verso il mare gran numero di cadaveri d’uomini, di armenti, di rinoce- ronti, di tigri, di cervi e d’altre belve(3). Questo flagello durò due ore, quanto quello del 24 agosto fra noi. Così le ejezioni fangose del Carguairazo in Quito il 49 giugno 4698 insterilirono le circon- vicine campagne (4). Uno de’ crateri dell’Azufral è una palude sul- furea bollente (5). Nell'isola di s. Lucia una delle Antille è l’Ova- (1) Genesis Cap. XIX, 24, 25. (2) Pietro Nicolosi massaro dei sig. Nicosia si espose a testa nuda pochi minuti a quella pioggia, ammatò subito, e per quattro mesi gli restò la testa come di su- ghero, e neppur sentiva se avesse tirati i capelli. (3) De Buch presso Marmocchi. (#) Ivi. (5) Ivi. (6) Ivi, 12 L’ERUZIONE ETNEA libu, che manda ruscelli di acido carbonico (4). Il Tassem nella tre- menda isola di Giava presenta un lago di acido solforico, e la eru- zione del 4817 vi fe’ perire i vegetabili che vi cresceano (2). Il Guevo Upas o Valle del Pesce nell’ istessa isola uccide istantanea- mente chiunque vi accosti, ed il suo suolo è coperto di scheletri di tigri, di capriuoli, di cervi, di uccelli e di uomini (3). Il Tala- ga Bodas è un altro sito mortale, ma gl’innumerevoli scheletri di cui è cosparso serbano i muscoli, i peli, la pelle, in somma tutte le parti molli e le ossa loro si disciolgono e spariscono (4). Per- tanto, e senza citar altri esempii, l'Etna in quell'ora tremenda esalò un miasma che impoverì delle loro ricolte i campi prossimi al tea- tro flegreo. Il 25 l'eruzione cambia.interamente di forza, di direzione e quasi di natura. Il gran mare di liquida bracia comincia ad arrestarsi , e progrede lentamente, e solo sopra la procedente lava scendono filoni di ferruggineo macigno. Fin oggi la*sua superficie è stata lapillosa, sciolta, pulverulenta, la superveniente è ferro. Rasente le mie proprietà, che poi furono arse, io salî sopra il torrente dietro appunto la casella di Angelo Barbagallo, ivi inoltratomi poche canne vidi un lungo e stretto alveo, quasi di torrente, e vidi per esso ad un’ ora di notte scendere e precipitarsi dall’alto un rivolo di no- vello fuoco rapido e romoroso come acque che si divallino trasportando macigni. A quello spettacolo invitai e incoraggiai parecchi a se- guirmi, e ad osservarlo; e allora ben mi avvidi come questi no- velli filoni agivano come cunei, lateralmente facendo dilatare la lava, e alla istessa ora sospingeano in avanti la sua fronte, e co- nobbi essere questi filoni di natura diversa della superficie visibile della primiera lava (5). I suoi movimenti dal giorno 26 al 30 van rannodati per com- (3) (4) Ivi. (5) Meco salirono i signori Michiele Politi di Aci, Carmelo Zanghì di Mascali con altri parecchi. - DEL 1852 13 prenderne agevolmente gli effetti. In questi 8 giorni occupava a palmi il terreno ; solo nelle mie proprietà si dilatò lateralmente il 29 e in tre ore colmò un boschetto, un pometo, un gelseto di oltre 50 palmi di fuoco. Dio mi serbava a questa novella e forse non ultima prova; vuotai l’amarissimo calice, il corpo s’affrali, ma l’anima mia restò come nel dì innanzi. Io sì, io stesso le avea af- fidate al terreno quelle rigogliose piante, le avea educate, e sopra- cariche d’immature frutta le vidi seppellire d’eterni massi. Dio me le diede, Dio me le tolse, sia benedetta la volontà di Dio. Questa nuova e forse non ultima sventura, mi fu fonte di beni morali, avendomi ritemprato l’ anima al dolore e procurato l' intima inef- fabile certezza aver io meritato amici infallibili e degni del tempo antico. Ovunque erasi diffusa la voce aver io perduto le tenui pro- prietà nelle quali vivo di solitaria indipendenza, pertanto la mia patria dolorò al mio pericolo, e taluni amici mi proffersero gene- rosi soccorsi. Ma il mio danno perpetuo fu lieve, e la mia gratitu- dine sarà indelebile pei gentili che vennero spontanei ad emendare la mia perdita esagerata, e sopra tutti per Giuseppe de Spucches principe di Galati, personaggio per sapienza e virtù singolarissimo. Se togli questo moto anormale, il fuoco sembrava estinto. Le detonazioni quietavano nel meriggio due o tre ore, le lave non procedevano, freddavansi, annerivano, e cominciavano i tre- pidi a ritornare alle case loro e a porgere voti di rendimento di grazie all’altissimo. L'illusione si estese a tale, che molti pubblica- mente gioivano dell’inaspettato evento. Io mandava ogni notte alle bocche del fuoco, e conoscea diuturnamente che non ristavano dall’ emissione di continuati torrenti di liquidi massi, però ancor trepidava, perchè quell’immensa piena dovea traboccare, e fra poco. In questi giorni di apparente tregua, le correnti volcaniche ver- savansi nella valle, e scolavano giù sino alla portella di Calanna, e lì trovando ostacolo nei balzi e monticoli formati dalle lave dei giorni innanzi, fermavansi , intiepidivano e trattenevano le susse- guenti, e queste si ammassavano e ammonticchiavano e cresceano e cresceano estollendosi , contenendo dietro a se interminato lago 14 L’ERUZIONE ETNEA di fuoco chiuso all’oriente dalle braccia prime delli Mortara e della Quercia del Vento, e a mezzo giorno da questo ammonticchiamento- di fuoco e da Fior di Cosmo, a cui addossavasi. Così nacquero un mente dell’ altezza di presso a un terzo di Fior di Cosmo, e dietro a se quasi un lago vampeggiante di fiamme. Se l’ Etna avesse allora cessato dall’eruzione, o questo novello monte avesse potuto ostare alla pressione delle rincrescenti lave, di certo il pe- ricolo sarebbe cessato; ma ciò non avvenne, e l’intempestiva gioja fu volta in lagrime. Il 30 il fuoco si aperse un nuovo varco sotto il mante da se stesso alzato nella succennata portella; da lì sboccò impetuoso, largo, sonoro, e trascinò seco il monte, che lo infrenava, e giù sopra le precedenti lave precipitossi ne’ sottoposti piani. In 49 ore superò la fronte della lava de’ giorni innanzi, e con la velocità di 50 canne l’ora occupò l’Angona al tocco di mezzogiorno. Ivi fu da me visto spettacolo tremendo: arsero le ristoppie, le felci, i rovi, gli arbusti, ch’ erano in fondo di quella deliziosa vallata, le fiam- me si dilatavano, e si appresero all’alto della gigantesca rupe, che sovrasta all’ Angona; talchè da lontano vedeasi ardere e fumare Fior di Cosmo, come se il fuoco lo avesse invaso e superato. Il fiume devastatore era largo oltre un miglio nelle sue diramazioni; alto 40 palmi: la sua fronte procedea non a scarpa, ma perpen- dicolarmente, tutto ignito, senza un sol punto nero o abbronzato gli alberi investia dall’alto al basso, non dava tempo a salvarne un solo; non mai nell’eruzioni delle quali son io stato spettatore è questo avvenuto; e prego e spero in Dio non avvenga mai più. Questo subisso era effetto dell’ istantaneo e contemporaneo traboc- care di cinque lunghi giorni di fuoco ritenuto nella cupezza della Valle di Calanna; ed esso dilagavasi con la violenza di una fiu- mana, appena ebbe rotto le catarratte, che lo chiudevano. Nei giorni 30 e più nel 51 agosto si estese per austro sin ap- piedi dell’Arione, ove fu il termine della lava del 1792 con la quale si congiunse, i due torrenti si confusero nel Piano dell’ Acqua, e il nuovo con l’afa ignifera bruciò i licheni, che quello avean ricoperto. Continuò le sue devastazioni nei colti di Zaffarana, tagliò varie strade, DEL 1852 15 .si accostò al casamento del sig. Faraone, e quindi rivolgendosi a levante discese sino alle proprietà di Sebastiano Coco Pantano, Tale sbocco estraordinario di fuoco, riurtando spinse innanzi il braccio di Ballo, che si avanzò sino a canne 66 sopra la pubblica via : quello della Grotta del Porcaro, che occupò circa canne 500 di terreno nel Bosco di Gulli, e tutto il fianco orientale della massi- ma corrente, la quale ancor liquida si slargò considerabilmente. Fu questo giorno d'inferno, e lo spavento prodotto dall’ignivoma piena accresceasi per la incessante pioggia di arenole, i baleni, e le de- tonazioni volcaniche , e le scosse sotterranee onde tremavano gli edifizii. I montanari altra volta rifuggirono alle marittime plaghe, estimando alfine maturo per essi il novissimo giorno. Il martedì 541 agosto la pioggia dell’arena si addensa, e al Milo cadono due case non potendone sopportare il peso. Il torrente del Piano dell'Acqua segue a scendere verso oriente con la rattezza di canne 15 l'ora: entra nel vallone, ch'era nelle proprietà di Seba- stiano Coco con la fronte di canne 5300 ripiegandosi sino alle vigne di Michele Coco. I danni di questo giorno sono incalcolabili. Nel suo corso incontra tre grotte, le riempie con scoppio e detonazione spaventevole, ma senza danno di sorta, ciò avvenne certo per l’u- midore ivi trovato. Cessano le braccia dell’ Arione, di Ballo, degli Algerazzi. AI 4 settembre continua il fuoco, ma con minore intensità, cessa la pioggia di arena. Al sorger del sole tocca la vigna di Scuderi e Pistorio, ove lentamente s'’ inoltra, e muore. Nel pomeriggio, scosse soltorranee, aeremoti, detonazioni : così segue la notte : quindi il volcano alquanto riposa per riversarsi sul Milo. E poichè siamo a questa sosta del volcano, ancor noi farem sosta alquanto per cen- nare quelche idea ch'è dicevole di non preterire. E primo è da avvertire a taluni il cessare di farlo da profeti volcanici, la stagione augurale è finita, e gli Acci Mevii fan ridere ormai, e non tro- vano più Tarquinii Prischi, che lor prestino fede. Così non fecero buona pruova i profeti della durata dell’eruzione, i quali bociavano estinguersi in 15 giorni, e già ne son corse otto delle vaticinate quindicine! Parimenti è erronea l’opinione, che nella pubblica ac- 16 L'ERUZIONE ETNEA cettazione ha preso aspetto di vero, cioè l’Etna non aver mai ol- trepassato le dodici miglia siciliane ne’ suoi corsi di fuoco. Questa voce forse emessa per quietare gli spiriti de’ periculanti , è altret- tanto falsa quanto prudente. L'attuale incendio, senza calcolare le sue braccia minori divergenti, come quegli di Carrino, degli Alge- razzi, della Grotta del Porcaro, supera di un solo lato li 42 mi- glia. Essa move da Giannicola, traversa il Trifoglietto, il piano de- gli Agrifogli, la Colomba, il Piano dei Zappinelli, li Rovettola, la Guardia di Femina-morta, il Piano dei Colmi, le Fornaci, le Finaite, l'Acqua dello Scarafaggio, quella della Nespola, il Milo, le Caselle, li Mortara, Calanna, la Quercia del Vento, le proprietà e i Daga- loni (1) di molti e molti, rasenta il Bosco di Gulli, scende per le distrutte proprietà de’ Coco Pantano, degli Ursi, di Vigo, di Angelo Barbagallo, di là ripiega su Ballo, e di là estende l’ultima lingua nelle vigne del signor Scuderi, e sommate le longitudinali distanze di questo solo lato orientale , non che 42 sorpassa i 15 miglia. Se poi si vorrà misurare il centro del torrente lungo la sua esten- sione, come il centro di un fiume seguendone le tortuosità, anche questa misura darà un risultato maggiore di 42 miglia. E l’ Etna non rado ha superato tali distanze nelle poche eruzioni storiche e delle quali se ne osservano i cadaveri. Ed è comunal conoscenza come quella dell’Olimpiade 96 ricordata da Diodoro, dal sommo cratere al mare scendesse; quella del 1357 fu di miglia 43, quella del 46531 percorse 16 miglia in 24 ore: quella del 1669 19 mi- glia. Pertanto è dicevole confortare il popolo con tali opportune voci, ma non è senno produrle con le stampe, e accrescere i pubblici errori. Viemaggiormente furono consolati i pericolanti del nobile par- tito preso dalla cittadinanza catanese di soccorrere con once mille i danneggianti ed offrir loro tetto e rifugio quante volte i comuni (1) Dagaia s. f. isola accosto ai fiumi, e all'Etna terra coltivabile cinta di Sciara: è loosi del nostro volcano; l'eruzione del'1285, che si arrestò innanzi l'eremo di S. Stefano, lasciò intatta Dagala ove eacciavano i nostri principi aragonesi e perciò appellata del re, ed ivi or sorge il villaggio di Dagala, DEL 1852 17 o villaggi minacciati fossero stati sepolti. Aci, Caltagirone, Nicosia risposero alacremente al magnanimo esempio, e questi atti dettati con amorevole affetto sono solenne monumento dei vincoli indis- solubili con i quali Dio congiunse in uno i cuori di tutti i sici- liani. L'intera isola nostra e l’Italia plaudirono alla generosa riso- luzione. Ma siccome non si giunse a tale sterminio, sarebbe op- portuno modificare il preso partito, e concedere a’ miseri alcun soccorso all’avvenante del danno. E provvido al consiglio sarebbe che uno o due membri della Commissione eletta personalmente si recassero al Milo e a Zafferana, e colà personalmente distribuis- sero quel poco o quel molto di elemosina in eivaie, in farina, in danaro, che hanno raccolto o raccoglieranno, e meglio ai vecchi, alle vecchie povere, e agli altri danneggiati, e così potrebbero quei miseri godere della carità fratellevole, e provare come quaggiù non sia tutto inganno e teatrale apparenza. E questo propongo non perchè uomo diffidare mai possa di questo o di quello, ma solo perchè que’ del Milo ne avessero equa parte, e per non originar sospetti nell’ avida diffidenza dei montanari. Provvido e legale consiglio sarebbe nell’ egual modo si verificassero i danni cagionati dalla lava, e all’ avvenante della diminuita rendita il peso fondiario diminuisse. Nella eruzione avvenuta V anno 422 av. G. C. allora quando era Sicilia romana provincia, il Senato ne francò per anni dieci di ogni vettigale: le leggi ora sono me- glio e provvidenti, la diminuzione va in ragione de’ guasti; e sono prescritte le norme e i termini infra i quali si può recla- mare. Ma i contadini, i montanari non sanno nè di forme, nè di termini, per cui sarebbe opportuna la pietosa indulgenza am- ministrativa, se da se eseguisse il discarico, come da se eseguì il carico. Umano e benigno consiglio sarebbe che con la stessa proporzione fossero i bruciati terreni disgravati dell’ oneroso ca- none dovuto alla Contea di Mascali. Ed emessi questi semplici voti, torniamo alla storia della volcanica catastrofe, e di essi lasciamo la cura ai vigili, cui Dio ne ha dato in governo. Il massimo cono dell’ Etna durante l’ eruzione rado e per poco lasciò di mandar fuori globi di candido fumo come nei tempi or- 3 18 L’ERUZIONE ETNEA dinari, e qualche fiamma nelle notti, e si vesti, come in quasi tutte Ie està di bianco pulviscolo, che alle prime acque dileguasi; il Prof. Gemmellaro lo raccolse, ma ancora non ne ha dato V’ana- lisi chimica (4). In questa eruzione è notevole essersi il mare man- tenuto immobile dacchè eruppe il monte. La tempesta ignivoma ha cagionato la sua calma o viceversa? L’antitesi è certa, la cagione incomprensibile. Appena s'è turbato il mare, i fenomeni volcanici sono diminuiti: han correlazione fra loro? L’istesso è avvenuto delle meteore atmosferiche: manifestandosi la pioggia, il vento, la fol- gore, il volcano tacea. Chi può penetrare le arcane leggi con le quali governasi la na- tura? Dio le ricoperse d’impenetrabile velo. Ma egli è certo che i 505 volcani esistenti, sorgono, cioè, 194 nelle isole, 409 nel con- tinente, e di questi pochissimi internansi nelle terre, tra cui van distinti quelli della Cina e specificatamente il Pe-scian ( monte d'Am- moniaca ) (2). Non è di assoluta necessità l’azione dell’acqua nell’e- ruzioni volcaniche, io ne convengo, ma è bello notare i fatti, rav- vicinarli, rannodarli, classificarli, talchè col volger de’ secoli |’ e- sperienza guidasse meglio i geologi nei loro sogni, che dicono ipotesi. Il 2 settembre continua a fluire la lava sopra la precedente, ma non ha forza di soggiungerne la fronte. Il 5 si parte un novello braccio da Dagala Longa e minaccia scaricarsi verso le Caselle e la grotta del Porcaro: progrede alto 50 palmi con la velocità di venti canne l’ora. Si arresta: il fuoco riprende il suo corso verso Zaffe- rana ammassandosi sul precedente. Così il 4 nel pomeriggio piova fangosa , tuoni e lampi. Il 3 I eruzione sembra diminuire, come da due giorni, segue la pioggia fangosa di vapori condensati. Alle bocche del fuoco ha formato tre monticoli, e manda arena e poca lava da un solo. Si serenano il cielo ed il mare, e nella notte au- menta l'eruzione. (1) Gemmellaro p. 15 e 29. 1620 al levante dal pacifico, e 1220 dall’indiano. DEL 1852 19 Il 6 la nuova emissione ignea oltrepassa Calanna, e a 413 ore giunge al Palazzo; a 17 tocca la grotta delle Cicchitelle, dilatasi lateralmente, minacciando i miei vigneti, colmando que’ dagaloni, che avea rispettato nel primo infuriare, mentre novello fuoco si precipita dalla Quercia del Vento. La pioggia d’arena si fa più fitta, a 20 ore tremano le vetrate come nei primi giorni dell’ incendio; la notte segue e si rinfoca, e l’arena vien mista ai lapilli. Il 7 con- tinua, ma con minore intensità, dalla foce però sgorga il fuoco in abbondanza, ha dilungato due braccia uno che da Dagala Longa ripiegasi per Caliato, uno per il piano dei Colmi e Fornaci. I due declivi del monte, tanto quello di oriente, quanto quello di mez- zogiorno sono in ugual pericolo: i palpiti del Milo cessati sin dal 22 agosto, ridestansi. Oramai | Etna alternativamente alimenta le fiumane del Milo e di Zafferana, e quando quì sosta, sì scarica colà. Con quest’altalena si mantenne l'eruzione sino al giorno 12 settembre. In quella fatale domenica, e appunto circa il meriggio, l'enorme volume ignifero lasciò la via di Ballo e Zafferana e scaricossi sopra Milo e Caselle con estraordinaria velocità. Dapprima sì volse sopra piano Bello, poi sopra piano dei Colmi rasentando Cerrita, quindi sulle fornaci con la fronte d’ un miglio e l’altezza media di 20 a 50 palmi, e dopo aver disertato terreni boschivi, sterminò castagneti, pometi, vigne sorgenti sopra antichissime e pingue terre di tra- sporto, e minacciando la totale destruzione delle Caselle e del Milo. O perchè i danni di Milo furono posteriori a quelli di Zafferana, o perchè vennero all’inattesa, o perchè già incominciava l’ uomo ad abituarsi a quella vita d’ inferno, o per qualsiasi altra moral cagione, gli abitanti del Milo non ottennero nè la commiserazione, nè i soccorsi di quelli di Zafferana. Il fuoco del Milo non era nè più celere, nè più alto del primo,i terreni migliori; ciò nullostante non recidevansi, nè asportavansi gli alberi, quasi tutto era consu- mato: e se qualche proprietario avacciavasi a raccogliere alcun che del fondo, non poche mani rapaci gli facean disparire il poco race colto. E i poveri miloti sin dal 24 agosto bersagliati da pioggia continua di lapilli e scorie, dagl’incessanti terremoti, e finalmente 20 L’ERUZIONE ETNEA dal fuoco non ebbero nè fave, nè farine, nè danaro: e quantunque avessero sofferto assai più di Zafferana, ancora si vocifera, carteggia e rumoreggia di questo e non di quel villaggio. Ma il lunedì 45 settembre le lave accostavansi alle acque cor- renti dello Scarafaggio , della Nespola e del Milo. Questo pericolo gittò la costernazione ne’ curiosi spettatori, e più negli abitanti: i primi si approssimavano trepidando, i secondi fuggivano. — Le cento volte il fuoco volcanico avea toccato le acque terrestri e marittime, tanto in Sicilia, quanto nelle altre regioni del mondo, e non mai da ciò era avvenuto il minimo male. Eransi perduti molti uomini nelle eruzioni del nuovo e del vecchio mondo: in quella del Muna Roa volcano di Hawaii la più grande dell’isole Sandwichide nell’ 0- ceania, avvenuta nel 4787 restarono soffocate dai vapori 5405 per- sone. Fra noi son morti parecchi per imprudenza, così avvenne a 5 aprile 1556 a coloro che vollero approssimarsi all’ aperta for- nace, e fra costoro era l’insigne filosofo Francesco Negro dal Fazello collaudato e compianto. Ma questi e simili danni non sono avve- nuti pel contatto della lava con le acque, e solo dacchè in Bronte nel 1845 restarono vittima dell’esplosione dei vapori presso 30 in- dividui , il palpito si accresce quante volte il fuoco a fonti o ci- sterne si accosti. Pertanto alla voce che a quelle sorgenti appres- sava, le genti fuggivano pavide di simile danno. Per nostra fortuna alle acque non giunse, e il timore fu innocuo. Il torrente sterminatore era trispartito , un braccio ripiegandosi a tramontana e lambendo Cerrita, minacciava le acque dello Sca- rafaggio, e quindi Salice; uno versando diritto a levante, sormon- tava le alture, che stanno a cavaliere del Milo, e |’ ultimo scorrea sopra Caselle. Gli abitanti di Zafferana allora offersero ospizio a quelli del Milo, se mai il fuoco avesse sepellito quest'antico quartiere. È per chi ha veduto e provato i mali incommensurabili dell’eruzioni volcaniche, maggiori nè paragonabili a quelli delle guerre o dei terremoti, per chi ha pianto a questo erudele pietosissimo spet- tacolo, non può tenere le lagrime a quest invito, che i desolati volgevano a’ desolati. Quando Iddio accampa l'ira sua, solo, anzi unico abbenchè lieve conforto agli infelici, sono le amorose braccia fraterne. DEL 1852 2 Ma già ci approssimiamo al termine del racconto de’ danni ca- gionati dall’Etna in quest'anno, perchè il 43 settembre fu il giorno di maggiore ruina, e d’allora in poi il fuoco non più s'estese sul- Vl abitato e sui colti. In quel dì luttuoso coprì di neri massi, in eterno, delizie e ricchezze infinite, il lavoro cumulato dai secoli fu distrutto in un’ora, i casamenti rurali, che li abbellivano furono sepelliti, e procedendo innanzi inabissò sei abitazioni di montanare famiglie, lasciandole vaganti e senza nè tetto, nè proprietà; superò e acciecò l’unica via che al bosco conduceva, e precipitossi del salto del Milo entro il cupo fondo del torrente dello Stroppone, ove dopo aver percorso poche altre canne arrestossi. Dal 13 settembre al 51 dicembre le bragie non sono mai man- cate alla sorgiva, ed ora han minacciato la tramontana , or il le- vante, ora il mezzogiorno della montagna, e non mai si sono spinte così innanzi da superare lo Stroppone dal lato del Milo, o le vigne di Scuderi da quello di Zafferana, o la grotta del Porcaro e Ballo dall’oriente. La fornace è stata ed è tuttora in attività, solo Dio sa quando cesserà di subbollire: la lava si è versata con varii bracciuoli ora per monte Caliato minacciando Cavagrande, ora per li Zap- pinelli e piano de’ Colmi minacciando Milo, ora pel Cirrazzo e Carrino minacciando Algerazzi e Caselle, ora per la Quercia del Vento minacciando Ballo, ora per la Portella di Calanna minacciando Zafferana, e non mai cessando dall’emettere ceneri, arene, lapilli, scorie, colonne di fumo e bianco e nero e affocato, dal detonare o dal concutere la terra e l’aria per cui gli edifizi e le imposte e le vetrate han quasi sempre tremato. I principali periodi di questa eruzione si possono restringere ai seguenti; 4° dall’istante in cui ruppe i fianchi del monte e discese verso oriente seguendo il pendio naturale del terreno, sino a quando al- l’ora una di notte del 24 agosto cambiò direzione nella gola della Guardia di Feminamorta; 2° da quell’istante sino a 4° settembre, quando si arrestò accosto Zafferana nelle vigne di Scuderi; 5° dacchè riprese il natural corso per levante, e a 15 settembre si fermò allo Stroppone; 29 L’ ERUZIONE ETNEA 4° finalmente da quel giorno sin’oggi, nel qual periodo con varia vice l’eruzione è sempre ila scemando. Appena la crosta superficiale della novella sciara cominciava a rintiepidire, volpi e pernici e ogni maniera di selvaggina la per- correa liberamente : il terzo giorno dopo il suo corso gli animali là passeggiavano, l’uomo vi si arrischiava. Poco dopo i montanari aprirono i nuovi calli a traverso il fumante cadavere della lava, essi con altissimo vocabolo li chiamano tagliatori, e mercè di questi traghetti furono riattivali i commerci. Ecco i primordii delle future vie; serpeggiano, e si ravvolsono in modo da allungar molto il cammino, e neppure rispettano i limiti delle sepolte proprietà, ove ravvisare si possano. Ancora non eran essi che tracciati, e già i cer- catori di minerali e di sali formicolavano sopra la sciara. Sono va- ghissime le efflorescenze di cui si riveste la lava, esse aggragliano e vincono qualsiasi iridazione cromatica, molto più nell’interno della fornace. Non pochi illustri personaggi traggono all’ Etna per ammirarne i fenomeni: tra i più distinti sono Odilon Barrot, il duca di Modena, Abdelcadero. Il figlio del deserto libero della prigionia di Amboise, nel dirizzarsi a Brussa suo novello soggiorno, da Messina si fece al volcano cui diedero i padri suoi il nome moderno di Mongibello. Egli movea, e ad ogni passo rincontrava vestigi dell’araba domina- zione in Sicilia : quì la terra di Alì, quà Vl Alcantera, cioè il ponte sull’Onobola; ivi la Zambara ossia l’agave americana, e più innanzi le giarre o aquidotti: ma all'aspetto maraviglioso del monte del fuoco, ripeteva inspirato i versi di un antico poeta arabo pronunziati al- lorchè i figli d'Ismaele lasciavano Visola nostra rincacciati dal vangelo e della autonomia a cui la restituiva la spada del Conte. Quale o sicoli campi, il vostro incanto Da’ vortici dell’Etna! Il cor desola Il rimembrarvi — Se cotanto amare Non foran le mie lagrime, i tuoi rivi Isola fortunata, io le direi. Sol può colui che vien dal paradiso Le maraviglie dir di tua bellezza. DEL 1852 23 L’eruzione ha chiuso lo sbocco di due torrenti, quello cioè della valle di Calanna, e quello della valle di S. Giacomo: nessuno potrà indovinare ove si scaricheranno le acque del monte da oggi in poi. Certo per molti anni, si perderanno entro le sciare, dopo attraverso di esse si formeranno alvei novelli : ma sembra probabile che ra- sentando Fior di Cosmo rimprendano l’antico letto, e si gitlino giù pel vallone di Zafferana. La presente eruzione è una delle più grandi dell’ Etna, e senza fallo per la quantità delle materie eruttate e delle più copiose fra le istoriche. Questo vero è manifesto a quanti conoscevano lo stato precedente dei terreni colmati, le valli trasformate in colline, e le colline in monti, ma sì pure è manifesto a chi si fa a per- correrla tutta quanta da un capo all’ altro : il Gemmellaro estima che il suolo occupato dalla lava sia non meno di cinque miglia quadrate, e canne due l'altezza media di essa, e su questa base valuta 2,654,208,000 palmi cubi la quantità di materie fuse vo- mitate dall’ Etna: io la calcolo senza dubbiezza almeno il doppio , oltre le ceneri, sabbie, arene, scorie, pomici, lapilli, e masse di enormi pietre eruttate e lanciate in aria nei suoi tremendi rigur- giti. Attorno la Quercia del Vento, Fior di Cosmo, Calanna, Angona vi hanno loughi ove giunge a 5 o 400 palmi, e in nessun luogo è minore di 10 palmi. I danni sono incalcolabili, ed equiparano quelli del 1669, poichè se mai gli antichi furono maggiori in va- lore, lasciarono alle popolazioni danneggiate vasto e libero campo ove esercitare l’agricoltura, e la pastorizia, ma que’ di quest'anno chiusero gli etnicoli entro un semicerchio di sciare, e lor tolsero la terra vitifera, la boschiva e i pascoli orientali del monte. Se lo statista pregia il guasto delle terre occupate (ardua e difficil opera), fa un calcolo erroneo, e ad imberciare nel segno gli è mestieri va- lutare l’inerzia delle braccia divenute inoperose, delle gregge senza pastura, della mutata condizione delle famiglie , delle migrazioni divenute inevitabili, della miseria e desolazione de’ rimasti. Gli amministratori comunali di Giarre e Zafferana hanno pre- sentato al sig. Intendente un quadro dei terreni occupati dal fuoco : ecco il primo elemento onde poi conoscere l’enorme e vera cifra 24 L’ERUZIONE ETNEA della perdita nostra. Ma nessuna autorità ha posto in nota la de- perizione del prodotto del 1832 ne’ vigneti e fruttati non bruciati dalle lave, bensì da quell’infernale caustico piovuto la notte del 24 agosto, o dalle arene copiose e ardenti venute dal novello cratere volcanico. Nella contrada Ballo la perdita toccò i */n: e a ciò chi ha posto mente? I proprietari di quella contrada e delle limitrofi, giusta la legge degli 8 agosto 1855 impetrarono le provvidenze ne- nessarie, ma le autorità occupate dei propri uffizii e della calamità pubblica, non ebber agio di porvi l'occhio. Dacchè la prima calugine mi fioriva le guance, ho meditato sulle devastazioni del nostro volcano, altrettanto famoso quanto funesto: e quando nel 1819 erompea, dettava una cantica inspirata dalla sublime sua poesia, e al tempo stesso un umile mio pensamento per rattemperare i mali de’ danneggiati. Oramai canuto, non laudo, nè vitupero i giovanili dimentici canti, e solo la mente ritorna all’idea feconda, caritatevole , cristiana del proposto per attenuare la sciagura inevitabile di chi soffre. Son trenta e più anni dacchè emisi quel voto, e nessun comizio, nè municipale, nè distrettuale, nè provinciale (devo io dirlo) facea tesoro dell’utile pensamento, il quale se. non altro sarebbe potuto valere come germe di altri più acconci, perchè da idea idea rampolla. D’ allora sin’ oggi novelle eruzioni han tratto fiumi di lagrime dagli occhi de’ miseri Siciliani: e nel caduto anno 1852 quando a larghe ondate il fuoco occupava i campi di tanti cittadini, non pochi fra di essi mi richiedeano perchè non avea avuto effetto neppur uno dei ripari da me pro- gettati sin dal 1819? Io tacea, e meditava la presente ristampa, dalla quale essi molto sperano, io non dispero, e pertanto dal mio se- miarso romitaggio riproduco l'antico voto, affidandolo agli uomini di buona intenzione. Essendo fatale che niuna umana forza possa impedire, prevenire o riparare i volcanici danneggiamenti, a renderli meno esizievoli a’ particolari, io propongo una Colonna Etnea, una Compagnia di assicurazione, una Confederazione fra i comuni etnei. DEL 1852 25 COLONNA ETNEA Intendo per la Colonna etnea una contribuzione da farsi da tutti i possessori del territorio del perimetro dell’ Etna di alcuni gradi addizionali al dazio diretto, talchè in un determinato numero di anni si ottenga una determinata somma capace di risarcire a’ pro- prietari quanto han perduto. Base della Colonna sarà il catasto fon- diario : esso ci fornisce il valore dei terreni dell'immenso. campo flegreo. Dopo questa notizia, oramai ottenuta per la cresciuta civiltà, è mestieri determinare i confini della prima e della seconda re- gione del volcano : di poi fatto calcolo il meno erroneo possibile del danno che potrebbe cagionare un’eruzione, e del tempo inter- medio fra un fuoco ed un altro, prestabilire quanto si può il più approssimativamente di qual somma in tal periodo d’anni si abbi- sogni per indennizzare i proprietari del valore de’ fondi bruciati. Conosciuta la somma necessaria, e la superficie imponibile del monte, si dividerà in modo da non gravarli di molto, e al tempo istesso incassare la somma prestabilita. Le casine camperecce , e le città potranno fruire dei vantaggi della Colonna , allorquando verranno tassate. L’amministrazione della Colonna sarà affidata ad una depu- tazione temporanea composta delle più opulente e qualificate per- sone, che posseggono nell’Etna, e preseduta dall’ Intendente. Cas- siere della Colonna sarà il ricevitore generale : le sole braccia su- balterne saran pagate, tutti gli altri serviranno gratuitamente. La deputazione si riunirà ordinariamente in Catania per 40 giorni in ogni anno : allora disporrà quanto sarà dicevole alla sua prosperità, e siccome non è giusto che il danaro riscosso rimanga inoperoso, potrà esser reso fruttifero dandolo a’ proprietari dell’Etna a partite non meno di once 100, e non più di 1000 per ciascheduna e con contratti quatriennali. Sarà questo precipuo obbietto delle ordinarie sedute: inoltre proporrà al governo quanto estimerà poterle meglio giovare. Nel caso d’incendio si riunirà estraordinariamente per lo tempo necessario nel comune più vicino al luogo invaso, e sì va- lendo delle tavole catastali, rifarà i possessori dei danni sofferti dando 4 ade 26 L'ERUZIONE ETNEA loro o danaro o contratti di credito , e dall’ istante del guasto le usure andranno a prò de’ danneggiati, e ciò senza spese, e con le minori procedure possibili. Se il valore dei beni incendiati su- pera il fondo della Colonna, saranno pagati primi coloro che primi soffersero, e gli altri alle nuove esazioni unitamente agl’ interessi decorsi. — Si può affidare il governo della Colonna invece di una deputazione al consiglio provinciale : le leggi con le quali si reg- gerà saranno emesse dal Re. COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE Se una società di mercatanti operosi volesse trarre profitto del- l'ignivoma nostra montagna, potrebbe instituire una Compagnia di assicurazione Etnea. I modi coi quali la Colonna potrebbe esser formata, servir possono di norma alla Compagnia. Queste due isti- tuzioni diversificano in ciò, che quella dovrà essere obbligatoria, questa volontaria. Ogni maniera di proprietà, e la vita stessa degli uomini, è assicurata presso le grandi nazioni ; e prima del 4820 taluni mercatanti francesi volevano assicurare que’ della Compagnia dalle fiamme del Vesuvio, ma per le crisi di allora non ebbe effetto questa bella e proficua intrapresa. — Instituendo la Compagnia ab- bisogna un’autorità sorvegliatrice, e l’Intendente, o un deputato pro- vinciale potrebbe adempiere quest’ufficio. CONFEDERAZIONE ETNEA Conoscendo che tanto la Colonna, quanto la Compagnia devono con calcolo sempre erroneo governarsi, avvegnachè ad epoche in- determinabili esplodono i volcani, e volendo con altro mezzo ov- viare al difetto di queste due società, mi sono indotto o proporre altro espediente. È desso la Confederazione etnea, per cui tutti so- lidalmente i comuni dell'Etna dovrebbero vicendevolmente obbli- garsi, che allorquando avverrà un incendio siano a spese reciproche tenuti indennizzare i danneggiati (1). Gli statî discussi, come con (1) Questo progetto mi fu suggerito dallo Scinà. DEL 1852 27 barbara dizione si appellano i bilanci della rendita, ne appresteranno i mezzi: il consiglio provinciale e l’Intendente faranno adempire il patto federativo, e la ripartizione verrà eseguita in ragione diretta della popolazione di ogni comune. Cessata l'eruzione, conosciutone il danno devonoi possessori esserne indennizzati fra un anno, con i frutti al5 per 100 dal giorno della perdita dell'immobile. Sono questi i germi di tre progetti fecondi di larghi e moltiplici sviluppamenti ; io cenno soltanto le prime linee, sarà quindi attuato il prescelto. A regolare la prima imposizione dei gradi addizionali costituenti il fondo della Colonna etnea, e regolarla nel modo il meno incerto che puossi , fa di mestieri conoscere in quanti anni più o meno esplode l'Etna, e quale estensione di terreno occupino le sue lave. L'azione de’ volcani non può soggettarsi nè a legge, nè a calcolo: ma nulladimeno devesi avere una guida nell'imporre il sopraddazio la prima volta. Però presento delle tracce generali de- dotte dall’istoria dell’Etna, le quali potranno in qualche modo aprire la strada a rinvenire la maniera come col minor possibile errore si possa stabilire la prima imposizione: essendo io medesimo convinto che il passo primiero non sarà migliore, ma è necessario che si dia. Le eruzioni di Mongibello sono verisimilmente coeve al mondo, o alle sue prime rivoluzioni geologiche : il numero dei volcani del nostro pianeta va minorando, ma questo nostro per quanto sia an- tico, non invecchia. La stratificazione delle lave dal basso fondo dal mare ai suoi vertici, e le finzioni mitologiche ce lo dimostrano. Pertanto V eruzioni antistoriche ci sono ignote . Diodoro diradando il bujo dell’ età tien parola di quella accaduta ai tempi dei sicani, cioè 759 anni avanti G. C. D’allora sino al 1852, vale a dire nel periodo di 2644 anni le eruzioni registrate sono 80. Quindi può sta- bilirsi che l'Etna esploda ogni 35 anni, e aggiungendo un altro buon numero di fuochi non ricordati dall’istoria, può stabilirsi per ter- mine medio ogni 23 anni. Le eruzioni le più dannose, di maggior durata, che più quantità di terreno hanno occupato sono quella del 4408, che emerse da nove scaturigini dal sommo cratere, e si divise in più braccia, uno dei quali minacciò Catania, bruciò in gran parte Pedara, e il Mo- 28 L'ERUZIONE ETNEA DEL 1852 nastero di S. Maria di Bosco Chiuso ; quella del 4537, che sboccò dal colle delli Sparvieri e in quattro giorni percorse 15 miglia, e quella del 1669 che scaturì da’ Monti Rossi e s'inoltrò nel mare di ('ata- nia dopo 49 miglia di cammino con un torrente largo un miglio circa. Gl’incendi che hanno arrecato il minor male e sono stati di più breve corso, sono quelli del 4444, del 1446, 1447 , quello del 1603 e del 1756. La durata dell’eruzioni è varia ed incerta : quella del 1408 durò 44 giorni : quella del 4357 disertò in quattro giorni tanti feracis- simi campi: quella del 1644 in dieci anni camminò due miglia; quella del 16354 continuò due anni, quella del 1651 tre anni, e quella del 1669 4 mesi. — Incostante ed indeterminabile è la distanza tra un fuoco ed un altro. Prima della esplosione del 1536 avea taciuto il volcano 89 anni, talmente che questa calma fece avere al volgo nessuna cre- denza alle antiche eruzioni. Dopo il riposo di poche lune, esplose novamente nel 4557. Dal 1605 al 1607 la tregua bastò appena tre anni; nel 4610 eruttò due volte, prima in febbraro, indi in mag- gio. È finalmente bello e forse giovevole osservare che da circa anni 200 cioè 1669, ha l'Etna mandato gl’infocati torrenti dalla regione deserta, ed appena nel loro corso l’hanno oltrepassato; il danno per conseguenza è stato di poco momento. Solo in quest'anno da lì si estese nella seconda e nella prima, come sopra è descritto. L’una per l’altra le lave occupar possono ogni 23 anni due mi- glia quadrate di terreno in gran parte boschivo o sciaroso , in mi- nima vignato o coperto di alberi gentili. E continuando a misurare ad occhio e tirare in arcata, questo terreno non può eccedere il valore di once 20,000 catastali, per cui presso ad once 2,000 annue di sopraddazio basterebbero alla Colonna e alla Confederazione etnea; mentre la compagnia assicuratrice non abbisogna di dazio imposto dall’autorità. Null’altro io posso e devo qui aggiungere, se togli ripetere le mille volte il mio fervido voto, per cui alloraquando l’Etna coprirà di lava le nostre campagne, Sicilia perderà una maggiore o minore estensione della sua feconda superficie, ma nessun cittadino potrà immiserire. ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO PRESIDENTE DELL’ACCADEMIA RECITATO NELLA TORNATA DEL 19 SETTEMBRE 1852 DAL PROF. GIUSEPPE BOZZO SOCIO ATTIVO ALLA PRESENZA DELL'ECCELLENTISSIMO PRINCIPE DI SATRIANO LUOGOTENENTE GENERALE DI S. M. IN SICILIA. —+—bbf@scasse— Allorchè, ornatissimi Accademici, vi avvisaste di chiamarmi a far l'elogio di Alessandro Casano credo che ciò abbiate deliberato ri- guardando più presto lo stato in cui mi trovo, che la virtù che io posseggo. Da che essendovi notissimo quali schietti legami di amicizia a lui mi univano, e quale affetto, veramente antico, io gli portava, argomentaste di tratto che la debolezza del ragionare in me umile dicitore avrebbe avuto compenso nella energia del sentire, tal che per essa un discorso non indegno del vostro orecchio potesse uscir dal mio labbro in questo giorno solenne. E veramente ora che voi con rara pietà eseguite le ceremonie del bruno in memoria di tanto Presidente io con mia maraviglia mi veggo avvivato assai nel parlarvi, per tal modo avvivandomi il dolore che nel petto umano soventi volte può tutto, e che ora facen- 2 ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO domi salire sopra di me medesimo spero che mi dia la forza di potervi mostrare come un chiaro lume d’intelletto si è spento allo spegnersi del valentuomo che si piange. Il quale dotato di quel buon giu- dizio, ch’ è fondamento principale di ogni umana azione, e che avendosi in alto grado, come il defunto se l’ebbe, è il fondamento principale di ogni umana prestanza, ovunque si profferse fece bene ed ovunque fu richiesto arrecò utilità, laonde alla sua morte ino- pinata ed immatura grande affanno tutti stringe che lo chiamano con una voce, e di continuo lo desiderano. Questo spero vi abbiate con la mia orazione, recitando la quale mi sento assai fortunato, perchè mentre obbedisco al vostro cenno mi avviene insieme di sfogare l’irresistibile mio affetto. Sin dal primo avviarsi nelle lettere apparve così bella condizione di mente, perchè la luce quando è propria e sincera sin dall’ al- bore si scorge, e dalla efimera e fattizia senza dubbio si distin- gue ; e posto per al sacerdozio (1) — corse tutti gli studii segna- landosi in tutti; ma sopra ogn’altro se l’ebbero le matematiche, come a mente sì diritta (2) appieno confaceasi, e si strinse più che agli altri al Piazzi e allo Scinà, l’uno che all’altre glorie dell’Isola (1) Nato di Francesco Casano e di Giuseppa Aglialoro nel 1790 fu ascritto sin dalla tenera età all’Oratorio di s. Filippo Neri dove ricevette gli ordini sacri. (2) Questa dirittura di mente è quel duon giudizio col quale spiega Metastasio il sapere usato da Orazio (A. P. 309) per indicare il fondamento principale del ret- tamente scrivere. » Puro gratuito dono della benefica natura, come il comentatore soggiunge, senza del quale il più distinto vigor d’ingegno e la più profonda dottrina, non solo non giovano ma rendono facilmente ridicoli e dannosi i più eru- diti scrittori.» Dopo di che fa seguitare « Cotesto per altro volontario dono del Cielo per essere utilmente impiegato ha di bisogno della dote della dottrina, la quale nelle cognizioni e nelle pratiche esperienze, delle quali non può fornirci la natura, gli somministra le materie e gli strumenti per operare utilmente. E la differente porzio- ne di questo naturale preziosissimo dono ha sempre fatto e farà sempre la più sen- sibile differenza fra” grandi fra’ mediocri e fra gli uomini dozzinali. » Tutte le quali parole del gran poeta melodrammatico erudito annotatore di Orazio applicate al va- lentissimo defunto Casano fanno scoprire immapntinente il singolare suo pregio. ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO 3 aggiungeva ancora quella di farla vie salire in rinomanza con la scienza del cielo, l’altro che fondava in Sicilia lo studio della fisica speri- mentale ed ammaestrava tutti i dotti del giusto modo d’insegnarla. Due grandi uomini presero ad amarlo ed egli dagl’ insegna- menti loro tornò eruditissimo, e in poco d’ora fu valente nell’ astro- nomia, con particolar modo nella teorica, e nella scienza de’ fe- nomeni naturali e delle cause di loro. La geometria e l’algebra lo portavano a tanto, che da lui pro- fondamente furono imparate, e senza le quali la fisica e l’astrono- mia è vano che si studîno; e Giovan Battista Cancilla , il quale, secondo allora nella Università era in uso, l’algebra e la geometria unitamente professava, lo chiamò a far lassù le sue veci quando di poco avea compiuti i quattro lustri. Così il pregio di lui faceasi noto a tutti, che apparendo dall’alto non fu più ascoso ad alcuno. Ed egli ne diede poco dopo un al- tra prova, che vacando quella cattedra si proferse al concorso, e lottò coi più prodi, e tutti insieme li vinse (1). Maestro di tali scienze si mostrò tutto desso, ed il sano metodo, la chiara loquela, il garbo, ed il decoro, quale di provetto profes- sore, gli dierono tosto fama qual si può più cospicua. Piazzi e Scinà raddoppiarono allora verso lui di amore, e que- st'ultimo che era d’animo penetrante e d’assai accorto costume vi fece su disegno, che in seguito di tempo fu veduto effettuire. Sebbene il valentuomo ch’ io lodo dotato di quella rettitudine di giudizio, che è il proposito delle mie parole, vedeva di mal animo da una sola e medesima cattedra insegnarsi due scienze as- sai tra loro differenti, quali sono l’ algebra e la geometria, l’ una che si fonda essenzialmente sull’ analisi, 1’ altra che si fonda sulla sintesi, specialmente nella parte elementare, e confortato dallo esempio di ciò che in acconcio si faceva, al di là da noi 'ane- lava al momento che ancor fra noi si facesse. Togliersi dal corso (1) L’anno 1814. 4 ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO matematico dell’ Università gli elementi di aritmetica, e mandarli alle scuole secondarie , le quali sono luogo veramente da essi, far l’algebra la prima delle cattedre del corso matematico sino alle serie, l’algebra superiore darsi ad insegnare nella scuola della matema- tica sublime insino a che non si fondasse la cattedra dell’ introdu- zione al calcolo, e la geometria professarsi da un altro maestro in un'altra e diversa cattedra insieme con la trigonometria ; le quali tre cattedre, sin che un giorno vi si unisse la quarta dell’ intro- duzione al calcolo la quale abbraccerebbe |’ algebra. superiore e l’analisi a due e tre dimensioni, condur potessero per istudii più graduati e più degni dell’alto insegnamento li giovinetti imparanti le matematiche pure a porger loro il passo alle matematiche miste. Questi erano sin d'allora i divisamenti del Casano; e poichè gli anni di appresso fu eletta una commissione di Professori a formare una nuova regola per la Università, ed egli fu chiamato a farne parte (1), gli riuscì cosa gratissima il potervi progettare tal riforma che lietamente fu accolta, comechè per casi inopinati non siesi po- tuta effettuire. Ciò che avvenne gli anni appresso nei quali, sedendo lui Vice Ret- tore deli’ Università, e decretatasi dal Re la novella regola, questo fu altresì decretato, il nuovo e migliore ordine degli studii matema- tici; si che i bene arrivati discepoli trovano ora mai come impa- rare l’ una dopo l’altra, in luoghi appositamente separati, ed in anni accortamente succedentisi, luna e l’altra scienza, quella che è la vera e la completa scienza de’ numeri valendosi di geroglifi generali, questa che si versa sulla misura dell’estensione; entram- be senza quel far confuso ed imperfetto che prima s’ ebbe a tollerare quando per male inteso amor di brevità si costringevano gl’ingegni a studiare, chi sa come, due scienze, ciascuna per se gravissima, in un medesimo tempo ed in una medesima scuola. L’avveduta riforma dobbiam noi al Casano che n'è assai bene- (1) Nel di 6 aprile 1828. ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO 5 merito, e ci ricorderà di .lui con gran vanto sempre che vedremo tale studio così reggersi, e pur ancora migliorarsi creandosi la cat- tedra intermedia tra le matematiche elementari ed il calcolo su- blime con tal ordine da lui a comun pro stabilito. E già lo Scinà, che salito a’ primi onori di scientifica gloria cominciava a dolersi dell’ inferma salute con mal condotti i suoi occhi, compieva il suo disegno, elo chiamava in aiuto. D’onde il Ca- sano, che di frequente leggeva la fisica invece di Scinà, con ma- raviglia emulava il maestro , il quale, facondissimo lucidissimo e paragone di didascalica efficacia, era ben sostituito da sì valente di- scepolo. Anzi dirò meglio due maestri facevano a gara di insegnare in così importante scienza; era un solo animo ed un solo intendi- mento, e li giovani a vicenda venivano da entrambi con egual pregio istruiti. Tal che Domenico Scinà pigliandone gran vanto lo fece eligere suo successore in quella cattedra (1) che da lui poteva dirsi con gran valore fondata, e dove molto gli era a cuore che un altro prode lo seguisse da mantenerla sempre in grido in questo capo dell’Isola. Ma la fisica sperimentale che tanto tiene l’animo di tutti con suoi allettamenti, ora per la bellezza dell’esperimentare, ora per la im- mediata utilità dello applicare, non teneva così il Casano che egli non tornasse propriamente a sua scienza, alle matematiche pure, a quelle che erano state il suo primo sospiro, a quelle per le quali pareva fatta la sua mente che se n’era annobilita, e le quali, come- chè abbiano per la comune degli uomini spine e rovi ed arido terreno, fortemente lo traevano e quasi l’ occupavano con molta maggior forza quanto elleno sono li principali ingegni della fisica, si che eccellere in quelle era un rinvigorirsi in questa. Però volendo che rimanesse per sempre un chiaro testimonio del suo zelo in tali studii prese a scriverne gli elementi, utilissi- mi a tutti. (1) Con real rescritto del 7 maggio 1836. 6 ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO Non è dubbio, come altri disse, che le matematiche sono vol- gari in Sicilia, la terra di Archimede di Maurolico di Ximenes anzi le ha avuto divulgate da tempo, e gloria le n'è venuta che può dirsi grandissima. E intanto il tempo in cui Casano dava i suoi elementi era a tali discipline non pure adatto, ma propizio. Diviso per le sue cure lo studio dell’ algebra da quello della geometria, e qui e ovunque le opere de’ dotti stranieri notte e giorno versate, e la bella scuola di Catania prospera e fiorente, e in ogni angolo della Isola maestri e discepoli diligenti e affettuosi facevano, come fanno, il più forte rimprovero a quegli oltramontani che ci hanno per poco assidui nell’esatte discipline, e per intolleranti della fatica del calcolo, e che a cagione del troppo caldo del sole e dei vulcani ci hanno per im- pazienti e per corrivi. A sperdere il reo grido, oltre a molti valentuomini che di secolo in secolo fecero in questo segnalata la Sicilia, basta il rammentare coloro che tale la facevano nel nostro secolo, come egregiamente la fece Alessandro Casano con la voce con gli scritti con tante prove bellissime di matematico valente e de’ più illustri dell'Isola. Gli elementi di aritmetica di algebra e di geometria contengono tutto ciò che possa giovare non pure ad impararla, si vero ad insegnarla; e, quando poi furono pubblicati, essi in tutta la Si- cilia agli antichi libri si sostituirono e gran prò in molti luoghi ne ricavarono i precettori, e le edizioni in poco d’ora alle edizioni si succedettero (4). Ma quella parte del corso che gli dà maggior nome è la tri- gonometria, nella quale, divisa, com'è proprio, in due parti la rettilinea e la sferica, seguì ciò che in antico ed in moderno è stato meglio ammaestrato per trovare col calcolo gli elementi inco- gniti del triangolo, sia che si consideri isolato chiuso da tre nette, sia che formato sopra la superficie della sfera da tre archi di cir- (1) La prima edizione fu nel 1835. ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO 7 coli massimi: e di più, equi è dove s’inalza il suo merito, scorse ciò che meglio in così gravi considerazioni è da stimarsi, e rac- colse quanto sparsamente nelle grandi opere si legge : tutto scelto e riunito in due volumi, dove agli studiosi diede gran giovamento, e l’opera di cui parlo è le migliore del suo corso. Così la reputano i saggi, e noi la reputiamo; e le scuole, oltre che di Sicilia, di tutta intera l’Italia gliene sapranno sempre grado, e tutti i dotti matematici ne lo terranno sempre in voce. Una voce che si raddoppii, e di giorno in giorno si accresca pel miglioramento dell'istruzione, o vero dissi della umanità. Perocchè gli studii mate- matici sono studii sacri, non avendo creduto | immortale Platone esser degno di entrare nella sua Accademia chi prima le matematiche imparato non abbia. Egli che nella sua scuola sacrificava alle Grazie, chiedea che i discepoli avessero prima sacrificato alla scienza del calcolo, così la bellezza e la verità si univano in sì grande Acca- demia ch'era modello di filosofia. Invidiabile filosofia, la quale ora è in pericolo, perchè la bellezza e la verità, come Platone volle , non riunisce, e gli errori la minacciano che nel civil consorzio trabboccano , si che ora a stogliere il turbine una grande nazione è stata fin costretta a progettare di levarsi dal corso del pubblico insegnamento, sino almeno che gli errori interamente si dileguino (4). Era Alessandro Casano in sul più bel fervore dei matematici esercizii e Scinà lo chiamava ad aiutarlo con lo scritto, se tanto sin allora l'aveva fatto con la voce, quando un Resti-Ferrara scrisse nella Biblioteca Italiana di Milano due articoli contro le istituzioni di fi- sica del Professore di Palermo ponendo loro innanzi gli elementi di fisica del Gerbi professore di Pisa, e quasi tentando, secondo in acconcio bene espresse il Casano, di far venire alle prese tali due Professori, come se mai possa accadere che nascano delle discordie tra’ dotti di Sicilia e li dotti di Toscana; il cui reciproco amore è antico, quanto antico è il tempo dalle lettere risorte, avvegnacchè (1) Si legga La Presse del 1850 e 1851. 8 ELOGIO DI ALESSANDRO GASANO eglino sin d’allora abbian preso ad amarsi, e siensi .con sacro vin- colo uniti, che le fecero insieme risorgere nell’Italia e nel mondo. Fu impugnato in quegli articoli il metodo e la norma dell’ in- segnamento di Scinà, il quale dirittamente ei combattè riportando piena vittoria là dove il trionfo non poteva essere che certo. E perchè negli articoli medesimi furono oltre impugnati varii parti- colari delle istituzioni di Scinà in questo li combattè con prode animo il Casano. La cui dotta momoria qui stampata, e tosto riprodotta, fece ac- crescergli il vanto di fisico assai esperto (1). Il rettissimo giudizio apparve tutto vivo in difesa del suo antecessore e della cattedra dove si lesgeano con profitto que’ libri, e la quale oramai poteva dirsi cattedra anche sua sì che a lui ben si addiceva di vendicarne l’onore. S'ammutolirono i tristi, nè la Biblioteca di Milano più rispose, qui niente Italiana nè pur niente di Milano, ma di tale un Zoilo che volle farla strumento delle bieche altrui opere, mentre non mai i saggi della Penisola e molto meno i saggi di quella che della Penisola è una illustre Città, avrebbero osato di scagliarsi contro un libro, il cui metodo, lasciando il resto, è assai utile e retto, e che il Casano difese con un buonissimo effetto. E perchè nell’animo di quelli che vero amano gli studii l’un la- voro chiama l’altro, ed i valenti quanto più operano tanto ac- quistano più forza, e quasi crescono andando, come la fama cui aspirano, Alessandro Casano che oramai aveva messo a stampa il suo corso di matematica da alcun tempo lavorato e meditato, e che già era lodato per gli elementi dell’arimetica dell’algebra e della geometria ed era lodatissimo per quelli della trigonometria, e riguardato da tutti qual gagliardo oppugnatore dei maligni che di là del mare si avventarono all’egregio Scinà, diede fuori una bellissima memoria (1) Risposta di Alessandro Gasano a due Articoli della Biblioteca Italiana. Paler- mo dalla tipografia del Giornale Letterario 1834. ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO 9 sulla quantità di azione delle machine idrauliche, e sulla valutazione delle stesse in forza di cavalli o in dinami (1). Io l'ho detto dirittamente bellissima, e tale tutti la credono, per- chè Casano vi svolse le idee più opportune sulle ruote idrauliche, e sull'uso delle stesse, e fu assai giovevole in diffonderle per l’ap- plicazione all'industria in questo suolo tanto dalle acque avvivato e allegrato, le quali lo circondano in tutti i luoghi e lo irrigano, e delle quali tanta copia conserva, che a chi vi cavi, o solo vi frughi, largamente ne dona. La bellezza che io noto si accresce nella seconda parte nella quale il valente matematico pone le sue considerazioni sopra la misura delle acque in Sicilia, e ne detta i canoni principali, e propone quanto mai meglio dal suo senno potea aspettarsi in una cosa onde tanto è pregio, ed è tanto utile a quest'isola, la quale feracissima nel prodotto de’ suoi campi, lo sarebbe al doppio, e di più lo sa- rebbe nel prodotto delle arti e delle manifatture per mano degli industri suoi figliuoli , se l’acqua, ora più che per l’ innanzi gran principio motore , fosse dirittamente qui tutta misurata e valutata, e quasi dissi ritrovata , fuori le mene e’ nascondigli, li quali con un dato certo di misura sarebbero rotti e dispersi per comune profitto. Nè tanto pregio della memoria e tanta prestanza della mente del Casano erano sfuggiti da ultimo al vigile sguardo di Chi felicemente ci governa, e delle opere pubbliche e della pubblica industria è promotore e protettore ed auspice preclarissimo , il quale con esimia providenza l'aveva elelto Presidente della Commissione per togliere i difetti della misura delle acque (2); comechè la morte del valentuomo ci abbia tolto di godere della sua opera in così grave negozio. Apparve la memoria idraulica e fu da plausi coronata poco innanzi chelo Scinà trapassasse. Per la qual cosa tutti vedendo che il Casano dalla cattedra delle matematichefaceva tragitto alla cattedra della (1) Palermo tipografia del Giornale Letterario 1837. (2) Con ministeriale del 22 febbraro 1851. 10 ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO fisica (4) tutti n’ebbero allegrezza, più al bene pensando della studiosa gioventù, la quale non era oramai ridotta a desiderare la voce del predecessore , se tal uomo gli succedeva, la cui voce interamente s'era adeguata alla sua lungo il corso degli anni che per lui aveva letto. Fortunata quella scuola, nella quale all’ammaestramento di un solenne filosofo altro ne conseguita prettamente omogeneo. Allora la scienza, o qualunque altra disciplina, si rimarrà a gran ventura nella ferma sua base, la quale è una ed eterna, come s'è la verità ch'è scopo d’ogni studio, allora i discepoli non saran mai illusi 0 smagati dal nuovo e dallo strano che sogliono apportare ambiziosi insegnatori, solo allora parrà che gli uomini sapienti schermiscansi da tutti i denti del tempo divoratore, quando esso non pure non potrà togliere le opere che rimangono dopo la caduta di loro in tele in bronzi in preziosi volumi, ma nè potrà togliere gli aurei dettati, e ’1 forte modo di esprimerli, e gli altri pregi grandissimi anzi spesso ineffabili li quali sono affidati al suon fuggevole della voce, se vi avrà chi caldo e affettuoso il suono di quella voce arden- temente raccolga, e lo deponga nel suo animo, e faccia consuonare la sua aquella voce, e, mancando il primo, di presente gli succeda in tutto eguale a lui stesso, come a farlo rivivere, o come quasi a mostrare che quegli non è morto. i Ciò fu del Casano in riguardo allo Scinà. E sappia ognuno, ed è notissimo a molti, che se Alessandro Casano si pose tutto sulle orme del creatore degli studi fisici tra noi, e per l' ordine e pel metodo , e per gli accorgimenti dell’ istruzione, non è che non abbia aggiunto ciò che di ora in ora in una scienza così mobile e varia, e in molte parti nascente, ed in altre aumentantesi, pel bene de’ discepoli era chiesto. Che egli di ogni cosa ebbe cura, e passò col zelo dell'animo non solo i mari ma i monti, profittando delle più recenti opere, appresentando le più nuove esperienze , e co’ valentnomini adeguandosi che in Francia in Alemagna e in (1) AI cominciare dell’anno scolastico 1837-38. ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO 11 Inghilterra la scienza fisica con gran successo coltivano e si prepa- rano a farne prò all'industria alla chimica alla meccanica alla me- dicina ora con l’ uno ora con l’altro de’ suoi stupendi trovati. Di modo che mentre gli conveniva leggere un libro che edito da molti anni non poteva contenere tutto ciò che era indi avvenuto ed in tanto aumento di studii s'era discoperto, pure egli vi suppliva stu- diando e meditando, e la cattedra teneva in fama, d’ogni ragione i pregi aumentandole, ed in questo estremo luogo d’Italia, in onta a tante difficoltà che si frappongono, e alla mancanza di molti stru- menti che per la esperienza si desiderano , egli come lo poteva, con caldo affetto accorrea, ed a tutto facendo forza, professore di nobile intelletto, la gioventù lodatamente drizzava, ed agli altri vanti della cattedra aggiungeva quello di farla contemporanea , il quale è vanto indispensabile più che altro in tali studii. Gli antichi, come io credo, non senza un grandissimo principio, opinarono che la sede dell'anima è collocata nel cuore, e che gli umani giudizii sono figli del sentire (1). L’anima che più si eleva nel cuore di colui che è facile ad esser tocco fa in dolce ri- spondenza, che più vivamente quel cuore si commova. Della qual cosa ora dava segno evidentissimo Alessandro Casano, in cui il cuore affrettava ad ora ad ora i suoi battiti del pari che l’ anima scoccava i suoi lampi, e che di egual bontà il sentimento accop- piava al giudizio. Fece questo pubblicamente conoscere col suo amore per le belle arti quando, essendo stato promosso a canonico della chiesa catte- drale, fu destinato a ristorare quella fabbrica quegli arredi e quegli (1) Quante volte, rIpeterò con l’esimio Prof. Niccolini di Firenze, quante volte nella lettura de’ classici occorre l’epiteto cordatus dato alle accorte persone! Ognun sa che si dice da’ Francesi apprendre par coeur dagli Inglesi o Zearn by heart per imparare a mente, quantunque la memoria sia facoltà che risiede certamente nella testa più che il giudizio. D' onde conclude il gran filologo che la frase essere nel cuore per concorrere o consentire nel parere di alcuno è profonda e bellissima. E si noti che il dottissimo allievo di Giov. Vincenzo Gravina, nel luogo di sopra ci- tato, spiega il sapere di Orazio quel buon giudizio o senso. 12 ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO altri oggetti rarissimi con l’uficio che con voce araba dicono di Ma- rammiere (4). Le belle arti sono gioia dell'anima e conforto della vita, degno pascolo di un cuore che più si adeguae si rinfoca al vivo esercizio di una chiara mente, perchè utili sono e insieme amabili; esse val- gono ad eccitare la virtù, esse a farci acquistare la sapienza civ ile, e per noi, che illuminati da così cara religione le volgiamo al culto esterno del supremo Creatore, si fanno al tutto capaci di durevole gloria, perchè esercitandole, ed amandole, prestiamo degno tributo a Lui, d'onde promana in mezzo agli uomini d’ogni sorta bellezza. Però l’egregio Alessandro Casano con esempio da seguirsi in tutte le chiese, e negli altri luoghi pii di questa classica Isola (2) curò con sommo zelo il nostro Duomo, dove di scultura di pittura e di architettura sono bellissimi prodotti, tre arti fra di loro sì congiunte che hanno mezzi spesso comuni, e che raccolgono il bello e lo appresentano nello spazio. La grande chiesa sì celebre e sì antica riedificata pietosamente più volte, sacra pel cimitero de’ nostri martiri, memorabile per la munificenza dei nostri principi, ricca delle opere magnanime di architettura siculo-normanna, e de’ preziosi lavori sia in tela', sia in marmo, oltrechè nell'ultima riedificazione era stata grandemente deformata (3), vedeasi per gli oggetti d’arte quasi negletta. Alzato un muro nel cimitero che ne guastava, e ne impiccioliva la figura, e dato il santo luogo come oscura cava a riporvi ciò che sì era tolto dall’antica chiesa; trasportati laggiù in confuso molti belli sepolcrali monumenti, de’ quali altri già erano stati mal conci, (1) Dalla voce arabica marammai reparatio instauratio — Vasari e Bottari usarono la parola fabbriciere. (2) Dove esistono tante belle opere di pittura e di scultura che altirano con diletto lo sguardo degli eruditi viaggiatori. Le quali opere non sono da togliersi certa- mente da’ luoghi in cui si trovano ma sono da restaurarsi e da ben conservarsi essendo testimonio perenne della pietà e del buon gusto de’ nostri maggiori, ed an- cora esse un mezzo di alimentare la pietà insieme ed il buon gusto de’ nepoti che nell’una ce nell'altra han bisogno di rinfocarsi. (3) Si leggano le mie Lodi dei più Illustri Siciliani trapassati ne” primi 55 anni del secolo XIX, volume primo pag. 242 e seg. ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO 13 altri involati o dispersi (1); mutilate alcune stalue e bassi-rilievi , e della famosa tribuna dell’elegante Gagini alcune parti vaghissime poste in dimenticanza; e gli avelli de’ Principi Normanni e Svevi e Aragonesi, e’ più bei quadri, in deterioramento, o male avvisati per incuria, o vero pericolanti; ingombrata una cappella dall’archivio di Parrocchia, e nel superbo prospetto al fastidio di quella cupola Corinzia con le altre minori tra’ merli e gli archi e gli orna- menti di siculo-normanna architettura un altro se ne aggiungeva l’essersi lasciata a mezzo la fabbrica del campanile che è tra il palagio dell’Areivescovo e la chiesa, ed il male era lacrimevole e lamentato da tutti. A questi danni occorse il senno ed il cuore del Casano, il quale. acceso di nobilissimo zelo si diede tutto a risarcire e tutto a mettere in sesto. Al cimitero donata la sua pristina forma, abbat- tuto il muro, rialzati i monumenti , rifattine alcuni, racquistatine altri con la voce con lo scritto e con solerzia incredibile (2), e disposti nel cimitero con bell’ordine; e ’l1 cimitero rassodato, e di tutto punto rifornito, come cosa non pure sacra ma bella, degnissima di osservarsi, e grandemente da lodarsi; recato a termine l’ ardito campanile, sì che intero si scorgesse il vago e riceo prospetto, e pienamente il piacere ne’ nostri animi entrasse; rassettati ed instau- rali gli avelli degli antichi nostri re, degna opera, altri di porfido, altri di marmo e di musaico , che segna un’ epoca gloriosa nella storia delle nostri arti (5); scombrata la cappella dall’ archivio, e l'archivio collocato in luogo proprio e comodo; tolta la divina statua dell’Assunta dal turpe nascondiglio ove giaceva, e reintegrata e de- tersa a fare di nuovo pompa col suo celeste sembiante, e ciò che {1) Alcuni dei quali senza che il Casano egli medesimo abbia potuto descri- verli, come per esempio quello accennato dall’Amato de Principe Templo, di Odone Presule in Gallia, consanguineo del Conte Rugiero, morto in Palermo nel 1096, in onor del quale inalzò il Conte un insigne monumento. (2) Come fece pel racquisto della tomba di s. Cosmo arcivescovo di Africa merto in Palermo nel 1160 con memoria stampata nel 1846 presso il Barcellona. (3) E ce ne dà lode il dotto annotatore del Vasari. 1h ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO per l’Assunta, provveduto altresì per altri bassi rilievi, e per molte statue maltrattate dal tempo, nè al tempo erasi fatto ostacolo, e rese sordide e vili; rimendati li quadri a musaico, riparati quelli ad olio, e nomi de’ Crescenzi, de’ Novelli, de’ Velasquez risuonare di nuovo nelle bocche de’ divoti che traggono ai sacri riti dell’ augu- stissimo luogo, e che ivi con dolce loro conforto veggono riaccen- dersi il doppio raggio che porta l’immagine di Maria, l'una in marmo l’altra in tela, che va in cielo, già presso alla Triade, già orifiamma de’ buoni in sempiterno. D’onde la chiesa s'ebbefun nuovo decoro, e l’ingrata ombra fu rotta, anzi posta in dileguo, e la luce più dolce la ravviva e l’abbella (4). Dopo di che altero come ei ben doveva essere del pregio ren- dutole, e d’aver fatto come risorgere il cimitero de’ SS. Martiri, scrisse una memoria intorno allo stesso, nella quale tratta della sua fondazione, e del suo sito, e di ciò che in esso si contiene (2). Il valore di Alessandro Casano quì parve grandissimo; è memoria diindagine e di critica archeologica, e la critica è quale da tanto senno si aspettava, e lo studio dell'archeologia v è maturo ed ac- corto ; che l’archeologia è studio di chi retto giudica e di chi vivo sente, entrambi li quali pregi furono del Casano, che la mente ac- corta ed il caldo cuore fè sì andare in accordo. Oltrecchè aumentandosi ognora più nella sacra erudizione, e da questa facendosi via a mostrar le antiche glorie della nostra chiesa prese a svolgere due antichi volumi che insieme a molti altri ma- nuscritti in pergamena si conservano nella cattedrale, come ne scrisse ” il Di Giovanni (3). Li due volumi sono un messale ed un breviario (1) Tutti li quali vantaggi furono arrecati alla Cattedrale essendone architetto l’ornatissimo Emmanuele Palazzotto che ben s'è falto distinguere per queste e per altre grandi opere. (2) Del sotterraneo della Chiesa Cattedrale di Palermo. Memoria del canonico Alessandro Casano Professore di fisica sperimentale nella R. Università. Palermo ‘1849. (3) Molti di tali manoscritti li quali sino negli ultimi giorni del Casano sì ave- vano per perduti si sono oramai rinvenuti dal chiarissimo Professore Mancinoj Te- soriere della Chiesa Cattedrale il quale appresso ne farà materia di una sua eru- dita memoria. ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO 15 giusta il rito gallo-siculo. Li quali con saldi argomenti Alessandro Casano provò non essere già appartenuti all’epoca della dominazione degli Angioini in Sicilia, come per molti si credeva ed era di continuo ripetuto, sì all’epoca della dominazione «de’ Normanni perocchè quei principi venuti dalla Francia, ed ivi originati, introdussero in Sicilia un tal rito, col quale il sacrificio divino e l’officio sacro furono per noi adempiuti per cinque secoli, dal conquisto di loro alla riforma ordinata dal Concilio di Trento. Divise la sua memoria in due parti, nell’una tratta del messale, e del breviario nell’altra, tutto esattamente illustrando e perspicacemente descrivendo, tutto col testimonio dei più sani scrittori di luogo in luogo confortando. Ed ora avea dato in luce la parte prima, e già si parava a dare la seconda: ma mentre procedeva gli furono intercisi i passi (1). Nè solo si tenne a tali pubblicazioni pel bene della Maramma e de’ preziosi suoi oggetti, ma insieme con gli altri Deputati riven- dicò i dritti della stessa, curò li suoi redditi, e difese ancora in iscritto i suoi litigi (2), sicchè le condizioni ne furono per sua opera migliorate, e tanto sotto lui in que’ non più che dieci anni la Maramma del nostro Duomo ebbe vantaggio , quanto per molti anni non l'aveva mai avuto. Che il veggente animo di Casano questo sopra ognialtro gli dava, di operare il bene dovunque fosse posto a curarlo, e di usare in tutto viva sollecitudine; mentre l’efficacia dell'animo, la sobria dot- trina, e la virtù sopra tutto del nitido intelletto gli davano bella prova, e di sollevarsi senza volerlo sopra gli altri; e di più gliela davano il provido consiglio, la scorta parola, l’onesto e semplice portamento, e sin l’ilare piglio onde tutti erano tirati ad aderirvi, ed a :seguirlo. (1) Memoria del canonico marammiere Alessandro Casano sopra un messale ed un breviario giusta il rito gallo-siculo di proprietà della Chiesa Cattedrale di Pa- lermo — Palermo per Salvator Barcellona 1850 — Ne potè pubblicare la sola prima parte che riguarda il messale. (2) Con memoria legale per lo riacquisto del territorio di Cipollazzo data alle stampe nel 1850 trattandosi la causa in gran Corte civile che sì pronunziò favore- volmente. 16 ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO Per la qual cosa componente la suprema Deputazione de’ pesi e delle misure vegliò al nostro sistema metrico, e lo custodì gelo- samente, pubblicando in dotte pagine le ragioni dello stesso; socio e vice-presidente dell’Istituto d’incoraggiamento di agricoltura e ma - nifattura contribuì insieme co’ degni colleghi in tante guise al suo lustro; vice-rettore dell’Università non mai cosa ricercò che a bene dell'istruzione non tornasse; giudice dell’alta Corte Ecclesiastica tenne la sua ragione con la più pura coscienza; e Deputato a tanti luoghi pii, ed a tante grandi amministrazioni, lasciò di se un nome ono- rato ed amato. E questa illustre Accademia precorsa dalla più antica d’Italia quì dopo risorte le lettere fondata da un gran re nel suo palagio in Palermo, rinata tra le nobili gare del settecento pel ri- storo del buon gusto delle lettere Italiane, ed ingrandita e rifatta al pro- gredir de’ lumi e delle istituzioni circa il modo di migliorarsi adunanze di egual sorte, quest’ Accademia che l’ ebbe a Socio, a Segretario Generale, ed infine a Presidente, se non potè ottenere da lui fe- licità e vantaggio tuttavia in fatto, ottenne bensì da lui il tributo de’ più fervidi voti, e furon voti caldissimi, e sino all’ estremo di sua vita. Nè minore ammirazione attirava verso di se, e l’attirerà sempre la sua memoria, osservandolo nelle domestiche pareti che del suo senno e del suo cuore erano il più bel campo. Non mai figlinolo fu più pio e reverente di lui, non mai di lui più amoroso e tenero germano. Bello il vederlo intendere tutto giorno al ben della sua casa, guidare le sorelle, promuovere il fra- tello, reggere la madre assiduo e passionato, e con lagrime di te- nerezza, che ancora involontarie gli spuntavano dal ciglio; bello il vedere l’ esimio scienziato l’ ecclesiastico spettatissimo pendere men che fanciullo da’ cenni della buona genitrice, e far del volere di lei il suo volere, e tutto essere per essa, e solo e sempre per essa, da che insieme con le sorelle le stava sempre a’ fianchi beandosi in sì caro aspetto, e per tal modo provvedendo che, essendo pre- stamente cessato il padre, ebbero i suoi di nuovo in lui il capo della famiglia, sì che ora la sua casa una seconda volta è fatta orfana. Questa delle lodi del Casano è la lode la più bella, perchè è la ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO 17 più sincera, come tutte quelle che vengono dalle virtù domestiche, ed ora è più da narrarla che il secolo perturbato, e se medesimo impediente, poco par che la curi, e sì candide virtù poco par che coltivi; d'onde, rare queste e quasi in fuga dall’adunanza degli uomini, si correrischio di smarrire a gran sventura le altre; da che il cuore è solo fatto per le virtù, ele virtù in un cuore che ben consuona a temperato intelletto debbono tutto consistervi in bel nesso, del quale rotto un anello assai è da temere che possan gli altri di- sciogliersi. Deh rinvigoriamoci in così candide virtù, e nelle altre ci rinvi- goriremo, ed Alessandro Casano ci sia in mente, le pareti della cui casa avrebbero dovuto essere palesi a tutti gli uomini, che assai vi avrebbero avuto daimparare eglino li quali solo potrà dirsi di avere imparato abbastanza allora quando lasceranno d’essere superbi. Noi all'aspetto di questa funebre pompa,onde la casa della gioia delle lettere è convertita nella casa della mestizia della morte, chiniamo la fronte al supremo ordinatore delle cose, il quale volle a se Alessandro Casano quando l’età gli era matura ma non senile, quando ad altre opere scientifiche era per accingersi (1) e nuovi vantaggi era per apportare alla sua cattedra, e nuovi stromenti per acquistare al teatro delle sue esperienze, quando era per pubblicare il suo esame sopra l’antico breviario, come già lo aveva pubblicato sopra l’antico messale, affin di compiere il volume che ci rimase interrotto, quando vedea presso ad essere secondato il suo desiderio di rivestirsi di forma siculo-normanna la gran cupola della chiesa cattedrale (2) quando preparavasi a scrivere una bella e accorta guida di così splendida Chiesa (5) quando infine tirava tutti sempreppiù in meraviglia per (1) Scrivendo segnatamente le nuove istituzioni di fisica sperimentale da lui co- minciate a lavorare con belle osservazioni sue proprie. (2) Sul disegno lasciatone dal celebre architetto G. Venanzio Marvuglia e con quelle modificazioni che meglio lo rendano conforme al carattere dell’elegante fac- ciata. (3) Dietro gli studii fattivi dal chiarissimo artista Ab. Giovanni Patricolo il quale non meno ragguardevole pel valore del suo pennello, che pel raro gusto e per la profonda erudizione in tutte e tre le belle arti che a buona ragione si dicon 3 18 ELOGIO DI ALESSANDRO CASANO tanta varierà e disparità di opere, che, com'è talora de’ nostri dotti, pare che non possano essere opere di un solo, quando in fine a nuove cariche ed a nuovi onori era per essere chiamato, e per farsi ancora più utile col suo rettissimo giudizio e co’ luminosi suoi studii a questa Palermo, anzi a questa Sicilia che d'ogni intorno con plauso lo mirava e ‘’l riveriva. Tulto fu tolto da Chi può ciò che vuole ed il cui consiglio è un abisso. Non più chedidiciotto giorni dovea compiersi l’anno (4) e la forza di tanto senno mancò, e la polvere ritornò nella polvere, e restò un altro vuoto in mezzo a noi. i Accademici, uniamoci a piangere, ed il secolo che tanto fiorisce: nella fisica e nella matematica, ed in tutto lo scibile naturale laonde per questo può dirsi veramente di essere in progresso, e che nella sacra archeologia par che voglia rinvigorirsi (2), mostrando così ognora meglio essere un bisogno degli uomini il non dimenticare l’antico, il secolo faccia eco al nostro pianto sulla pietra che ricopre Ales- sandro Casano. Accademici diciamo l’ultimo vale all’illustre estinto e preghiamo il Cielo che i voti di lui pel miglioramento di questa Accademia finalmente si adempiano, di che ora ci dà promessa con la sua be- nevola presenza questo Eccellentissimo Principe, che della Accademia medesima è inclito Mecenate, sì che la medesima ravvivandosi tutti gli altri dotti istituti si ravvivino, ed Alessandro Casano di là se ne rallegri, ed al bene della Patria di nuova luce rifulga. relle, grande amico ch'egli era all’illustre defunto, aveva tanto meditato soprai belli oggetti di pittura di scultura e di architettura della Chiesa Cattedrale, e tali sue meditazioni aveva dato in iscritto al Casano per la sua Guida. - (1) Spirò nel mattino del 13 decembre 185f. (2) AI bell'esempio degli studii ermeneutici dato testè nelle sale del Louvre dove sono depositati alcuni avanzi delle tombe deire di Giuda, come all’esempio di quelli sopra un cimitero cristiano di recente scopertosi presso Chiusi in Toscana, e di altri che per brevità qui si tacciono. ISCRIZIONE LATINA DEL SOCIO ATTIVO PROFESSORE NICCOLO DI CARLO — _—=t00e3=——_—_—_——_ ALEXANDRO CASANO. IN R. STVDIORYM VNIVERSITATE PAN. ‘PRIMVM GEOMETRIAE DEIN PHYSICES PROFESSORI AG PRINCIPIS TEMPLI CANONICO MVLTIS MVNERIBYS EGREGIE FVNCTO IDIBVS DECEMBRIBUS A. MDCCCLI. IMMATVRE PRAFREPTO NONDYM EXACTO AETATIS A. LXII. PANORMITANA SCIENTIARVM LITERARVM ET ARTIVM ACADEMIA PRAESIDI SVO MERENTISSIMO OB JNGENIUM ET PROBE SPECTATAM INGENII PERSPICVITATEM < ET IN AGENDIS NEGOTIIS SOLLERTIAM OB OPERA QVIBVS MATHEMATICAS DISCIPLINAS ET MAXIMI TEMPLI CRYPTAM ILLUSTRAVIT OB LABORES QVOS IN ACADEMIAM PROSPERANDAM SEDVLVS ET NAVYS IMPENDIT, DOLORI ET DESIDERIO INDVLGENS LAVDATIONEM DECREVIT. ISCRIZIONE GRECA DEL SOCIO ATTIVO PROFESSOR GIUSEPPE CRISPI VESCOYO DI LAMPSACO — Sd dE___ w'ArNetdyipo Kacdyva GIT1S tò puèv mpotoyv uadnuatimny mepi fis nat Bi BAovs cuysypatev émerta dè thv Quotmno Éu nal yonsiums sy TO TS mideos peytAew "Adnvalo emnyyeldaro nxì sîs ay t&y TE mporsvoytos vaoù rpeofv- tuple dfiodatos lepeds tovds eriusdetnads tùS mposbdovs diopÎbc25 mpogai ve Eroincey usi Urdysoy cOpms eumpem&s te iipyatoAbynse naù tÎs ty duot Toùs Adyovs, nai eriotijuas tsyvas te Auadnustas Eristitms dutnv EAkumpuvey sinoya Taitny toù didioy [otopnizai dyidto rÙdE oTEVACOVTES oi cvyyy:veÌs nol ol qiiot évvoias Eyenev. Exowunin ti y. srì Issa Taundioyos (‘vAcneuBpiov aaova) "Etnoey Émn EB. Xoîpe Xpnoré. LIBRI RECENTEMENTE VENUTI IN DONO ALL’ ACCADEMIA ——————_—etrar00 2 000 Ammuafre de l’obsérvatoire royal de Bruxelles, années 1850 et 1851, tom. 2 in 120, Amnuario del reale osservatorio astronomico di Palermo per l’anno 1851 in 80, Il libro di Giobbe riprodotto in versi italiani per Francesco di Beaumont. Pa- lermo, 1851, in 80. spuehes (Gius. de) Liriche. Palermo, 1853, in 12°. — Versioni del greco. Palermo, 1852, in 8°. Giovamni (Vince. di) Sullo stato attuale e sui bisogni degli studii filosofici in Si- cilia. Palermo, 1854, in 8°. Acquisto (Ben. d’) Sistema della scienza universale. Palermo 1850, in 80. — Corso di filosofia morale. Palermo, 1851, in 8°, Crisafulli (Vinc.) Studii dell’ apostolica legazia. Vol. 1° Palermo 1850, in 8°. Zurria (Gius.) Esercizii di analisi sublime. Catania, 1836, in 8°. Le Edi di Amnacreente recate in versi italiani dal cav. Fil. de Jorio coll’ ag- giunta di poche poesie del traduttore. Napoli, 1853, in 8°, Turner (Gugl.) Istituzioni di algebra elementare. Palermo, 1850, in 8°. Le Morali di Seneca il filosofo in italica favella traslate e fornite di note e schiarimenti. Noto 1852, tom. 2, in 80. Colameo (Luigi) l’uomo educato sin dall’ infanzia. Napoli 1854, in 8°. — Sui costumi attuali. Napoli, 1854, in 8e. Mielodia (Gius.) Elementarii istituzioni della lingua francese, in 8°. Galho-Paternò (Giov.) Di Elpide poetessa siciliana. Palermo, 1846, in 8°. — Di un’ antica medaglia greca. Palermo, 1846, in 8°. — Sull’arte ceramografica in Sicilia. Palermo, 1847, in 8° Longo (Agatino) Sopra un basso rilievo modellato in creta dal prof. Morello. Pa- lermo, 1853, in 8°, 2 Galbo-Paternò (Gio.) Di una nuova scoperta presso l’antico teatro siracusano. Noto, 1845, in 8°. mimervimii (Julii) In quatuor graeca diplomata nunc primum edita annotationes. Neapoli, 1840, in 8°. willa (Ant. e Gio. Bat.) Catalogo de’ Coleopteri della Lombardia. Milano, 1844. Nocito (Gaet.) De’ fossili incontrati nelle miniere di zolfo. Palermo, 1852, in 8°. Resa (Vine. La) Elogio di Pietro Giordani. Cat. 1851, in 8°. — Elogio di Francesco Paternò Castello Duca di Carcaci. Catania, 1854, 80. — Elogio di Michelangelo La Rosa, in fol. 1854, Catania. Marzo-Ferro (Girol) Elogio storico del can. Alessandro Casano. Pal. 1851, 80. Navarro (Vino. Il Torquato Tasso poema. Pal. 1854, in 8°. — Massime e pensieri. Pal. 1850, in 24°. — Versi per Napoleone. Pal. 1854, in 8°. — Il Calvario di Sambuca. Inno. Pal. 1854, in 8°. — A Santi Sipione. Canto. In 8°. Rossi-Bonanmo (Salv.) 1 Treni di Geremia in lingua siciliana. Aci-Reale, 1853, in 80. — Versione poetica in lingua siciliana della buccolica di Virgilio. Aci-Reale, 1845, in 8°. Lameia (Fed.) AI P. D. Ottavio Lanza di Trabia il giorno della sua prima messa, in 8°. NEorriome (Lion.) Il sepolcro paterno, carme. Pal. 1850, in 8°. Basso (Ant. Luigi) I crociati in Palestina, versi in 8°. Saya Gatte (Pasquale) Pochi versi. Messina, 1851, in 8°. Piaggia (Gius.) Versione siciliana degl’ idillii di Teocrito. Pal. 1851, in 80. Per la mascita di Angiolo Bandiera, poesie. Pal. 1854, in 8°. Rendiconto dell’ accademia palermitana di Scienze e Belle Lettere per gli anni 1850 e 1851, per Federico Lancia Duca di Brolo, Tesoriere della medesima. Pal. 1852, 8°. Statuti novelli dell’ accademia palermitana di Scienze e Lettere. Pal. 1854, in 8°. Lorenzo Calandrimo (Gius. Di) Discorso sopra i grandi tesori d'istruzione che raccogliere si possono da un accurato e diligente viaggiatore. Pal. 1850, in 8°. Drago (Bald.) Atti della società economica Girgentina. Pal. 1852, 8°. Cali Sardo (Antonino) Relazione accademica de’ lavori dell’ accademia de’ Zelanti di Aci-Reale per gli anni IX, X, (1841-42). Catania, 1847, in 8°. Neamdarimi (Salv.) Discorso pei beneficii sovrani largiti alla Calabria citeriore. Co- senza, 1853, in 80. 3 Greco (Luigi M.) Notizia dei lavori dell’ accademia cosentina, 1852-53. Cosenza 185% in 80, Viti (Franc.) Rendiconto amministrativo del 1851 del distretto d’ Isernia in provin- cia di Molise. Napoli, 1851. Rapporto della commissione dell’ accademia medico-chirurgica di Genova. Geno- va 1851, in 8°. Rendiconto de’ lavori scientifico-pratici fatti dalla società agraria del gruppo di Malta, 1845, 1847, 1848, in 8°, 3 Sevvett (Charles C.) Notices of public libraries in the united states of America. Washington, 1851, in 8°. Willa (Ant.) Degli insetti carnivori adoprati a distruggere le specie dannose all’ a- gricoltura. Milano, 1854, in 8°. Blasi (Antonino De) Giornale di vaccinazione per la Sicilia, vol. vm. Palermo, 1853, in 8°, Rieeiardì (Vinc.) Discorsi sulla lingua italiana. Palermo, 1842, in 8°. Lauricella (Gius.) Dissertazione sulla storia del panteismo. Palermo, 1851, in 8°. Ruffo (G. B.) Principii filosofici del diritto. Palermo, 1846, in 8°. Salomone (Eugenio Santi) Breve esposizione de’ sistemi filosofici del prof. d’ Acqui- sto. Palermo, 1852, in 80. Brizi (Oreste) Sulla piissima fraternità de’ laici di Arezzo. Arezzo, 1853, in 8°. Sciuto (Gasp.) Sulla distinzione della morale dal dritto. Catania, 1854, in 8°. Loremz® (Gius. di) e Calandrino. Quanto è obbligata l’ Europa del suo incivilimento agli ordini ecclesiastici. Palermo, 1840, in 8°. — L'alleanza e la perfetta amicizia tra la filosofia e la religione. Palermo, in 8°. — Seconda raccolta di bellezze rettoriche e di quadri poetici sublimi nelle di- vine scritture. Palermo, 1847, in 80. — Discorso sulle bellezze epiche di Virgilio. Palermo 1840, in 8°. — Considerazioni intorno alla pericolosa influenza morale e letteraria dei novelli romanzi. Palermo, 1845, in 80. Lameia (Federico) Duca di Castel-Brolo. Sulla convenienza ed utilità della fusione delle tre nobili compagnie Pace, Carità, e Bianchi. Palermo, 1851, in 8°. Villareale (Mario) Sull’ insegnamento. Palermo, 1852, in 8°. Saya Gatto (Pasquale) Sui teatri. Messina, 1853, in 80. Lomge (Agat.) Sul carattere constitutivo della scienza geonomica. Pal. 1853. Coco-Grasso (Lor.) Della vita e dell’ opere del prof. Francesco Ferrara. Palermo, 1850, in 8°, Galbo Patermè (Gio.) Elogio funebre del marchese Tommaso Gargallo. Noto, 1843, in 80. ‘'r@ja (Salv.) Sopra la vita e le opere del P. Andrea Carafa. Roma; 1846, in 8°. Lameia (Federico) di Brolo. In morte di Giovanni Galbo Paternò. Palermo, 1850, in 80. Roux {P. M.) Éloge historique de Polyd. Roux. Marseille, 1834, in 8°. Cenno biografico di Teresa Salinas nata Gargotta. Palermo, 1852, in 8°. Nobili (Gius. de) Programma del genio di Ferdinando 1. Napoli, 1851, in 8°. Sannicola (Giov.) Vita e ritratto del cav. Benedetto di Virgilio. Napoli, 1851, 80, Notizie biografiche del prof. Domenico Quartaroni. Roma, 1840, in 8°. Wimella (Raim.) Cenno necrologico sulla nobile Marina Calichiopulo. Napoli, 1853, in 8°. Imsenzga (Antonino) Notizie storiche sulla vita e le opere di Gio. Fil. Ingrassia Ca- tania, 1842, in 80. C Lorenzo Calandrino (Gius. di) Memoria necrologica del Dr. Vincenzo Di Lo- renzo. Palermo, 1846, in 80. 4 Apthorp Gould (Beniamin) Rapport to the Smithsonian institution on the history of the discovery of Neptune. Washington, 1850, in 8°. Smyth (W. H.) Address to the royal geographical society of London; delivered at the anniversary meeting 1850. London, 1850, in 8°. Fourth annual report of the board. of regenis of the Smithsonian institution for the year 1849. Washington, 1850, in 80. Roux (P. M.) Société de statistique de Marseille. Procès verbal de la séance publi- que tenue en 1849. Marseille, 1850, in 80. Viola (Ottavio) Discussioni per una teoria di statistica. Palermo, 1846, in $o. Accorilino (Francesco) Sulla mozzatura dei tralci della vite. Palermo, 1853, in $o. — Su i mezzi di accrescere i letami in Sicilia. Palermo, 1851, in 80. Tornabene (Francesco) Sopra la malattia che domina al presente nei vigneti del- l'Etna. Catania, 1852, in 80, Majorana (Fil.) Discorsi ed osservazioni sull’ agricoltura e pastorizia siciliana. Pa- lermo, 1852, in 80, Auteri (Francesco) Pensieri artistici filosofici economici. Palermo, 1852, in 120, Erestandrea (Antonio) Sulla convenienza e necessità di rimboschire e risaldare alcuni terreni ne’ dintorni di Messina. Messina, 1851, in 8°, Cassisi (Tommaso) Osservazioni sul titolo xrx delle leggi civili, sui privilegi e le ipoteche. Palermo 1852, in 40. Sulla seuola di veterinaria provinciale in Girgenti. Palermo, 1851, 80. Minà-Palumbo (Francesco) Cronaca della epizoozia vajuolosa. Palermo, 1853 8°. Rizzone (Mich.) Rapporto all’ accademia di Scienze e Lettere di Palermo. Noto, 1853, in 80, Limares (Angelo) Sulla vaccinazione e sui vaccinatori. Palermo, 1852, in 12°. Fuseo (Vinc.) L’ Indigeno. Napoli, 1853, in 120. Lancia (Federico) di Brolo. Esposizione statistica ed amministrativa del Monte di s. Venera. Palermo, 1854, in 8°, Pietro (Giov. Di) Sulla natura ed armonia de’ poteri sociali e politici. Pal. 1850, 8°. Via (Greg. Barn. La) Sul miglioramento della cultura delle vigne in Sicilia. Cata- nia, 1850, in 8°. Sotis (Giov.) Studii di Economia pubblica. Napoli, 1852, in 120. Fabroni (Lor.) Su di una epizoozia del pollame d' India. Firenze, 1851, in 8°. Witi (Franc.) Sulle scuole di agricoltura, Napoli, 1853, 8°. Ficarra (Ferd.) Sul felice impiego de’ chinacei. Catania, 1853, 80, Caltabiano (Raff.) Ricerche sulle febbri intermittenti. Catania, in 8°. Aiessima (Pietro) Sulla rabbia umana. Catania, 1853, in 8°. Padronaggio (Salv.) Sala di nuovo modello. Palermo, 1852, in 8°, — Registro per avere una facile formazione di una statistica medica. Paler- mo, 1852, in 8°. Biundi (Franc. Enr.) Breve trattato sull' erisipela. Parigi, 1852, in 80. Sannicola (Giov.) Considerazioni economico-morali sugli effetti delle passioni. Ca- serta, 1852, in 120. Paseasio (Vito) Medicina legale presso il nostro foro. Bari, 1849, in 8°. Venturini (Carlo) Delle unzioni oleose. Napoli, 1850, 8° Sammieola (Giov.) Parere sopra un caso di amaurosi. Napoli, 1850, in 80. MEessima (Pietro) Mediche osservazioni. Catania, 1854, in 40, Bandiera (Gius.) Chiosa su taluni periodi di una lettera di Mario Aloisio. Paler- mo, 1852, in So. i — Sui vizii di conformazione. Palermo, 1851, in 8°. — Questioni medico-legali intorno la necroscopia, Palermo 1851, in 80, Miessima (Pietro) Sull’ ornitopatia epizootica. Catania, 1853, in 80, Nocito (Gaet.) Un caso d’infetamento umano. Girgenti 1850, in 80, — Sulla morte di uno ch’ avea sofferto l’infetamento umano. Palermo, 1852, in $o, Lomgo (Franc.) Sulla malattia e morte di Marianna Mira prince. di Torremuzza, Palermo, 1839, in 80, Di Pierra-Leone (Enr.) Osservazione sulla nomenclatura organo-patologica. Pa- lermo, 1853, in 80, Longo (Agatino) Pensieri sopra l’ azione dei rimedii. Palermo, 1847, in 80. Gaetami (Gaet. de) Considerazioni intorno alla professione farmaceutica. Catania, 41850, in 80. Navarro (Vinc.) Sul merito chirurgico del dottor Emmanuele Casorio. Pal. 1850, in 8°. Sannicola (Giov.) Riflessioni critiche di un medico sopra un'opera inglese di S. C. Cox. Palermo, 1850, in 8°. Cacopardo (Salv.) Sull’ utilità sanitaria del disseccamento delle risiere. Pal. 1850, in 8°, Ficarra (Ferd.) Sopra una pleuro-pneumonitide. Catania, 1851, 8°. Proia (Salv.) Ricerche storico-fisiche sul lago Fucino. Roma, 1835, 8°. Pero (Paolo M.) Osservazioni intorno al cenno storico di Carmelo Palmeri sulla chiesa vescovile di Trapani. Palermo, 1850, 8°. Adilardi (Franc.) Cenno storico del vescovado di Nicastro. Napoli, 1848, 8°. Rathgeber (Giorgio) Hekate Epipyrgidia d’ Alcamene sull’ Acropoli d’ Atene. Ro- ma, in 8°. Navarro (Vinc.) Cenno intorno a Sambuca. Palermo. 1852, in 8°. Willa (Ant. e Giov. Bat.) Sulla costituzione geologica e geognostica della Brianza. Milano, 1844, in 8°. Nuova analisi dei documenti rispetto al sito della Bruzia Pandosia. Nap.1851,in 8°. Giormale della commessione d’ agricoltura e pastorizia, di Sicilia. Anno mn, fa- scicoli 4, 5 e 6, 1854. — Straordinarii fasc. 1, e 2. Longo (Agatino) Discorso preliminare della geonomia. Palermo 1851, in 4°. — Dell’ erroneità dei sistemi. Catania, 1850, in 4°. Calcara (Pietro) Ricerche sulla storia naturale de' dintorni di Nicosia. Pal. 1851, in 80. Ragona (Dom.) Notizie scientifiche pubblicate nell’ annuario e nel calendario astro- nomico del 1851. Palermo, 1850, in 8°. 6 » Benedetto (Alb.) Discorso preliminare allo studio della chimica. Catania, 1851, So. Miessima (Pietro) Ragguaglio storico-scientifico sopra | elettricità metallica. Cata- nia 1852, in $0. — Altra copia. Nayawrr® (Vinc.) Sulla petrificazione degli animali. Palermo, 1853, in 80. Bandiera (Gius.) Delle acque termo-minerali di Termin- Castroreale. Mess. 1858 $o. Condorelli (Pietro) Modificazione alle dimostrazioni di alcuni corpi combustibili. Catania, 1854, 80. È Gemmellaro (Gaet. Giorgio) Sopra un gallo mostruoso polimeliano. Cat. 1851, 40. Erestamdrea (Antonio) Relazione di una deviazione organica della Zyoseris ra- diata. Messina, 1842, in 8°. EseRi articoli letti nella sezione di botanica e fisiologia vegetale nel vit congresso scientifico di Napoli. Napoli, 1845, 80. Zantedesehi (Franc.) Esame del cenno storico del prof. Bart. Bizio. Padova, 18.51 in 40. Willa (Ant.) Osservazioni entomologiche durante 1’ eclisse del 9 ottobre 1847. Mila- no, in 8°. — Comparsa periodica delle efimere nella Brianza. Milano, 1847, in 8°. — Dispositio sistematica conchiliarum terrestrium, et fluviatilium, 1841. Natale (Gius. de) Su pochi crostacei del porto di Messina. Napoli, 1850, in 80. Erizi (Oreste) Sulla composizione dell’esercito pontificio. Firenze, 1852, in 8°. Eroia (Salv.) Della divisione del tempo in giorno ed ore e degli orologi così detti italiano e francese. Roma, 1847, 8°. — Sopra lo stato in che al presente si trovano in Roma le matematiche. Roma, 1843, in 8°. — Storia dei nuovi pianeti dal 1801, al 1851. Roma, 1852, 8°. Sull’ampelepatia dominante nel territorio di Caltagirone nel 1852. Pal. 1852, in 40, sturz® (Fil.) Orazione funebre del principino di Linguaglossa. Pal. in fog. Zurria (Gius.) Esercizii di analisi sublime. Catania, 1840, in 40. — Memoria Iv e v. Catania, 1543, in 40. Ruffo (Antonino) Il Contemporaneo, 1850, dal n. 1, al 23. Landolima Patermè (Franc. e Lodov.) Monografia delle monete consolari-sicule. Napoli, 1852, in 40. NRiellomi (Macedonio) Considerazioni ed esperienze intorno al magnetismo delle rocce. Memoria, in 8°. — Ricerche intorno al magnetismo delle rocce. Napoli, 1853, in 4o. Wolpicelli (Paolo) Estratto di queste due memorie. Roma, 1854, in 4o. — Sul ragionamento calorifico diretto del sole. Roma, 1852, in 4°. — Sui criteri d’ integrabilità delle funzioni differenziali. Ivi, 1852, in 40. — Sull’ accademia de’ Lincei dal 1795 al 1847. Roma, 1851, in 4°. — Solution d’un problème de situation, in 40, — Descrizione della lampada elettro-dinamica, in 4°. — Rettificazione delle formole per assegnare il numero delie somme ognuna di due quadrati nelle quali un intero può spezzarsi. Roma, 1853, in 4°. 4 Atti dell'accademia pontificia de’ nuovi Licei. Anno v, sezioni 11, m, iv e v, f852, in 40. Rendiconto delle adunanze e de’ lavori della società reale borbonica delle scienze, nuova serie, 1852, n. 1, 2, 3, 5, 6. — 1853, 3, 4, 5. La Campamia industriale, vol, 1, quaderno mn, in 4°. Er@ja (Salv.) Elogio funerale del prof. Feliciano Scarpellini. Roma, 1853, in 4°. Perla (Nic.) Sul trattamento fisico e morale della follia. Napoli, 1854, in 40. Bulletims de |’ accadémie royale des sciences des lettres et des beaux arts de Bel- gique, 1849, 1850, 1831, tom. 4, in 8°, Eulletims de l‘ accadémie royale de Bruxelles, 1841, n. 9, 10, if e 12, in 8°. Catalogue des livres de la bibliothèque de l’ accadémie royale des sciences, des lettres et des beaux arts de Belgique. Bruxelles, 1850, in 80. Ea Etive (A. de) A. P. de Candolle sa vie et ses travaux. Paris, 1851, in 8°. Le Doete (Henri) Mémoire sur la chimie et la physiologie végétales. Bruxelles. 1849, 8°. — Espose géneral de l’ agricolture Luxembourgoise. Bruxelles, 1849, in 8°. Ammwal report of the commissioner of patent for the year 1848. Washington, 1849, 8°. Mémoires de la société des sciences naturelles de Cherbourg, 1852, vol. 4, livrai- son d-4 in 8°, Proceedings of the American association for the advancementof the science, 1850, Washington, 1851, in 80. Liavimsky (M.) Extrait des obsérvations faites à l’obsérvatoire de 1’ accadémie im. périale des sciences à Vilna pendant les an. 1839 et 1840. Vilna, 1542, in 4°. Plana (Jean) Memoires sur le découverte de la loi du choc direct des corps durs publites en 1667 par Alph. Borelle, etc. Turin, 41843, in 4°. Quetelet (A.) Annales de l’ obsérvatoire royale de Bruxelles. Tome vm, 1851, in 4°. Mémoires de |’ accadémie royale des sciences des lettres et des beaux arts de Bel- gique, tomes xxIv et xxv 1850, et 1851, tom. 2,. in 4°, Mémoires couronnés et mémoires des savants étrangers publiés par l’ accadémie royale des sciences des lettres et des beaux arts de Belgique. Tome xxm an. 1848-49. Smithsemiam contributions to the knowledge. Washington, 1848, 1851, tom.2, in 4° gr. Sehoolerast (Henry R.) History condition and-prospects of the Indian Trihes of the United States. Philadelphia 1851, in 4° max. SitzungsberieEte der Philosophisch. Historischen classe der kaiserlichen Akade- mie der Wissenschaften 1849, 1851, del vol. 2 al 6 in 8° gr. SitzungsherieMte der mathematisch-naturwissen schaftlichen, classe der Kaiserli- chen Akademie der Wissenschaften, 1849-51, dal vol. 2 al 7, in 8° gr. Ammuaire de l’obsérvatoire royale, 1848, in 240. Ammales de l'obsérvatoire royale de Bruxelles tome vi, 1848, in fog. BDenliseleiftem der kaiserlichen Akademie des Wissenschaften. Philosophisch. Hi- storische classe. Tom. 2, in due volumi in fog. Wien 1851. — Mathematisch-naturwissenchaftliche classe. Tom. 2, in due vol, in fog. Vien 1851. Elogio di Michelangelo La Rosa. Catania, 1854, in f. 4o. Giornale della commissione d’ agricoltura e pastorizia di Sicilia. Anno secondo fa- scicoli 1, 11 e 1m Palermo, 1853, in 8°, be) Mastropieri (Gius.) Rapporto dell'esposizione degli oggetti di belle arti e manifat- ture. Pistoja, 1851, in 8°. NEisarti (Greg.) Biografia di Gregorio La Manna. Napoli, 1854, in 12°. Sul gesto chironomico nell’ antico ballo pantomimico, di Roberto Sava. Catania, 1854, in 120. : E fumerali dei Romani, cenni del dottor Vincenzo Scarcella. Messina, 1847, in 120. Adagi, motti, proverbi, e modi proverbiali siciliani dal dottor Vincenzo Scorcella. Messina, 1846, in 120, Sul Politeismo e i suoi riti, poche idee del Dr. Vincenzo Scarcella Mess. 1853, 8° Discorso inaugurale per l'apertura dello archivio della provincia di Messina letto dall’ archivario Dr. D. Vincenzo Scarcella. Messina, 1854, in 40. — Idem del 1854. L° Eco Peloritano giornale di scienze lettere ed arti. Anno 1855, in 4°. 4 fase. I sudetti libri sono stati depositati nella Biblioteca comunale di questa città, ove esistono altresì gli altri di proprietà dell’ Accademia medesima. ci i VESTO TI dì i Lu | | | 100165819 AMNH ria el Dr rum PNT SII (Jr >) 4 LI AA ia gi I° Ù 4 pi x A ER A ] \\ Mx VO Vi x 4 è x I AO y SIR) je È pa i NV; ndl' VE WI AA nr di Von n i lin Lg )ì \ RN Da , Y n ai È y . NN x D,) L. INNATA 3 \ ( } po s; QUNA VITI Ss 7 olii ‘i 4 I A ZI da 2 \ iN ; n a ù ti) IAA ia D57) Gi TESI h TAI | oe, È TR aa 7 Lim iz } LU 7 e we ) NOS f è a, È ER REA 9, RO a \i te AE g S É È A i zrZa 1:48 È ì x e- x i È, = IO Di \ \\ \N- rt 2 i il Ax \ /